domenica 27 dicembre 2020

12˚ Cammino diocesano di Pace

Venerdì 1˚ Gennaio 2021 ore 16.00

Cammino di Pace ... on-line

appuntamento di preghiera con il vescovo Beniamino
e testimonianze di: Alex Zanotelli e di Giulia dell’Operazione Colomba


i testi che accompagnano il video 

articolo di Avvenire sull'iniziativa Passi di Pace e sul Cammino di Pace 2021
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La marcia per la pace diventa un itinerario in sei tappe che coinvolge sette diocesi del Triveneto

dalla pagina https://www.padovaoggi.it/attualita/marcia-pace-tappe-online-diocesi-triveneto-30-dicembre-2020.html

Padova, Belluno-Feltre, Concordia-Pordenone, Trento, Treviso, Vicenza e Vittorio Veneto 

sono le Chiese che insieme propongono un itinerario che si svilupperà lungo l’intero mese di gennaio, grazie anche alla collaborazione di numerose associazioni e realtà dei territori coinvolti

Passi di Pace

un cammino disarmante

Calendario inter-diocesano per la Pace

Scarica la locandina dell'iniziativa Passi di Pace 2021

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Presentazione Cammino di Pace 2021

Ormai da 12 anni la nostra Diocesi di Vicenza iniziava il nuovo anno con un cammino lungo le strade della nostra città, segno di speranza, occasione per promuovere sensibilità e impegno, non solo per cristiani praticanti, attorno al grande sogno della pace a cui aspira a tutta l'umanità.

La commissione di pastorale sociale di fronte alla pandemia che impedisce le normali relazioni promuove un cammino di pace diverso, per sostenere la tensione verso il bene della pace, della fraternità universale, sorretti dalla fede in colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare (Ef. 3, 20) dando appuntamento per pregare insieme, guidati dal vescovo Beniamino venerdì 1˚ gennaio 2021 alle ore 16.00.

Ci sarà una proposta di preghiera e riflessione da vivere all’interno delle nostre famiglie che sarà guidata da un video trasmesso dal canale YouTube della nostra diocesi e dalla lettura del Messaggio di Pace di Papa Francesco da parte di alcuni amici delle diocesi di Vicenza e di Padova.

Appuntamento alle ore 16.00 di Venerdì 1˚ Gennaio 2021

per iniziare un nuovo anno in cui costruire Pace!

Canale YouTube Diocesi di Vicenza


locandina Cammino di Pace

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DIOCESI DI VICENZA

Proposta di animazione liturgica
venerdì 1˚ gennaio 2021

Maria Santissima Madre di Dio - Giornata Mondiale della Pace

Nel primo giorno dellanno la Liturgia celebra la Santa Madre di Dio, Maria, la Vergine di Nazareth che ha dato alla luce Gesù, il Salvatore. Quel Bambino è la Benedizione di Dio per ogni uomo e donna, per la grande famiglia umana e per il mondo intero. Gesù non ha tolto il male dal mondo ma lo ha sconfitto alla radice. (Papa Francesco, 1 gennaio 2020)

La preghiera e l’impegno per la Pace il primo giorno dell’anno civile: come Maria siamo chiamati a rendere viva la benedizione di Dio all’umanità, chiamati ad impegnarci a realizzare il Regno di Dio già qui e oggi, un Regno di Pace e di Giustizia.


SEGNO:

Una candela accesa e un ramo di ulivo o di agrifoglio.

Anche dalla Croce o dal Diluvio nasce la speranza di una vita nuova in Cristo, la Luce del Dio che si fa uomo in Cristo Gesù.


PER RIFLETTERE:

Per costruire la Pace occorre cambiare priorità:

Dal messaggio di Papa Francesco ai giovani di 115 paesi che si sono incontrati nel Convengo di Assisi The economy di Francesco” (19/21 Novembre 2020).

Questo è un tempo che ci ricorda che non siamo condannati a modelli economici che concentrino il loro interesse immediato sui profitti come unità di misura e sulla ricerca di politiche pubbliche simili che ignorano il proprio costo umano, sociale e ambientale, come se potessimo contare su una disponibilità assoluta, illimitata o neutra delle risorse. No, non siamo costretti a continuare ad ammettere e tollerare in silenzio nei nostri comportamenti «che alcuni si sentano più umani di altri, come se fossero nati con maggiori diritti» o privilegi per il godimento garantito di determinati beni o servizi essenziali. Non basta neppure puntare sulla ricerca di palliativi nel terzo settore o in modelli filantropici. Benché la loro opera sia cruciale, non sempre sono capaci di affrontare strutturalmente gli attuali squilibri che colpiscono i più esclusi e, senza volerlo, perpetuano le ingiustizie che intendono contrastare. Infatti, non si tratta solo o esclusivamente di sovvenire alle necessità più essenziali dei nostri fratelli. Occorre accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case. E questo è molto più che assistenzialismo: stiamo parlando di una conversione e trasformazione delle nostre priorità e del posto dellaltro nelle nostre politiche e nellordine sociale. In pieno secolo XXI, «non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e delloppressione, ma di qualcosa di nuovo: con lesclusione resta colpita, nella sua stessa radice, lappartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori». State attenti a questo: con lesclusione resta colpita, nella sua stessa radice, lappartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. È la cultura dello scarto, che non solamente scarta, bensì obbliga a vivere nel proprio scarto, resi invisibili al di là del muro dellindifferenza e del confort.


