lunedì 29 febbraio 2016

10 DOMANDE A CHI VUOLE PORTARE L’ITALIA IN GUERRA IN LIBIA “CONTRO DAESH”

dalla pagina https://www.change.org/p/la-pace-ha-bisogno-di-te-sostieni-la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/15637694?tk=hl3-HtYci31Vqxk9k2XdC304r8gV1V_z_vbFQsv7hd8


1. E’ chiaro a tutti che senza il folle e criminale intervento della Nato nel 2011, Daesh e altri terroristi e milizie jihadiste non sarebbero mai arrivate in Libia?

2. Se è chiaro, chiediamo: chi ha creato il problema può forse risolverlo? E come farlo senza estirparne le cause, cioè il continuo supporto economico-militare che i terroristi continuano ad avere e senza il quale si sgonfierebbero in poco tempo? Proprio la Francia, gli Usa e il Regno unito, regimi che nel 2011 attaccarono per primi la Libia dando poi il via alla Nato, adesso da buoni Frankenstein pretendono di risolvere la situazione. Possiamo ancora accettare questa drammatica ipocrisia?

3. Come mai la Nato non impedisce il traffico via mare di terroristi, relative armi e approvvigionamenti di fronte alle notizie di migrazioni appunto da Siria e Iraq verso il Nordafrica? Sta veramente lavorando per abbattere gli approvvigionamenti dei terroristi?

4. Come mai l’Italia continua a non pretendere – pena la rottura dei rapporti economici – da regimi come Turchia, Arabia saudita, Qatar, Emirati, che smettano di sostenere in molti modi Daesh e altri gruppi come al Nusra ma anche l'Esercito della conquista in Siria o le milizie islamiste Fajr a Tripoli? Chi continua a far passare armi, petrolio e rifornimenti? Perché solo la Russia in Siria è intervenuta per tagliare le linee di approvvigionamento?

5. Perché l’Italia deve esporsi a ritorsioni assicurate da parte dei terroristi, quando dovrebbe agire in modo deciso contro i suoi alleati che continuano a mantenere Daesh?

6. Come mai in Siria, altro scenario centrale della lotta contro il terrorismo, i paesi Nato e la Nato dei petromonarchi creata dai Saud continuano a spacciare per “ribelli moderati” gruppi di miliziani armati collaterali di al Qaeda e Daesh?

7. Come mai il governo italiano continua a fornire armi all’Arabia saudita la cui guerra in Yemen sta rafforzando al Qaeda e altre compagini terroriste, che gli Houti bombardati dai Saud combattevano?

8. Come mai il Parlamento italiano non calendarizza la risoluzione per la fine dell’export di armi ai Saud a prima firma Manlio di Stefano che giace nei cassetti da mesi?

9. Il ministro Gentiloni in Parlamento ha recentemente ribadito che Assad va deposto. Il solito regime change. Si rende conto, come ormai ammettono in coro tutti, che l’alternativa è consegnare la Siria ai jihadisti che hanno la stessa visione del mondo di Daesh?

10. Si rende conto, infine, il ministro Gentiloni che la politica dichiarata del “regime change”, oltre a violare il principio dell’autodeterminazione dei popoli - che direbbe se il ministro degli esteri siriano dichiarasse che Renzi va deposto? - ha prodotto anche in tempi recenti disastri inenarrabili per i quali nessuno paga. Iraq 2003, Libia 2011. Ministro, la storia non le ha insegnato nulla?

Sibialiria e AntiDiplomatico

I droni armati USA partivano già da Sigonella verso la Libia...

dalla pagina http://it.sputniknews.com/opinioni/20160225/2166309/italia-usa-droni-sigonella-guerra.html

Antonio Mazzeo
Intervista di Tatiana Santi ad Antonio Mazzeo, giornalista da tempo impegnato nei temi della pace e della militarizzazione

[...] 
— Quindi i droni armati americani partivano già da Sigonella verso la Libia?

Operavano già da tempo, è confermato dagli Stati Uniti d'America nella primavera del 2011. Hanno già pubblicato anni orsono un dossier che è stato prodotto per il parlamento italiano dal Centro Studi Strategici italiani, che faceva espresso riferimento, cosa mai smentita, ad un accordo bilaterale sottoscritto nell'inverno del 2013 tra l'Italia e gli Stati Uniti. L'accordo consentiva il dislocamento a Sigonella fino a 6 Predator, cioè i droni killer di cui si parla oggi per operare sullo scacchiere africano, non soltanto nel conflitto libico, parliamo anche dell'Africa Sub sahariana, il Niger, il Mali, il Corno d'Africa, dove da anni vengono effettuati veri e propri bombardamenti con i droni. Quindi purtroppo non si tratta di una novità. Oramai Sigonella è un vero e proprio trampolino per operazioni di attacco, distruzione e ovviamente di morte.

