domenica 31 gennaio 2021

[Video] Davos 2021, Greta Thunberg ai leader mondiali: ”Smettetela con i bla bla bla”

dalla pagina https://www.pressenza.com/it/2021/01/video-davos-2021-greta-thunberg-ai-leader-mondiali-smettetela-con-i-bla-bla-bla/ 

La giovane attivista svedese Greta Thunberg torna con un messaggio al World economic forum di Davos per chiedere ai leader mondiali un’azione urgente per affrontare la crisi ecologica.

Qui di seguito il video con il suo intervento diretto e deciso 

venerdì 29 gennaio 2021

La vita complessa è a rischio

dalla pagina https://www.pressenza.com/it/2021/01/la-vita-complessa-e-a-rischio/

28.01.2021 - Los Angeles, Stati Uniti Robert Hunziker

Immagine satellitare della Grande Barriera Corallina che rischia di scomparire

In tutto il mondo, gli scienziati parlano come mai prima d’ora di una situazione di emergenza riguardante la salute del pianeta, la quale minaccia la “vita complessa” [insieme delle forme di vita complessa animale], compresa, per definizione, la vita umana. Il che è spaventoso. A tal proposito, le ONG verdi americane preferiscono affrontare il pericolo senza sbilanciarsi troppo per non spaventare la popolazione: troppa tragicità e l’assenza di speranze hanno l’effetto contrario, inibiscono le persone, sono controproducenti.

Tuttavia, tali emergenze si verificano ormai da tempo e sono perciò difficili da ignorare. In effetti, è per questo che è così palesemente facile dichiarare emergenze oggi, ieri, l’altro ieri e molto prima ancora. In altre parole, la casa è in fiamme da tempo, ma i vigili del fuoco non si vedono.

Un recente studio di fondamentale importanza discute la questione cruciale del mancato supporto alla vita complessa: “L’umanità sta causando una rapida perdita di biodiversità e, con essa, la capacità della Terra di sostenere la vita complessa”. (Fonte: Corey J.A. Bradshaw, et al, Underestimating the Challenges of Avoiding a Ghastly Future, Frontiers in Conservation Science, 13 gennaio 2021)

Le conseguenze sono inquietanti. Secondo lo studio, la capacità della Terra di sostenere la vita complessa è ufficialmente a rischio. Questo è il significato che gli scienziati intendono trasmettere tramite il titolo dell’articolo: “Capire la sfida di evitare un futuro spaventoso”.

In effetti, l’articolo identifica una cronologia di vita o di morte, o una sintesi, di tutte le emergenze già in corso. È la realtà! Inoltre, il rischio di un “futuro spaventoso” viene preso tutt’altro che alla leggera; l’articolo, ampiamente documentato, include il lavoro di scienziati rinomati ed autorevoli che elaborano uno dei documenti più significativi del 21° secolo, descrivendo in modo audace i rischi di un percorso inusuale verso un futuro indesiderabile, sollevando quindi la domanda di come possa poi realmente manifestarsi.

La descrizione di un futuro spaventoso prevede un pianeta che ansima, tossisce e boccheggia per l’aria, alla ricerca di acqua non tossica, mentre la biodiversità si riduce a zero e i livelli eccessivi atmosferici di gas serra causano un calore troppo elevato per la sopravvivenza della vita complessa. Suona familiare? In parte lo è.

Nel frattempo, la perdita irrecuperabile di vertebrati, o forme di vita complesse come mammiferi selvatici, uccelli, rettili e anfibi ha ridotto la loro biomassa al 5% della biomassa totale [delle forme di vita complessa animale] del pianeta. Il restante 95% è dato da bestiame (59%) ed esseri umani (36%), (Bradshaw, et al). Quanto potrà durare tale rapporto?

Potrebbe forse anche durare per decenni, ma probabilmente non per secoli. D’altronde, nessuno lo sa con certezza. Intanto, la versione umana della vita complessa assume uno stile di vita comodo e artificiale [per una parte dell'umanità], incorniciato da cemento, acciaio, vetro, legno e plastica, e circondato da fertilizzanti nocivi, insetticidi tossici e tonnellate di sostanze chimiche di cui non sono stati studiati gli effetti. Negli Stati Uniti ci sono più di 80mila prodotti chimici registrati per l’uso, la maggior parte dei quali non sono stati caratterizzati per la sicurezza o la tossicità sugli esseri umani. (Fonte: It Could Take Centuries for EPA to Test all the Unregulated Chemicals Under a New Landmark Bill, PBS News Hour, 22 giugno 2016)

Come esempio degli stili di vita artificiali che influenzano il modo di vedere il mondo, non sorprende che Disneyland abbia un enorme successo e sia popolare con la sua impeccabile artificialità che offre una zona di comfort alle famiglie in uno scenario di biodiversità tanto esilarante quanto fittizia.

Ma, mentre Disneyland prospera, la biodiversità è su un pendio scivoloso, sul quale cerca di aggrapparsi tra gli stenti, ridotta al 5% della biomassa totale. Una volta che quest’ultimo 5% andrà a farsi benedire, cosa che sembra ormai probabile, la vita umana sarà tutto ciò che rimane, insieme a mandrie di mucche, recinti di maiali e pollai. 

È sconvolgente che i due terzi delle specie selvatiche di vertebrati siano scomparsi dalla faccia del pianeta in soli 50 anni, un record mondiale di velocità per gli eventi di estinzione. Di questo passo, il famigerato Antropocene inaugurerà il secolo più cupo fin dagli inizi dell’Era Olocenica degli ultimi 10.000 anni e oltre, soprattutto in considerazione del deprecabile fatto che le zone umide globali sono state ridotte negli ultimi 300 anni al 15% della loro estensione originale.

