sabato 30 gennaio 2016

primolunedìdelmese

primolunedìdelmese
Anno XVIII - incontro n. 139
1 Febbraio 2016 - ore 20:30
presso la Cooperativa Insieme, via Dalla Scola 253, Vicenza 
- Parcheggio adiacente. Si raccomanda puntualità ! -

Politica, corpi intermedi, territorio
La crisi della forma partito e della rappresentanza.
L'ascesa di populismi di ogni risma, in Italia ed Europa.
La "supplenza" esercitata dai movimenti sociali, ma anche la loro "insufficienza" per cambiare lo "stato di cose presenti".
Rete, media e partecipazione. L'urgenza di formare una nuova leadership, oltre la disaffezione.

Ne parliamo con
Marco Almagisti
Docente di Scienza Politica all’Università di Padova. Coordina lo standing group “Politica e storia” della Società Italiana di Scienza Politica (SISP); membro della Società per lo Studio della Diffusione della Democrazia (SSDD) e della Società Italiana di Studi Elettorali (SISE). 
Ha da poco pubblicato il volume Una democrazia possibile. Politica e territorio nell'Italia contemporanea, Carocci, Roma, 2016.

“Dio non si stanca"

dalla pagina Iniziative per il Giubileo della Misericordia

venerdì 12 febbraio 2016 - ore 20.45 - 22.30

la teologa Stella Morra presenterà il suo ultimo libro:
“Dio non si stanca. La misericordia come forma ecclesiale”

la presentazione sarà accompagnata da un dialogo tra l’autrice e don Dario Vivian.

Areopago del Centro Culturale San Paolo
viale Ferrarin 30, Vicenza

pdf

mercoledì 27 gennaio 2016

Giornata della Memoria ...

... Giornata delle Memorie 
per alimentare Una Memoria che sia memoria collettiva e attiva:
dello sterminio pianificato di persone di religione e cultura ebraica, persone dei popoli Rom e Sinti, persone disabili, persone omosessuali... 

per smascherare - denunciando e combattendo in modo nonviolento - il "pensiero unico", ogni regime totalitario, la "cultura dello scarto", ieri e oggi 

martedì 26 gennaio 2016

Concessi visti USA a membri di al Qaeda: "Ero là, io ho rilasciato quei visti..."

dalla pagina http://geopolitics.co/2016/01/26/visas-for-al-qaeda-cia-handouts-that-rocked-the-world-insiders-view/

J. Michael Springmann ex capo della sezione "visti" del Consolato USA a Jeddah in Arabia Saudita, dal 1987 al 1989, la settimana scorsa ha presentanto a Washington D.C. il suo libro Visas for Al Qaeda: CIA Handouts That Rocked the World — An Insider’s View (Visti per Al Qaeda: informazioni CIA che scuotono il mondo - Il punto di vista di un addetto ai lavori).
"Siamo in ritardo nell'esporre omicidi, crimini di guerra e violazioni ai diritti dell'uomo da parte degli USA e dei suoi servizi di 'intelligence'" afferma Springmann. Continua dicendo che in nome della sicurezza nazionale gli USA, attraverso la CIA (Agenzia Centrale per l'Intelligence) e la NSA (Agenzia per la Sicurezza Nazionale) ha a che fare e/o ha organizzato colpi di stato e tentativi di destabilizzazione nel mondo, in particolare nel Vicino Oriente. 
Negli anni 1980, la CIA arruolava e addestrava combattenti Muslim per combattere l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Successivamente, la CIA ha spostato quei combattenti jihadisti dall'Afghanistan ai Balcani e poi in Iraq, Libia e Siria, utilizzando visti USA illegali.
Questi combattenti sostenuti e addestrati dagli USA sono diventati i terroristi di al-Qaeda... 

giovedì 21 gennaio 2016

Uranio impoverito...

dalla pagina http://espresso.repubblica.it/inchieste/2015/12/31/news/uranio-impoverito-la-strage-silenziosa-continua-1.244981

La strage silenziosa continua
Le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero, ma anche fra i loro figli. La lista dei bambini venuti al mondo con malformazioni e quella degli aborti terapeutici o spontanei continua a salire. E il lavoro della commissione d'inchiestra della Camera è tutto in salita

dalla pagina http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/10/uranio-impoverito-addio-a-luciano-vittima-dellindifferenza/2361994/

