mercoledì 24 aprile 2019

Veglia di preghiera sul lavoro con il vescovo Beniamino

La Commissione diocesana di pastorale sociale - lavoro, giustizia e pace, cura del creato - propone anche quest’anno, in occasione del 1° maggio, un momento per riflettere insieme sul valore e significato del lavoro. L’appuntamento, al quale sarà presente il vescovo Beniamino, si volgerà:


Venerdì 3 maggio 2019 ore 20.30
presso l’Istituto San Gaetano 
via Mora 12, Vicenza


Veglia sul Lavoro
Cercare un nuovo inizio: Vangelo 5.0?

Il tema del Lavoro si connette inevitabilmente con il futuro. Un futuro pieno di incognite, di speranze e di giovani che interrogano il mondo degli adulti: si può sognare un domani mentre oggi si continua a distruggere la nostra casa comune, la terra? Lavorare per un mondo migliore, per un mondo per tutti, per un mondo sostenibile. Uno dei tanti messaggi che la manifestazione del 15 marzo scorso, una manifestazione globale e giovane, ha mandato al nostro mondo e a chi oggi ne tiene le redini. Una manifestazione che ha visto la partecipazione di tante persone, di tanti studenti anche qui a Vicenza. Ci lasceremo interrogare dalle domande dei nostri giovani, dall'Enciclica “Laudato Si' di Papa Francesco e dalla Parola di Dio per ascoltare, comprendere, discernere assieme al nostro Vescovo Beniamino, le strade da percorrere per costruire il nostro futuro. Per parlare di questo abbiamo scelto il CFP (Centro di Formazione Professionale) San Gaetano, luogo particolarmente significativo perché da sempre si prende cura della formazione alla vita e al lavoro delle nuove generazioni, grazie alle intuizioni di don Ottorino Zanon e la Pia Società San Gaetano. Un luogo ricco di significato per la nostra città.

La commissione diocesana  di pastorale sociale 

venerdì 19 aprile 2019

#Fridaysforfuture: Venerdì-per-il-futuro


19 aprile 2019 8.54 Oggi a Roma la manifestazione #Fridaysforfuture e sciopero nazionale di carne pesce, latte, uova e derivati per il clima,in occasione della visita di Greta Thunberg. Lo sciopero vegano è indetto dalla Lav e da www.cambiamenu.it. Si chiede lo stop ai sussidi pubblici alla zootecnia e di includere le emissioni del settore nei target di riduzione di gas serra. Greta, l'attivista vegana che ha incontrato Papa Francesco e la presidente del Senato, Casellati, sarà presente all'appuntamento di Piazza del Popolo. 



#Fridaysforfuture
#ClimateStrike


sabato 13 aprile 2019

Rilanciata ieri la campagna per lo stop al programma di acquisto degli F35

dalla pagina https://www.disarmo.org/nof35/

Riparte l’azione NO F-35: “Governo e Parlamento non spendano 10 miliardi per nuovi caccia da guerra”


