Parole da gustare nel cammino
Le
domeniche di Quaresima sono dense di Parola, ma anche di… parole.
Sarebbe bastato solo uno dei lunghi Vangeli, per coprire di riflessioni
tutto il
periodo che ci accompagna verso la Pasqua e c’è il rischio di lasciare
tutta questa grande ricchezza al solo momento dell’ascolto domenicale.
La proposta è di fermarsi su poche parole, quelle che ci hanno parlato
quando le abbiamo ascoltate e di portarle con
noi durante la settimana, ripensarle, ripeterle, per "stare” con Gesù
in questo tempo con semplicità, ma forse più in profondità. Io, per me,
ho scelto queste:
PRIMA DOMENICA: LE TENTAZIONI - Matteo 4,1-11
Gesù venne condotto nel deserto… Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame.
Nel
deserto per quaranta giorni e quaranta notti… Mi interrogano sempre più
questi tempi, a volte lunghissimi, altre relativamente più brevi, di
cui
le Scritture non ci dicono nulla. Chissà cosa avrà pensato Gesù in
quelle giornate da solo. Il deserto è il luogo dell’Esodo, una fase di
passaggio in funzione di qualcosa che si deve compiere. Certo il
racconto delle tre tentazioni, che Matteo inserisce in
questo capitolo e che diventano di un grande valore simbolico, ci dice
che Gesù ha dovuto operare delle scelte rispetto a quella che sarebbe
stata, in parole e opere, la sua vita pubblica che comincia subito dopo,
ma quei quaranta giorni aprono delle domande,
ci parlano di quei periodi in cui anche noi ci arrovelliamo per scelte
da fare, giorni e notti di pensieri, di dubbi, di preghiere, di profondo
desiderio che qualcuno ci illumini, ci aiuti a decifrare e a
comprendere cosa fare, come andare avanti. E poi
"alla fine” ecco che Gesù "ebbe fame”. Non è logicamente
una fame fisica, ma la fame che interrompe quell’isolamento. È come la
nostra ‘fame’ di qualcosa che ci chiama a passare attraverso alcune
esperienze e ad andare oltre. Nel vangelo di Giovanni,
Gesù dirà "mio cibo è fare la volontà di Dio” (Gv 4, 31-34).
Gesù non è chiamato a vivere nel deserto come Giovanni il Battista,
cibandosi di locuste e miele selvatico come Matteo racconta nel brano
precedente (3,4). Gesù ha scelto di andare per le
strade, di incontrare donne e uomini; è questa la fame di Gesù: fame di
relazioni, desiderio di vivere concretamente con le persone che
incontrerà, giorno dopo giorno, quel traboccante amore che lo porterà
davvero ad amare
"fino alla fine”.
SECONDA DOMENICA: LA TRASFIGURAZIONE - Matteo 17,1-9
Ma Gesù si avvicinò, ti toccò e disse: "Alzatevi e non temete”.
È
importante che il racconto della Trasfigurazione di Gesù sia inserito
subito dopo il suo primo annuncio della Passione e delle condizioni per
seguirlo,
cioè l’offerta d’amore della propria vita accettando le diverse croci
che questo comporta.
Pietro,
Giacomo e Giovanni vivono un’esperienza straordinaria, di quelle che
cambiano la vita: la visione di Mosè, Elia e il volto "altro” di Gesù.
Umanamente
comprensibile che Pietro desideri rimanere così, tutti insieme, con
Mosè che rappresenta la Legge del popolo, Elia il grande profeta e Gesù
il maestro.
Ma
la voce e l’indicazione di Dio è molto diversa: Gesù è l’amato. Lui è
colui che deve essere ascoltato. C’è sì da cadere con la faccia a terra
ed essere
presi da grande timore come accade ai discepoli. Non è possibile tenere
tutto, bisogna scegliere. Non la legge, se viene assolutizzata e si
dimentica dei volti, dei corpi e delle difficoltà delle persone; non
quella profezia che, come anche per Elia, spesso
diventa potere forte e addirittura violenza, ma l’annuncio di Gesù, un
annuncio di amore che mette in gioco la vita. C’è timore nell’alzare lo
sguardo, nel vedere che è rimasto lui solo, nell’operare quella scelta,
nel lasciare la vecchia strada e agire una
conversione, un cambiamento. Ma Gesù tocca i nostri corpi, ci aiuta a
rialzarci, a risorgere; tocca la nostra paura e ci ripete ogni giorno:
"Non temere!”.
TERZA DOMENICA: LA SAMARITANA - Giovanni 4,5-42
Gesù dunque affaticato per il viaggio... le dice: "Dammi da bere”.
Gesù
avrebbe potuto fare un’altra strada per salire a Gerusalemme, evitando
di attraversare la Samaria come normalmente facevano i giudei per
evitare
i contatti con i samaritani considerati impuri e da cui erano divisi da
convinzioni sociali e di culto.
Ma
Gesù è venuto per raggiungere anche i lontani, le periferie, le terre e
soprattutto le persone che sono oltre i confini fissati dalla legge.