Addio a Luciano, vittima dell’indifferenza
Un sms. Poche parole disperate: “Caro Enrico, sono Maria Grazia Cipriani, questa mattina Luciano è morto, la strage silenziosa di Stato va avanti inesorabilmente”. Luciano Cipriani, avevamo raccontato la sua storia il 31 dicembre, era un maresciallo dell’Aeronautica militare e aveva 47 anni. Nel suo curriculum diverse missioni all’estero, Kosovo, Afghanistan
Le guerre inutili, quelle che si combattono con bombe e proiettili all’uranio impoverito. Luciano aveva respirato a pieni polmoni l’aria di quei luoghi e calpestato le terre avvelenate dalle nanoparticelle. Senza protezioni. Caschi, maschere, tute, guanti, tutto l’armamentario che in quei teatri di battaglia usano americani e inglesi, ma che i nostri comandi, alti e altissimi, ritengono inutili orpelli.E quel veleno gli era entrato in corpo, lentamente, ma in modo inesorabile. Aveva attaccato il suo fisico possente, lo aveva piegato alle sue ragioni, quelle di un tumore che ha un nome terribile e impronunciabile: glioblastoma multiforme di IV grado. Gli aveva reso la vita impossibile. Chiuso in un letto in attesa della morte. La fine del corpo come liberazione dalle sofferenze. Luciano ha combattuto per un anno. Sballottato come un pacco postale da un ospedale all’altro. Sempre le stesse diagnosi. Senza speranza. La sua famiglia non si è arresa. È andata in Germania, ha sperimentato nuove cure, si è aggrappata ai timidi passi della scienza. Fratelli, un anziano padre e sorelle. Da soli. Senza l’aiuto di nessuno. Asl, ministeri, burocrazie, non sono mai stati dallo loro parte.
Povero Luciano, vittima dell’indifferenza. Di un Paese sempre uguale a se stesso. L’Italia di Tripoli bel suol d’amore, l’Italietta di “spezzeremo le reni alla Grecia”… Eroi con la vita degli altri quando si tratta di sedersi al tavolo dei Grandi per giocare alla guerra. Andiamo nei Balcani… armatevi (male) e partite. E poi in Afghanistan, in Iraq, prossimamente in Siria e forse nell’inferno libico. A esportare democrazia. Quante balle. Buone per soddisfare i pruriti guerreschi delle alte gerarchie militari e per ridicole foto sui campi di battaglia di primi ministri in mimetica da Rambo di paese.
Per il resto, missioni inutili: i Balcani sono un incubatore del terrorismo jihadista nel cuore dell’Europa, Afghanistan, Iraq e Libia ingovernabili. E i nostri militari muoiono avvelenati dall’uranio impoverito. 322 morti, prima di Luciano, 3 mila ammalati di tumore. Per tutti una lunga, estenuante battaglia legale (10 anni la media di una causa) per vedersi riconosciuti diritti elementari.
Muore Luciano, come tanti altri suoi commilitoni. Nella colpevole distrazione di un Paese che ama discettare sull’ultimo film del comico del momento, sulle prodezze di questo o quell’allenatore, sul patetico botox di un’attrice. Un’Italia assuefatta e poco seria che non vuole saperne di pace e guerra. I militari muoiono. È affar loro e delle loro famiglie. Figli, madri, sorelle saranno soli nella battaglia per il diritto alla verità.

Il Fatto Quotidiano, 9 gennaio 2016


dalla pagina http://www.theguardian.com/environment/earth-insight/2013/oct/13/world-health-organisation-iraq-war-depleted-uranium
How the World Health Organisation covered up Iraq's nuclear nightmare
Come l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha coperto l'incubo nucleare dell'Iraq

Iraqi Doctors Call Depleted Uranium Use “Genocide”
Medici iracheni definiscono l'uso di uranoi impoverito come "genocidio"


Vari articoli e reportage sull'Uranio impoverito...

lunedì 18 gennaio 2016

Settimana per l’unità dei cristiani

Due appuntamenti:

Il primo avrà luogo martedì 19 gennaio, alle 20.30 presso la chiesa evangelica metodista di Vicenza (contrà san Faustino 10, Vicenza). Una serata di incontro e dialogo con il teologo Brunetto Salvarani, esperto di ecumenismo, a partire dal titolo “Tra sinodi e giubilei: quali prospettive per l’ecumenismo in Italia?” - pdf -



Il secondo appuntamento è per mercoledì 20 gennaio, per "Celebrare la Misericordia” insieme. In questa occasione, fratel Michael Davide Semeraro proporrà una riflessione e guiderà un momento di preghiera. L’incontro avrà luogo presso il Centro Culturale San Paolo (viale Ferrarin 30, Vicenza) con inizio alle 20.45 - pdf -
 
Associazione Presenza Donna
Centro Documentazione e Studi

LCA: 19 gennaio 2016

dalla pagina https://lcavicenza.wordpress.com/2016/01/10/lca-19-gennaio-2016/

Lo “sguardo” sarà il filo conduttore dell’incontro LCA di martedì 19 gennaio prossimo, per il quale ti arriva il nostro caloroso invito!
In particolare dedicheremo lo spazio de “l’attualità c’interpella” a dare uno sguardo all’Islam contemporaneo per condividere delle chiavi di lettura della complicata situazione odierna. Sarà con noi Dario Dalla Costa.

