Povertà e siccità, la crisi ecologica è frutto di una crisi etica |
ANDREA TORNIELLI
Ricordare i cinque anni della Laudato si’ non è una celebrazione rituale. La settimana e poi l’anno dedicato all’enciclica rappresentano una sorta di verifica per raccogliere iniziative, idee, esperienze, buone pratiche. Sono un modo per condividere ciò che il documento ha messo in moto nelle comunità, nei territori, in tutto il mondo. E per riflettere sulla sua attualità nel momento presente, mentre il mondo intero combatte contro la pandemia del Covid-19.
Uno dei meriti dell’ampio testo papale, che parte dai fondamenti del rapporto tra le creature e il Creatore, è l’averci fatto comprendere che tutto è connesso: non esiste una questione ambientale separata da quella sociale e i cambiamenti climatici, le migrazioni, le guerre, la povertà e il sottosviluppo sono manifestazioni di un’unica crisi che prima di essere ecologica è, alla sua radice, una crisi etica, culturale e spirituale. Si tratta di uno sguardo profondamente realistico. Laudato si’ non nasce da nostalgie per far tornare indietro l’orologio della storia e riportarci a forme di vita pre-industriali, ma individua e descrive i processi di auto-distruzione innescati dalla ricerca del profitto immediato, e del mercato divinizzato. La radice del problema ecologico, scrive Papa Francesco, sta proprio nel fatto che “vi è un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e contraddice la realtà fino al punto di rovinarla”.
Ripartire dalla realtà significa fare i conti con l’oggettività della condizione umana, a partire dal riconoscimento della limitatezza del mondo e delle sue risorse. Significa star lontani dalla cieca fiducia rappresentata dal “paradigma tecnocratico” che, afferma il Papa seguendo le orme di Romano Guardini, “ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà, tanto che non sente più la natura né come norma valida, né come vivente rifugio”. L’intervento dell’uomo sulla natura, leggiamo ancora nell’enciclica, “si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi”. Per questo “è giunto il momento di prestare nuovamente attenzione alla realtà con i limiti che essa impone, i quali a loro volta costituiscono la possibilità di uno sviluppo umano e sociale più sano e fecondo”.
La crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia ha reso tutto ciò ancora più evidente: “Siamo andati avanti a tutta velocità - ha detto il Papa lo scorso 27 marzo durante la Statio Orbis - sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta… non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Sempre nel corso di quell’intenso momento di preghiera per invocare la fine di una pandemia che ci ha fatto risvegliare tutti fragili e indifesi, Francesco ha ricordato che siamo chiamati “a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta… il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”. Laudato si’ ci guida nel ripensare società dove la vita umana, specie quella dei più deboli, sia difesa; dove tutti abbiano accesso alle cure, dove le persone non siano mai scartate e la natura non sia indiscriminatamente depredata ma coltivata e custodita per chi verrà dopo di noi.