Presentate a Roma le iniziative della società civile contro la partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter. 
Anche il Governo Conte ha sottoscritto contratti per la continuazione degli acquisti e nei prossimi mesi dovrà essere presa la decisione definitiva.
11 aprile 2019
Fonte: Rete Italiana Disarmo - Campagna Sbilanciamoci - Rete della Pace - 11 aprile 2019
Presentate a Roma le iniziative della società civile contro la partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter.
Anche il Governo Conte ha sottoscritto contratti per la continuazione degli acquisti e nei prossimi mesi dovrà essere presa la decisione definitiva. In gioco fin da subito 3,7 miliardi che potrebbero arrivare a 10 (per solo acquisto). Se non si cambierà rotta. Le alternative possibili: welfare, lavoro, istruzione, diritti, ambiente.
dieci anni di distanza dal voto in parlamento (dell’aprile 2009) che aveva sancito la partecipazione italiana al progetto JSF è stata rilanciata oggi, in una Conferenza Stampa presso la Camera dei Deputati, la mobilitazione della società civile italiana contro l’acquisto dei cacciabombardieri F-35. Ripresa congiuntamente da Rete italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci! e Rete della Pace la nuova fase di mobilitazione (che nelle prossime settimane vedrà concretizzarsi diverse iniziative a livello nazionale e territoriale) ha come obiettivo la richiesta a Governo e Parlamento dello stop definitivo della partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter. Un impegno che, dopo i primi 4 miliardi già spesi e almeno 26 velivoli già acquisiti o in produzione, costerà se confermato almeno altri 10 miliardi di euro, destinati ad aerei d’attacco e con capacità nucleare costellati da problemi e ritardi.
“Oggi abbiamo fatto un appello ai Parlamentari di tutti gli schieramenti: dite basta a questa scelta insensata a problematica presentando e discutendo entro l’estate una Mozione per il blocco definitivo e completo del programma JSF” ha commentato Giulio Marcon coordinatore della campagna Sbilanciamoci! Le organizzazioni della società civile che oggi hanno rilanciato la “mobilitazione NOF35” chiedono invece di destinare tali fondi a necessità più urgenti per l’Italia: welfare, lavoro, istruzione, diritti, ambiente.
I soldi che si dovrebbero ancora spendere per gli F-35 (almeno 10 miliardi di euro secondo le stime della campagna, sempre precise, documentate e confermate in tutti questi anni di azione) nei prossimi 10 anni si potrebbero invece investire in: 100 elicotteri per l'elisoccorso in dotazione ai principali ospedali, 30 canadair per spegnere gli incendi durante l’estate, 5.000 scuole messe in sicurezza a partire da quelle delle zone sismiche e a rischio idrogeologico, 1.000 asili nido pubblici a favore di 30.000 bambini oltre a 10.000 posti di lavoro per assistenti familiari nel settore della non autosufficienza.
“Oggi rilanciamo la campagna contro l'acquisto dei cacciabombardieri F-35 perché è ora di dire basta a queste scelte che tolgono risorse allo sviluppo sostenibile ed ai reali bisogni del Paese, e non fanno altro che alimentare la corsa al riarmo, a nuove guerre, a nuove dittature. E' ora di costruire la pace con l'economia di pace e con la difesa civile e nonviolenta, con il rifiuto della guerra e con la messa al bando delle armi nucleari (tutto l’opposto di un investimento in un aereo capace di sganciare ordigni nucleare) - commenta Sergio Bassoli della segreteria di Rete della Pace - Dobbiamo garantire l'accesso ai diritti fondamentali ed universali a tutte le persone perciò il Parlamento deve ascoltare e scegliere da che parte stare: dalla parte dei bisogni del paese e della pace o dalla parte dei poteri forti e dell'industria della guerra?”.
Durante la conferenza stampa è stata illustrata la situazione attuale del programma JSF e gli impegni assunti dall’Italia, con le possibili prospettive legate alla decisione finale di acquisto: “Tra il 2019 e il 2020 anche il nostro Paese dovrà decidere se sottoscrivere un contratto di acquisto pluriennale, diverso dagli acquisti annuali flessibili che sono stati condotti finora - sottolinea Francesco Vignarca di Rete Disarmo - per cui siamo allo snodo fondamentale: dopo tale passaggio non sarà più possibile tornare indietro e risparmiare alcun euro, anzi il continuo lievitare dei costi ci costringerà ad aumentare anche i fondi attualmente stanziati. Facciamo dunque appello a chi ha sempre dichiarato la propria contrarietà agli F-35: abbiate coraggio di una decisione che porterà benefici veri al Paese”.
Le organizzazioni della società civile hanno inoltre evidenziato come nella seconda parte del 2018 siano stati almeno 6 i nuovi contratti sottoscritti dall’Italia in prosecuzione all’acquisto di lotti recenti di F-35. In combinazione con documenti della Difesa (come il DPP 2018) ciò conferma che anche il Governo Conte così come gli Esecutivi precedenti ha firmato contratti che configurano l’acquisto di nuovi aerei e la spesa di centinaia di milioni di denaro pubblico. Tutto questo, a meno di smentite o spiegazioni alternative che non sembrano plausibili, suggerisce dunque l’intenzione del Governo Conte di andare a completare quantomeno la Fase 1 di acquisizione relativa alla produzione annuale a basso rateo, per un fabbisogno complessivo di 7 miliardi di cui circa 3,7 previsti per i soli velivoli ordinati e prodotti dal 2018 al 2023.
Alternative agli F35