LCA - Laboratorio Cittadinanza Attiva

Il calendario degli appuntamenti LCA per l'a.a. 2016 è
on-line
 
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giovedì 14 gennaio 2016

Vicenza 16-17 gennaio: Non torneranno i prati finché ci saranno guerre

Testo del comunicato del circolo Il Bocciodromo di Vicenza
Performance artistico-civile
Vicenza, 16-17 gennaio 2016
  • Sabato 16 gennaio - ore 16.30, al cono di volo all'altezza di via Aeroporti 23, a Caldogno, Vicenza
  • Domenica 17 gennaio - ore 9.30, partenza in bici dal campo del Presidio No Dal Molin
Il 16 gennaio 2016 ricorre l'anniversario dell'editto bulgaro con cui il Governo Prodi nel 2007 diede il via libera alla costruzione della nuova base militare Dal Molin. Si entra così nel decimo anno di questa grave imposizione.
Nel frattempo, gli scenari internazionali e le modalità della guerra sono radicalmente cambiati. La nuova base ha perso anche il suo senso strategico-militare, lasciando una ferita enorme sulla città. Noi tutti, donne e uomini contrari alla guerra, vogliamo costruire un percorso che possa fermare tutto questo e ridare dignità alla nostra città e all'essere cittadini.

Abbiamo pensato di dare un segnale d'inizio di questo decimo anno, con una performance artistico-civile dal titolo "NON TORNERANNO I PRATI finché ci saranno le guerre", raccogliendo il testimone di The Burrning Cemetery, l'opera-azione avvenuta a Bocchetta Paù il 7 agosto 2013.
La performance è narrata anche nel libro “Cent'anni a Nordest" di Wu Ming 1, come archetipo di azione contro la retorica della Grande Guerra e chiave di lettura del secolo sulle nostre regioni, con le relative memorie bruciate, sepolte, infangate.

Sabato 16 gennaio realizzeremo, a partire dalle ore 16.30, una performance collettiva, producendo le ultime prove delle ceneri di quelle memorie. L'appuntamento è al cono di volo all'altezza di via Aeroporti 23, a Caldogno, Vicenza.
Domenica 17 gennaio - 25° anno dell'inizio della Guerra del Golfo - spargeremo poi quelle ceneri davanti alle entrate degli insediamenti militari.
Partenza con le biciclette alle ore 9.30 dal campo del Presidio No Dal Molin. Faremo tappa davanti alle basi militari Dal Molin, Camp Ederle, Site Pluto.


Per saperne di più:
The Burning Cemetery >> https://casacibernetica.wordpress.com/…/bocchetta-pau-burn…/ 

INFO >> www.casadicultura.it 
Evento FB >> https://www.facebook.com/events/1675239166022211/ 
L'articolo di Wu Ming >> http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=23142 

#nontornerannoiprati 

Domenica 17
la Presenza a Longare sarà dalle 10 alle 12 circa

venerdì 8 gennaio 2016

Il 16 gennaio le piazze gridino NO alle guerre

dalla pagina http://www.peacelink.it/editoriale/a/42535.html

Si stanno organizzando manifestazioni in diverse città italiane, Vicenza compresa

Il 16 gennaio di venticinque anni fa, è iniziata ciò che è poi diventata una guerra senza fine, come nel medioevo. Sostenuti dai paesi della NATO, gli USA hanno bombardato ogni angolo del mondo con la pretesa di eliminare il terrorismo (mentre in realtà l'hanno fatto crescere) e di portare la democrazia (mai realizzata in nessun paese conquistato)

Non sarebbe ora di dire basta?

Alcune immagini dal Cammino di Pace 2016




Esodo 14: carri, cavalieri, esercito...

il brano di Esodo letto nella Cattedrale di Vicenza il primo gennaio in occasione del Cammino di Pace 2016

Quando fu riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto, lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi-Achiròt, davanti a Baal-Sefòn. Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli».
Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri». Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!».
Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; 31Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo.