— Queste informazioni arrivano agli italiani d'oltreoceano, come dal Wall Street Journal. I negoziati tra Italia e Stati Uniti sui droni armati in realtà duravano da mesi. Perché il governo italiano non ne ha parlato, non c'è stato un dibattito?

— Non è neanche questa una novità. In tutta la storia del processo di militarizzazione e delle strutture militari concesse agli americani, le informazioni venivano dall'estero. Ho pubblicato centinaia di articoli, sempre ed esclusivamente le mie fonti sono state le informazioni ufficiali del governo statunitense, del Pentagono. Non c'è mai stata una comunicazione in parlamento.

I cittadini italiani sono stati privati del loro diritto di informazione, perché non sanno che cosa succede sul territorio italiano. La cosa più grave a mio avviso e che rappresenta di fatto una violazione profonda della Costituzione italiana è che l'informazione riguardante l'uso di basi militari in Italia date in concessione agli americani di fatto è un argomento su cui anche in Parlamento c'è il silenzio assoluto.
[...] 

— Le missioni con i droni armati verso la Libia di cui si parla oggi, secondo lei sono il preludio di una guerra con la partecipazione dell'Italia?

— Credo basti vedere cos'è successo dalla prima guerra del Golfo ad oggi. Tutte le guerre sul campo con la presenza massiccia di forze statunitensi sono sempre state preparate attraverso una serie di bombardamenti. Le guerre moderne prevedono una prima fase della distruzione di obiettivi sia di tipo militare sia di infrastrutture strategiche come i ponti e le ferrovie. Il momento in cui metti in ginocchio il sistema economico militare a quel punto partono le operazioni di terra. È successo nella prima guerra del Golfo, in Iraq, è successo con caduta di Saddam Hussein, poi in Afghanistan, nei Balcani e in Libia nel 2011. L'intensificarsi dei bombardamenti precede il prossimo passo, tra l'altro richiesto dall'amministrazione Obama, ovvero sia della presenza sul campo di forze terrestri. Stupidamente l'Italia si propone come il Paese che dovrebbe guidare quest'eventuale coalizione. Su questo Renzi non nasconde la sua volontà di proiettare l'Italia molto più direttamente in questo conflitto libico.

venerdì 26 febbraio 2016

III Domenica di Quaresima, Lc 13,1-9

Luciano Manicardi 
[...] vi è una dimensione spirituale di morte che riguarda l'insensibilità agli eventi, l'indifferenza alla storia, il rifugiarsi nella pigrizia dell'abitudine, il non lasciarsi scuotere e ferire dalla storia, il restringere i propri orizzonti di interesse solo a ciò che ci tocca direttamente e da vicino [...] 

Gérard Rossé
[...] Non è un insegnamento generale sulla pazienza di Dio, ma l'annuncio dell'importanza decisiva del presente come tempo di salvezza [...] è tempo di portare frutto convertendosi alla misericordia, e rivolgere il cuore verso i poveri [...] al di là della comunità, verso il mondo, verso la missione della Chiesa: ad ognuno è concesso l'anno di grazia.

Monastero di Dumenza 
[...] La parola di Gesù di fronte a due avvenimenti di cronaca e la breve pèarabola del fico che non porta frurro, richiamano la necessità di saper leggere le parole di Dio negli eventi della storia per entrare e collocarsi in essa in una verità di vita, nella vigilanza e nel discernimento. Si tratta di passare da una vita 'in superficie' a una vita in profondità, a una vita convertita alla logica di Dio. Ecco perché di fronte alla negatività della storia, il discepolo di Cristo non può accontentarsi di una semplice cronaca o di un giudizio affrettato e rassicurante. [...]

giovedì 25 febbraio 2016

Aisha Gheddafi si schiera a capo della resistenza in Libia contro la NATO e contro i terroristi

dalle pagine

Aisha Gheddafi si schiera a capo della resistenza contro la NATO e contro i terroristi che infestano il suo paese.
Ritorna sul campo della Libia la figlia di Gheddafi, l’ex leader libico fatto assassinare dalla NATO e dai sicari inviati da  Nicolas Sarcozy.
Con un proclama diretto al popolo libico, Aisha Gheddafi ha annunciato di volersi mettere alla  testa di un movimento di resistenza contro la NATO e contro i terroristi che scorazzano nel paese. Nel proclama la Alisha si è diretta al suo popolo ed ha manifestato l’intenzione di creare un Governo clandestino che dirigera’ la lotta con cui intende vendicare il padre, il marito, i suoi fratelli ( tutti fatti assassinare) ed il popolo libico.
Aisha Gheddafi si trasforma nel nuovo leader, in un momento cruciale per il paese e per la resistenza, in vista di un nuovo intervento della NATO.