sabato 6 aprile 2019

primolunedìdelmese: Clima

primolunedìdelmese
Anno XXII - Incontro n. 166

8 Aprile 2019 - ore 20:30

presso Cooperativa Insieme, via Dalla Scola 253, Vicenza

Clima: ultima chiamata
dati, prospettive, alternative

Ne parliamo con

Flavio Galbiati
meteorologo presso il Centro Epson Meteo; conduttore di varie rubriche meteo televisive e radiofoniche nazionali; co-autore dei libri Manuale di Meteorologia e La neve. Cos'è e come si prevede

Inoltre
Testimonianze di attivisti del nuovo movimento ambientalista, di esperienze di economia circolare, di cooperazione internazionale in campo ambientale.

venerdì 5 aprile 2019

Biodiversità a rischio. La speranza sono i consum-ATTORI

Biodiversità a rischio - Legambiente: pdf 

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dalla pagina https://www.greenstyle.it/biodiversita-a-rischio-umanita-potrebbe-rimanere-senza-cibo-290384.html

Biodiversità a rischio: umanità potrebbe rimanere senza cibo

di Ivan Manzo - 25 Febbraio 2019

Secondo la FAO molte specie associate alla produzione di cibo sono gravemente minacciate dalla gestione non sostenibile delle risorse.


La biodiversità sta scomparendo: a rischio la capacità degli ecosistemi di produrre cibo. L’allarme lanciato il 22 febbraio è a opera della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che attraverso il rapporto “The State of the World’s Biodiversity for Food and Agriculture” mette in guardia i decisori politici di tutto il mondo sulla condizione di stress in cui versa il capitale naturale.
Una volta perduta “la biodiversità alimentare e agricola non può essere recuperata”, sostiene lo studio. La biodiversità agricola è formata da piante e animali (sia selvatici che domestici) che cooperano insieme per fornire all’umanità tutti i mezzi di sussistenza necessari alla vita: “cibo, mangimi, carburante, fibre…”.
Una serie di processi che, in modo gratuito, donano “multipli benefici” alla collettività, identificati nel mondo accademico con la sigla “Servizi Ecosistemici“. Parliamo di microrganismi, insetti, pipistrelli, uccelli, mangrovie, coralli, piante marine, lombrichi, funghi, batteri, tanto per citare qualche specie, che con l’attività svolta “mantengono i terreni fertili, impollinano le piante, purificano l’acqua e l’aria, mantengono le risorse ittiche e forestali in buona salute, aiutano a combattere i parassiti e le malattie delle coltivazioni e del bestiame” e che adesso sono in pericolo.
Il documento diffuso dalla FAO è chiarissimo, non fa giri di parole: la riduzione della diversità delle coltivazioni imposta dall’attività umana sta mettendo a serio rischio la capacità di produzione di nuovi alimenti da parte del sistema agroalimentare globale.
In base a quanto osservato in 91 Paesi sparsi per il mondo, molte specie che contribuiscono in modo fondamentale alla creazione di cibo, come gli impollinatori e gli organismi del sottosuolo, stanno rapidamente scomparendo.
Sono “gravemente minacciate” anche specie che incidono, pur in modo indiretto, al corretto funzionamento dell’ecosistema. A rischio ad esempio pipistrelli, uccelli e insetti che, grazie al loro ruolo, tengono a bada parassiti e malattie, che rappresentano un problema per la sicurezza alimentare. Inoltre, nel rapporto si legge:
Foreste, pascoli, mangrovie, praterie di alghe, barriere coralline e zone umide in generale – gli ecosistemi chiave che forniscono numerosi servizi essenziali per l’alimentazione e l’agricoltura e ospitano innumerevoli specie – sono anch’essi in rapido declino.
Le principali cause della perdita di biodiversità sono la cattiva gestione dei terreni e dell’acqua, i cambiamenti climatici, l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, la deforestazione, l’inquinamento (per esempio l’uso sfrenato di pesticidi), la crescita della popolazione e il processo di urbanizzazione che non accenna a fermarsi. Di sicuro la standardizzazione delle colture sta privando la capacità dei nostri ecosistemi di offrire nuove risorse, come ha sottolineato il direttore generale della FAO Graziano da Silva:
Meno biodiversità significa che piante e animali sono più vulnerabili ai parassiti e alle malattie. Elemento, che insieme alla nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta mettendo la nostra già fragile sicurezza alimentare sull’orlo del collasso.
Giusto qualche esempio: delle circa 6 mila specie coltivate nel mondo, in meno di 200 contribuiscono in modo massiccio alla produzione di cibo e “solo nove rappresentano il 66% della produzione totale”.
Più della metà delle risorse ittiche a disposizione è vicina al punto di non ritorno, vivono già una condizione di non sostenibilità e hanno problemi a riprodursi, mentre un terzo sono sovrasfruttate. Su 7745 razze di bestiame conosciute, il 26% è a rischio estinzione.