il dialogo padre - figlio letto in Cattedrale a commento del brano di Esodo 14

B/ «Papà com’è bello questo racconto? Ma io non ho mai visto il mare dividersi in due!»
A/ «E hai mai visto gli uomini divisi? Siamo tutti figli di Dio. E invece ci dividiamo tra noi. Alcuni fanno i padroni e altri sono schiacciati come schiavi … Dio aveva visto come si erano divisi gli uomini e questo aveva diviso perfino il suo cuore».
B/ «Allora il miracolo delle acque che si dividono è meno incredibile di quello che fanno gli uomini dividendosi?»
A/ «Sì … dividere il mare è un miracolo. Ma quando gli uomini si dividono è un miracolo al contrario, e solo gli uomini lo sanno fare».
B/ «Ma in fondo gli egiziani non erano anche loro creature di Dio?»
A/ «Certo che lo erano … ma non volevano ammetterlo. Il giorno prima di lasciar partire Israele il Faraone disse a Mosè: “All’infuori di me non esiste Dio sulla faccia della terra …, io sì che mi sono fatto da me e ho fatto il fiume Nilo”. Chi è potente si confonde sempre, crede di essere il padrone di tutto e di tutti, pensa di essersi creato da solo. Si sente un “dio” … come tu quando fai il capriccioso e batti i pugni. Lo sai che è difficile scendere dai troni che ci costruiamo noi stessi?»
B/ «Ma allora perché il faraone ha inseguito gli ebrei dopo averli lasciati andare?»
A/ «Perché tutti hanno un filo di compassione. Anche chi si crede il più potente può provare dei sentimenti. E quel giorno il faraone lasciò andare gli ebrei perché era un uomo. E gli uomini hanno dentro qualcosa che è più grande della loro potenza. Vedi, il faraone aveva dentro una debolezza e finì per ascoltarla. Quando gli uomini uccidono la debolezza che hanno dentro allora muoiono prima ancora di morire».
B/ «E perché si è pentito di averli lasciati andare?»
A/ «Non so come siano andate le cose … ma quando vogliamo bene abbiamo sempre paura di perdere qualcosa. Il faraone aveva perso gli schiavi, e anche gli egiziani avrebbero dovuto lavorare. Non c’è paura più grande di essere come tutti gli altri, per questo anche noi a volte parliamo della libertà delle persone, della dignità degli uomini, ma poi amiamo solo la nostra libertà e proteggiamo noi stessi …»
B/ «Allora vuoi dire che gli egiziani si erano pentiti di aver dato la libertà perché avevano perso la loro libertà? … E perché non potevano essere liberi tutti?»
A/ «Se tutti siamo liberi allora dobbiamo cambiare troppe cose. E allora è meglio salvare la libertà di qualcuno e andare a riprenderci gli schiavi …»
B/ «Ma come mai gli ebrei avevano paura? Perché volevano tornare indietro?»
A/ «Perché camminando erano arrivati fino al mare. Dietro avevano gli egiziani e davanti avevano il mare. Questi sono i poveri più poveri. Non hanno niente dietro di loro e non hanno niente davanti. Ecco perché i poveri sono disposti a tutto. Perché non hanno vie di uscita né dietro di loro né davanti a loro …»
B/ «Ma allora i poveri sono disposti davvero a tutto? Sono disposti a vendersi come schiavi? Sono disposti a cercare qualsiasi via di uscita? Ma non è tutta colpa loro!»
B/ «E perché Dio si è preoccupato di aprire il mare? Perché nessuno si preoccupava di loro? Ma … Dio ha proprio un debole per i poveri!»
A/ «Sì. I piedi sono passati all’asciutto perché Dio è disposto a prendersi cura di chi non ha altro che i suoi piedi. Mentre gli egiziani – hai sentito quante volte lo ha detto la lettura – non avevano i piedi nudi. Avevano carri, cavalli, cavalieri, un esercito … armi».
A/ «Chi fa conto dei suoi piedi nudi alla fine passerà asciutto … chi si appesantisce con i carri, con i cavalli, con le armi … si impantana sul fango. Le ruote si incagliano, il peso ti fa affondare … mentre chi è a piedi nudi esce sano e salvo».
B/ «Ma allora perché oggi nessuno si salva più? Non c’è più nessuno a piedi nudi? E nessuno esce più asciutto dal mare …»
A/ «Proprio così. Noi non abbiamo imparato la lezione del Mar Rosso … e continuiamo a costruire carri, armi, eserciti. E poi li vendiamo anche ai poveri. Siamo noi che li appesantiamo, li impantaniamo come noi, li costringiamo a incagliarsi invece che proteggere la loro debolezza …».
B/ «Ma perché siamo così stupidi? Se i piedi nudi escono asciutti, perché abbiamo così tanti carri, cavalli, ed eserciti?»
A/ «Perché non abbiamo più voglia di camminare verso la libertà … Ma mi raccomando! ricordati i piedi nudi! … Che ti serviranno più dei carri e dei cavalli»

mercoledì 6 gennaio 2016

Storie di giovani migranti

da https://www3.ti.ch/DECS/sw/temi/scuoladecs/files/private/application/pdf/3865_Sconfiniamoci_Storie_Giovani_Migranti.pdf

“Una manciata di temi in classe scritti per partecipare a un concorso promosso dall’Assessorato alle Politiche Educative di Roma diventa un libro a tutto tondo per l’impegno e la volontà di molti, ma soprattutto per la sincerità e l’intensità dei racconti dovuti ai ragazzi giunti da lontano nelle nostre scuole o ai loro compagni italiani pronti a colmare con l’immaginazione ogni distanza.” 


