domenica 31 maggio 2020

Un'altra difesa è possibile

dalla pagina http://www.difesacivilenonviolenta.org/festa-della-repubblica-che-ripudia-la-guerra-unaltra-difesa-e-possibile/



Festa della Repubblica che ripudia la guerra: 
un’altra difesa è possibile!

Evento video online della campagna il 1 giugno 2020, alle ore 11.00

In occasione e in preparazione della Festa della Repubblica, e della sua Costituzione che ripudia la guerra, le sei Reti promotrici hanno organizzato un momento pubblico di rilancio della Campagna “Un’altra difesa è possibile”. Una mobilitazione sostenuta dalla grande maggioranza della società civile italiana che lavora per la pace, i diritti, il disarmo, il Servizio Civile nata a Verona durante “Arena di Pace e Disarmo” del 2014 per chiedere l’istituzione di un Dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta.

Nel corso della 17ª legislatura la nostra Campagna era riuscita a raccogliere le firme sufficienti per una Proposta di Legge di iniziativa popolare, successivamente trasformata in Proposta di Legge parlamentare con più di 70 firmatari incardinata nelle competenti Commissioni della Camera dei Deputati. Con il cambio di legislatura e con la nuova situazione politica e i cambi di Governo le Reti promotrici di “Un’altra difesa è possibile” hanno deciso di compiere insieme un nuovo passo, nell’ambito di quanto stabilito dalla Costituzione, per far continuare a chiedere la creazione di un “luogo istituzionale” in cui poter esercitare concretamente il diritto-dovere di difesa della Patria con modalità non armate e nonviolente.

L’appuntamento è per lunedì 1 giugno alle ore 11:00 con una conferenza stampa video in cui verrà presentate la nuova proposta di azione e la nuova fase di mobilitazione.

Il video sarà trasmesso in diretta su www.facebook.com/DifesaCivileNonviolenta

venerdì 29 maggio 2020

"Dio? In fondo a destra. Perché i populismi sfruttano il cristianesimo"

dalla pagina https://www.emi.it/dio-in-fondo-a-destra

Perché i populismi sfruttano il cristianesimo

Autore: Scaramuzzi Iacopo
Prefazione di: Gad Larner 
Nomi, cognomi, date, luoghi, parole. Chi, quando, dove, come. E soprattutto perché i populismi abusano di rosari, crocifissi e madonne per accaparrarsi voti, potere e prestigio. Svuotando di ogni significato il gesto di credere. Ma l’antidoto esiste. Si chiama Francesco.
Roma, Washington, Mosca, Budapest, Brasilia, Parigi. Unendo i puntini di questa mappa si individua il percorso che i partiti di destra stanno portando avanti: puntellare la propria prospettiva ideologica, fatta di posizioni «contro» (l’islam, i migranti, la modernità), con un uso aberrante del cristianesimo. 
È quello che Jean-Claude Hollerich, capo dei vescovi europei, bolla come «nazional-cattolicesimo». Un virus – non solo cattolico – che di qua e di là dell’Atlantico infetta la politica strumentalizzando la fede.
In queste pagine, intessute di interviste con esperti dei vari paesi e suffragate da autorevoli studi, Scaramuzzi ci conduce nel cuore di questa strategia: fa i nomi di chi manipola la religione, ricostruisce genealogie intellettuali, svela connessioni ideologiche. Salvini in Italia, Trump negli Stati Uniti, Putin in Russia, Orbán in Ungheria, Bolsonaro in Brasile, i Le Pen in Francia: l’onda della destra si allarga anche grazie all’abuso della fede cristiana.

Ma c’è chi non ci sta. E dal cuore di Roma alza la voce.



giovedì 28 maggio 2020

Appello per la Campagna Banche Armate

dalla pagina https://www.nigrizia.it/notizia/cambiamo-mira-investiamo-nella-pace-non-nelle-armi

Cambiamo mira! Investiamo nella Pace, non nelle armi

Appello congiunto delle riviste Missione Oggi, Mosaico di Pace e Nigrizia alle comunità cristiane, vescovi, parroci, consigli pastorali e a tutte le persone di buona volontà in occasione della Solennità della Pentecoste e della Festa della Repubblica

“Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone e salvare vite”. Con queste parole profetiche, nel suo messaggio di Pasqua, papa Francesco richiama l’urgenza di sostenere la vita e smettere di finanziare la morte.
Sfida che vogliamo raccogliere e rilanciare con voi. Perché dentro questa emergenza in cui si inietta liquidità nel sistema economico e nella Chiesa per sostenerne le attività, sentiamo ancora più forte l’esigenza di prestare attenzione al denaro e ai suoi movimenti.
Il denaro certo serve, per fare il bene, ma farsi suoi servi genera solo disgrazie sorde al grido dei poveri e di Sorella Madre Terra. Vogliamo impegnarci con voi per vigilare sull’origine delle donazioni per opere spirituali, caritative, educative, sociali e comunitarie e sul loro ingresso nei circuiti dei sistemi bancari e di investimento.
Come sottolinea papa Francesco nell’Esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia: “Non possiamo escludere che membri della Chiesa siano stati parte della rete di corruzione, a volte fino al punto di accettare di mantenere il silenzio in cambio di aiuti economici per le opere ecclesiali.
Proprio per questo sono arrivate proposte al Sinodo che invitano a prestare particolare attenzione all’origine delle donazioni o di altri tipi di benefici, così come agli investimenti fatti dalle istituzioni ecclesiastiche o dai cristiani” (n. 25).
È sempre più evidente l’assurdità del fatto che il denaro raccolto con le nostre tasse e sottratto alla sanità (tagli per 37 miliardi negli ultimi dieci anni), alla scuola, all’accoglienza, alle famiglie vada a finanziare sistemi militari costosissimi come i caccia F-35 e i sommergibili U-212.
Anche i vescovi italiani nel recente documento La chiesa cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici di responsabilità sociale, ambientale e di governance invitano “a individuare processi di conversione delle capacità produttive di armi in altre produzioni ad usi non militari” (4.2.3).
Vi invitiamo pertanto a prendere parte con noi al percorso di rilancio della Campagna di pressione alle “banche armate” che avverrà il 9 luglio in occasione dei 30 anni della promulgazione della Legge n. 185/1990 che ha introdotto in Italia “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.
Percorso che prevede di:
  • Verificare le banche in cui abbiamo depositato i risparmi evitando quei gruppi bancari che finanziano, giustificano e sostengono l’industria, il commercio e la ricerca militare.
  • Verificare le fonti delle donazioni a parrocchie, comunità cristiane, comunità religiose e associazioni, anche rinunciando a provenienze dubbie.
  • Sensibilizzarci e sensibilizzare la cittadinanza sul tema della riconversione delle spese, delle aziende militari e delle operazioni bancarie per promuovere le aziende e i fondi destinati a sostenere la vita.
  • Richiedere al Governo italiano, insieme a Rete italiana per il disarmo, Rete della pace e Sbilanciamoci, di attivare una moratoria sulla spesa militare e sistemi d’arma per almeno un anno, riconvertendo tale spesa nella sanità, nella scuola, nella cultura, nella difesa dell’ambiente, nelle comunità locali.
“Servono ospedali e scuole, non cannoni”, ricordava Aldo Capitini alla prima Marcia italiana per la pace e la fratellanza tra i popoli, subito dopo la seconda guerra mondiale. Rimettiamoci insieme in cammino, oggi, sulle tracce di quelle parole e di quel sogno!
Filippo Ivardi Ganapini (direttore di Nigrizia) – Email: filippo.ivardi@nigrizia.it
Mario Menin (direttore di Missione Oggi) – Email: direttore@missioneoggi.it
Rosa Siciliano (direttrice di Mosaico di Pace) – Email: info@mosaicodipace.it
PER ADERIRE ALL’APPELLO Tutte le comunità, associazioni e i singoli che intendono aderire all’appello sono invitate/i a segnalarlo ai succitati indirizzi email.




martedì 26 maggio 2020

La conversione ecologica comincia dal ripudio del lavoro per la guerra e la produzione di armi

dalla pagina https://ilmanifesto.it/la-conversione-ecologica-comincia-dal-ripudio-del-lavoro-per-la-guerra-e-la-produzione-di-armi/

Una proposta, nel segno di Francesco, a partire dall’appello della Commissione pastorale sociale e del lavoro del Piemonte e Valle d'Aosta



Martedì 26 maggio dalle ore 21 dalla pagina Facebook di Economia disarmata, Città Nuova e Pax Christi Italia, si propone un momento di approfondimento sulla questione della commessa dei caccia bombardieri F35 a partire dalla presa di posizione espressa dalla commissione pastorale sociale del Piemonte e Valle d’Aosta: «Sì al lavoro per la pace, no a quello per la guerra e la produzione degli F35».
L’iniziativa è promossa congiuntamente da Movimento dei Focolari Italia, Pax Christi Italia, Comunità Papa Giovanni XXIII assieme a Città Nuova, Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo e Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.
Tale momento costituisce la terza tappa di un collegamento virtuale tra realtà impegnate a resistere con i fatti, assieme a papa Francesco, alla logica dell’economia che uccide.
L’itinerario è cominciato il 6 aprile da Genova per raccogliere “la sfida epocale per una riconversione integrale” a partire dalla scelta del collettivo dei lavoratori portuali che hanno obiettato al carico di armi verso i Paesi in guerra con il sostegno di numerose realtà dell’associazionismo cattolico della Città.
Nel secondo appuntamento (“L’idolo della bomba atomica non ci salva dalla pandemia”) del 24 aprile, vigilia del giorno della Liberazione, ci siamo collegati con le realtà le realtà associative di Brescia impegnate sulla questione delle bombe nucleari presenti su quel territorio.
La tappa in Piemonte vuole segnare una presa di coscienza sul “mistero” della commessa dei caccia bombardieri F35 della Lockheed Martin fortemente voluta, in questi anni, dalla parte prevalente dei ceti dirigenti del nostro Paese nonostante le motivazioni ragionevoli di una diversa politica industriale resa ancor più evidente dall’emergenza della pandemia in corso.
Il segnale importante che arriva oggi dalla pastorale sociale e del lavoro si collega alla centralità della persona e alle istanze di una democrazia economica che appartengono alla storia del sindacalismo piemontese di estrazione cristiana rappresentato da Alberto Tridente che fu tra i primi a parlare di riconversione economica delle industrie di armi.
Un cambiamento necessario per attuare la conversione ecologica integrale richiesta nella “Laudato si’” e affrancarsi dall’ipocrisia degli Stati che, come ha detto Francesco di ritorno dal viaggio in Giappone, “parlano di pace ma vivono delle armi” vendute ai Paesi in guerra.
L’Italia e il mistero degli F35
Martedì 26 maggio 2020 ore 21
Perché la classe dirigente italiana sostiene, da anni, in maniera trasversale, la commessa dei caccia bombardieri della statunitense Lockheed Martin?
Cosa significa nell’attuale contesto geopolitico segnato dalla pandemia?
Quale strategia sta perseguendo Leonardo Finmeccanica, società controllata dalla Stato?
Esistono motivi ragionevoli per opporsi in nome di una diversa idea di società e di politica?
in diretta sulla pagina Facebook di Economia Disaramata
Ne parliamo con
Maurizio Simoncelli, Iriad Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo
Raffaele Crocco, Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo
Don Flavio Luciano e Gaetano Quadrelli, Pastorale sociale del lavoro  del Piemonte
Don Renato Sacco Pax Christi
Laila Simoncelli, Apg23 Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

lunedì 25 maggio 2020

Un’economia sostenibile per evitare il collasso

dalla pagina https://sbilanciamoci.info/uneconomia-sostenibile-per-evitare-il-collasso/