Preghiere dei Fedeli

Signore, aiutaci ad abbattere il grande male dell'indifferenza che soffoca quei sentimenti di compassione, fratellanza e solidarietà, essenziali per la costruzione della giustizia e della pace nella famiglia, nel lavoro e nella società. 

Preghiamo


Signore, concedici di saper cogliere e leggere, alla luce del Vangelo, i segni che ci lasci in questo tempo. Rendici capaci e disponibili a essere costruttori di pace all’interno delle nostre comunità, delle Chiese e delle istituzioni civili all’interno delle quali viviamo a lavoriamo.

Preghiamo

 

Papa Francesco, in Fratelli tutti, dice che Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dellumanità…” Rivolgiamo lo sguardo ai tanti civili massacrati come danni collaterali”. Perché lo Spirito della Pace ci aiuti a riconoscere l'abisso del male presente in ogni guerra e a compiere coerenti scelte di pace.                                                       

Preghiamo

 

Il 22 gennaio 2021 entra in vigore il trattato di proibizione delle armi nucleari; perché gli uomini e le donne che hanno responsabilità nella politica, nelleconomia, nella società si impegnino per convertire la spesa per le armi in azioni volte allo sviluppo dei paesi più poveri, la salvaguardia dellambiente, listruzione e la ricerca medico-scientifica migliorando così la vita dellumanità tutta.

Preghiamo


martedì 22 dicembre 2020

I nostri doni al governo

dalla pagina https://comune-info.net/i-nostri-doni-al-governo/


Reddito e aiuti per tutti, ristori per attività economiche e attività culturali, investimenti nella sanità e nei servizi pubblici: la Società della Cura ha elaborato un documento per rendere da subito disponibili 175 miliardi

Foto di Tamanna Rumee da Pixabay

La Società della Cura, una rete di oltre 350 realtà collettive e 1200 persone attive in Italia nella solidarietà, nell’ambientalismo, nel sindacato e nella cura delle proprie comunità, ha elaborato un documento con alcune semplici proposte e calcoli accurati per rendere da subito disponibili 175 miliardi.

Non è andato tutto bene. E continua a non andare nella direzione giusta. L’emergenza sanitaria prosegue e la crisi economica, dentro una crisi ecologica globale, rende più profonde le diseguaglianze sociali, culturali e di genere.

Le politiche sinora adottate hanno approfondito la disgregazione delle relazioni sociali, hanno reso ancora più odiosa e crudele la gerarchia fra vite degne e vite da scarto, hanno costretto le persone a scegliere fra diritto al reddito e diritto alla salute, hanno discriminato tra chi ha accesso a cure e reddito e chi ne è escluso le parole dei portavoce.

Le misure proposte

I promotori propongono innanzitutto di recuperare 47 miliardi attraverso 4 “misure di emergenza”:

  • una Tassa Patrimoniale da 25 miliardi, tassa straordinaria del 0,5% sulla ricchezza patrimoniale compresa fra i 500mila e 1 milione di euro; del 2% su quella compresa fra 1 milione e 100 milioni di euro; del 3% sulla ricchezza patrimoniale compresa fra 100 milioni e 1 miliardo; del 5% su quella superiore al miliardo di euro.
  • una Tassa ‘Paperoniale’ da 10 miliardi, tassa straordinaria del 3% su tutti i portafogli finanziari con valore superiore a 880.000 euro, ovunque detenuti, da persone fisiche o giuridiche aventi cittadinanza italiana al momento dell’entrata in vigore
  • una Web Tax da 8 miliardi, un’aliquota del 30% per società con un ammontare complessivo di ricavi annui non inferiore ai 500 milioni di euro e un ammontare di ricavi da servizi digitali non inferiori ai 2,5 milioni di euro
  • una tassa sulle Transazioni finanziarie da 4 miliardi, tassa con aliquota differenziata dal 0,1 al 0,8% a seconda della natura più o meno speculativa dello strumento finanziario utilizzato, da applicare a tutte le transazioni finanziarie (scambi di azioni, obbligazioni, scambi valutari e contratti derivati) sia sui mercati regolamentati che over the counter (OTC).