"NON SAPEVO CHI FOSSE L'ITALIA"

La storia di Bogdan

Quel maledetto 21 dicembre 1989! Saranno in pochi a dimenticarlo e fra questi mio padre. Sembrava un giorno come tanti altri quando all'improvviso le piazze si riempirono di gente, in modo caotico, rumoroso.
Non era un giorno di festa e le persone non ridevano, ma gridavano scalmanate, un gruppo imprecava contro l'altro; era uno scontro fra manifestanti di opposte fazioni, a favore e contro il regime dittatoriale.
Tra i ribelli c'era anche mio padre al quale, fermato dalla polizia, fu ordinato di sparare sui suoi amici, gli stessi con i quali aveva combattuto per la libertà.
Egli ebbe la forza di rifiutare e per questo fu inseguito e arrestato; a causa di ciò perse il suo lavoro in fabbrica.
Non meno dura divenne la vita di mia madre che, giornalmente, andando in ufficio, rischiava di morire colpita da una pallottola vagante o dilaniata da una bomba. Sparare e tirare granate, infatti, era divenuta la normalità.
Quando avveniva tutto ciò io avevo solamente quattro anni. Un giorno, mentre stavo a casa da solo, per strada qualcuno sparò e la pallottola, attraverso la finestra, si conficcò nel muro. Io, come mia abitudine, mi trovavo in salotto per vedere la televisione e, senza accorgermene, mi trovai in guerra. Ricordo che ero molto triste perché raramente potevo uscire, era di
ventato rischioso persino andare all'asilo.
Avevo molta paura sia di giorno che di notte, perché si sentivano sempre spari ed esplosioni; anche quando, raramente, tutto tornava alla normalità, gli spari comparivano nei miei incubi di bambino'
Un giorno i miei genitori decisero di espatriare in cerca di pace e di libertà e l'Italia fu la meta sognata.
Prima partì mio padre, poi lo raggiungemmo io e mia madre.
Non sapevo "chi" fosse l'Italia, ma dai loro discorsi capivo che era sicuramente un'amica che ci aspettava affettuosamente. Nonostante ciò non ero del tutto felice, specialmente il giorno della partenza, salutando i nonni... le lacrime della mamma... le lacrime della nonna.
Sentivo che mi sarebbe mancata molto anche la mia casa con tutte le cose che mi avevano tenuto compagnia.
Una volta giunti alla frontiera ci fu da parte nostra un urlo di gioia! Non sapevamo quale sarebbe stato il nostro futuro, ma sapevamo cosa avevamo lasciato nel nostro recente passato e ciò ci bastava.

 
"QUANDO CREDEVO CHE TUTTO IL MONDO FOSSE UGUALE"

