dalla pagina https://ilmanifesto.it/con-il-riscaldamento-globale-aumentano-poverta-e-migrazioni/
Cambiamento climatico. Rapporto del comitato scientifico
dell’Onu sul rapporto tra clima e territorio: rischi di siccità, incendi
e instabilità alimentare
In Italia,
intanto, come sottolinea una nota del Wwf «non si hanno più notizie del
disegno di legge sul “Contenimento del consumo del suolo e riuso del
suolo edificato” che nella passata legislatura, dopo essere stato
approvato nel 2016 dalla Camera, si è interrotto al Senato».
Luca Martinelli
Gli scienziati del clima hanno lanciato l’ennesimo allarme di
fronte al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici. A Ginevra,
l’8 agosto, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) dell’Onu
ha presentato un rapporto speciale dedicato ad approfondire il rapporto
tra uso del suolo e cambiamento climatico. Almeno mezzo miliardo di
persone, spiega, vive in aree dov’è in corso un processo di
desertificazione. Terre aride e desertiche sono più vulnerabili ai
cambiamenti climatici e a eventi estremi quali siccità, onde di calore,
tempeste di polvere.
IL RISULTATO È INEVITABILE: caleranno la produzione
agricola e la sicurezza delle forniture alimentari. E a pagarne le
conseguenze saranno soprattutto le popolazioni più povere di Africa e
Asia, costrette ad emigrare. Ecco perché il flusso non può essere
fermato, anche se chi cerca rifugio in Europa non può sapere che anche
il Mediterraneo è – secondo gli scienziati che hanno redatto il report –
ad alto rischio di desertificazione e incendi.
È passato meno di un anno da quando, nell’ottobre del 2018, lo stesso
Ipcc ha pubblicato il rapporto sul clima famoso per avvertire che senza
ridurre immediatamente le emissioni di gas climalteranti, già nel 2030
le temperature medie globali potrebbero superare la soglia di 1,5 gradi
in più rispetto ai livelli pre-industriali. Il limite fissato
dall’Accordo di Parigi del 2015.
Questo nuovo rapporto si concentra invece sul rapporto fra il
cambiamento climatico e l’uso del suolo, studiando in particolare il
rapporto tra modello agricolo e di gestione forestale e climate change.
Per il report, la stabilità delle forniture di cibo calerà all’aumento
della grandezza e della frequenza degli eventi atmosferici estremi, che
spezzano la catena alimentare, ma anche come conseguenza di un aumento
della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, elemento che può abbassare
le qualità nutritive dei raccolti.
Le zone tropicali e subtropicali saranno le più vulnerabili. Per gli
scienziati che hanno redatto il rapporto (107 gli autori, da 52 Paesi,
che hanno analizzato circa 7mila paper, e valutato oltre 28mila
commenti), alcune risposte potrebbero mitigare l’impatto del climate
change: produzione sostenibile di cibo, gestione sostenibile delle
foreste, gestione del carbonio organico nel suolo, conservazione degli
ecosistemi, ripristino del territorio, riduzione della deforestazione
(spesso direttamente legate alla produzione agro-industriale, con la
soia in Amazzonia o le piantagioni di palma da olio in Indonesia),
riduzione della perdita e dello spreco di cibo.
QUESTI SONO GLI STRUMENTI che riducono in modo
diretto le emissioni di gas serra. Le politiche potenzialmente più
efficaci, perché hanno un impatto immediato, in un momento di continue
emergenze, sono la conservazione di quegli ecosistemi che catturano
grandi quantità di carbonio, come le paludi, le zone umide, i pascoli,
le mangrovie e le foreste.
Nelle grandi aree verdi, piante e alberi catturano l’anidride
carbonica dell’atmosfera e la conservano in tronchi e foglie. Questi in
seguito si decompongono a terra e lasciano la CO2 imprigionata nel
terreno. Misure di lungo periodo, comunque necessarie, sono la
forestazione e riforestazione, il ripristino di ecosistemi ad alta
cattura di carbonio e di suoli degradati. «Il suolo e la biodiversità
stanno soffrendo una pressione enorme a causa dell’aumento della
deforestazione in Amazzonia e degli incendi che stanno devastando
Siberia e Indonesia – spiega Martina Borghi, campagna foreste di
Greenpeace Italia -.
Questi fenomeni hanno un impatto diretto sulla vita di milioni di
persone e sul clima, poiché minacciano la nostra sicurezza alimentare
favorendo la desertificazione e il degrado del suolo». «Il messaggio del
rapporto Ipcc è un ulteriore forte stimolo a rivedere le attuali
pratiche agricole, favorendo quelle che consentono di aumentare il
contenuto del carbonio nei suoli, e sottolinea l’importanza del
contenimento del consumo di carne – sottolinea Gianni Silvestrini,
direttore scientifico della ong sul clima Kyoto Club».
In Italia,
intanto, come sottolinea una nota del Wwf «non si hanno più notizie del
disegno di legge sul “Contenimento del consumo del suolo e riuso del
suolo edificato” che nella passata legislatura, dopo essere stato
approvato nel 2016 dalla Camera, si è interrotto al Senato». È solo una delle tante bandiera ammainate dal Movimento 5 Stelle.