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dalla pagina https://ilmanifesto.it/la-biodiversita-verso-lestinzione/

La biodiversità verso l’estinzione

Ambiente. L’allarme lanciato dalla Fao: su 6 mila specie di piante censite, solo 9 rappresentano il 66% della produzione mondiale di cibo. Sotto accusa l’agro-business. Anche l’Italia a rischio. La speranza sono i consumatori
Giorgio Vincenzi - 04.04.2019


La Fao ha presentato a fine febbraio delle preoccupanti prove che la biodiversità nel mondo sta scomparendo, mettendo a rischio il futuro dei nostri alimenti, dei mezzi di sussistenza, della salute umana e dell’ambiente. Tutto è scritto, nero su bianco, nel rapporto sullo Stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura, primo nel suo genere, che si basa sulle informazioni fornite da 91 paesi e sull’analisi degli ultimi dati globali.
Cosa denuncia in particolare la Fao? La riduzione della diversità delle coltivazioni, il crescente numero di razze di animali a rischio d’estinzione e l’aumento della percentuale di stock ittici sovra-sfruttati.
NEL MONDO. Delle circa 6 mila specie di piante coltivate sul pianeta per fornire cibo, meno di 200, evidenzia il rapporto, contribuiscono in modo sostanziale alla produzione alimentare globale e solo nove rappresentano il 66% della produzione totale. Per quanto riguarda invece il bestiame, la produzione mondiale si basa su circa 40 specie animali, con solo un piccolo gruppo che fornisce la stragrande maggioranza di carne, latte e uova. Mentre delle quasi ottomila razze di bestiame locali segnalate il 26% è a rischio d’estinzione. Anche altre specie che aiutano l’agricoltura a controllare i parassiti come uccelli, pipistrelli e insetti non se la passano bene; per non parlare poi degli impollinatori delle piante come le api che sono gravemente minacciate.
Secondo Graziano da Silva, Direttore generale della Fao, «meno biodiversità significa che piante e animali sono più vulnerabili ai parassiti e alle malattie. Elemento, che insieme alla nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta mettendo la nostra già fragile sicurezza alimentare sull’orlo del collasso». Il rapporto chiarisce anche che una volta perduta la biodiversità alimentare e agricola non è più possibile recuperarla ed è quindi tempo di mettere in atto tutti quei sistemi che ne favoriscano la tutela.
Una nota positiva nel rapporto c’è e riguarda l’aumentata consapevolezza che occorre fare qualcosa: l’80% degli stati interpellati per la realizzazione del rapporto dichiara di utilizzare una o più pratiche e approcci rispettosi della biodiversità come l’agricoltura biologica, la gestione integrata dei parassiti, l’agricoltura conservativa, una gestione sostenibile del suolo, l’agro-ecologia, una gestione forestale sostenibile, l’agro-forestazione, pratiche di diversificazione in acquacoltura, il ripristino dell’ecosistema. Secondo la Fao però questo non è sufficiente e invita i governi e la comunità internazionale a fare sempre di più per rafforzare la legislazione, creare incentivi e misure di condivisione dei benefici, promuovere iniziative a favore della biodiversità e affrontare le cause principali della sua perdita: i cambiamenti nell’uso e nella gestione della terra e dell’acqua, l’inquinamento, lo sovrasfruttamento, i cambiamenti climatici, la crescita della popolazione e dell’urbanizzazione.