A queste si aggiungono l’abrogazione dei sussidi dannosi per l’ambiente (23,2 miliardi/anno), la cancellazione delle grandi opere inutili (30 miliardi) e dell’onerosa e crudele esternalizzazione delle frontiere (500 milioni), la riduzione drastica delle spese militari (10,8 miliardi/anno), l’utilizzo come ‘cassa’ dei fondi dei nostri risparmi presso Cassa Depositi e Prestiti (63,5 miliardi)

Gli investimenti possibili

Il totale delle risorse “liberate” ammonterebbe a 175 miliardi, da poter essere utilizzate subito per un reddito per tutti (15 miliardi) nella direzione di un reddito universale; aiuti per tutti (15 miliardi) con il divieto dei distacchi delle utenze, il blocco degli sfratti e l’estensione dei buoni spesa; ristori per piccole attività economiche (10 miliardi); ristori per attività associative, culturali e sportive senza fini di lucro (10 miliardi); blocco dei licenziamenti per tutto il 2021risorse per il Servizio Sanitario Nazionale pubblico (40 miliardi); risorse per la scuola pubblica (30 miliardi); fondi per un trasporto pubblico locale in sicurezza e qualità (30 miliardi); risorse per le politiche social (25 miliardi).

La richiesta di un confronto

Le organizzazioni chiedono l’apertura di un confronto pubblico e trasparente nel Paese, con il coinvolgimento attivo di tutte le persone e le realtà sociali, per avviare, anche in vista dell’arrivo dei fondi europei, un piano di radicale conversione ecologica, sociale, economica e culturale della società. Per questo, in più di 15 città italiane, attiviste e attiviste della Società della Cura il 22 dicembre scenderanno in piazza e consegneranno simbolicamente un “Dono di Natale” da 175 miliardi al Governo nazionale e agli Enti locali per misure di emergenza nella crisi. Perché nessuno venga lasciato indietro.

Qui il testo integrale del “Dono” https://societadellacura.blogspot.com/…/il-nostro-dono…#COVID19


lunedì 21 dicembre 2020

L’Egitto e i mercanti di morte

dalla pagina https://comune-info.net/legitto-e-i-mercanti-di-morte/

Alex Zanotelli


L’industria d’armi italiana fa affari con il governo egiziano alla faccia dei diritti umani. C’è da chiedersi come fa un Paese come l’Italia, che si dichiara paladina dei diritti umani, a vendere armi ad un regime come questo di al-Sisi? Queste cifre del mercato di morte: nel 2018 abbiamo venduto armi per 69 milioni di euro e nel 2019 siamo balzati a 871 milioni. Nel 2020 abbiamo venduto al Cairo due fregate per il valore di 1.3 miliardi di euro. Insomma come sempre pecunia non olet

Sono indignato per il comportamento dell’Italia nei confronti dell’Egitto, un Paese che geme sotto la spietata dittatura di Abdel Fattah al-Sisi? Quell’orribile morte di Giulio Regeni per mano di torturatori egiziani e l’imprigionamento, da quasi un anno, senza ragione se non quella di difendere i diritti umani, di Patrick Zaki, studente dell’Università di Bologna, sono due vicende note al pubblico italiano, che rivelano il vero volto del governo egiziano.

Sotto pretesto della lotta al terrorismo, è in atto in Egitto una spaventosa repressione. Ci sono ora ben 60.000 prigionieri politici nelle carceri e, dal 2016 al 2019, 2.400 sono stati condannati a morte.

Come fa un Paese come l’Italia, paladina dei diritti umani, a vendere armi a un regime come questo di al-Sisi? Mi vergogno a citare queste cifre: nel 2018 abbiamo venduto armi per 69 milioni di euro e nel 2019 siamo balzati a 871 milioni.

Nel 2020 abbiamo venduto al Cairo due fregate per il valore di 1.3 miliardi di euro. Ma ora è in atto la trattativa per la vendita di quattro fregate, venti pattugliatori, 24 caccia Euro-fighter e altrettanti addestratori M346 per un valore di circa 10 miliardi di euro!

Armi che verranno usate per reprimere il popolo egiziano, ma anche per appoggiare il generale Haftar della Cirenaica (Libia) in lotta contro il governo di al-Sarraj (Tripoli) sostenuto dal governo italiano e dalla comunità internazionale.

Ma allora perché vendiamo armi ad al-Sisi? È solo business: noi vendiamo a tutti pur di far soldi. Diciamoci la verità: la politica estera dell’Italia non è fatta dal nostro ministro degli Esteri, ma da Finmeccanica (Leonardo), l’industria delle armi, e dall’ENI (Descalzi).