La storia di Subana

Non tutti hanno gli stessi motivi per emigrare, ma una persona decide di lasciare il proprio paese quando veramente ha qualcosa che causa gravi problemi; il motivo può essere politico, di lavoro o per vivere meglio in paesi che offrono maggiori possibilità di studio, cure mediche, ecc.
Tutti gli emigranti pensano di trascorrere la vita più serenamente che nel passato, nessuno però ha piacere di trovarsi in un paese straniero, perché cambiare le proprie usanze, le tradizioni, gli amici mi sembra una delle cose più "soffocanti" che esistano, e anch'io ho avuto questa sensazione: mi sembrava di stare nel buio.
Papà aveva deciso di lasciare il Bangladesh, anche se si stava molto bene economicamente in quel periodo, e assicurava a noi figli un futuro più tranquillo. Io avevo cinque anni e non mi ricordo bene, ma mi sembra che non avevo proprio capito che ci stava lasciando: però, dopo, sentendo la sua voce per telefono capivo che ci mancava; non solo io, ma tutte le persone che hanno un familiare all'estero ne sentono la mancanza, è come una mutilazione.
Papà era stato un paio di anni in Germania, dopo si trasferì in Italia dove pensò di far venire mamma per qualche tempo; mamma non era d'accordo per niente, perché non voleva stare lontana dai figli e così dopo qualche tempo papà decise di far venire anche noi quattro bambini. Io non sapevo ancora che cosa si intendeva per cambiamento di paese: avevo solo nove anni e credevo che tutto il mondo fosse uguale e che quel villaggio fosse come quando andavamo a trovare nonna.
Il giorno in cui dovevamo partire fu molto faticoso, eravamo tutti occupati a fare qualcosa ed i parenti stavano intorno a noi come se li dovessimo lasciare per sempre: era la prima volta che eravamo così uniti.
Non immaginavamo proprio di essere in Italia il giorno seguente, ma era vero, stavo sull'aereo quando capii che ormai non potevo più ritornare e andavo verso un altro paese che non sapevo neanche da quale parte si trovava.
Arrivata in Italia, mi trovai in un mondo tutto diverso dal mio: la verità è che mi sembrava di essere nata allora e di dover apprendere tutto come un neonato che non sa niente del mondo che vede per la prima volta.
Non capivo gli altri quando parlavano, non riuscivo a farmi capire dagli altri bambini; dovevo vestire in modo diverso sia per il clima sia per sembrare "uguale"; avevamo cambiato il modo di mangiare, perché il nostro cibo non si trovava, almeno in Sicilia; avevamo difficoltà a rispettare le nostre ricorrenze religiose perché non erano le stesse degli italiani.
Con cultura, lingua, religione diverse sicuramente si incontrano difficoltà, solo che qualcuno riesce a superarle facilmente, invece qualcuno no.
Io ed i miei fratelli, anche se dovevamo ritornare in Bangladesh e avevamo portato i nostri libri per studiare, iniziammo a imparare la lingua italiana da un amico indiano di papà che stava da tempo in Sicilia. Sì, anche noi siamo stati per due anni in Sicilia, dove c'era qualche somiglianza con il Bangladesh: la mentalità delle persone non era del tutto diversa, forse perché i siciliani vivono ancora con culture originali, un po' antiche. Per mettere a posto tutti i documenti ci voleva un anno; quindi noi bambini fummo iscritti alla scuola italiana. Ero piccola e non riuscivo a distinguere bene gli italiani che erano contenti di avermi tra loro. Comunque, riuscii facilmente ad inserirmi nella classe, nonostante la difficoltà della comunicazione che spesso mi faceva stare in silenzio, ma ho avuto e continuo ad avere l'aiuto dei miei coetanei che non mi lasciano sola. Ormai mi trovavo bene, avevo fatto amicizia, però due anni sono pochi per creare un rapporto confidenziale con gli italiani perché le differenze possono generare diffidenze ed equivoci.
Trasferirci dalla Sicilia a Roma per me è stata un'altra migrazione perché ho cambiato di nuovo il mio mondo; io non ero d'accordo, però ho dovuto, per stare vicino a papà che ha negozi a Roma. Una cosa molto particolare che non notavo all'inizio e che invece oggi noto, è che in Italia mi sento più a contatto con la mia famiglia, perché qua è l'unica cosa che ho. A questo proposito mi viene subito da pensare a tutte quelle persone straniere in Italia che non hanno con loro la propria famiglia e a quanto faticano per trovare un lavoro, e non tutti sono fortunati; ognuno non vede l'ora di tornare al proprio paese.
Forse è falso, però devo dire che è molto difficile, all'età mia (oggi ho quindici anni), avere amici tra i coetanei perché dopo sei anni non ho ancora capito il modo di pensare degli italiani.
Certo ognuno di noi è "diverso", ma siamo anche tutti "uguali". Spesso sento dire così, però non si riesce a trovare l'uguaglianza tra uomini. 


“ERA UNA GIORNATA CALDA, SENZA UNA NUVOLA IN CIELO”

La storia di Casimiro

Ciao, sono un polacco di nome Casimiro, ho quattordici anni, sono arrivato in Italia clandestinamente.
Io vivevo nella periferia di Radom in un piccolo appartamento con i miei quattro fratelli ed i miei genitori.
Purtroppo le nostre condizioni di vita erano pessime, nonostante i grandissimi sacrifici fatti dai miei genitori.
Per questo, già da tempo, cercavamo una soluzione per andarcene da quel paese. Anche i miei vicini avevano i nostri stessi problemi, ed uno di questi, il 25 luglio 1996, ci avvertì che c'era la possibilità di entrare in Italia clandestinamente con un TIR.
Ci fu subito un momento di euforia, ma quando il vicino ci disse il prezzo del viaggio i nostri visi si rattristarono. Infatti, bisognava pagare un milione di lire a testa. Per noi, che già eravamo in sette e per di più poveri, dare un milione di lire a, testa era davvero troppo.
Per raggiungere i sette milioni di lire avremmo dovuto vendere la casa, spendere tutti i nostri soldi e arrivare in Italia più poveri di come eravamo.
Nonostante questo, i miei genitori non si scoraggiarono e decisero di tentare il tutto per tutto. Presa questa decisione, mio padre e il nostro vicino contattarono il conducente del TIR che ci diede appuntamento il giorno 3 agosto in un capannone vicino casa mia.
Il giorno dell'appuntamento eravamo lì pronti. Era una giornata calda e senza una nuvola in cielo. Con dieci minuti di ritardo arrivò il TIR. Il conducente ci fece salire dietro e ci accorgemmo che trasportava dei frigoriferi. Il camionista ci fece vedere come potevamo sistemarci poi uscì, chiuse gli sportelli e calò il buio.
Mia madre mi disse che sarebbe stato un viaggio lungo e quindi sarebbe stato meglio tentare di dormire.
Io mi sdraiai, chiusi gli occhi e cominciai a pensare a come sarebbe stato vivere in Italia però da ricchi.
Mentre viaggiavo con la mente, improvvisamente mi addormentai.
Per tutto il tempo dormii, anche se ovviamente dormivo male, un po' per il caldo, un po' per l'aria viziata che si era creata nel TIR e un po' perché dormivo sul duro ferro. Ad un tratto mi svegliai vedendo della luce.
Il camionista aveva aperto gli sportelloni. Ci disse di prendere una boccata d'aria e di nasconderci poi nei frigo perché, essendo vicini alla frontiera, era un modo per evitare di essere scoperti.
Allora uscimmo, respirammo un po' d'aria buona. Successivamente rientrammo e ci sistemammo ognuno in un frigorifero. Poco dopo sentii di nuovo il TIR fermarsi, probabilmente eravamo arrivati alla frontiera.
Ebbi subito una grande paura, le gambe mi tremavano, ma tentavo di tenerle ferme per evitare di fare rumore.
Dopo alcuni attimi di paura il TIR ripartì e viaggiò ancora fino ad una città di nome Milano.
Arrivati, scendemmo tutti contenti perché il viaggio era finito bene. Rimaneva però ancora il problema di come fare per vivere, ma almeno una cosa l'avevamo ottenuta: eravamo arrivati in Italia.
 