ITALIA. Anche nel nostro Paese la situazione non è certo rosea. Nel secolo scorso – stando a quanto riportato dalla Coldiretti – si contavano 8.000 varietà di frutta mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000 e di queste ben 1.500 si possono considerate a rischio di scomparsa, ma la perdita di biodiversità riguarda l’intero sistema agricolo: dagli ortaggi ai cereali, dagli ulivi ai vigneti e vale anche per moltissime razze di animali allevate. Il nostro Paese, sia a livello statale che regionale, si sta muovendo per tutelare il ricco patrimonio vegetale e animale presente nelle campagne. Va ricordato che a fine 2015 è stata promulgata la legge 194 che prevede «disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità d’interesse agricolo e alimentare» con la conseguente nascita dell’anagrafe e di un piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo e l’istituzione di un fondo di tutela per sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori. La sua attuazione però non è ancora a pieno regime mancando alcuni decreti attuativi.
IL RAPPORTO DELLA FAO evidenzia anche il ruolo sempre più importante che devono svolgere i consumatori su questo delicato argomento scegliendo prodotti coltivati in modo sostenibile, acquistando dai mercati contadini o boicottando i cibi considerati insostenibili. Su questo punto c’è chi in Italia aiuta le aziende agricole a far conoscere ai cittadini l’impegno svolto nella tutela della biodiversità. La Wba (World Biodiversity Association), una onlus che ha sede a Verona costituita da naturalisti, forestali e zoologi che operano in tutto il mondo, ha messo a punto una certificazione, Biodiversity Friend, che si esplicita in un marchio di sostenibilità da apporre ai prodotti agricoli ottenuti da un’azienda agricola che ha a cuore la tutela della biodiversità, attraverso buone pratiche agronomiche. «Attualmente sono un centinaio le aziende agricole certificate», racconta Gianfranco Caoduro, presidente onorario, «distribuite principalmente nell’Italia centro-settentrionale e appartenenti a vari settori, soprattutto quello vitivinicolo, frutticolo e orticolo». La certificazione avviene sulla valutazione, a cui viene attribuito un punteggio, di dieci azioni (il «Decalogo della sostenibilità») che prevedono: un modello colturale sostenibile, la tutela della fertilità dei suoli, la razionale gestione dell’acqua, la tutela di siepi, boschi e prati, la presenza di biodiversità agraria (vecchie varietà e razze animali in pericolo di estinzione) e naturale, l’uso di fonti energetiche rinnovabili, la buona gestione del territorio e del paesaggio, la sostenibilità economica e sociale, la buona qualità di aria, acqua e suolo. «Per ottenere il marchio», precisa Caoduro, «l’azienda agricola deve raggiungere un punteggio minimo di ingresso pari a 60 punti su 100. Per mantenere la certificazione l’azienda è tenuta poi a incrementare la biodiversità attraverso idonee azioni che sono indicate dai certificatori e verificate nei controlli successivi». Per l’agricoltore la certificazione è un valore aggiunto dal punto di vista economico. «È stata richiesta», ci tiene a sottolineare, «anche da gruppi di aziende che riforniscono la grande distribuzione del nord Europa, mentre in Italia sono soprattutto le singole aziende ad avvicinarsi allo standard Biodiversity Friend». La prossima sfida per la Wba è di certificare un intero territorio, per attestarne il grado di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.