Quest’unico fatto, come evidenziato nel rapporto Bradshaw, rappresenta già di per sé una falla enorme nella linfa vitale del pianeta. Le zone umide sono i “reni del paesaggio mondiale” che (a) puliscono l’acqua, (b) mitigano le inondazioni, (c) ricaricano le falde acquifere sotterranee e (d) forniscono gli habitat per la biodiversità. Cos’altro ha tante funzioni benefiche?

Una volta che le zone umide saranno sparite, non rimarrà alcuna speranza per i sistemi di supporto della vita complessa. Come saranno ricaricate le falde acquifere? Le falde acquifere sono la più importante riserva d’acqua del mondo. La NASA afferma che 13 delle 37 più grandi falde acquifere del pianeta sono classificate come sovrasfruttate, per la mancanza quasi totale di afflusso di acqua per compensare i prelievi. Nessuna zona umida, nessun rifornimento. Ipso facto, il Medio Oriente è in allerta speciale!

Nel frattempo, gli ecosistemi danneggiati e agonizzanti di tutto il mondo stanno morendo come mosche, contando un calo di più del 40% per le foreste di alghe, del 50% per le barriere coralline e del 40% per tutta la vita vegetale in via di estinzione, oltre alla grave perdita di insetti nell’ordine del 70 –  90%, avvicinandosi all’annientamento totale in alcune regioni. È assolutamente plausibile che il pianeta non avesse finora sperimentato un tale tasso di perdita.

Purtroppo, la perdita di biodiversità porta ad una pletora di riduzioni nei benefici associati ad un pianeta sano: (1) sequestro ridotto di carbonio (CO2-e già ai massimi storici), (2) impollinazione ridotta (annientamento degli insetti), (3) degradazione del suolo (specialmente in Africa), (4) aria e acqua inquinata (specialmente in India), (5) gravi inondazioni (specialmente nel Midwest americano), (6) incendi colossali (Siberia, California, Amazzonia, Australia), (7) salute compromessa (virus dilaganti e 140 milioni di americani con almeno una malattia cronica, probabilmente causata, in parte, dal degrado ambientale e dalla troppa tossicità).

A meno che non si compia uno sforzo universale di recupero dei sistemi di supporto della vita complessa sulla Terra, per esempio tramite il ripristino delle zone umide, è difficile concepire la vita futura senza tute di protezione.

In concomitanza con la crescente perdita delle ricchezze della natura, un pianeta sovraffollato porta alla limitazione delle risorse rigenerative. Alcune stime affermano che 700-800 milioni di persone stanno già patendo la fame e 1-2 miliardi sono malnutriti e incapaci di vivere nel pieno delle proprie forze. Cos’è questa, la vita o una sua sottospecie?

Una delle statistiche più eloquenti del rapporto Bradshaw afferma: “Contemporaneamente alla crescita della popolazione, il consumo della capacità rigenerativa della Terra da parte degli esseri umani è cresciuto dal 73% nel 1960 al 170% nel 2016”. Ipso facto, gli esseri umani stanno consumando più di una Terra. Per quanto tempo potremo andare avanti così, considerando il fatto deprimente che i prelievi di risorse hanno superato la capacità di rigenerazione già negli anni ’70?

Il deficit ecologico è un elemento centrale nella perdita di biodiversità: “Questo massiccio deficit ecologico è in gran parte reso possibile dal crescente uso di combustibili fossili. Questi combustibili a buon mercato ci hanno permesso di disaccoppiare la domanda umana dalla rigenerazione biologica: 85% dell’energia commerciale, 65% delle fibre e la maggior parte della plastica sono ora prodotti da combustibili fossili. Inoltre, la produzione di cibo dipende dall’apporto di combustibili fossili, visto che ogni unità di energia alimentare prodotta richiede un multiplo di energia proveniente dai combustibili fossili (3 volte per i paesi ad alto consumo come Canada, Australia, USA e Cina; overshootday.org)”. (Bradshaw, et al).

Man mano che la perdita di biodiversità scava sempre più a fondo nella linfa vitale del pianeta, essa diventa un problema incancrenito che non conosce fine. Malgrado ciò, “arrestare la perdita di biodiversità non è neanche lontanamente la priorità dei paesi, passando in secondo piano rispetto ad altre problematiche quali il tasso di occupazione, la sanità, la crescita economica o la stabilità monetaria. Non stupisce quindi che nessuno dei Aichi Biodiversity Targets per il 2020, stabiliti alla conferenza della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD.int) del 2010, sia stato raggiunto” (Bradshaw, et al). Nessuna sorpresa.

A peggiorare le cose: “la maggior parte degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite relativi alla natura sono anch’essi sulla strada del fallimento”. (Bradshaw, et al) Nessuna sorpresa.

“Persino il Forum economico mondiale, prigioniero della pericolosa propaganda dell’ecologismo di facciata, ora riconosce la perdita di biodiversità come una delle principali minacce all’economia globale". (Bradshaw, et al) Nessuna sorpresa.

Dove, quando e come allora vanno trovate le soluzioni? Come detto sopra, le idee non mancano, ma nessuno le mette in atto perché le soluzioni sono impegnative, troppo costose, troppo complicate. Eppure, sono in corso dei progetti per mandare l’uomo su Marte!

Intanto, il prorompente fiasco del riscaldamento globale è oggetto di una formula inopportuna ed autoregolamentata dagli Stati di tutto il mondo (Parigi 2015) per contenere il temuto CO2-e, ma che si dimostra angosciosamente inadeguata. I gas serra indotti dall’uomo continuano a raggiungere livelli da record anno dopo anno. Questa è l’antitesi del successo. Secondo il rapporto Bradshaw: “senza tali impegni, l’aumento stimato della temperatura terrestre sarà catastrofico per la biodiversità”. Mmm… sarà forse il caso di dichiarare un’altra emergenza, sì, no?