lunedì 4 gennaio 2016

Eritrea

Da: “Perché tutti scappano dall’Eritrea” – Il sole 24 ore del 16 Giugno 2015


Secondo le statistiche Onu, gli eritrei, tra i migranti che arrivano sulle nostre coste, sono i più numerosi. Per capire perché la gente - a ritmo di 4mila al mese - scappa dall'Eritrea, attraversa i deserti con i trafficanti di uomini, e sale sui barconi, bisogna ripercorrere a ritroso e cercare di dipanare il lungo gomitolo della storia.
L'Eritrea è stata una colonia italiana dal 1890.
Negli anni Settanta scoppia una guerra civile tra i due blocchi indipendentisti. Quello di ispirazione marxista ha la meglio. Nel 1978 e nel 1980 Ottanta scoppia di nuovo una lunga guerra con l'Etiopia (sostenuta ora dai sovietici) che rioccupa gran parte del Paese. Dal 1984 comincia una graduale riconquista da parte dei gruppi indipendentisti che ha fine nel 1991 con la conquista di Asmara. Nel 1993 sotto l'egida dell'Onu si svolge un referendum per decidere se l'Eritrea deve finalmente diventare un paese indipendente o mantenere la federazione con l'Etiopia. Il 99% degli eritrei vota per l'indipendenza, dichiarata ufficialmente il 24 maggio 1993.
Da allora il paese è in mano a Isaias Afewerki, presidente-padrone. Con conflitti regionali che scoppiano ancora negli anni Novanta prima con lo Yemen e poi con lo storico avversario Etiopia - che non ha un accesso al mare - per una questione legata ai confini. Fino al 2000 quando viene negoziato un accordo di pace ad Algeri, dopo 42 anni di guerre, lotte armate, devastazioni.
Aferwerki ha isolato e militarizzato l'Eritrea. La gente è poverissima, con la corruzione alle stelle.

Le violenze e la fame sono le molle che muovono le persone a scappare.. Il governo eritreo che nega tutte le libertà civili e ogni libertà di espressione è stato accusato di repressione e di impedire lo sviluppo della democrazia: le elezioni politiche che, secondo gli accordi Onu, avrebbero dovuto tenersi nel 2001 non sono mai avvenute. Non si hanno notizie sullo stato dell'economia e sulla scarsità alimentare. Nel 2011 tutto il Corno d'Africa è stato interessato da una severa crisi alimentare. L'Eritrea, che rifiuta gli aiuti, ha sempre negato la crisi. Tuttavia da racconti di chi c'è stato o di chi riesce a scappare, emerge tutta un'altra realtà. Secondo l'Onu e Human right Watch l'esodo attuale è alimentato dalla violazione dei diritti umani, si parla di esecuzioni sommarie senza processo, sparizioni, torture e coscrizione obbligatoria.
L'opposizione non esiste più. Chi protesta finisce, in campi di prigionia...
In Eritrea c'è il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini e le donne dai 17 anni in poi, a tempo indeterminato. Nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni per questo motivo. Si vive al di sotto della soglia di povertà. Chi lavora, gli impiegati statali, i professori, i militari, guadagna circa 10 euro al mese. La corruzione è dilagante. In un contesto in cui crescono gli investimenti cinesi grazie al basso costo della mano d'opera. La situazione è peggiorata dal 2009, da quando l'Onu ha imposto delle sanzioni economiche all'Eritrea accusata di armare il terrorismo islamico in Somalia.
Il paese è sempre più isolato. La gente vive nella povertà e nel terrore della delazione. Si sparisce per un niente. Tutti spiano tutti. Chi riesce, appena può, scappa dal paese, grazie alla corruzione dei militari che accettano di far uscire le persone in cambio di denaro. Lo spietato e brutale dittatore Isaias Aferwerki domina sempre più incontrastato, nell’indifferenza della comunità internazionale. Grazie anche alle rimesse che arrivano dagli eritrei della diaspora. Il regime lucra anche su quello: da qualche anno ha introdotto una tassa del 2% sulle rimesse che arrivano dall'estero. Così quelli che scappano sono costretti per legge a sostenere il loro carnefice.