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L’Italia che vogliamo / Gli scienziati ammoniscono che la permanenza su un sentiero di crescita come quello che stiamo seguendo ci porterà al collasso ambientale. Bisogna cambiare le traiettorie dello sviluppo. La bussola della sostenibilità deve orientare le nostre scelte, verso un’economia del bene comune.
In molti si chiedono se la recessione economica provocata dalla pandemia di Covid-19 ci trascinerà in un nuovo periodo di crisi di intensità pari o peggiore a quella successiva alla Grande Recessione del 2007-8. Tuttavia, a nostro parere, la vera domanda che dovremmo porci è: saremo in grado di sfruttare questa drammatica occasione per cambiare rotta e modificare il nostro modello di produzione e di sviluppo?
L’alternativa non può essere quella tra salute e lavoro, tra Natura ed Economia: dovremmo pensare e muoverci, piuttosto, in direzione di uno sviluppo simbiotico tra loro. Come sottolineato all’interno dell’appello di Sbilanciamoci! “In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo”, è necessaria una transizione verso un modello economico e sociale sostenibile, ossia in grado di ridurre al minimo lo sfruttamento delle risorse naturali, del territorio e dell’energia, rispettando il clima e la Natura.
Un primo passo concreto è rappresentato dalla prospettiva di un Green New Deal, oggetto di dibattito anche all’interno della Commissione Europea, in grado di stimolare investimenti pubblici green, incentrato dunque su fonti di energia rinnovabili e non esclusivamente orientato alla crescita quantitativa del prodotto – anche perché è ormai un ricordo la relazione tra Pil ed occupazione che aveva caratterizzato lo sviluppo economico moderno – ma anche e soprattutto su un modello di produzione di qualità ed eco-sostenibile.
Potremmo aspettare, ancora una volta, che il sistema si autocorregga, spinto dalle “forze del mercato” e dalla loro libera iniziativa. Tuttavia, non sappiamo quanto sia vicino il “punto di carico” che precede il collasso. Se è vero – come teme la comunità scientifica – che l’orizzonte sia di pochi anni, occorre agire subito. Inoltre, se il mercato continua a perseguire la massimizzazione dei profitti a prescindere – dalla salute e dalla Natura – perché dovremmo attenderci che si auto-corregga?
Dobbiamo quindi dare una spinta al cambiamento: un cambiamento – ripetiamo – non più rinviabile. Come? Innanzitutto, attraverso l’eliminazione dei circa 20 miliardi di sussidi pubblici alle attività che danneggiano l’ambiente. In secondo luogo, orientando le politiche fiscali e impositive – le cosiddette tasse verdi, circa 15 miliardi – in modo da influenzare, sul lato dell’offerta, l’adozione di processi produttivi a minor impatto ambientale (riciclo, economia circolare) e la produzione di beni e servizi green e, sul lato della domanda, lo stimolo ad abitudini di consumo maggiormente sostenibili.
La Natura e l’ambiente devono diventare il contenitore dell’economia. Il criterio della “sostenibilità” deve essere la bussola che orienta le scelte economiche – individuali e collettive – e i modelli di sviluppo (e non della sola crescita, che non può essere sostenibile senza violare la seconda legge della termodinamica) del domani.
Il pensiero neoliberista, nella sua forma più estrema, rivolta al ritorno di un “naturalismo liberale”[1] (il “laissez faire”), caldeggia una semplice raccomandazione di politica economica: lasciar agire le forze del mercato in modo che siano le imprese private a creare ricchezza e lasciare che lo Stato intervenga esclusivamente per occuparsi dei più fragili – come scriveva Marshall, di “vedove e orfani” – e per gestire recessioni e crisi – ossia, quando il mercato non funziona – provocate dall’intervento di elementi esterni non controllabili piuttosto che dalla dinamica (endogena) intrinseca al funzionamento del capitalismo.
Dal punto di vista teorico, uno dei risultati fondamentali dell’economia neoclassica “mainstream” è il raggiungimento, da parte del sistema economico, di un equilibrio caratterizzato da piena occupazione del lavoro e pieno utilizzo del “capitale” – senza alcun intervento esterno, come potrebbe essere quello dello Stato – a partire da pochi assiomi e assunti inverosimili. Questo è stato il fondamento teorico attorno a cui sono state implementate le politiche economiche neoliberiste sopra descritte, incentrate soprattutto in Europa sulla flessibilità del mercato del lavoro e sulla “austerità espansiva”.
Queste politiche hanno di fatto indebolito progressivamente la rete di protezione e sicurezza dei lavoratori – in particolare precari e working poor – all’interno di società caratterizzate da crescenti disuguaglianze di reddito e ricchezza, e hanno penalizzato i sistemi di sanità pubblica a favore del privato.
Questo paradigma economico-politico, almeno fino alla crisi del 2008, aveva contribuito a stimolare una crescita sì esponenziale, ma fondamentalmente fragile, che continua inesorabilmente a danneggiare la Natura e, in definitiva, noi stessi. Comunque prosegua o finisca la disputa teorica tra scuole di pensiero nella scienza economica, un risultato è certo: i sistemi economici non possono consumare tutto il capitale naturale. Se la Natura e le sue risorse dovessero esaurirsi, l’uomo, le economie e le società scomparirebbero, non è vero il contrario. L’economia si è cacciata in una “trappola evolutiva”, alla ricerca del profitto di breve periodo e mettendo a rischio la sua stessa sopravvivenza.
Giorgio Lunghini ha scritto che il neoliberismo è riuscito laddove persino le scienze fisiche hanno fallito: presentare le proprie “leggi” come verità inconfutabili, come se il rigore analitico fosse l’unico elemento rilevante e gli effetti pratici non contassero affatto, perché nulla è la loro applicabilità. Nonostante questo, alcuni economisti pretendono di suggerire ai politici ricette per crescere di più, e non per aumentare il nostro benessere, facendo coincidere quest’ultimo con la quantità di beni e servizi a disposizione del consumatore e senza alcun riguardo per la Natura e la Società.
Piuttosto che inseguire solo una crescita quantitativamente più sostenuta, è ormai giunto il tempo di chiedersi “per chi” e contro “cosa”. Ormai la quasi totalità degli scienziati ci ammonisce asserendo che la permanenza su un sentiero di crescita di questo tipo ci porterà al collasso ambientale. L’unica via percorribile, dunque, prevede necessariamente una transizione verso un modello di sviluppo alternativo a quello attuale, un modello di sviluppo sostenibile. La politica deve guidare il cambiamento da un’economia rapace all’economia del bene comune.
Durante la Grande Depressione del 1929 le autorità di politica economica si trovarono sprovviste di un indicatore che li aiutasse a valutare la contingenza economica, l’andamento dell’occupazione e dell’inflazione. Fu per questo che negli Stati Uniti il Governo si rivolse all’economista Simon Kuznets per elaborare uno schema di misurazione dell’economia e, dall’altra parte dell’Atlantico, John M. Keynes e i suoi collaboratori lavorarono alla costruzione di una misura macroeconomica del prodotto interno – il Pil – che è sostanzialmente quella che ancora oggi conosciamo e utilizziamo.
Il successo del Pil come metrica è stato enorme e favorito, soprattutto, dalla sua facile applicabilità a livello internazionale. Tuttavia, si tratta di un indicatore sintetico che non ha alcuna relazione col benessere e con lo sfruttamento delle risorse naturali. Se si produce inquinando, il Pil non ne tiene conto poiché misura esclusivamente le quantità che passano attraverso il mercato e a cui lo stesso attribuisce un prezzo. Il problema del riscaldamento globale, e più in generale dell’inquinamento, ci impongono oggi di integrare questo tipo di informazione e di tenerne conto al fine di impostare un modello di produzione e di sviluppo alternativi, a livello globale.
Esistono ormai da molti anni degli indicatori che cercano di andare oltre il Pil. In Italia, ad esempio, l’Istat e il Cnel hanno prodotto il BES (Benessere Equo e Sostenibile), e anche l’Ocse ha un indice chiamato Better Life: tutti utilizzano un cruscotto di indicatori economici, sociali e ambientali. Questo tipo di informazioni è fondamentale per garantire una bussola non esclusivamente “mercatista” lungo traiettorie di crescita e sviluppo realmente sostenibili per le nostre economie e le nostre società.
Abbiamo bisogno di cambiare le traiettorie dello sviluppo, di indicatori per monitorarlo e di un diverso modo di pensare all’Economia, alla Natura e alla Società.