Come tenente generale dell’Esercito , Aisha aveva giurato fedeltà’ agli ordini del suo leggendario padre e, nel suo proclama,  ha incitato i libici a svegliarsi ed a combattere con il fine di vincere ed avere successo per dare un nuovo Governo libero alla Libia.
Aisha Gheddafi garantisce che nei prossimi mesi si andrà a formare un governo clandestino formato dai leaders libici che continuano ad essere leali nei confronti dei Gheddafi e che opererà come mediatore in Libia ed all’Estero.  Analizzando la situazione attuale ha criticato il vecchio esercito libico affermando che è un miscuglio di gruppi anarchici che hanno deciso di fare la guerra in base al principio “combatto con chi mi paga di più”.
La figlia di Gheddafi ha accusato di utilizzare la bandiera verde della Libia e di corrompere i suoi seguaci così come il rafforzamento dei governi tribali sotto la cui ombra  si sono unite le tribù dei Tuareg ed i gruppi islamici integralisti. Aishia ha accusato queste tribù Tuareg di aver operato per creare separatismo e cospirazione con  il governo a Tobruk.
Aisha Gheddafi ha richiesto ai soldati dell’Esercito libico di prestarle giuramento, riconoscendola come comandante supremo con il fine di restaurare lo Stato.
“Il mio nome mi da il dovere ed il diritto di essere all’avanguiardia di questa guerra”, ha dichiarato questa donna valorosa che durante questa guerra ha perso suo marito ed i due figli.  Attualmente Aisha si trova pronta per diventare il simbolo della nazione ed insieme al ritratto di Gheddafi trasformarsi nel simbolo della missione di ripristinare l’unità nazionale”.
Aisha ha parlato anche dei terorristi di Al Qaeda che rovesciarono suo padre nel 2011, ed ha assicurato che la loro azione criminale è stata un vento di follia che si disintegrerà e scomparirà. ”Siamo pronti per combattere fino alla morte ed in questa battaglia i terroristi dovranno affrontare tutta la nazione”, ha concluso Aisha Gheddafi.
Secondo voci di popolo,  la versione di questo manifesto è stata distribuita in tutta la Libia e condivisa nelle pricipali città come Tripoli e Tobruk. Secondo le informazioni, si aspetta che da un momento all’altro Aisha Gheddafi possa effettuare un discorso alla TV tramite un canale privato.

Fonte: El Espia Digital
Traduzione e sintesi: Luciano Lago

2011, aggressione contro la Libia di Gheddafi ... perché?


E-mail di Hilary Clinton rivelano il vero motivo dell'intervento della Nato in Libia

L’obiettivo reale era eliminare, annullare l’influenza di Gheddafi nell’Africa francofona. La lotta per l'emancipazione dell'Africa dal franco [e dall'Occidente] è stata fatale

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha recentemente rivelato una serie di messaggi di posta elettronica del 2011 della candidata alla presidenza Hillary Clinton, che chiariscono una volta per tutti i veri motivi dietro l'aggressione della Nato contro la Libia del 2011.
Sono quasi 3.000 le conversazioni che il Dipartimento di Stato ha reso pubbliche su ordine di un tribunale. Secondo quanto riporta il Foreign Policy, una email inviata il 2 aprile 2011 dal funzionario Sidney Blumenthal (stretto collaboratore prima di Bill Clinton e poi di Hillary) a Hillary Clinton, dall’eloquente titolo “France’s client & Qaddafi’s gold”, racconta i retroscena dell’intervento franco-inglese e rivela chiaramente i fini del presidente francese Nicolas Sarkozy in Libia: ottenere il petrolio, riaffermare la potenza militare francese e evitare l'influenza di Gheddafi nelll'Africa "francofona".
La posta in gioco, l’obiettivo reale era eliminare, annullare l’influenza di Gheddafi nell’Africa francofona dal momento che lo stesso Gheddafi aveva lo scopo di sostituire il FRANC CFA, una valuta utilizzata da 14 ex colonie francesi (creata nel 1945) che comportava una serie di obblighi nei confronti del tesoro francese.
La parte più sbalorditiva scrive anche il sito Infowars che riporta la notizia, è il lungo resoconto sull’enorme minaccia che l’oro e l’argento, contenuti nelle riserve di Gheddafi (stimate in 143 tonnellate di oro e altrettanti di argento) potrebbero portare alla valuta Franc CFA in circolazione come moneta africana nell’africa francofona.
Questa riserva di oro è stata accumulata da Gheddafi prima della guerra civile in Libia del 2011, ed era destinata ad essere utilizzata per instaurare una valuta panafricana basata sul dinaro libico d’oro.
Questo piano era stato concepito per fornire ai paesi francofoni un’alternartiva al CFA e quindi una sostanziale indipendenza dal tesoro francese. 