Infatti l’ENI ha scoperto a Zhor (Egitto) un grande giacimento di gas. Non c’è più politica estera, ma la politica degli affari. E tutto questo avviene in violazione della Legge 185 (una delle migliori in Europa) che vieta al governo di vendere armi a Paesi dove vengono violati i diritti umani o in guerra. E l’Egitto di al-Sisi è uno degli esempi più noti per violazione dei diritti umani, ed è anche in guerra al fianco del generale Haftar in Libia.

È mai possibile che questa legge continui ad essere impunemente violata? È mai possibile che così tanti giuristi italiani impegnati non riescano a portare in tribunale il nostro governo?

Ma per fare questo c’è bisogno di forti campagne popolari. Un modo efficace è certamente coinvolgersi nella campagna Banche Armate (promossa dalle riviste NigriziaMosaico di paceMissione Oggi e da Pax Christi) che invita i cittadini a ritirare i propri soldi da quelle banche che pagano per la produzione e vendita di armi (in Italia, le due che investono di più in armi sono Unicredit e Deutsche-Bank).


E l’altro modo è far sì che l’opinione pubblica si faccia sentire con sempre più forza. Siamo tutti grati ai genitori di Giulio Regeni che continuano, senza stancarsi, a smascherare la politica del governo Conte: «Questo governo – così hanno detto – ci ha traditi». Insieme a loro, dobbiamo tutti chiedere subito il ritiro del nostro ambasciatore al Cairo, cosa che il governo continua a rifiutare. Ma dobbiamo anche dire grazie all’Università di Bologna e ai tanti studenti che richiedono la liberazione di Patrick Zaki, dato che è uno studente di quell’Ateneo. Sempre più cittadini devono coinvolgersi in questa campagna.

Non possiamo lasciare la politica estera nel nostro Paese nella mani dei “mercanti di morte” o delle multinazionali del petrolio e del gas. Non possiamo cedere: ne va della nostra stessa democrazia e del futuro della nostra nazione.


giovedì 17 dicembre 2020

Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della 54.ma Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2021)

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Messaggio del Santo Padre

La cultura della cura come percorso di pace

1. Alle soglie del nuovo anno, desidero porgere i miei più rispettosi saluti ai Capi di Stato e di Governo, ai responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai leader spirituali e ai fedeli delle varie religioni, agli uomini e alle donne di buona volontà. A tutti rivolgo i miei migliori auguri, affinché quest’anno possa far progredire l’umanità sulla via della fraternità, della giustizia e della pace fra le persone, le comunità, i popoli e gli Stati.

Il 2020 è stato segnato dalla grande crisi sanitaria del Covid-19, trasformatasi in un fenomeno multisettoriale e globale, aggravando crisi tra loro fortemente interrelate, come quelle climatica, alimentare, economica e migratoria, e provocando pesanti sofferenze e disagi. Penso anzitutto a coloro che hanno perso un familiare o una persona cara, ma anche a quanti sono rimasti senza lavoro. Un ricordo speciale va ai medici, agli infermieri, ai farmacisti, ai ricercatori, ai volontari, ai cappellani e al personale di ospedali e centri sanitari, che si sono prodigati e continuano a farlo, con grandi fatiche e sacrifici, al punto che alcuni di loro sono morti nel tentativo di essere accanto ai malati, di alleviarne le sofferenze o salvarne la vita. Nel rendere omaggio a queste persone, rinnovo l’appello ai responsabili politici e al settore privato affinché adottino le misure adeguate a garantire l’accesso ai vaccini contro il Covid-19 e alle tecnologie essenziali necessarie per assistere i malati e tutti coloro che sono più poveri e più fragili.[1]

Duole constatare che, accanto a numerose testimonianze di carità e solidarietà, prendono purtroppo nuovo slancio diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e distruzione.

Questi e altri eventi, che hanno segnato il cammino dell’umanità nell’anno trascorso, ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza. Perciò ho scelto come tema di questo messaggio: La cultura della cura come percorso di pace. Cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente.

2. Dio Creatore, origine della vocazione umana alla cura

In molte tradizioni religiose, vi sono narrazioni che si riferiscono all’origine dell’uomo, al suo rapporto con il Creatore, con la natura e con i suoi simili. Nella Bibbia, il Libro della Genesi rivela, fin dal principio, l’importanza della cura o del custodire nel progetto di Dio per l’umanità, mettendo in luce il rapporto tra l’uomo (’adam) e la terra (’adamah) e tra i fratelli. Nel racconto biblico della creazione, Dio affida il giardino “piantato nell’Eden” (cfr Gen 2,8) alle mani di Adamo con l’incarico di “coltivarlo e custodirlo” (cfr Gen 2,15). Ciò significa, da una parte, rendere la terra produttiva e, dall’altra, proteggerla e farle conservare la sua capacità di sostenere la vita.[2] I verbi “coltivare” e “custodire” descrivono il rapporto di Adamo con la sua casa-giardino e indicano pure la fiducia che Dio ripone in lui facendolo signore e custode dell’intera creazione.