Ahimè, è difficile immaginare un’ulteriore perdita di biodiversità oltre a quella che si è già verificata con i due terzi della vita vertebrata selvatica sparita in soli 40-50 anni. Per non dimenticare poi gli invertebrati: quando è stata l’ultima volta che un insetto si è spiaccicato su un parabrezza da qualche parte in America?

Pensando al futuro, il miglior consiglio potrebbe essere quello di fare i preparativi per il pandemonio universale, che per coincidenza è l’omonimo della capitale (Pandemonio) dell’inferno nel Paradiso Perduto di John Milton, nell’Inghilterra del XVII secolo.

Cosa fare? Forse rinunciare a qualsiasi nuova dichiarazione di emergenza, visto che le numerose  emergenze già in atto, come l’imminente perdita della Grande Barriera Corallina, sono troppe da gestire. I piani di recupero non hanno un futuro, lasciandosi alle spalle un fiume di promesse infrante e false speranze dopo tanti anni di protocolli e riunioni che non hanno portato ad alcun passo avanti, mentre predicano la tutela del pianeta. A che pro?

Post scriptuml’entità delle minacce alla biosfera e a tutte le sue forme di vita – compresa l’umanità – è in effetti così grande che anche per gli esperti più informati è difficile da comprendere. (Sottovalutando le Sfide di Evitare un Futuro Spaventoso)

Traduzione dall’inglese di Cecilia Costantini. Revisione di Thomas Schmid [mm]

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Un quadro reale e desolante. Eppure, da "custodi del Creato", quali alternative abbiamo se non continuare a informarci, informare e agire insieme, per denunciare le varie attività antropiche che ci stanno portando alla catastrofe: deforestazioni; distruzione continua di habitat e biodiversità; consumo e distruzione di suolo; agricoltura, pesca e allevamenti intensivi; inquinamento di aria, acqua, terreno; finte fonti energetiche rinnovabili come biomasse e biocarburanti etc. etc. 

Tutto ciò continua ad alterare il clima e a distruggere biodiversità e sta compromettendo il futuro dell'umanità stessa e di gran parte della biosfera.

martedì 26 gennaio 2021

Padre Zanotelli: ''Le armi sono il peccato. Necessario disarmo nucleare''

dalla pagina https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/261-cronaca/81877-padre-zanotelli-le-armi-sono-il-peccato-necessario-disarmo-nucleare.html

Foto © Imagoeconomica

"Quando Hoppenheimer, uno degli scienziati che svilupparono la bomba atomica, vide il primo esperimento NUCLEARE disse: 'Oggi la scienza ha conosciuto il peccato'. E' un'affermazione fondamentale perché ci ricorda che la scienza non è neutrale. Gli armamenti nucleari sono oggi funzionali all'attuale sistema economico-finanziario, che permette che il 10 per cento della popolazione continui a consumare da sola il 90 per cento dei beni di questo mondo. Dobbiamo avere il coraggio di realizzare il disarmo nucleare per porre fine a diseguaglianze e sfruttamento". Sono parole forti quelle di padre Alex Zanotelli, intervenuto al webinar 'Al bando le armi nucleari' organizzato dall'agenzia di stampa internazionale Pressenza in occasione dell'entrata in vigore del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Il missionario ha plaudito alla presa di posizione di Papa Francesco, che "per la prima volta con estrema chiarezza ha dichiarato che non solo usare le bombe atomiche ma anche il loro possesso, costituiscono un peccato". Invocando quindi anche altre prese di posizione all'interno della Chiesa e della società civile, padre Zanotelli ha sottolineato: "E' urgente cambiare il nostro sistema di vita anche per tutelare l'ambiente. Gli esperimenti atomici inquinano e in pochi ne parlano. Dobbiamo forzare il Parlamento italiano a entrare nel Trattato, sarebbe un gesto di civiltà".

Nel corso della webinar è intervenuto anche Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, che ha aggiunto: "Bisogna portare l'educazione al disarmo NUCLEARE nelle scuole, come le Nazioni Unite da anni ci chiedono. Non è solo un obiettivo ideale, ma ora grazie al Trattato sull'abolizione delle armi nucleari che entra in vigore oggi, diventa una dimensione del diritto internazionale. In questo senso suggeriamo corsi di formazioni ad hoc per i docenti: è una questione strategica perché permette di far appassionare i ragazzi ai temi della cittadinanza attiva". "I giovani - ha proseguito - sono consapevoli dei rischi di questioni come il cambiamento climatico e l'adesione al movimento creato da Greta Thunberg lo dimostra. Tuttavia bisogna rafforzare l'educazione a scuola ai temi di cittadinanza globale - dalla povertà alla salvaguardia dell'ambiente, oltre al tema del disarmo nucleare - affinché si appassionino alla politica con la 'P' maiuscola, assente da quella dei partiti tradizionali ma presente nell'Agenda di sviluppo dell'Onu 2030 che racchiude tutti questi temi".

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“Armi nucleari, un pericolo ancora attuale”


domenica 24 gennaio 2021

Comunicato - e Nota di risposta al Comunicato - del Ministero degli Esteri sull’entrata in vigore del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari TPNW

https://www.esteri.it/MAE/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/entrata-in-vigore-del-trattato-per-la-proibizione-delle-armi-nucleari-tpnw.html

COMUNICATO

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

Entrata in vigore del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) 

In occasione dell’entrata in vigore del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), l’Italia conferma di condividere pienamente l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari e resta particolarmente impegnata nei settori del disarmo, del controllo degli armamenti e della non proliferazione, che sono componenti essenziali della nostra politica estera. Apprezziamo il ruolo della società civile nel sensibilizzare sulle conseguenze catastrofiche dell’uso delle armi nucleari.

