sabato 26 novembre 2016

«Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale»

da La Voce dei Berici, Domenica 27 novembre 2016, p. 3

Suor Federica Cacciavillani, del Centro Presenza Donna, racconta la sua esperienza
L’associazione, guidata dalle Orsoline, promuove percorsi formativi per favorire il pensiero di genere

Della violenza di genere c’è chi se ne occupa ogni giorno, come il Centro Presenza Donna di Vicenza, con la propria attività culturale. Ce ne parla la presidentessa Federica Cacciavillani, suora Orsolina e insegnante: «Il nostro Centro mette in atto percorsi formativi per donne di diverse appartenenze di fede, di origine, di idee e sulla violenza di genere riflettiamo insieme - spiega -. Ci impegniamo a cambiare la cultura che porta alla violenza sulle donne, anche con altre associazioni di diversa matrice culturale».
Ci sono presupposti sociali, economici, culturali che possono favorire la violenza sulle donne?
«Noi abbiamo la percezione che sia un fenomeno trasversale alle culture e alle estrazioni sociali. Non è infrequente che la violenza si manifesti in classi sociali italiane di cultura più elevata tanto quanto in situazioni di emarginazione sociale. Anche i centri antiviolenza confermano questi dati. È un elemento preoccupante perché significa che non è soltanto la deprivazione socio culturale ed economica a promuovere la violenza, ma che essa è legata a un problema di identificazione del proprio ruolo nel rapporto con l’altro sesso e nel difficile rapporto di reciprocità tra uomo e donna».
La trasversalità è anche generazionale? Oppure nei giovani qualcosa sta cambiando?
«Negli adolescenti sembra non esserci, perché spesso essi non si accorgono di mettere in atto stereotipi di genere, ma ci sono. È molto importante che nella giornata contro la violenza sulle donne ci siano anche gli uomini! Purtroppo, bisogna dirlo, questa riflessione viene fatta soltanto da uomini laici non credenti: dico purtroppo, perché come credente ci terrei che uomini credenti facessero qualche passo in più. Invece la riflessione profonda sull’identità maschile, sulla gestione dell’aggressività viene fatta dai laici, da studiosi come Stefano Ciccone, Alessandro Bellassai, cioè dal Gruppo Maschile Plurale. Da anni questi uomini vanno nelle scuole perché non ci sia una sottolineatura del problema solo da parte delle donne, ma un’iconizzazione della presenza maschile, di un altro prototipo di maschilità».
Questo deficit degli uomini credenti da cosa origina?
«In effetti avrebbero dovuto arrivarci per primi, viste le premesse evangeliche. Ma c’è un tradizionalismo nelle relazioni uomo donna nel mondo credente per cui il vecchio detto: “Che la piasa, che la tasa, che la staga in casa” è un modello che fa ancora molta breccia. Cè pudore nel parlare di questi ruoli di genere che non permette di mettere in campo nuove forme di relazionalità, di parità e reciprocità».
Insomma è un metodico lavoro sulla cultura quello che serve.
«Sì, intesa come riflessione sulle azioni e sulla vita, quella che permette di cogliere e coltivare delle relazioni diverse. Per noi credenti ciò passa attraverso una cultura evangelica, di parità, nella figura di Cristo. Ribadisco: una cultura fatta non soltanto da donne e non solo da donne laiche».
Maria Grazia Dal Prà