La nascita di Caino e Abele genera una storia di fratelli, il rapporto tra i quali sarà interpretato – negativamente – da Caino in termini di tutela o custodia. Dopo aver ucciso suo fratello Abele, Caino risponde così alla domanda di Dio: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9).[3] Sì, certamente! Caino è il “custode” di suo fratello. «In questi racconti così antichi, ricchi di profondo simbolismo, era già contenuta una convinzione oggi sentita: che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri».[4]

3. Dio Creatore, modello della cura

La Sacra Scrittura presenta Dio, oltre che come Creatore, come Colui che si prende cura delle sue creature, in particolare di Adamo, di Eva e dei loro figli. Lo stesso Caino, benché su di lui ricada la maledizione a motivo del crimine che ha compiuto, riceve in dono dal Creatore un segno di protezione, affinché la sua vita sia salvaguardata (cfr Gen 4,15). Questo fatto, mentre conferma la dignità inviolabile della persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, manifesta anche il piano divino per preservare l’armonia della creazione, perché «la pace e la violenza non possono abitare nella stessa dimora».[5]

Proprio la cura del creato è alla base dell’istituzione dello Shabbat che, oltre a regolare il culto divino, mirava a ristabilire l’ordine sociale e l’attenzione per i poveri (Gen 1,1-3; Lv 25,4). La celebrazione del Giubileo, nella ricorrenza del settimo anno sabbatico, consentiva una tregua alla terra, agli schiavi e agli indebitati. In questo anno di grazia, ci si prendeva cura dei più fragili, offrendo loro una nuova prospettiva di vita, così che non vi fosse alcun bisognoso nel popolo (cfr Dt 15,4).

Degna di nota è anche la tradizione profetica, dove il vertice della comprensione biblica della giustizia si manifesta nel modo in cui una comunità tratta i più deboli al proprio interno. È per questo che Amos (2,6-8; 8) e Isaia (58), in particolare, alzano continuamente la loro voce a favore della giustizia per i poveri, i quali, per la loro vulnerabilità e mancanza di potere, sono ascoltati solo da Dio, che si prende cura di loro (cfr Sal 34,7; 113,7-8).

4. La cura nel ministero di Gesù

La vita e il ministero di Gesù incarnano l’apice della rivelazione dell’amore del Padre per l’umanità (Gv 3,16). Nella sinagoga di Nazaret, Gesù si è manifestato come Colui che il Signore ha consacrato e «mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). Queste azioni messianiche, tipiche dei giubilei, costituiscono la testimonianza più eloquente della missione affidatagli dal Padre. Nella sua compassione, Cristo si avvicina ai malati nel corpo e nello spirito e li guarisce; perdona i peccatori e dona loro una vita nuova. Gesù è il Buon Pastore che si prende cura delle pecore (cfr Gv 10,11-18; Ez 34,1-31); è il Buon Samaritano che si china sull’uomo ferito, medica le sue piaghe e si prende cura di lui (cfr Lc 10,30-37).

Al culmine della sua missione, Gesù suggella la sua cura per noi offrendosi sulla croce e liberandoci così dalla schiavitù del peccato e della morte. Così, con il dono della sua vita e il suo sacrificio, Egli ci ha aperto la via dell’amore e dice a ciascuno: “Seguimi. Anche tu fa’ così” (cfr Lc 10,37).

5. La cultura della cura nella vita dei seguaci di Gesù

Le opere di misericordia spirituale e corporale costituiscono il nucleo del servizio di carità della Chiesa primitiva. I cristiani della prima generazione praticavano la condivisione perché nessuno tra loro fosse bisognoso (cfr At 4,34-35) e si sforzavano di rendere la comunità una casa accogliente, aperta ad ogni situazione umana, disposta a farsi carico dei più fragili. Divenne così abituale fare offerte volontarie per sfamare i poveri, seppellire i morti e nutrire gli orfani, gli anziani e le vittime di disastri, come i naufraghi. E quando, in periodi successivi, la generosità dei cristiani perse un po’ di slancio, alcuni Padri della Chiesa insistettero sul fatto che la proprietà è intesa da Dio per il bene comune. Ambrogio sosteneva che «la natura ha riversato tutte le cose per gli uomini per uso comune. [...] Pertanto, la natura ha prodotto un diritto comune per tutti, ma l’avidità lo ha reso un diritto per pochi».[6] Superate le persecuzioni dei primi secoli, la Chiesa ha approfittato della libertà per ispirare la società e la sua cultura. «La miseria dei tempi suscitò nuove forze al servizio della charitas christiana. La storia ricorda numerose opere di beneficenza. […] Furono eretti numerosi istituti a sollievo dell’umanità sofferente: ospedali, ricoveri per i poveri, orfanotrofi e brefotrofi, ospizi, ecc.».[7]

6. I principi della dottrina sociale della Chiesa come base della cultura della cura

La diakonia delle origini, arricchita dalla riflessione dei Padri e animata, attraverso i secoli, dalla carità operosa di tanti testimoni luminosi della fede, è diventata il cuore pulsante della dottrina sociale della Chiesa, offrendosi a tutte le persone di buona volontà come un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato.