Manlio Dinucci
Bandiera USA sull'Europa

[...] Sul fronte meridionale, collegato a quello orientale, gli Stati uniti stanno per lanciare dall’Europa una nuova guerra in Libia per occupare, con la motivazione di liberarle dall’Isis, le zone costiere economicamente e strategicamente più importanti.
Una mossa per riguadagnare terreno, dopo che in Siria l’intervento russo a sostegno delle forze governative ha bloccato il piano Usa/Nato di demolire questo Stato usando, come in Libia nel 2011, gruppi islamici armati e addestrati dalla Cia, finanziati dall’Arabia Saudita, sostenuti dalla Turchia e altri.
L’
operazione in Libia «a guida italiana» – che, avverte il Pentagono, richiede «boots on the ground», ossia forze terrestri – è stata concordata dagli Stati uniti non con l’Unione europea, inesistente su questo piano come soggetto unitario, ma singolarmente con le potenze europee dominanti, soprattutto Francia, Gran Bretagna e Germania. Potenze che, in concorrenza tra loro e con gli Usa, si uniscono quando entrano in gioco gli interessi fondamentali.

Emblematico quanto emerso dalle mail di Hillary Clinton, nel 2011 segretaria di Stato: Usa e Francia attaccarono la Libia anzitutto per bloccare «il piano di Gheddafi di usare le enormi riserve libiche di oro e argento per creare una moneta africana in alternativa al franco Cfa», valuta imposta dalla Francia a sue 14 ex colonie. Il piano libico (dimostravamo sul manifesto nell’aprile 2011) mirava oltre, a liberare l’Africa dal dominio del Fmi e della Banca mondiale. Perciò fu demolita la Libia, dove le stesse potenze si preparano ora a sbarcare per riportare «la pace».



Chavez sulle crisi provocate in Siria e in Libia e il nuovo imperialismo

video (8 ottobre 2012) in cui il comandante Hugo Chavez (1954-2013) parla delle riserve in oro e argento in possesso di Tripoli prima dell'assassinio di Gheddafi, degli interessi occidentali in Libia e Africa, della destabilizzazione pianificata nei paesi del Vicino Oriente e in particolare in Siria ...

mercoledì 24 febbraio 2016

Siria, ancora un ospedale colpito

dalla pagina http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/siria-discorso-di-joanne-liu-al-palazzo-delle-nazioni-ginevra
dal "Discorso di Joanne Liu al Palazzo delle Nazioni, Ginevra"

[...] L'assistenza sanitaria in Siria è nel mirino di bombe e missili. Ed è al collasso.
Voglio essere chiara: gli attacchi contro i civili e gli ospedali devono cessare. Il fatto che diventino la norma è intollerabile. [...]

Questi doppi attacchi - noti in gergo militare come "double taps" - che prendono di mira soccorritori e personale medico mentre cercano di salvare i feriti di un primo attacco sono vergognosi. Ma non finisce qui. Un ospedale nelle vicinanze che aveva ricevuto molti dei feriti dal primo attacco è stato a sua volta colpito un'ora più tardi. [...] 
[Domanda: a chi conviene?]

Più armi per tutti? A Vicenza, la Fiera della “difesa fai da te” non piace a diocesi e pacifisti

Evento organizzato dall'importatore Tfc
dalla pagina caffeditrice.com
"Vieni, vedi, prova" evento organizzato da un importatore

dalla pagina http://www.adista.it/articolo/56007

 
38455 VICENZA-ADISTA. Fino allo scorso anno si chiamava Hunting Show ed era dedicato a quanti coltivano la passione venatoria. Poi nel 2015 cambia nome e, parzialmente, natura: da Hunting Show a Hit show – dove “Hit”, che in inglese significa “colpire”, è acronimo di Hunting, Individual protection e Target sports (caccia, protezione personale e tiro sportivo) – ampliando quindi la sua offerta e proponendosi come «il principale appuntamento italiano di riferimento per il settore delle armi e munizioni sportive e civili, delle attrezzature e degli accessori dedicati al mondo outdoor, caccia, tiro sportivo e utilizzo personale».

Un appuntamento – nato dall’alleanza tra Fiera di Vicenza e Anpam (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni), con il sostegno dei partner Assoarmieri e Conarmi – che lo scorso anno aveva richiamato 30mila visitatori in tre giorni e che non era passato inosservato, destando le critiche dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza (Opal) di Brescia e della Rete Italiana per il Disarmo che – preoccupate dalle implicazioni connesse alla crescente giustificazione, anche nel nostro Paese, dell’impiego delle armi per la difesa personale – avevano annunciato l'intenzione di chiedere agli organizzatori dell’evento di definire un codice di responsabilità sociale della manifestazione fieristica.