Siamo convinti che l’approccio migliore per conseguire un effettivo disarmo nucleare implichi un pieno coinvolgimento dei paesi militarmente nucleari laddove invece - dal momento in cui è stata lanciata l’iniziativa del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari - abbiamo assistito ad una crescente polarizzazione del dibattito in seno alla comunità internazionale. Pur nutrendo profondo rispetto per le motivazioni dei promotori del Trattato e dei suoi sostenitori, riteniamo quindi che l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari possa essere realisticamente raggiunto solo attraverso un articolato percorso a tappe che tenga conto, oltre che delle considerazioni di carattere umanitario, anche delle esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale.

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dalla pagina Il TPNW è fulcro del disarmo nucleare: l’Italia partecipi al percorso (pressenza.com)

Il TPNW è fulcro del disarmo nucleare: l’Italia partecipi al percorso



Nota di risposta al Comunicato del Ministero degli Esteri sull’entrata in vigore del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari TPNW


Nella giornata di ieri, a seguito della entrata in vigore del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale ha rilasciato una nota ufficiale ribadendo la posizione dell’Italia in merito al tema del disarmo nucleare.

La Rete italiana Pace e Disarmo e Senzatomica, organizzazioni promotrici di “Italia, ripensaci” e partner italiani della Campagna internazionale ICAN, considerano positivo che la Farnesina  ribadisca  di “condividere pienamente l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari” e soprattutto esprima apprezzamento per “il ruolo della società civile nel sensibilizzare sulle conseguenze catastrofiche dell’uso delle armi nucleari”.

Anche le nostre organizzazioni considerano che l’eliminazione delle armi nucleari sarà possibile solo con il coinvolgimento di tutti i Paesi del mondo (compresi quelli “nucleari”), ma ribadiscono il contributo positivo in tal senso fornito dal percorso del TPNW. Dissentiamo dunque dall’interpretazione del Ministero degli Esteri per cui il Trattato TPNW appena entrato in vigore avrebbe avuto un effetto negativo sugli strumenti di disarmo multilaterale. Il TPNW ha avuto invece il merito di riattivare percorsi di disarmo ormai da troppo tempo in stallo e consideriamo un’occasione mancata l’assenza dell’Italia e di molti suoi alleati “non nucleari” dal dibattito che ha portato alla sua adozione.

Negli ultimi anni non sono certo stati gli sforzi della società civile, che pure non può esimersi dal continuare a condannare l’esistenza di armi inumane e indiscriminate come le testate nucleari, a  polarizzare il dibattito in seno alla comunità internazionale. Piuttosto lo smantellamento del quadro di dispositivi legati al disarmo multilaterale è derivato da scelte infauste dell’Amministrazione Trump, con la dissoluzione di Trattati fondamentali come l’INF e il JCPOA e i ritardi sul New START.

Ribadiamo la nostra convinzione per cui un ruolo cruciale nella concretizzazione del disarmo nucleare sia nelle mani degli Stati “non nucleari” come l’Italia, da realizzarsi tramite una partecipazione responsabile e propositiva al percorso del TPNW e cercando di coinvolgere i propri alleati “nucleari” nelle iniziative internazionali per il disarmo. Iniziative per le quali, è opportuno ricordarlo, la grande maggioranza dei Paesi si è impegnata attraverso la ratifica del Trattato di non-proliferazione (NPT) e in particolare del suo Articolo VI.

Ancora una volta ci rendiamo disponibili ad un confronto aperto e franco su questi temi con il Governo e il Parlamento per stimolare una partecipazione costruttiva dell’Italia a tali sforzi multilaterali che metta al primo posto le questioni di carattere umanitario, fondamentali quando si discute delle armi più distruttive ed inumane della storia, a cui occorre subordinare – armonizzandole – le esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale.

In tal senso rinnoviamo l’invito all’Italia per una partecipazione come Stato “osservatore” alla Prima Conferenza degli Stati Parte del Trattato TPNW che si dovrà svolgere entro gennaio 2022, con la prospettiva di un avvicinamento graduale alle misure previste dal Trattato prima fra tutte quella relativa all’assistenza alle vittime delle armi nucleari e degli esperimenti ad esse correlati.


sabato 23 gennaio 2021

Cappellani Militari senza stellette

articolo del 15 marzo 2018 

dalla pagina https://saveriani.it/missioneoggi/archivio-mo/item/campagna-ican-italia-ripensaci-istruzioni-per-partecipare

p. Alex Zanotelli, Direttore responsabile Mosaico di pace
mons. Giovanni Ricchiuti, Presidente nazionale Pax Christi
d. Renato Sacco, Coordinatore nazionale Pax Christi
Sergio Paronetto, Presidente Centro Studi Economico-Sociali per la Pace di Pax Christi

BISCEGLIE, 15 MARZO 2018

“L’8 febbraio è stato approvato ‘lo schema d’Intesa tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze Armate’. Purtroppo, ‘l’inquadramento, lo stato giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina dei cappellani militari restano quasi le stesse di prima” (Alex Zanotelli, Mosaico di Pace, marzo 2018). Stesso inquadramento militare dei cappellani, quindi, stesse stellette e stessi stipendi. Unica novità: la riduzione dei cappellani, dagli attuali 204 a 162. Ora l’Intesa “sarà sottoposta alla firma delle due parti, Stato e Santa Sede, e il suo contenuto dovrà essere recepito con apposito disegno di legge” del Parlamento.

L’iter è ancora lungo. È ancora possibile rivedere l’Intesa, anche perché lo stretto connubio tra Forze Armate e cappellani militari è in contrasto con il Vangelo e con quanto ci ha insegnato Gesù che va nella direzione della nonviolenza. Chiediamo che venga abolito l’inquadramento militare dei cappellani e che l’assistenza spirituale al personale militare sia data alla pastorale ordinaria.