* La cura come promozione della dignità e dei diritti della persona.

«Il concetto di persona, nato e maturato nel cristianesimo, aiuta a perseguire uno sviluppo pienamente umano. Perché persona dice sempre relazione, non individualismo, afferma l’inclusione e non l’esclusione, la dignità unica e inviolabile e non lo sfruttamento».[8] Ogni persona umana è un fine in sé stessa, mai semplicemente uno strumento da apprezzare solo per la sua utilità, ed è creata per vivere insieme nella famiglia, nella comunità, nella società, dove tutti i membri sono uguali in dignità. È da tale dignità che derivano i diritti umani, come pure i doveri, che richiamano ad esempio la responsabilità di accogliere e soccorrere i poveri, i malati, gli emarginati, ogni nostro «prossimo, vicino o lontano nel tempo e nello spazio».[9]

* La cura del bene comune.

Ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica trova il suo compimento quando si pone al servizio del bene comune, ossia dell’«insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente».[10] Pertanto, i nostri piani e sforzi devono sempre tenere conto degli effetti sull’intera famiglia umana, ponderando le conseguenze per il momento presente e per le generazioni future. Quanto ciò sia vero e attuale ce lo mostra la pandemia del Covid-19, davanti alla quale «ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme»[11], perché «nessuno si salva da solo»[12] e nessuno Stato nazionale isolato può assicurare il bene comune della propria popolazione.[13]

* La cura mediante la solidarietà.

La solidarietà esprime concretamente l’amore per l’altro, non come un sentimento vago, ma come «determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti».[14] La solidarietà ci aiuta a vedere l’altro – sia come persona sia, in senso lato, come popolo o nazione – non come un dato statistico, o un mezzo da sfruttare e poi scartare quando non più utile, ma come nostro prossimo, compagno di strada, chiamato a partecipare, alla pari di noi, al banchetto della vita a cui tutti sono ugualmente invitati da Dio.

* La cura e la salvaguardia del creato.

L’Enciclica Laudato si’ prende atto pienamente dell’interconnessione di tutta la realtà creata e pone in risalto l’esigenza di ascoltare nello stesso tempo il grido dei bisognosi e quello del creato. Da questo ascolto attento e costante può nascere un’efficace cura della terra, nostra casa comune, e dei poveri. A questo proposito, desidero ribadire che «non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani».[15] «Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse, che non si potranno separare in modo da essere trattate singolarmente, a pena di ricadere nuovamente nel riduzionismo».[16]

7. La bussola per una rotta comune

In un tempo dominato dalla cultura dello scarto, di fronte all’acuirsi delle disuguaglianze all’interno delle Nazioni e fra di esse,[17] vorrei dunque invitare i responsabili delle Organizzazioni internazionali e dei Governi, del mondo economico e di quello scientifico, della comunicazione sociale e delle istituzioni educative a prendere in mano questa “bussola” dei principi sopra ricordati, per imprimere una rotta comune al processo di globalizzazione, «una rotta veramente umana».[18] Questa, infatti, consentirebbe di apprezzare il valore e la dignità di ogni persona, di agire insieme e in solidarietà per il bene comune, sollevando quanti soffrono dalla povertà, dalla malattia, dalla schiavitù, dalla discriminazione e dai conflitti. Mediante questa bussola, incoraggio tutti a diventare profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare tante disuguaglianze sociali. E ciò sarà possibile soltanto con un forte e diffuso protagonismo delle donne, nella famiglia e in ogni ambito sociale, politico e istituzionale.