Qualche misura nell'arco di quest’anno è stata presa: i minori possono ora entrare solo se accompagnati e non possono maneggiare armi (anche se la vigilanza è affidata agli accompagnatori). Ma la questione resta aperta. Tanto che anche quest’anno Opal e Rete Disarmo hanno avanzato le loro critiche, ritenendo che «Hit Show, esponendo in un unico evento fieristico armi per la difesa personale insieme a quelle per le attività venatorie, per il tiro sportivo e per il collezionismo, e consentendo l’accesso al pubblico senza restrizioni di età, stia facendo, consapevolmente o meno, un’operazione di tipo ideologico che si configura come una promozione delle armi di ogni tipo (escluse quelle per specifico impiego militare) a favore della loro diffusione». Una promozione che, «anche in considerazione della crescente tendenza a rispondere con le armi a fronte di furti e reati alla proprietà», i due organismi «considerano inammissibile se non associata ad una rigorosa autoregolamentazione da parte della Fiera e ad un’approfondita riflessione culturale».

L'intervento della diocesi

A pochi giorni dall'edizione 2016 – svoltasi dal 13 al 15 febbraio – anche la diocesi di Vicenza è intervenuta sulla questione con una Lettera aperta della Commissione per la Pastorale Sociale e del Lavoro diffusa il 6 febbraio e firmata da un ampio ventaglio di realtà locali (tra cui Cgil Vicenza, Circolo Legambiente, Movimento Nonviolento e Azione cattolica vicentina), dal titolo: “Quali messaggi veicola una fiera di armi da fuoco?”. Diversi gli elementi su cui la Commissione diocesana sente il dovere di riflettere. Prima di tutto «una mostra di questo tipo, promuovendo una serie di sport e “giochi di guerra” di fatto finisce per ingenerare confusione rischiando di legittimare una cultura della violenza»; in secondo luogo «la mostra non è riservata solo a chi opera nel settore, ma è aperta a quanti la vorranno visitare: quello che ci preoccupa – spiega la Commissione – è che la mostra sarà aperta anche ai minori, seppure “accompagnati”». «Sembra prevalere una logica di mercato che giustifica il business senza alcuna preoccupazione etica», è la valutazione della diocesi: «“I minori di oggi sono potenziali acquirenti di domani”: questo insegnano le regole delle pubblicità». «Come cittadini, genitori, educatori ci chiediamo: è questo che vogliamo proporre alle future generazioni? Vogliamo davvero formare i nostri ragazzi proponendo loro un’identità che vede il possesso di un’arma come forma di sicurezza e di difesa? Noi crediamo all’importanza di educare ad una “vita buona” e alla nonviolenza, ad una vita che punti sulla relazione positiva con l’altro. Questa rassegna potrebbe essere un’occasione per riflettere sul tipo di società che vogliamo costruire e sui valori che dobbiamo affermare. Pensiamo ad una città in cui i conflitti vengono risolti pacificamente, col dialogo, le relazioni costruttive, l’apertura verso l’altro, che non va mai visto come un nemico. Operare e sognare un mondo, dove ognuno si senta a casa propria!».

La risposta del Comune

Le proteste qualche frutto, seppur tardivo, sembrano averlo dato. L'11 febbraio l'assessora alle Comunità e alle Famiglie, Isabella Sala, ha comunicato che «in seguito al confronto avuto durante l’anno con le associazioni impegnate sui temi della pace e del disarmo, l’amministrazione comunale si fa promotrice presso Fiera di Vicenza dell’opportunità della predisposizione di un codice di responsabilità sociale relativo all’evento Hit per l’edizione 2017, da condividere con i diversi portatori di interesse in una interlocuzione costruttiva che coinvolga le associazioni impegnate sul tema del controllo delle armi». «Sempre in accordo e collaborazione con le associazioni – afferma la nota dell’assessora – promuoveremo un incontro di approfondimento nella prossima primavera che porti all’attenzione del pubblico dati e aspetti che riguardano la produzione e la diffusione delle armi a livello nazionale e internazionale con una attenzione particolare per ciò che riguarda la sicurezza pubblica».