Per adesioni e sottoscrizioni: info@mosaicodipace.it

www.mosaicodipace.it

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dalla pagina https://www.peacelink.it/gdp/a/27847.html

Lettera ai cappellani militari


La "Lettera ai cappellani militari" di don Lorenzo Milani è uno dei testi classici dell’antimilitarismo, dell’obiezione di coscienza, contro la guerra, gli eserciti e l’addestramento all’uccisione dei fratelli.

19 novembre 2008
don Lorenzo Milani
L'11 febbraio 1965 un gruppo di cappellani militari in congedo della Toscana, riunitisi in assemblea a Firenze nell’anniversario della conciliazione tra Stato e Chiesa, votarono un ordine del giorno in cui dichiaravano, fra l’altro, di considerare 
«un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta “obiezione di coscienza”, che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà».
L’ordine del giorno, pubblicato dal quotidiano «La Nazione» di Firenze, fu fatto conoscere a don Lorenzo da alcuni giovani di San Donato e da un amico professore di Prato saliti a Barbiana la domenica successiva. Il Priore stava facendo scuola. Lesse il ritaglio del giornale insieme ai ragazzi. Se ne discusse un’intera serata, e maturò così la «Lettera ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell’11 febbraio 1965» . La Lettera, firmata da don Lorenzo, venne “diffusa a stampa in forma di volantino e fu riprodotta parzialmente da vari giornali e per intero dal settimanale del PCI «Rinascita».

Don Lorenzo a seguito del comunicato dei cappellani militari in congedo della Toscana scrive:

LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI

Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo. Avremmo pero' voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola. Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente.
Primo, perche' avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci
dentro di voi
 una qualche vostra incertezza interiore. Secondo, perche' avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono piu' grandi di voi.

Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica e' oggi piu' matura che in altri tempi e non si contentera' ne' d'un vostro silenzio, ne' d'una risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti saro' ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste. Non discutero' qui l'idea di Patria in se'. Non mi piacciono queste divisioni.
Se voi pero' avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi diro' che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.

Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona. Certo ammetterete che la parola Patria e' stata usata male molte volte. Spesso essa non e' che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben piu' alti di lei.
Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. E' troppo facile dimostrare che Gesu' era contrario alla violenza e che per se' non accetto' nemmeno la legittima difesa.
Mi riferiro' piuttosto alla Costituzione. Articolo 11 "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
liberta' degli altri popoli..."
. Articolo 52 "La difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino".
Misuriamo con questo metro le guerre cui e' stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia.

Se vedremo che la storia del nostro esercito e' tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese piu' la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldatiL'obbedienza a ogni costo?

E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari? Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra.

Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verita' in faccia ai vostri "superiori" sfidando la prigione o la morte? Se siete ancora vivi e graduati e' segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la piu' elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioe' noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1.000 miliardi l'anno) l'esercito, e' solo perche' difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranita' popolare, la liberta', la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva piu' che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza. L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco.
L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo. Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare.
1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tento' di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria.
Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria. A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa e' alle porte. La Costituzione e' pronta a riceverla: "L'Italia consente alle limitazioni di sovranita' necessarie...". I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, cosi' come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei.
La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un accordo con il popolo piu' attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per aggredire l'Austria insieme.
Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'e' vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'e' vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: "L'insurrezione annunciata per oggi, e' stata rinviata a causa della pioggia".
Nel 1898 il Re "Buono" onoro' della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che e' bene ricordare. L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perche' i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu ne' un ferito ne' un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perche' era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare "Savoia" anche quando li portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo.
Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perche' quel giornale considera la vita d'un bianco piu' che quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa?
Idem per la guerra di Libia.

Poi siamo al '14. L'Italia aggredi' l'Austria con cui questa volta era alleata.
Battisti era un Patriota o un disertore? E' un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una "inutile strage"? (l'espressione non e' d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato).

Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza "cieca, pronta, assoluta" quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Cosi' la Patria ando' in mano a un pugno di criminali che violo' ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra "Patria", quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).

Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar "volontari" a aggredire l'infelice popolo spagnolo. Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riusci' a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni liberta' civile e religiosa.
Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei "volontari" italiani tutto questo non sarebbe successo.
Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria.
Gente che aveva obiettato. Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire?
Poi dal '39 in la' fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia).
Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici piu' nobili che l'umanita' si sia data.
L'uno rappresenta il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, liberta' e dignita' umana ai poveri. L'altro il piu' alto tentativo dell'umanita' di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri.

Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni valore morale, di ogni liberta' se non per i ricchi e per i malvagi.
Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore dispersa nel mondo e sofferente).
Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono piu' avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra e' stata un confronto di ideologie e non di patrie?
Ma in questi cento anni di storia italiana c'e' stata anche una guerra "giusta" (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana. Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano obiettato.

Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i "ribelli", quali i "regolari"? E' una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo p. es. quali sono i "ribelli"? Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati.
Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un "distinguo" che vi riallacci alla parola di San Pietro: "Si deve obbedire agli uomini o a Dio?". E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro.

In molti paesi civili (in questo piu' civili del nostro) la legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono di sacrificarsi per la Patria piu' degli altri, non meno. Non e' colpa loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.
Del resto anche in Italia c'e' una legge che riconosce un'obiezione di coscienza. E' proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti.
In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si e' ancora pronunziata ne' contro di loro ne' contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili.
Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene in mente che non s'e' mai sentito dire che la vilta' sia patrimonio di pochi, l'eroismo patrimonio dei piu'?
Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti e' la prigione, ma non e' bello star dalla parte di chi ce li tiene.

Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane l'ha fatto. Piu' maturo condanno' duramente questo suo errore giovanile.
Avete letto la sua vita? Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore e' "estraneo al comandamento cristiano dell'amore" allora non sapete di che Spirito siete! che lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!
Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Liberta', Verita'.
Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verita' e l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima.
Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale
umano.