La bussola dei principi sociali, necessaria a promuovere la cultura della cura, è indicativa anche per le relazioni tra le Nazioni, che dovrebbero essere ispirate alla fratellanza, al rispetto reciproco, alla solidarietà e all’osservanza del diritto internazionale. A tale proposito, vanno ribadite la tutela e la promozione dei diritti umani fondamentali, che sono inalienabili, universali e indivisibili.[19]

Va richiamato anche il rispetto del diritto umanitario, soprattutto in questa fase in cui conflitti e guerre si susseguono senza interruzione. Purtroppo molte regioni e comunità hanno smesso di ricordare un tempo in cui vivevano in pace e sicurezza. Numerose città sono diventate come epicentri dell’insicurezza: i loro abitanti lottano per mantenere i loro ritmi normali, perché vengono attaccati e bombardati indiscriminatamente da esplosivi, artiglieria e armi leggere. I bambini non possono studiare. Uomini e donne non possono lavorare per mantenere le famiglie. La carestia attecchisce dove un tempo era sconosciuta. Le persone sono costrette a fuggire, lasciando dietro di sé non solo le proprie case, ma anche la storia familiare e le radici culturali.

Le cause di conflitto sono tante, ma il risultato è sempre lo stesso: distruzione e crisi umanitaria. Dobbiamo fermarci e chiederci: cosa ha portato alla normalizzazione del conflitto nel mondo? E, soprattutto, come convertire il nostro cuore e cambiare la nostra mentalità per cercare veramente la pace nella solidarietà e nella fraternità?

Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari,[20] risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari. Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi globali come l’attuale pandemia da Covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che decisione coraggiosa sarebbe quella di «costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri»![21]

8. Per educare alla cultura della cura

La promozione della cultura della cura richiede un processo educativo e la bussola dei principi sociali costituisce, a tale scopo, uno strumento affidabile per vari contesti tra loro correlati. Vorrei fornire al riguardo alcuni esempi.

- L’educazione alla cura nasce nella famiglia, nucleo naturale e fondamentale della società, dove s’impara a vivere in relazione e nel rispetto reciproco. Tuttavia, la famiglia ha bisogno di essere posta nelle condizioni per poter adempiere questo compito vitale e indispensabile.

- Sempre in collaborazione con la famiglia, altri soggetti preposti all’educazione sono la scuola e l’università, e analogamente, per certi aspetti, i soggetti della comunicazione sociale.[22] Essi sono chiamati a veicolare un sistema di valori fondato sul riconoscimento della dignità di ogni persona, di ogni comunità linguistica, etnica e religiosa, di ogni popolo e dei diritti fondamentali che ne derivano. L’educazione costituisce uno dei pilastri di società più giuste e solidali.

- Le religioni in generale, e i leader religiosi in particolare, possono svolgere un ruolo insostituibile nel trasmettere ai fedeli e alla società i valori della solidarietà, del rispetto delle differenze, dell’accoglienza e della cura dei fratelli più fragili. Ricordo, a tale proposito, le parole del Papa Paolo VI rivolte al Parlamento ugandese nel 1969: «Non temete la Chiesa; essa vi onora, vi educa cittadini onesti e leali, non fomenta rivalità e divisioni, cerca di promuovere la sana libertà, la giustizia sociale, la pace; se essa ha qualche preferenza, questa è per i poveri, per l’educazione dei piccoli e del popolo, per la cura dei sofferenti e dei derelitti».[23]

- A quanti sono impegnati al servizio delle popolazioni, nelle organizzazioni internazionali, governative e non governative, aventi una missione educativa, e a tutti coloro che, a vario titolo, operano nel campo dell’educazione e della ricerca, rinnovo il mio incoraggiamento, affinché si possa giungere al traguardo di un’educazione «più aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, di dialogo costruttivo e di mutua comprensione».[24] Mi auguro che questo invito, rivolto nell’ambito del Patto educativo globale, possa trovare ampia e variegata adesione.

9. Non c’è pace senza la cultura della cura

La cultura della cura, quale impegno comune, solidale e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti, quale disposizione ad interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca, costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace. «In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia».[25]

In questo tempo, nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone della dignità della persona umana e la “bussola” dei principi sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune. Come cristiani, teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, Stella del mare e Madre della speranza. Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo,[26] ma impegniamoci ogni giorno concretamente per «formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri».[27]

Dal Vaticano, 8 dicembre 2020

FRANCESCO

________________________

[1] Cfr Videomessaggio in occasione della 75ª Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 25 settembre 2020.

[2] Cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 67.

[3] Cfr “Fraternità, fondamento e via per la pace”, Messaggio per la celebrazione della 47ª Giornata Mondiale della Pace 1° gennaio 2014 (8 dicembre 2013), 2.

[4] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 70.

[5] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 488.

[6] De officiis, 1, 28, 132: PL 16, 67.

[7] K. BIHLMEYER - H. TÜCHLE, Storia della Chiesa, vol. I L’antichità cristiana, Morcelliana, Brescia 1994, 447.448.

[8] Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale nel 50° anniversario della “Populorum progressio” (4 aprile 2017).

[9] Messaggio alla 22ª sessione della Conferenza degli Stati Parte alla Convenzione-Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP22), 10 novembre 2016. Cfr Tavolo interdicasteriale della Santa Sede sull’ecologia integrale, In cammino per la cura della casa comune. A cinque anni dalla Laudato si’, LEV, 31 maggio 2020.