Rete Italiana per il Disarmo e Opal di Brescia, pur rammaricandosi per il ritardo della risposta da parte dell’amministrazione comunale, hanno accolto con favore la decisione comunicata dall’assessora e hanno manifestato la propria disponibilità sia per la definizione di un codice di responsabilità sia per l'organizzazione del convegno e affinché le prossime edizioni di Hit Show siano aperte da simili convegni organizzati e promossi dalla Giunta cittadina in dialogo con le rappresentanze della società civile e della Fiera. Rete Italiana per il Disarmo e Opal Brescia ritengono che questo percorso sia di «fondamentale importanza per promuovere anche nei giorni del salone fieristico Hit Show la “cultura della pace e dei diritti umani mediante iniziative culturali e di ricerca, di educazione e di informazione e con il sostegno alle associazioni, che promuovono la solidarietà con le persone e con le popolazioni più povere” definita dallo Statuto del Comune di Vicenza (art. 2)».

sullo stesso argomento: 
14/02 da Famiglia Cristiana È giusto che i bambini visitino la Fiera delle armi?
14/02 da LaVoce - Editoriale Scegliere tra ponti o muri
09/02 Lettera aperta ai cittadini di Vicenza (e non solo!)
09/02 da Il Gazzettino In Fiera armi e munizioni - La diocesi: «Si legittima la violenza»
04/02 da Jesus Brescia - Vicenza: Il tabù della pace nella terra delle armi

domenica 21 febbraio 2016

Non solo “eccellenza” I dubbi attorno a Hit Show

da La Voce dei Berici, Domenica 21/02/2016 

Ci sono manifestazioni in cui il grande successo di pubblico riesce a far passare in secondo piano i dubbi. Il nostro lavoro però è quello di indicare zone di ambiguità, contraddizioni e mancanza di trasparenza. E inoltre porre le domande anche a chi ci governa per comprendere in modo chiaro dove stiamo andando.
Tutto questa premessa per dire Hit Show 2016 non è solo eccellenza italiana, grandi numeri, business e affini. C’è più di qualcosa che non convince. La prima riguarda la mancanza di trasparenza che ha caratterizzato in particolare la fase precedente la fiera. Non si è trattato “solo” di una manifestazione dedicata alla caccia come si è continuato a ripetere erroneamente da più parti. Hunting, Individual protection e Target sports (questo il significato dell’acronimo inglese Hit, parola che significa “colpire”) riguarda la caccia, la protezione personale e tiro sportivo. In questo senso la mostra non fa distinzioni tra sport, caccia e autodifesa.
Preoccupa il chiaro, forte messaggio culturale che viene lanciato e che fa facile breccia nel pensiero contemporaneo: l’arma è parte della quotidianità ed è accessibile a tutti. Ma proprio a tutti. Qui l’altro punto dolente. Malgrado gli impegni presi alla vigilia, le armi erano a disposizione, senza problemi, anche dei minori, come testimoniano le foto riportate in questa pagina. Alla faccia di qualsiasi preoccupazione educativa. Erano stati anche annunciati appositi “corner” non accessibili al pubblico generico, per armi non dedicate a caccia e tiro sportivo. Li stiamo ancora cercando.
Se c’è una Fiera sulle armi dovrebbe essere maniacale la puntigliosità e la precisione dal punto di vista delle regole e delle comunicazioni. L’immagine data, invece, è quella di annunciare una cosa e nasconderne un’altra, di garantire a parole certe attenzioni pensando che questo sia sufficiente ad imbonire qualche fissato delle preoccupazioni educative.
C’è poi la questione del merito. Ma a che società stiamo pensando? Vicenza non ha già pagato dazio abbondantemente alle armi? Quanto potente è la lobby delle armi? E infine: davvero il Comune deve star fuori da tutto questo?

sabato 20 febbraio 2016

Alcuni appuntamenti...

Vicenza 24 febbraio ore 20.45
contrà Barche 55, Vicenza - Polo Giovani B55 (Arci Servizio Civile) 
Camminando al fianco di chi difende i diritti umani 
Silvia, volontaria di Peace Brigade International - PBI, presenterà la sua esperienza in Guatemala - vedi pdf


Vicenza 27 febbraio
Centro Onisto, Seminario Vescovile di Vicenza
Giornata studio socio-politica a partire dalla lettera enciclica di papa Francesco Laudato si'
promossa da 
Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali e 
Laboratorio di Cittadinanza Attiva della AC vicentina 
per informazioni vedi pdf


Vicenza 29 febbraio ore 21
Centro Studi Presenza Donna, Contrà San Francesco Vecchio 20, 36100 - Vicenza
“CROCEVIA LIBIA - Il ruolo dell'Europa nei vuoti di potere del Nord Africa”
Ospite della serata, organizzata insieme all'associazione Incursioni di pace, sarà Cristiano Tinazzi, giornalista e reporter in aree di crisi

venerdì 19 febbraio 2016

Intervista al vicario apostolico di Aleppo Georges Abou Khazen

dalla pagina https://www.rt.com/news/332922-aleppo-bishop-russia-support/
Georges Abou Khazen nominato nel 2013 da papa Francesco vicario apostolico di Aleppo: "Speriamo davvero che il processo di pace possa presto prevalere sui combattimenti in tutta la Siria" [...] "La maggioranza del popolo siriano considera la campagna militare russa come salvezza, un modo per uscire dalla situazione che stiamo sopportando da cinque anni" [...] "Le azioni russe non sono limitate all'operazione militare. La Russia esercita un impatto molto positivo sul processo di negoziazione e promuove il dialogo tra i vari gruppi siriani". 