Lorenzo Milani sac.

Barbiana 22.2.65


venerdì 22 gennaio 2021

Dialogo e multilateralismo per un mondo libero dalle armi nucleari

dalla pagina https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2021-01/gallagher-armi-nucleari-trattato-entra-in-vigore-dialogo.html 

L’arcivescovo Segretario per i Rapporti con gli Stati spiega l’impegno della Santa Sede per il Trattato che proibisce gli armamenti atomici e che entra in vigore il 22 gennaio: “La pace e la sicurezza internazionali non possono essere basate sulla minaccia della distruzione reciproca”

ANDREA TORNIELLI

“Mai più la guerra, mai più il boato delle armi, mai più tanta sofferenza”, l’uso dell’energia atomica a scopi bellici è “immorale”, così come lo è il “possesso” di armi nucleari. Il 24 novembre 2019 dal Memoriale della Pace di Hiroshima, Papa Francesco levava il suo grido per un mondo finalmente libero dagli armamenti atomici. Undici mesi dopo, nell’ottobre scorso, veniva ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN), che da venerdì 22 gennaio entra in vigore. Ne parliamo con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Eccellenza, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari rappresenta il primo accordo legalmente vincolante che vieta sviluppo, test, produzione, immagazzinamento e trasferimento delle armi nucleari, oltre al loro utilizzo. Perché è importante?

Come sappiamo, le armi nucleari rientrano nella più ampia categoria delle armi di distruzione di massa, così come le armi chimiche e quelle biologiche. Si tratta di armi che hanno un impatto indiscriminato, che possono in breve tempo uccidere una grande quantità di persone e che provocano danni, anche irreversibili o di lunghissima durata, agli ecosistemi, pure nel raggio di centinaia di chilometri. Si tratta di ordigni che sono stati particolarmente sviluppati a partire dal secolo scorso e il cui utilizzo può avvenire anche da parte di attori non statali di stampo terroristico. Di fronte a tali gravi conseguenze e preoccupazioni, la comunità internazionale è fortemente impegnata non solo nell’impedire la loro proliferazione, ma anche nel promuovere una reale interdizione del loro uso, così come del possesso di tali armi. A tal fine, sono stati elaborati e implementati numerosi strumenti multilaterali giuridicamente vincolanti che cercano di giungere al conseguimento di questo obiettivi.

Può spiegare brevemente la storia questi precedenti strumenti multilaterali?

Il primo strumento giuridico internazionale per la messa a bando di un’intera categoria di armi di distruzione di massa è stata la “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione e l’accumulo delle Armi Batteriologiche (Biologiche) e delle Armi Tossiche e sulla loro distruzione”, entrata in vigore nel 1975 e attualmente con 183 Stati Parte. Venti anni dopo, il 13 gennaio 1993, è stata aperta alla firma a Parigi la “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione, lo stoccaggio e l’uso delle Armi Chimiche e sulla loro distruzione”; essa è entrata in vigore il 29 aprile 1997 e conta attualmente 193 Stati che si sono impegnati alla sua attuazione. Si tratta in entrambi i casi di importanti strumenti che vede coesa la comunità internazionale nel contrastare lo sviluppo e l’utilizzo di armi chimiche e biologiche; strumenti i quali devono ovviamente fronteggiare continue insidie, che richiedono un incessante e attento seguito della loro corretta attuazione. D’altronde, il XXI secolo è fortemente caratterizzato da rapidi sviluppi tecnologici in campo chimico e biologico, che richiedono aggiornamenti persistenti di quegli strumenti finalizzati a impedirne un uso criminale.

Mancava però un trattato che si riferisse alle armi atomiche…

Fino all’adozione nel 2017 del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN) non vi era alcuno strumento giuridico internazionale che vietasse esplicitamente tali armi. L’entrata in vigore del TPAN, il 22 gennaio 2021, chiude questo “gap” tra le differenti tipologie di armi di distruzione di massa.

Perché la Santa Sede si è particolarmente impegnata per la sua ratifica?

L’obiettivo principale del Trattato è quello di vietare le armi nucleari in maniera inequivocabile, inserendole nella stessa categoria di altre armi di distruzioni di massa come le armi chimiche e quelle biologiche, già proibite. In tal modo, pone anche le armi nucleari all’interno di quelle armi il cui uso e possesso vanno continuamente stigmatizzati e delegittimati. Questo è uno dei motivi per cui la Santa Sede si è impegnata per l’entrata in vigore del Trattato e ha attivamente partecipato al suo processo di redazione. Tale attiva partecipazione è, d’altronde, ben evidenziata dal Messaggio che Papa Francesco ha rivolto all’inizio della “Conferenza dell’ONU finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari e giungere allo loro totale eliminazione”, svoltasi a New York, dal 27 al 31 marzo 2017. Un testo molto chiaro che mette in luce anche il perché la Santa Sede incoraggia gli Stati non solo ad aderire al Trattato, ma anche a cercare di comprenderlo nella lettera e nello spirito e a dare seguito a ciò che esso promuove. Molte sue disposizioni richiamano in maniera diretta o indiretta la centralità della persona umana, il paradigma umanitario e le strette connessioni del Trattato con la pace.

Qual è la relazione tra questo Trattato e quello sulla non proliferazione delle armi nucleari del 1970?