[10] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 26.

[11] Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, 27 marzo 2020.

[12] Ibid.

[13] Cfr Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 8; 153.

[14] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 38.

[15] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 91.

[16] Conferenza dell’Episcopato Dominicano, Lett. past. Sobre la relación del hombre con la naturaleza (21 gennaio 1987); cfr Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 92.

[17] Cfr Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 125.

[18] Ibid., 29.

[19] Cfr Messaggio ai partecipanti alla Conferenza internazionale “I diritti umani nel mondo contemporaneo: conquiste, omissioni, negazioni”, Roma, 10-11 dicembre 2018.

[20] Cfr Messaggio alla Conferenza dell’ONU finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari, che conduca alla loro totale eliminazione, 23 marzo 2017.

[21] Videomessaggio in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2020, 16 ottobre 2020.

[22] Cfr Benedetto XVI, “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”, Messaggio per la 45ª Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2012 (8 dicembre 2011), 2; “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”, Messaggio per la 49ª Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2016 (8 dicembre 2015), 6.

[23] Discorso ai Deputati e ai Senatori dell’Uganda, Kampala, 1° agosto 1969.

[24] Messaggio per il lancio del Patto Educativo, 12 settembre 2019: L’Osservatore Romano, 13 settembre 2019, p. 8.

[25] Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), 225.

[26] Cfr ibid., 64.

[27] Ibid., 96; cfr “Fraternità, fondamento e via per la pace”. Messaggio per la celebrazione della 47ª Giornata Mondiale della Pace 1° gennaio 2014 (8 dicembre 2013), 1.


lunedì 14 dicembre 2020

Ghedi e Aviano, Ministero della Difesa: un eventuale incidente potrebbe raggiungere fino a 10 milioni di persone

dalla pagina Ghedi e Aviano, Ministero della Difesa: un eventuale incidente potrebbe raggiungere fino a 10 milioni di persone (pressenza.com)

Lorenzo Poli

(Foto di Wikimedia Commons)

Sebbene per anni la presenza di bombe atomiche sul territorio italiano sia stata un sospetto, oggi è una conferma. Nelle basi militari di Ghedi e Aviano sono custodite circa 40 bombe nucleari americaneIn caso di incidente è proprio il Ministero della Difesa a stimare che le persone raggiunte dal fungo radioattivo potrebbero essere dai 2 ai 10 milioni1, a seconda della propagazione del vento e dei tempi di intervento. Uno scenario veramente inquietante. Anche se non abbiamo ancora pagato i danni di un disastro nucleare, per la custodia di queste bombe stiamo già pagando un prezzo molto alto.

Greenpeace, con la sua Unità Investigativa è andata a fondo di questa vicenda e ha rivelato il prezzo nascosto della custodia delle armi nucleari nel nostro paese: circa 100 milioni l’anno2, che corrispondono a circa 5.000 ventilatori o 4.500 letti di terapia intensiva. Ogni anno il nostro Paese spende quasi 6 miliardi per acquistare portaerei, F-35, elicotteri, missili e, nell’ipotesi che l’Italia rimpiazzi i Tornado di Ghedi con 20 velivoli F-35 ai compiti nucleari, il costo per l’acquisto e l’utilizzo dei nuovi cacciabombardieri lieviterebbe a circa 10 miliardi di euro per i prossimi 30 anni. Ora che si conoscono i danni delle bombe atomiche B61, bisognerebbe valutare il rischio delle nuove testate nucleari che sostituiranno quelle vecchie, ovvero le B61-12.

La B61-12 ha una testata nucleare con quattro opzioni di potenza selezionabili al momento del lancio a seconda dell’obiettivo da colpire; ha la capacità di penetrare nel sottosuolo esplodendo in profondità per distruggere strutture sotterranee; e ha la capacità di distruggere per esempio, se lanciata a Milano, qualsiasi forma vivente in Lombardia. Un recente sondaggio Ipsos3 sugli italiani ha riportato che l’80% degli intervistati è contrario ad ospitare le bombe atomiche americane sul nostro territorio e ad avere cacciabombardieri in grado di utilizzarle. In più la stragrande maggioranza degli intervistati (8 su 10) vuole che il nostro Paese aderisca al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), un accordo adottato in sede ONU che gli Stati nucleari e i loro alleati hanno boicottato sin dai lavori preparatori.

L’Italia avrà ancora intenzione di portare avanti il suo immobilismo politico sui temi della pace?

 

2 L’osservatorio Milex, insieme ad altre fonti anonime e ai dati del Ministero della Difesa, hanno permesso a Greenpeace di realizzare questa indagine