Note

[1] Per una discussione su neoliberismo anglosassone e ordoliberismo di matrice tedesca, si veda P. Dardot e C. Laval, La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista, DeriveApprodi 2013.

domenica 24 maggio 2020

Laudato si’, enciclica per guardare al futuro dopo pandemia

dalla pagina https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2020-05/pandemia-coronavirus-enciclica-laudato-si-papa-francesco-creato.html

Povertà e siccità, la crisi ecologica è frutto di una crisi etica 
Cinque anni fa, il Papa firmava un documento che rappresenta un nuovo passo della Dottrina sociale della Chiesa e una road map per costruire società più giuste in grado di custodire la vita umana e tutto il Creato

ANDREA TORNIELLI
Ricordare i cinque anni della Laudato si’ non è una celebrazione rituale. La settimana e poi l’anno dedicato all’enciclica rappresentano una sorta di verifica per raccogliere iniziative, idee, esperienze, buone pratiche. Sono un modo per condividere ciò che il documento ha messo in moto nelle comunità, nei territori, in tutto il mondo. E per riflettere sulla sua attualità nel momento presente, mentre il mondo intero combatte contro la pandemia del Covid-19.
Uno dei meriti dell’ampio testo papale, che parte dai fondamenti del rapporto tra le creature e il Creatore, è l’averci fatto comprendere che tutto è connesso: non esiste una questione ambientale separata da quella sociale e i cambiamenti climatici, le migrazioni, le guerre, la povertà e il sottosviluppo sono manifestazioni di un’unica crisi che prima di essere ecologica è, alla sua radice, una crisi etica, culturale e spirituale. Si tratta di uno sguardo profondamente realistico. Laudato si’ non nasce da nostalgie per far tornare indietro l’orologio della storia e riportarci a forme di vita pre-industriali, ma individua e descrive i processi di auto-distruzione innescati dalla ricerca del profitto immediato, e del mercato divinizzato. La radice del problema ecologico, scrive Papa Francesco, sta proprio nel fatto che “vi è un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e contraddice la realtà fino al punto di rovinarla”.
Ripartire dalla realtà significa fare i conti con l’oggettività della condizione umana, a partire dal riconoscimento della limitatezza del mondo e delle sue risorse. Significa star lontani dalla cieca fiducia rappresentata dal “paradigma tecnocratico” che, afferma il Papa seguendo le orme di Romano Guardini, “ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà, tanto che non sente più la natura né come norma valida, né come vivente rifugio”. L’intervento dell’uomo sulla natura, leggiamo ancora nell’enciclica, “si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi”. Per questo “è giunto il momento di prestare nuovamente attenzione alla realtà con i limiti che essa impone, i quali a loro volta costituiscono la possibilità di uno sviluppo umano e sociale più sano e fecondo”.
La crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia ha reso tutto ciò ancora più evidente: “Siamo andati avanti a tutta velocità - ha detto il Papa lo scorso 27 marzo durante la Statio Orbis - sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta… non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Sempre nel corso di quell’intenso momento di preghiera per invocare la fine di una pandemia che ci ha fatto risvegliare tutti fragili e indifesi, Francesco ha ricordato che siamo chiamati “a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta… il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”. Laudato si’ ci guida nel ripensare società dove la vita umana, specie quella dei più deboli, sia difesa; dove tutti abbiano accesso alle cure, dove le persone non siano mai scartate e la natura non sia indiscriminatamente depredata ma coltivata e custodita per chi verrà dopo di noi.