Il TPAN è il primo strumento giuridico vincolante che vieta le armi nucleari, mentre il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari (TNP) prevede essenzialmente tre obiettivi: la non proliferazione delle armi nucleari, il disarmo graduale di tali ordigni e la cooperazione nell’uso pacifico della tecnologia nucleare. Il TNP, entrato in vigore nel 1970, rappresenta indubbiamente un elemento fondamentale, una colonna portante della infrastruttura internazionale volta a contrastare le armi nucleari. Ma non è l’unico componente di questa struttura; di essa fanno, infatti, parte altri elementi: oltre al TPN e al TPAN vanno considerati strumenti giuridici come il Trattato per il bando degli esperimenti nucleari (CTBT), le zone libere da armi nucleari, gli Accordi di salvaguardi che l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) ha firmato con numerosi Stati, i Trattati bilaterali come lo START (Trattato di riduzione delle armi strategiche tra USA e Russia, che scadrà il mese prossimo). Si tratta di strumenti tra di loro complementari e ognuno di essi rappresenta una tessera di quel mosaico che compone il quadro di un “mondo libero da ami nucleari”.

Ammetterà che si tratta di un mosaico la cui realizzazione appare ancora lontana…

Diciamo che è un mosaico, purtroppo, ancora piuttosto “sfocato”, poiché alcuni degli strumenti citati, alcune di quelle “tessere”, devono ancora essere ben “modellate”, perché non sono entrati in vigore o non vengono implementati in modo coerente. Su queste “tessere” è necessario continuare a lavorare con l’impegno di tutti, attori governativi e non governativi; è necessario intensificare gli sforzi per contrastare le pressioni contro il multilateralismo e superare la dinamica del sospetto e della sfiducia. La corretta implementazione di questi strumenti rappresenta, infatti, un passo fondamentale nel “cammino” verso un mondo libero dalle armi nucleari. C’è, poi, un altro aspetto significativo che questo “percorso” richiede; aspetto che è pienamente riconosciuto nel TPAN: l’importanza sia dell’educazione alla pace e del disarmo in tutti i suoi aspetti, sia della sensibilizzazione sui rischi e le conseguenze delle armi nucleari per la generazione presente e quelle future; non è possibile sottovalutare questi due aspetti: anche l’educazione e la sensibilizzazione rappresentano due altre importanti tessere che contribuiscono a comporre il mosaico di un mondo libero dalle armi nucleari e che richiedono un impegno per iniziative significative volte a promuovere una cultura che rifiuta tali ordigni, una cultura della vita e della pace, una cultura della cura.

Un cammino che ha visto la Santa Sede sempre in prima linea, come attestano anche le parole pronunciate da Papa Francesco durante il suo viaggio in Giappone.

La Santa Sede è da sempre impegnata a perseguire questa direzione, come dimostrato dal fatto che ha ratificato tutti i principali Trattati nucleari (TPN, CTBT, TPAN, Accordi di Salvaguardia con l’AIEA) e dai suoi continui sforzi per promuovere una concreta cultura di pace, basata sulla dignità della persona umana e sul primato del diritto, favorendo una collaborazione responsabile, onesta e coerente con tutti i membri della famiglia delle nazioni. Tutto ciò richiede un’attenta mediazione per facilitare un dialogo politico efficace, con particolare attenzione all’importanza di utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per costruire la fiducia, per andare oltre la “teoria della paura e il nemico”, per sottolineare come la deterrenza nucleare rappresenti un falso senso di sicurezza e di stabilità, per ancorare la questione della sicurezza a quella dello sviluppo, per far leva sul concetto di “memoria” e dialogo. D’altronde, come detto dal Santo Padre ad Hiroshima il 24 novembre 2019: «Non possiamo permettere che le attuali e le nuove generazioni perdano la memoria di quanto accaduto, quella memoria che è garanzia e stimolo per costruire un futuro più giusto e fraterno». La memoria «va custodita non solo per non commettere di nuovo gli stessi errori o perché non vengano riproposti gli schemi illusori del passato, ma anche perché essa, frutto dell’esperienza, costituisca la radice e suggerisca la traccia per le presenti e le future scelte di pace» (cfr. Papa Francesco, Messaggio per 53^ Giornata Mondiale della Pace: la pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica, n. 2).

Il TPAN è stato ratificato da una cinquantina di Paesi, tra questi non ci sono le tradizionali grandi potenze nucleari né quelle che hanno sviluppato in seguito l’atomica, ma nemmeno Paesi che ospitano questi armamenti in quanto alleati di altri Paesi che le possiedono. Quali speranze ci sono che questo trattato porti a dei risultati concreti?

Vorrei riprendere un’altra riflessione di Papa Francesco, prendendo spunto dal Video-Messaggio che egli ha trasmesso il 24 settembre 2020 all’ultima sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU: «Ci troviamo […] di fronte alla scelta tra uno dei due cammini possibili: uno conduce al rafforzamento del multilateralismo, espressione di una rinnovata corresponsabilità mondiale, di una solidarietà fondata sulla giustizia e sul compimento della pace e l’unità della famiglia umana, progetto di Dio per il mondo; l’altro predilige gli atteggiamenti di autosufficienza, il nazionalismo, il protezionismo, l’individualismo e l’isolamento [… che] certamente recherà danno alla comunità intera, essendo autolesionismo per tutti. E questo non deve prevalere». La questione nucleare è fortemente connessa a questa duplice prospettiva. Da un lato, siamo preoccupati per il fatto che le Potenze nucleari spesso sembrano voltarsi di fronte al multilateralismo in campo nucleare e al tavolo dei negoziati, come evidenzia una certa erosione dell’architettura delle armi nucleari, messa in luce dall’abbandono del Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (INF), dall’indebolimento del JCPoA (Piano d’Azione congiunto comprensivo) iraniano, dall’incertezza del futuro del menzionato START, dalla crescente spesa militare non solo per la manutenzione ma anche per l’ammodernamento degli arsenali nucleari. Dall’altro lato, dobbiamo essere motivati e propositivi rimanendo fermi nei nostri sforzi per lavorare al disarmo nucleare e alla non proliferazione. La promozione e l’attuazione del TPAN e la X Conferenza di Revisione del TNP, in programma nell’agosto di quest’anno, sono due chiare opportunità per far avanzare un mondo senza armi nucleari.