dalla pagina http://pulse.ng/religion/georges-abou-khazen-catholic-bishop-of-aleppo-in-syria-says-report-of-christian-beheading-isis-fighter-is-a-rumour-id3818139.html 
Il vescovo Abou Khazen all'agenzia news cattolica Fides: "La manipolazione di informazioni è uno dei mezzi usati per moltiplicare la violenza e gli orrori di questo conflitto".

giovedì 18 febbraio 2016

Media Occidentali a corto di verità sulla Siria

dalla pagina http://www.controinformazione.info/media-occidentali-a-corto-di-verita-sulla-siria/

di Finian Cunningham

I mass media occidentali l’hanno fatto di nuovo – hanno raccontato spudorate bugie e mezze verità su città siriane prive di cibo, che sarebbero state liberate dall’assedio. False immagini di bambini emaciati vengono pubblicate per rafforzare la loro narrazione fraudolenta.

FALSO!!!
Prendete l’immagine della bambina denutrita che la BBC e il giornale britannico Independent hanno affermato provenire dalla città di Madaya. E’ venuto fuori che la ragazzina è del sud del Libano. Il suo nome è Marianna Mazeh. La foto pubblicata diffusamente questa settimana dai media occidentali è di tre anni fa, e nel frattempo gli stessi media continuano ad affermare che sarebbe un’abitante della città siriana di Madaya, di cui la stampa occidentale dice che sarebbe assediata e subirebbe un blocco da parte delle forze governative del Presidente Bashar al-Assad.
E’ emerso anche che i familiari di Marianna si siano infuriati per il fatto che la sua immagine disperata venga fatta circolare a scopo di propaganda. “Vivo a Tayr Filsey [Libano meridionale], non a Madaya, e sto bene,” ha detto la ragazzina all’agenzia di stampa Al Manar. Lei adesso ha sette anni e si è completamente ripresa da quella condizione. La ragione della sua malattia di allora non è chiara.
Ma ciò che è chiaro è che i media occidentali, sono stati colti – ancora una volta – nell’atto di falsificare la realtà riguardo alle città assediate, e ora liberate, in Siria.
La televisione di Stato BBC ci racconta che ci sono circa 400.000 persone trattenute in una quindicina di città assediate in Siria. La BBC ed altri media occidentali definiscono questi luoghi come “controllati dai ribelli”, e tramite una sequenza di spudorate menzogne o di mezze verità, lasciano intendere che queste località sarebbero assediate dall’esercito siriano, sostenuto dalla milizia di Hezbollah e dall’aeronautica russa.
Di tanto in tanto, i media occidentali, lasciano trapelare qualcosa, come quando il New York Times questa settimana ha raccontato di “persone colpite mentre tentavano di fuggire” dalle città assediate. Queste persone vengono uccise – dai cosiddetti ribelli, che tengono in ostaggio gli abitanti di queste città, ma il NY Times ha omesso questo particolare.
La mezza verità che i media occidentali non dicono è che molte città in Siria sono state, e ancora sono sotto il controllo di milizie mercenarie sostenute dall’estero. Questi sono terroristi, non “ribelli”, appartenenti a gruppi quali il cosiddetto Stato Islamico (o Daesh), il Fronte al Nusra e Jaish al-Islam. Tutti questi gruppi hanno sposato una visione distorta e corrotta dell’Islam, che prescrive che chiunque si opponga a loro può essere decapitato e i loro figli stuprati.
I media occidentali riferiscono che le forze del “regime siriano” avrebbero messo sotto assedio le città usando la fame come arma contro i loro abitanti. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità.
Le popolazioni sono state trattenute in ostaggio da gruppi terroristici e usate come “scudi umani” per impedire che l’avanzata dell’esercito siriano liberi tutti coloro che vengono trattenuti contro la propria volontà.
Questa settimana, le città assediate di cui si è parlato sono Madaya, vicina a Damasco, la capitale, e le località di Kefraya e Foua, a nord del paese. Ma le stesse situazioni di assedio e liberazione finale si sono precedentemente ripetute in molte altre città e paesi come Zabadani, Kessab, Adra, Homs e Maloula.
In tutti i casi gli abitanti hanno accolto a braccia aperte come “liberatori” i soldati dell’esercito siriano – grati di essere stati liberati dall’incubo della prigionia sotto i mercenari stranieri. Le loro condizioni di denutrizione e la generale brutalità non erano dovute al supposto assedio da parte delle forze governative siriane, come affermano i media occidentali, ma piuttosto, erano una diretta conseguenza del sequestro di massa a cui erano sottoposti da parte dei mercenari.