----------------------------------------
dalla pagina https://ilmanifesto.it/per-salvare-il-clima-proteggere-le-foreste-e-cambiare-dieta/
Per salvare il clima, proteggere le foreste e cambiare dieta
Cambiamento climatico. I governi devono adottare un mix di
politiche in tutti i settori per innovare in modo mirato le pratiche
agricole, sia per ridurre le emissioni e aumentare gli assorbimenti di
CO2 che per aumentare la capacità di reagire e adattarsi al mutare delle
condizioni climatiche
Giuseppe Onufrio direttore Greenpeace Italia
Il primo rapporto dell’Ipcc che si focalizza specificatamente
sull’uso del suolo è molto chiaro: proteggere le foreste e cambiare
dieta se vogliamo salvare il clima. Pochi giorni dopo lo scenario
apocalittico dei milioni di ettari di foreste siberiane in fumo,
fenomeno ancora in atto, è stato approvato il rapporto
dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) su cambiamenti
climatici e uso del suolo. L’analisi focalizza l’utilizzo del suolo, la
deforestazione e l’agricoltura intensiva come importante causa dei
cambiamenti climatici, con un contributo di quasi un quarto alle
emissioni di gas a effetto serra. Che la tutela delle foreste sia un
tema centrale per la protezione del clima globale è ben noto.
Così come è noto che a spingere la deforestazione sono (oltre che la
produzione di legname e di polpa di cellulosa) attività quali la
produzione di soia (transgenica) utilizzata per lo più per
l’alimentazione animale, l’olio di palma, per i biocarburanti e vari usi
alimentari e non, la produzione di cacao e la creazione di pascoli per
l’allevamento di animali destinati al macello.
Dunque, il rapporto evidenzia in modo specifico e documentato le
relazioni che ci sono tra lotta ai cambiamenti climatici e protezione
della biodiversità.
In sostanza, recuperare le foreste e cambiare dieta riducendo il consumo
di carne e latticini è un pezzo non marginale della formula per
combattere i cambiamenti climatici, che comunque rimane centrata sulla
progressiva eliminazione delle fonti fossili dal sistema energetico.
Vengono presentati diversi possibili scenari di risposta in funzione
di quanta terra può essere allocata tra la produzione agricola, i
pascoli, la produzione di bioenergie, le foreste e le aree naturali.
Il rapporto identifica anche una serie di misure di mitigazione
(dall’agro-ecologia per aumentare il carbonio nei suoli al cambio di
diete con minore apporto di carne e latticini) che potrebbero portare il
bilancio dell’impatto del sistema agricolo globale in positivo,
risultando cioè maggiori gli assorbimenti delle emissioni.
Trasformare l’agricoltura in una pratica che impatta positivamente
sul ciclo del carbonio è una questione centrale delle politiche per
combattere i cambiamenti climatici, da oggi abbiamo una analisi più
dettagliata per cercare e praticare le soluzioni. Lo scenario che
presenta i rischi minori per la sicurezza alimentare è quello che
prevede una gestione sostenibile e una diversa composizione della
produzione di cibo, mentre lo scenario «estremo» che prevede una
produzione intensiva di bioenergie (con o senza cattura e stoccaggio di
carbonio) e afforestazione spinta anche se consente una mitigazione
delle emissioni, comporta un uso del suolo che appare meno sostenibile e
meno flessibile.
Due degli scenari sono poi confrontati rispetto ai possibili aumenti
della temperatura globale media: i cambiamenti climatici influiranno – e
non poco – sulla produzione agricola, ragion per cui una produzione
spostata verso una dieta maggiormente basata su piante e vegetali
risulta quella che presenta la migliore sicurezza alimentare e maggior
capacità di adattamento.
I cambiamenti climatici in atto stanno già presentandosi come una
pericolosa «grande trasformazione» delle condizioni di vita di vaste
aree del pianeta, già oggi con un aumento di temperature globali meno di
1°C (che però sulla sola terraferma è già 1,53°C).
I governi devono adottare un mix di politiche in tutti i settori per
innovare in modo mirato le pratiche agricole, sia per ridurre le
emissioni e aumentare gli assorbimenti di CO2 che per aumentare la
capacità di reagire e adattarsi al mutare delle condizioni climatiche.
Dalla micro-irrigazione al recupero di aree degradate utilizzando
piante resistenti alla siccità, da pratiche di agroforestazione a quelle
di agroecologia e del biologico, riducendo gli apporti della chimica al
terreno, varie sono le misure possibili, a seconda delle aree del
pianeta, che possono contribuire a combattere la desertificazione, a
combattere i cambiamenti climatici con l’assorbimento di CO2 e a
migliorare l’adattamento. Scarsità di acqua significa scarsità di cibo,
aumento delle migrazioni e maggiori conflitti. Senza un governo di
questi fenomeni il rischio di soluzioni distruttive è alto: la speranza è
che lo spirito dell’Accordo di Parigi produca entro il 2020, secondo
quanto stabilito, impegni all’altezza della sfida.
Mario Imperatori, La Civiltà Cattolica, Quaderno 4059-4060, pag. 209 - 222, Anno 2019, Volume III