Forse
è il compito da svolgere a causargli quella grande stanchezza, come è
per noi nelle fatiche di affrontare le giornate, la stanchezza non solo
di quello che si è fatto, ma soprattutto di quanto si deve ancora fare.
Gesù ha conosciuto questa fatica, nel corpo
e nello spirito, e forse proprio per questo le sue prime parole alla
Samaritana che arriva al pozzo, sono espressione di un bisogno, di un
desiderio.
"Dammi da bere”.
Quella
donna, con la sua vita irregolare, mentre sta compiendo il suo
quotidiano, viene colta dalla sorpresa di quell’incontro; accetta di
intrecciare
la sua sete, i suoi sogni e desideri, con quel giudeo che in teoria non
dovrebbe nemmeno rivolgersi a lei e che invece le narra la verità della
sua vita, senza giudizi e con amore.
Era mezzogiorno ci dice il testo, come quando Pilato presentò Gesù al popolo:
"Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno Pilato disse agli ebrei: ecco il vostro re!”.
"È
l’ora centrale del giorno, il punto che determina il passaggio da una
parte all’altra della giornata… Ogni volta che accogliamo l’invito a un
viaggio
interiore, è mezzogiorno… Ogni volta che ci mettiamo all’ascolto
profondo della nostra sete, è mezzogiorno” (J. Tolentino Mendonca).
Ogni volta che passiamo da una parte a un’altra della nostra vita.
QUARTA DOMENICA: IL CIECO NATO - Giovanni 9,1-41
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò gli disse...
Testo
strano quello del cieco nato. Si apre con una affermazione potente:
quello che ci accade come malattia, disabilità, sofferenza o difficoltà,
non
sono castighi per peccati commessi. E per dimostrare che il Dio
manifestato da Gesù non è un Dio che castiga, Gesù apre, di sabato, gli
occhi di quell’uomo e gli rende possibile vedere.
Da
questo momento Gesù non c’è più nel testo, ci sono quelli che
conoscevano l’uomo, i suoi familiari, soprattutto i farisei. Nessuno è
felice per lui,
per la cosa straordinaria che gli è capitata. Sembra che Gesù gli abbia
complicato la vita: i conoscenti lo portano dai farisei perché è stato
guarito in giorno di sabato; i suoi genitori, che ci vedono, lo
riconoscono come il proprio figlio nato cieco, ma
non aggiungono altro per paura di essere espulsi dalla sinagoga; i
farisei non vogliono accettare che l’azione di Gesù venga da Dio perché
Gesù non rispetta la Legge di Mosè e continuano a interrogarlo con
insistenza e violenza.
E
finalmente quell’uomo ha "l’illuminazione”: ora vede la realtà com’è,
quell’impasto di terra e l’invito ad andare lo hanno reso pienamente
umano, non
vuole più chiudere gli occhi. Sono i farisei e chi detiene il potere
che sta sbagliando e trova il coraggio di dirlo:
"Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla” (9,33).
Anche
per noi, oggi, è possibile cominciare a vedere la realtà, trovare il
coraggio di prendere la parola, anche se può voler dire essere cacciati
fuori,
messi da parte, perché è proprio quando l’uomo viene cacciato che Gesù
lo trova e gli parla.
A
volte bisogna trovare il coraggio di "uscire”, come ogni creatura che
deve venire espulsa dal grembo della madre, per vedere la luce e
iniziare a vivere.
QUINTA DOMENICA: LAZZARO RIPORTATO IN VITA - Giovanni 11,1-45
Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto.
"Se tu fossi stato qui...”.
La frase di Marta e Maria a Gesù rappresenta
la domanda che spesso ci abita, quando abbiamo modo di vivere o di
considerare certe situazioni; quando la vita ci sorprende con sofferenze
vissute o ascoltate; quando ci sentiamo del tutto impotenti; quando ci
assale la sensazione che il Signore sia assente.
Se lì il Signore ci fosse, le cose non sarebbero diverse?
Marta,
nel brano del vangelo, sta vivendo questa situazione. È amica di Gesù,
spesse volte egli si era fermato nella loro casa dove aveva trovato
accoglienza,
ristoro, amicizia; aveva pregato che Gesù arrivasse negli ultimi giorni
di malattia del fratello, ma Gesù non era arrivato in tempo eppure
anche adesso, che è finalmente presente, Marta si aspetta un gesto
miracoloso, chiede conto a Gesù e dialoga con Gesù
cercando di capire.
"Credi tu che io sia la vita?”.
Prima ancora della risurrezione di Lazzaro,
che viene solo "slegato” dal suo sonno, questo testo ci presenta la
risurrezione di Marta. Nelle avversità, nelle sofferenze, nelle malattie
e anche nella morte, il Signore è presente non a cancellare, ma a
condividere ogni cosa con noi.
"Sì, Signore, io lo credo”. Ed è già ora vita eterna.
Donatella Mottin
Associazione Presenza Donna
Centro Documentazione e Studi