Libia

21 novembre 2011: Muammar Gheddafi viene assassinato con l’aiuto dei droni Francesi e USA che bombardano il convoglio in fuga del Ràis; anche l'Italia ha partecipato attraverso l'appoggio aereo e poi navale...
Dal crollo del regime a pochi giorni fa la Libia era ancora nel caos: guerriglie inter-etniche, attentati, violenze quotidiane. Ora speriamo continui il difficile ma indispensabile processo di unificazione del Paese...

Dal Dossier di L'Espresso del 15 maggio 2014 dal titolo "Libia: dopo Gheddafi il disastro" e dal sottotitolo "Crollo della produzione del petrolio. Deficit alle stelle. Milizie che spadroneggiano, mentre al Qaeda avanza. Rapporto su un Paese nel caos". 
E ci sono i gruppi terroristici affiliati allo Stato Islamico (ISIS)...

Le vite dei migranti (dal Nord Africa, dal Corno d'Africa e dall'Africa sub-sahariana) già misere sotto il regime di Gheddafi, oggi rischiano di essere in balia anche dei terroristi dell'ISIS... Vite sempre in balia del mare. Mare che divide, mare che unisce, mare che per molti diventa una tomba…

Perché queste tragedie umane? Chi ne trae vantaggio?

Siria

dalla pagina http://www.news.va/it/news/asiasiria-larcivescovo-hindo-inquietanti-le-parole

Il senatore statunitense John McCain [membro del Senato degli USA] ha protestato contro i raid russi perché bombardano le postazioni dei ribelli anti-Assad addestrati dalla CIA.
 
Dice l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo: "Io trovo inquietanti queste parole. Rappresentano un'ammissione spudorata del fatto che dietro alla guerra ad Assad c'è anche la CIA, e che si tratta di un conflitto etero-diretto da circoli di potere lontani dalla Siria e dai loro alleati nella regione mediorientale. La propaganda occidentale continua a parlare di ribelli moderati, che non esistono: nella galassia dei gruppi armati, quelli dell'Esercito Siriano Libero li trovi solo se li cerchi con la lente d'ingrandimento. Tutte le altre sigle, a parte lo Stato Islamico (Daesh), sono confluite o sono state fagocitate di fatto dal Fronte al-Nusra, che è il braccio militare di al-Qaida in Siria”...

Con le loro politiche sciagurate – spiega l'Arcivescovo – soprattutto francesi e statunitensi, con i loro alleati regionali, hanno favorito di fatto l'escalation del Daesh (acronimo arabo con cui si indica lo Stato Islamico). Adesso perseverano nell'errore, commettono sbagli strategici grotteschi come l'annuncio sui media della 'campagna di primavera' per liberare Mosul e si ostinano a interferire con interventi irrilevanti, invece di riconoscere che proprio il sostegno da loro garantito ai gruppi jihadisti ci ha portato a questo caos e ha distrutto la Siria, facendoci regredire di 200 anni”...

Iraq

2003 invasione da parte dell'esercito USA
Obiettivo: cercare le armi di distruzione di massa di Saddam... 
Colin Powell all’ONU mostra una provetta come prova dell'esistenza delle armi di distruzione di massa, prova indispensabile per giustificare l’attacco contro Saddam Hussein...
 
la falsa provetta sbandierata da Colin Powell all’ONU per giustificare l’attacco contro Saddam
I legami dell'Iraq di Saddam con il terrorismo di al-Qaeda ipotizzati da USA e UK non sono mai stati dimostrati e comunque erano insufficienti a giustificare l'invasione...

Dal sito www.iraqbodycount.org ("body count" = conta dei morti):
  • morti di civili documentate in seguito a violenza: fra 146mila e circa 167mila
  • morti inclusi combattenti: 224mila
Ottobre 2015. Intervista alla CNN:
Tony Blair: "Chiedo scusa per la guerra in Iraq, ha aiutato la nascita dell'Isis"
"Abbiamo commesso un errore, il rapporto dei servizi segreti era sbagliato" ha detto l'ex primo ministro britannico, che per la prima volta si scusa.

Nel 2007 Tony Blair disse: "Non credo che dovremmo chiedere scusa a tutti per quello che stiamo facendo in Iraq".

Perché "inventare" prove false? Quali le reali intenzioni?