da La Voce dei Berici, Domenica 14 febbraio 2016
EDITORIALE di Lauro Paoletto
C’è stato un tempo (quasi tutto il secolo XX) in cui il mondo (o gran
parte di esso) si divideva secondo due grandi visioni: quella comunista e
quella capitalista.
Cadute le ideologie oggi
possiamo dire che il mondo è comunque governato da due visioni opposte e
inconciliabili. C’è la visione di chi vede l’altro (singolo individuo o
singolo Stato o singola religione) come un potenziale nemico rispetto
al quale c’è da fare una cosa fondamentale: difendersi. C’è invece chi
crede che l’attuale contesto culturale, sociale ed economico abbia
spalancato spazi per incontri e opportunità inedite che vanno colti
costruendo ponti. Ponti da un lato, muri dall’altro, potremmo
sintetizzare.
Oggi papa Francesco
rappresenta l’architetto più convinto e più tenace di questo frangente
storico. Tutto il suo pontificato può essere letto come una serie
costante di segni storici che aiutano ad abbattere muri e a costruire
ponti: da Cuba all’Africa, dall’Unione Europea agli Stati Uniti, dai
musulmani agli ebrei fino al più recente ponte verso gli ortodossi con
l’incontro programmato con il patriarca Kirill.
Tra i sostenitori dei muri
invece molte lobby internazionali che lucrano sui conflitti e sulle
guerre altrui. Tra questi sicuramente i mercanti d’armi che, c’è da
scommettere, non vedono per niente bene lo sforzo della Chiesa per
favorire l’incontro e la pace tra i popoli.
Se andiamo ben a guardare la
nostra quotidianità è abitata dal bivio muro-ponte. Quante fatiche,
quante sofferenze, quanti soldi (si pensi solo alle spese legali che
portano con sé certe liti) potrebbero essere risparmiati nelle reti
parentali se si scegliesse di fare i “pontieri”.
I muri portano con sé
rancori, ostilità, divisioni, rifiuti. È questa la cultura che sembra
oggi dominare anche nei nostri contesti dove spesso prevale la chiusura
sull’apertura, il sospetto sulla fiducia. I nostri Paesi sono
sottoposti alla provocazione costante, incessante e inarrestabile
(nonostante i muri) di migliaia di poveri cristi che cercano di fuggire
da guerre e da situazioni di disperazione. Questo alimenta timori e
fantasmi ben capitalizzati poi politicamente. Gli episodi di piccola
criminalità sono altra benzina sul fuoco. Certo nell’immediato può
apparire più semplice costruire un muro, ma questo chiude ogni futuro,
rende la vita asfittica, priva di prospettiva.
Costruire ponti è sicuramente
più faticoso, richiede pazienza, umiltà, grande capacità di dialogo ma è
l’unica prospettiva che garantisce un futuro. In ogni caso è la
responsabilità che compete a ogni donna e uomo di buona volontà.
Cristiani prima di tutto. Senza se e senza ma.