Trovare speranza nella Laudato Si’

dalla pagina https://laudatosiweek.org/it/2020/05/22/finding-hope-in-laudato-si-it/


Gli oltre 300 membri dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII vivono in più di 40 paesi in tutto il mondo. Durante la Settimana Laudato Si’, però, sono tutti riuniti per celebrare il quinto anniversario dell’enciclica di Papa Francesco sul cambiamento climatico e l’ecologia.

L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha in programma attività per ogni giornata dell’evento mondiale. Matteo Santini, il co-direttore dell’ufficio generale per le attività educative, ha affermato che la Laudato si’ svolge un ruolo importante in tutto ciò che l’organizzazione fa per aiutare le persone più vulnerabili.
“L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha avuto a cuore, sin dalle sue origini più di cinquanta anni fa, seguire Gesù nei poveri e nelle sofferenze e  la condivisione della vita con loro in un cammino in unione verso il Signore. Oggi più che mai questa dimensione non coinvolge più solo le relazioni umane, ma può anche significare tutte quelle relazioni che si instaurano tra esseri umani ed entità della natura “, ha affermato Santini.
L’organizzazione vuole combattere le cause profonde della povertà, incluso il cambiamento climatico. Incoraggia tutti i cristiani ad essere consapevoli dell’impatto che si può avere sull’emergenza del cambiamento climatico.
L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII è partner della Settimana  Laudato Si’. Ulteriori informazioni sono disponibili su  https://www.apg23.org.

sabato 23 maggio 2020

400 scienziati scrivono a Conte e Mattarella per un paese sostenibile dopo Covid-19

dalla pagina https://ilmanifesto.it/400-scienziati-scrivono-a-conte-e-mattarella-per-un-paese-sostenibile-dopo-covid-19/

L'appello. Dobbiamo mirare sempre più a una gestione responsabile e sostenibile del capitale naturale, patrimonio di tutti, cui è strettamente associato quello culturale, unico al mondo. Da centinaia di scienziati 10 idee concrete al governo per la ripartenza in 10 settori chiave per la ripartenza


Lettera aperta al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio

Dieci proposte per un Paese Sostenibile dopo Covid-19

Egregio Presidente,
Voglio innanzitutto ringraziarLa per il lavoro che sta facendo e per il coraggio che ha mostrato in una situazione emergenziale.
Il post pandemia che cominciamo ad intravedere richiede già da oggi uno sforzo congiunto, cooperativo, aggregativo e sinergico per ridefinire l’economia in chiave circolare e per disegnare un nuovo modello di sviluppo rigenerativo che veda partecipi tutte le forze produttive e il capitale umano del Paese.
La grande sfida futura è sviluppare quanto è più bello ed essenziale a una vita veramente sana, proteggendo il pianeta, i suoi ecosistemi, la sua biodiversità, che, nell’insieme, rappresentano il bene comune di tutta l’umanità.
Per uscire dalla crisi serviranno importanti investimenti pubblici, atti a sostenere le aziende pronte ad abbandonare i precedenti e superati modelli produttivi. Del resto, chi non sarà pronto alla sfida che la pandemia ha reso ancora più urgente, sarà presto messo in seria crisi dalla svolta epocale prevista dal New Green Deal in Europa.
È prioritario, quindi, per far ripartire l’economia in Italia, mettere in primo piano la transizione ecologica, ovvero nuove modalità di vivere, alimentarsi, consumare e produrre, che rappresenteranno il cuore di questa auspicata rinascita umana, culturale, sociale, economica ed ecologica.
Le nazioni che per prime assumeranno questo obiettivo nel riorganizzare la propria produzione renderanno la loro economia più competitiva e solida già nell’immediato futuro.
Per maturare questa saggezza e raggiungere questi obiettivi lungimiranti si devono innovare scelte e modalità di consumo, prodotti, luoghi e metodi di produzione, anche in relazione allo sfruttamento del capitale naturale della Terra.
Tutto ciò richiede una strategia rispettosa della natura e delle persone. Serve, a questo fine, una regia più forte dello Stato, che riesca a valorizzare le potenzialità degli Enti di Ricerca e delle Università che possono contribuire in modo forte e coordinato ad un’innovazione partecipata.
Serve un Piano Nazionale per il trasferimento delle conoscenze scientifiche alle imprese, dalle grandi alle piccolissime imprese. In particolare, queste ultime, così diffuse in Italia, rimangono, spesso, ai margini dei processi di trasferimento di conoscenze scientifiche che, fino a ora, anche quando avviene, è raramente coerente con i principi di compatibilità ambientale e di sviluppo sostenibile.
Ora siamo nelle condizioni per avviare nuovi processi di riconversione dell’economia, sia a terra sia in mare (green & blue economy).
Dobbiamo mirare sempre più a una gestione responsabile e sostenibile del capitale naturale, patrimonio di tutti, cui è strettamente associato quello culturale, unico al mondo.