Il Dott. Declan Hayes, un attivista per la pace irlandese, ha riferito a chi scrive come sia stato testimone della liberazione di Maloula nei pressi dei confini col Libano nel 2014.
Era la domenica di Pasqua, il 24 aprile, quando siamo entrati nella città con le forze armate siriane. Era stata tenuta sotto sequestro dai mercenari per tanti mesi. Siamo stati accolti da bambini in festa, che sventolavano bandiere, da Cristiani e Musulmani, vecchi e giovani. L’atmosfera era euforica,” ha raccontato Hayes.
“Avresti dovuto vedere la distruzione di Maloula per crederci. Tutto era stato raso al suolo dai mercenari che la occupavano. Le persone erano ancora in stato di shock per le brutalità a cui erano state sottoposte. Decapitazioni, sparatorie, sequestri, stupri. C’erano graffiti sui muri scritti dai cosiddetti jihadisti che dicevano ‘Ci avviciniamo a Dio tagliando le teste dei nostri nemici’.”
Questi sono gli stessi mercenari che i governi occidentali e i loro mezzi d’informazione presentano come “ribelli“. Come per l’assedio di Madaya e di altre città, che si sono conclusi questa settimana, i media occidentali hanno confezionato una narrativa secondo la quale anche Maloula fosse sotto assedio da parte dell’esercito siriano.
Naturalmente, i motivi per cui l’Occidente li presenta come “ribelli” e non “terroristi” dipende dal fatto che i terroristi sono sostenuti dai governi occidentali e dai loro alleati regionali in Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Mezze verità vengono inventate perché la verità intera è una scioccante esposizione della vera natura criminale dei governi occidentali, e di come questi abbiano sponsorizzato una guerra sotto copertura in Siria per portare avanti il loro piano illegittimo di “regime change” contro l’amministrazione Assad.
Il Dott Hayes dice che c’è un metodo clinico nella follia in cui le comunità e le città siriane sono state fatte sprofondare. L’obiettivo è la distruzione del tessuto ricco e pluralista della società e della cultura siriane.
“Maloula è uno dei primi insediamenti cristiani al mondo. Le persone lì parlano un Aramaico che data ai tempi di Gesù,” ci ha spiegato Hayes. “Ma la comunità da quelle parti comprende anche Musulmani, Sunniti, Sciiti, Alawiti, Drusi ed altre fedi. Hanno vissuto pacificamente assieme per secoli. Maloula è la quintessenza della società siriana nel suo insieme. E’ un esempio di coesistenza pluralista e pacifica.”
Ciò che i mercenari sostenuti dall’estero hanno tentato di fare sin dall’esplosione del conflitto nel marzo 2011 è stata la distruzione del mosaico della società siriana, brutalizzandone le comunità e tentando di sconvolgerla mediante divisioni settarie.
Hayes è convinto che le brigate mercenarie che hanno seminato distruzione in Siria negli ultimi cinque anni siano state indirizzate dai servizi di informazione occidentali, la statunitense CIA e il britannico MI6, assieme al servizio di informazioni turco. “Il comando e il controllo di questi terroristi è fuori dalla Siria. I terroristi seguono un piano demoniaco, ma deliberato finalizzato alla distruzione della società.”
I mezzi d’informazione occidentale forniscono il braccio della propaganda all’assalto terroristico in Siria. Un paese è stato portato ad un soffio dalla totale demolizione, dalla sua trasformazione in uno Stato fallito, come molti altri paesi in cui le potenze occidentali hanno illegalmente interferito per “portare la democrazia”.
L’intervento militare russo alla fine di settembre ha trattenuto la Siria sul ciglio del burrone. Ed è l’aviazione russa, assieme alle forze di terra dell’esercito siriano, di Hezbollah e dell’Iran che ora stanno costringendo i terroristi alla resa. Per questo motivo si sta assistendo alla fine di così tanti assedi.
Diffondendo ulteriori menzogne, i media occidentali stanno cercando ora di raccontare al loro pubblico che “il malvagio regime di Assad” sta (inspiegabilmente) cedendo a un moto d’animo, e consente l’arrivo di convogli umanitari per soccorrere le popolazioni affamate.
La pura e semplice verità è che le persone in Siria sono tenute sotto assedio dai terroristi organizzati dall’Occidente.
Un assedio di un altro genere viene imposto alle menti del pubblico occidentale dai suoi mass media; il nutrimento che viene negato, è quello della verità.
Traduzione in Italiano a cura di Mario B. per SakerItalia.it


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