Le decisioni sono nelle mani degli Stati, ma che cosa può essere fatto dalle persone che non siedono nelle “stanze dei bottoni”, da chi sogna un mondo finalmente libero da queste armi?

Rispondo con le parole di Papa Francesco a Nagasaki il 24 novembre 2019: «un mondo in pace, libero da armi nucleari, è l’aspirazione di milioni di uomini e donne in ogni luogo. Trasformare questo ideale in realtà richiede la partecipazione di tutti: le persone, le comunità religiose, le società civili, gli Stati che possiedono armi nucleari e quelli che non le possiedono, i settori militari e privati e le organizzazioni internazionali. La nostra risposta alla minaccia delle armi nucleari dev’essere collettiva e concertata, basata sull’ardua ma costante costruzione di una fiducia reciproca che spezzi la dinamica di diffidenza attualmente prevalente».

Quali sono, a suo avviso, gli atteggiamenti da evitare in questo impegno?

In questo sforzo dobbiamo evitare quelle forme di recriminazione e polarizzazione reciproche che ostacolano il dialogo piuttosto che incoraggiarlo. L’umanità ha la capacità di lavorare insieme per costruire la nostra casa comune; abbiamo la libertà, l’intelligenza e la capacità di guidare e dirigere la tecnologia, di porre dei limiti al nostro potere e di mettere tutto questo al servizio di un altro tipo di progresso: più umano, sociale e integrale (cfr. Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, 24 maggio 2015, n. 112). Come ho detto, il prossimo agosto si svolgerà a New York la X Conferenza d’Esame del TNP. Si tratta di un momento critico nel quale la comunità internazionale, e in particolare le Potenze nucleari, potranno mostrare la reale volontà di promuovere la pace e la sicurezza internazionali e la loro capacità di comprendere le importanti lezioni della pandemia da Covid-19, che ci ha messo di fronte a quella che possiamo chiamare una vera e propria “crisi della sicurezza”.

Nel contesto attuale del mondo, ormai molto diverso rispetto a quello diviso in due blocchi del secolo scorso, ha ancora senso parlare di “deterrenza”?

Il Santo Padre, nel Messaggio alla Conferenza Onu del 2017 che ho citato in precedenza, ha detto: «Se si prendono in considerazione le principali minacce alla pace e alla sicurezza con le loro molteplici dimensioni in questo mondo multipolare del XXI secolo, come, ad esempio, il terrorismo, i conflitti asimmetrici, la sicurezza informatica, le problematiche ambientali, la povertà, non pochi dubbi emergono circa l’inadeguatezza della deterrenza nucleare a rispondere efficacemente a tali sfide. Siffatte preoccupazioni assumono ancor più consistenza quando consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo e nello spazio. Simile motivo di preoccupazione emerge di fronte allo spreco di risorse per il nucleare a scopo militare, che potrebbero invece essere utilizzate per priorità più significative, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, così come la lotta alla povertà e l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Dobbiamo anche chiederci quanto sia sostenibile un equilibro basato sulla paura, quando esso tende di fatto ad aumentare la paura e a minare le relazioni di fiducia fra i popoli». Da questo punto di vista, dovremmo chiederci che tipo di sicurezza vogliamo e quali sono i mezzi più efficaci per garantire tale sicurezza.

Che cosa ci insegna in proposito ciò che il mondo sta vivendo a causa del coronavirus?

La pandemia da Covid-19 ci sta insegnando molto: infatti, una delle lezioni che possiamo apprendere è l’importanza di riconsiderare il nostro concetto di sicurezza. La pace e la sicurezza internazionali non possono essere basate sulla minaccia della distruzione reciproca o dell’annientamento totale, né sul mantenimento di un equilibrio di potere o sulla regolamentazione delle relazioni sostituendo “la forza della legge” con “la legge della forza”. La pace e la sicurezza devono essere costruite sul dialogo e sulla solidarietà, sulla giustizia, sullo sviluppo umano integrale, sul rispetto dei diritti umani fondamentali, sulla cura del creato, sulla promozione delle strutture educative e sanitarie, sulla costruzione della fiducia tra i popoli. In questa prospettiva, è necessario andare oltre la deterrenza nucleare. La comunità internazionale è chiamata ad adottare strategie lungimiranti per promuovere questo obiettivo di pace e sicurezza internazionale ed evitare approcci miopi ai problemi di sicurezza nazionale e internazionale. Realizzare un mondo senza armi nucleari si inserisce in questa strategia lungimirante, basata sulla consapevolezza che “tutto è connesso”, in quella prospettiva di ecologia integrale così ben delineata da Papa Francesco nella Laudato si’ (cfr. nn. 117 e 138). Il TPAN va in questa direzione. Questa strategia può essere costruita solo attraverso un dialogo solidamente orientato al bene comune e non alla tutela di interessi velati o particolari.

Quali passi concreti si possono fare per raggiungere l’obiettivo di un mondo libero da questi micidiali armamenti che mettono a rischio l’esistenza stessa dell’umanità?

L’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi nucleari è sia una sfida che un imperativo morale e umanitario. Un approccio concreto dovrebbe promuovere una riflessione su un’etica della pace e della sicurezza multilaterale e cooperativa che vada oltre la paura e l’isolazionismo che dominano oggi molti dibattiti. Il destino comune dell’umanità esige il rafforzamento pragmatico del dialogo e la costruzione e il consolidamento di meccanismi di fiducia e cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari. Mi vengono in mente le parole del Santo Padre nel suo Messaggio per la celebrazione della 54^ Giornata mondiale della pace: “La cultura della cura come percorso di pace”: «Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari. Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi globali come l’attuale pandemia da Covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che decisione coraggiosa sarebbe quella di “costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri”» (n. 7).