Di seguito 10 idee concrete in 10 settori chiave per la ripartenza:

AGRIFOOD E PRODOTTI BIO: promuovere “Italian food” ecosostenibile, biologico, diversificato, recuperando le aree ‘marginali’ (p.es., transizione da allevamenti e colture industriali a una nuova zootecnia di qualità, anche per prevenire future epidemie/pandemie; incentivazione agro-bio-food in aree agricole interne abbandonate o in via di abbandono).
CITTA’ VERDI: sottrarre le periferie e le aree industriali periurbane alla cementificazione selvaggia che sta divorando 2 metri quadri di territorio italiano al secondo; costruire solo sul costruito, ripristinare edifici abbandonati; valorizzare i centri storici, promuovere l’Urban Nature (p.es., un piano per il verde urbano per tutti i comuni, unitamente alla realizzazione di foreste urbane nelle grandi città e un piano per la revisione di leggi urbanistiche e incentivi alla ristrutturazione delle periferie urbane).
ENERGIE RINNOVABILI: attivazione immediata del Piano Nazionale Integrato per l’Energia con la priorità relativa alle energie rinnovabili (p.es., un piano per superare il 50% del fabbisogno energetico con rinnovabili entro il 2030).
CAMBIAMENTI CLIMATICI: un piano straordinario per la riduzione delle emissioni climalteranti, per la mitigazione degli impatti e l’adattamento ai cambiamenti climatici (p.es., un piano d’investimenti per l’attuazione di misure di adattamento ai e mitigazione dei cambiamenti climatici).
TURISMO SOSTENIBILE: rilancio dell’offerta turistica sostenibile blu e verde del nostro paese, con offerte ecologiche e innovative che promuovano l’immagine dell’Italia come paese di cultura e bellezza (p.es., un piano per l’estensione temporale del turismo, distribuendolo su 12 mesi all’anno, anche con piani per il godimento delle ferie nel pubblico impiego e accordi con il mondo della scuola).
LOTTA ALL’INQUINAMENTO E PREVENZIONE DEI RISCHI PER LA SALUTE: un piano straordinario nazionale per la bonifica dei siti contaminati e la drastica riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli, la riconversione delle aree industriali dismesse (p.es., siti di interesse nazionale, conversione di impianti in città industriali come Genova, Napoli, Taranto tra le altre).
BIODIVERSITA’ E RESTAURO AMBIENTALE: rilancio del Piano Nazionale per la Biodiversità, con estensione delle aree protette terrestri e marine e la creazione di efficaci reti ecologiche, riducendo drasticamente la frammentazione del territorio e il consumo di suolo e tutelando la ricchezza della biodiversità del nostro paese (p.es., Piano nazionale per il restauro e ripristino degli ecosistemi terrestri e marini degradati nell’ambito del decennio UN 2021-2030 sul Restauro degli Ecosistemi – Ecosystem restoration).
RISORSE BLU: incentivare la Blue Growth e la Blue Economy, ovvero l’economia del mare e la pesca eco-sostenibile, con la creazione di una carta vocazionale dei mari italiani in grado di promuovere l’economia sostenibile del mare alla luce del decennio UN 2021-2030 “Ocean science for a sustainable development” (p.es., transizione ecologica della pesca, valorizzazione del Cluster Nazionale – Blue Italian Growth, proibizione del deep-sea mining nel Mediterraneo).
RICERCA e FORMAZIONE: rilancio della ricerca pubblica e privata sostenuta dal contributo di Enti Pubblici di Ricerca ed Università per aumentare cultura e competitività del Paese. Insegnamento dei principi dell’ecologia e degli obiettivi di sviluppo sostenibile nella scuola dell’obbligo (p.es., Piano straordinario per promuovere le brevettazioni e il trasferimento tecnologico con collaborazione tra Enti Pubblici di Ricerca-Università e Imprese per soluzioni innovative volte alla riduzione dell’inquinamento; piano per la formazione degli insegnanti sui temi della ecologia e sostenibilità ambientale; modifica dei piani di studio).
INNOVAZIONE GREEN PER LA SOSTENIBILITÀ E IL BENESSERE: promuovere lo sviluppo di Green e Blue technologies in grado di valorizzare le industrie e il mondo produttivo in chiave sostenibile e per lo sviluppo di politiche ambientali. Creazione di strutture, infrastrutture e network tra parti sociali, imprenditoriali, gruppi industriali, ricerca e territorio per lo sviluppo di strategie e pratiche per la promozione dello sviluppo sostenibile e del benessere sociale e della salute attraverso l’approccio ‘One Health’ (p.es., incentivazione dell’industria 4.0 su attività industriali eco-compatibili e sull’economia circolare, commuting a impatto zero, alimentazione mediterranea, piano per lo sport cittadino).
Nella speranza che le proposte costruttive, aperte e volte al futuro, possa trovare considerazione o accoglienza, è gradita l’occasione di porgere i più cordiali e rispettosi saluti ed auguri di buon lavoro.
Roberto DanovaroPresidente Stazione Zoologica Anton Dohrn

ELENCO DEI PRIMI FIRMATARI

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venerdì 22 maggio 2020

Settimana Laudato Si': l'etica in economia, a colloquio con Kate Raworth

dalla pagina https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2020-05/settimana-laudato-si-vaticano-chiesa-ambiente-ecologia-economia.html

Non è un di più, è la dimensione umana di una attività che conta moltissimo ma che non può essere l'unica a decidere le sorti dell'umanità. Di etica in economia, abbiamo parlato con l'economista Luigino Bruni che oggi aprirà l'incontro online con la ricercatrice inglese Kate Raworth, nell'ambito della Settimana Laudato Si' e in preparazione all'evento Economy of Francesco

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Tanti gli appuntamenti via web organizzati nel corso della Settimana Laudato Si', promossa dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, per approfondire i diversi aspetti affrontati dall'Enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune, a cinque anni dalla pubblicazione. La visione offerta dal testo prende in considerazione i problemi dell'ambiente come i cambiamenti climatici o la riduzione della biodiversità, insieme alle loro cause e alle conseguenze sintetizzabili in quella "cultura dello scarto" tante volte stigmatizzata da Papa Francesco, di cui prime vittime sono i poveri. Lo sguardo sulla realtà è a 360 gradi perchè "tutto è connesso" come sono connessi fra loro i popoli della Terra e la vita umana è connessa con la natura.

Il dominio della finanza e l'etica in economia

Ecologia integrale significa allora ricerca della giustizia, economia e attività politica rivolte al bene di tutti. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale ed un’altra sociale – scrive nella Laudato si' il Papa – bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Riguardo al sistema economico dominante, Papa Francesco denuncia nel testo il “dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi”. E invoca “una nuova economia più attenta ai principi etici”, interessata al “miglioramento della qualità reale della vita delle persone”.

Kate Raworth tra gli ospiti della Settimana Laudato Si'

Si parlerà dunque anche di economia durante questa Settimana e in particolare nell'appuntamento online del pomeriggio di oggi alle 16.30 con l'economista inglese Kate Raworth, che lavora per l'Università di Oxford e l'Università di Cambridge e il cui nome compare tra quello degli economisti attualmente più influenti a livello internazionale. Tema dell'intervento della Raworth sarà: "Designing a regenerative and distributive economy" e l'incontro rientra anche nel percorso di preparazione all'Economy of Francesco, l'evento voluto dal Papa che si terrà a novembre ad Assisi e a cui sono già iscritti 3000 giovani imprenditori.

Bruni: l'emergenza coronavirus e la riscoperta del lavoro

Ma quanto pesa l'economia in tema di salvaguardia del Creato, in quale proporzione conta quando si parla di ecologia integrale? Ai microfoni di Vatican News è l'economista Luigino Bruni, docente alla Lumsa di Roma e all'Istituto universitario Sophia di Loppiano, a rispondere. Sarà lo stesso Bruni, a cui è affidata la direzione scientifica di Economy of Francesco, ad aprire l'incontro con Kate Raworth che sarà visibile sul canale YouTube “The Economy of Francesco”.

R. - Forse il 50 per cento, se consideriamo l'economia individuale, l'economia delle imprese e l'economia degli Stati e gli effetti che tutto ciò produce sull'inquinamento del Pianeta, l'economia pesa almeno per metà. Poi c'è tutto il resto e cioè la politica, gli stili di vita individuali, la scuola ecc...  Io sono tra quelli che non vogliono che l'economia pesi troppo, però se guardiamo anche da cosa dipendono i fallimenti di questi decenni, il riscaldamento globale, ad esempio, ci accorgiamo che insomma l'economia capitalistica ha davvero un grosso peso. Quindi se vogliamo cambiare dobbiamo cambiare l'economia. Non si può nemmeno immaginare oggi un Pianeta capace di sostenerci in un modo possibile come esseri umani, senza cambiare l'economia, quindi non deve pesare troppo ma oggettivamente conta molto.
 
A parlare all'appuntamento di oggi ci sarà l'inglese Kate Raworth che presenterà la sua idea di un'economia 'rigenerativa' e 'distributiva'. Ci può anticipare qualcosa?
R. - Innanzitutto questo è un evento che si colloca all'interno del progetto Economy of Francesco, lei sarà una delle invitate a quell'evento. La parola rigenerativa è una parola molto bella perché rimanda al generare, alla vita. Mi fa venire in mente una frase di Edgar Morin: "Tutto ciò che non si rigenera degenera". E questo vale per la vita delle persone e delle comunità, vale chiaramente per le imprese, per l'economia, per il Pianeta. Kate Raworth in questi anni ha lavorato per il modello cosidetto della 'ciambella', cioè lei ha immaginato questo schema costruito come una ciambella con al centro un vuoto, e lei dice che le cose più importanti avvengono nel confine tra i vari ambiti, cioè il centro e la periferia, il rapporto tra l'economia e l'ambiente, gli scambi che avvengono sulle frontiere e quindi lei ha un'idea di economia che riprende il suo posto, che non deve essere il primo posto della vita. Prima c'è la dimensione della politica, del bene comune e quindi della sostenibilità e l'economia, se sa stare al suo posto, diventa anche qualcosa di bello, di molto importante, ma non deve occupare tutto lo spazio nè essere la protagonista assoluta delle scelte, deve umilmente fare un passo indietro e lasciare più spazio al civile, alle relazioni non commerciali, al bene comune, al bene del Pianeta.

L'economia dovrebbe essere, quindi, al servizio del collettività, della persona, della vita...
R. - Be' certo, l'economia è un ambito della vita e quindi in quanto tale ha uno valore intrinseco e un valore strumentale. Cioè non è nè più nè meno della famiglia dal punto di vista della dignità, della politica, del diritto. Il problema però è che negli ultimi 30-40 anni, l'economia da luogo di produzione di beni e di servizi, dalla fabbrica e dalle cose che tutti capivamo, ha preso una strada sempre più astratta e sempre più importante attraverso la finanza e quindi l'economia non è solo oggi un ambito della vita, ma è diventata un modo di parlare, una grammatica delle relazioni, ci parla di debiti, crediti, di prezzo ovunque, dalla scuola alla sanità, cioè è diventata il grande linguaggio della vita in comune, e così diventando tutto è diventata cattiva. Quindi una delle proposte di Kate è quella di dare uno spazio giusto alla vita economica e tutti sappiamo e abbiamo visto in questa crisi del Covid-19 che cos'è l'economia. Quando manca ci accorgiamo che cosa vuol dire perdere un lavoro, non avere i soldi per pagare gli stipendi, non avere i soldi per fare la spesa, quindi l'economia è importante ma è diventata troppo ingombrante in questi 30 anni, almeno dal crollo del Muro di Berlino, da quando il capitalismo non ha avuto più rivali ed è diventata la nuova religione del nostro tempo. Kate è una di quelli che dicono - anche perché donna, ha una sensibilità diversa da questo punto di vista riguardo alla sostenibilità in senso ampio - , dicono: l'economia è importante ma ci sono delle dimensioni che sono più importanti, una di queste è la salvaguardia del Pianeta, che è la precondizione di qualsiasi economia, perchè se noi lo distruggiamo o lo rendiamo inospitale per gli uomini, chiaramente nessuna economia può funzionare. Quindi lei è una studiosa che richiama alla sobrietà, che richiama l'economia a stare al suo buon posto ed è un buon posto se non è l'unico.

L'espressione "economia distributiva" nel titolo dell'intervento della Raworth ci fa pensare alla giustizia...
R. - Sì, questa è un po' la sua tesi specifica, il tema della ciambella, quello di bilanciare bene le fette, le quote che vanno ai vari settori dell'economia. È ovvio che c'è troppa ricchezza, troppo valore aggiunto che va alla finanza e quindi alle rendite, mentre va poco, in fondo, al profitto inteso come fetta che va all'impresa, e ancora meno va ai salari, cioè alle famiglie, ai lavoratori. Quindi la Raworth individua nella rendita la malattia del nostro tempo. e questo è interessante perché ci riporta a un antico tema dell'economia che, quando nasce agli inizi dell'800 come scienza un po' più formale, aveva sempre detto in alcuni autori che il vero conflitto, la vera malattia dell'economia è la crescita delle rendite non dei profitti, perchè il profitto è qualcosa che in genere viene generato dal lavoro di oggi, mentre la rendita viene generata dal lavoro di ieri che io difendo con tutti i mezzi. Dicevano questi economisti: la malattia del capitalismo è che avrà sempre più spazio la rendita e sempre meno l'imprenditore e il lavoratore. Ce lo siamo dimenticati questo, ma la finanza ci sta dicendo che oggi il vero conflitto è tra le rendite e tutto il resto. C'è una finanza che si mangia tutto, che vive di fatto speculando su posizioni di potere e non lascia spazio all'innovazione dell'imprenditore nè a una buona remunerazione dei lavoratori. Una delle cose che è emersa con forza in questa pandemia è quanto poco paghiamo alcuni lavori. Dopo che abbiamo visto che cosa accadeva negli ospedali, il ruolo che hanno gli infermieri, le infermiere, ma anche i commessi e le commesse dei supermercati, abbiamo detto: ma è possibile che questi prendano 1200 euro al mese, mentre ci sono manager che ne prendono un milione? Questo tema della rendita che si mangia tutto è un grandissimo tema che sta a cuore anche alla Kate, è il tema della ridistribuzione, il tema di dove va il valore aggiunto, cioè chi decide le fette. E' il mercato sì, ma il mercato è anche una questione di potere, non è semplicemente un meccanismo automatico, magico, e quindi in fondo lei riporta il dibattito sul tema del potere e dei rapporti di forza.

Abbiamo citato più volte questa emergenza del coronavirus. La lezione che abbiamo vissuto nelle settimane di lockdown porterà ad un cambiamento nell'economia? C'è qualche spiraglio in questo senso?
R. - Io lo vedo; certo 2 mesi sono pochi per un cambio radicale di vita, ma qualcosa di importante potremmo averlo imparato. Ad esempio abbiamo capito che cos'è il lavoro, abbiamo visto che noi saremmo morti di fame senza i lavoratori manuali, senza i camionisti, senza le commesse nei supermercati, senza i corrieri o quelli che ci portano via l'immondizia da casa, è la rivalutazione dell'intelligenza delle mani, che abbiamo sempre snobbato considerando il lavoro manuale meno nobile rispetto a quello intellettuale. Durante questa crisi abbiamo visto che cos'è il lavoro e abbiamo compreso che, in fondo, il lavoro è un grande network di amore scambievole, che noi ci vogliamo bene in molti modi nella vita civile ma soprattutto lavorando in un modo laico, sobrio, non romantico. Insomma che c'è molto amore civile nell'economia. Paradossalmente in questa crisi così grande abbiamo rivisto l'economia, è come se si fosse squarciato il velo degli incentivi, dei soldi, degli interessi che vediamo sempre quando pensiamo all'economia e abbiamo visto che l'economia non è altro che lavorare gli uni per gli altri, in modo anonimo, senza conoscerci però in un modo molto concreto ed essenziale. Quindi è stato anche un canto all'economia civile questa crisi perchè ci ha fatto vedere che il lavoro è servizio reciproco, è bene comune e che senza economia e senza lavoro si muore.

La Settimana Laudato Si' vuol essere un richiamo all'agire da parte di tutti. Allora calando le teorie economiche nella pratica quotidiana che cosa può fare ciascuno di noi per un'economia nuova?
R. - Per prima cosa ognuno di noi può metterci la testa quando fa la spesa. Noi abbiamo un grande potere che è l'acquisto quotidiano dei prodotti, e questo include anche il nostro conto corrente bancario, vedere dove vanno a finire i nostri soldi nelle banche, gli investimenti cioè su quali fondi mettiamo i nostri soldi, se li mettiamo in fondi che finanziano le armi, l'azzardo, se finanziano le fonti fossili su cui la Chiesa cattolica sta conducendo una grande campagna di disinvestimento. Abbiamo questo Movimento Cattolico Mondiale per il Clima che è uno dei promotori della Settimana che dice: bene, vogliamo cambiare il mondo, allora disinvestiamo i nostri soldi dalle fonti fossili e investiamo nell'energia rinnovabile. E questo è un tema che non è astratto, vuol dire che tipo di macchina acquisto, se acquisto un diesel o un'ibrida, significa che tipo di impianti metto dentro casa, se utilizzo il fotovoltaico o ancora il gasolio, sono tutte scelte molto concrete. È poi, quando vado a fare la spesa, guardare non solo gli zuccheri e le calorie dei prodotti ma anche gli zuccheri e le calorie morali dei prodotti, chi li produce, se i lavoratori sono sfruttati, ad esempio i raccoglitori di pomodori, da dove vengono cioè la filiera ecc... cioè metterci la testa, perchè c'è la responsabilità civile anche dei consumatori, non solo dell'imprenditore. Quindi essere più attenti alle dimensioni etiche perchè l'etica non è un di più, un lusso, l'etica è tutto, l'etica è chi mangia e chi non mangia, chi è sfruttato e chi è rispettato, chi è pagato e chi no. L'etica è schiavitù o libertà. Non è che c'è l'economia e poi c'è l'etica per gli specialisti. L'etica non è una buona azione, è il tutto, perchè l'etica vuol dire la dimensione umana delle cose, compresa quella cosa che si chiama economia.