"Il mondo non sarà più come prima". Lo dice Papa Francesco a La Stampa, che propone alcuni brani del nuovo libro del pontefice, in una conversazione con Domenico Agasso, vaticanista del quotidiano.
"La via per la salvezza dell'umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo", afferma il Pontefice che auspica una "svolta economica verso il verde". A suo avviso "cambiando gli stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame potremo condurre un'esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse".
Cosa si aspetta dai governanti? "Ora si tratta di ricostruire dalle macerie", risponde il Papa che poi aggiunge: "Ma ciascuno di noi, non solo i governanti, è chiamato a debellare indifferenza, corruzioni e connivenze con la delinquenza". "E' tempo di rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni", esorta.
Parlando della finanza, afferma: "Se si riuscirà a sanarla dalla mentalità speculativa dominante e ristabilirla 'con un'anima', secondo criteri di equità, si potrà puntare all'obiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no".
Per Papa Francesco "non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite".
Un pensiero anche alle donne, che non devono essere "discriminate sul piano retributivo e professionale, o con la perdita del lavoro in quanto donne. Anzi".
Ai giovani il pontefice consiglia di "non darla vinta alla congiuntura sfavorevole. A non smettere di sognare ad occhi aperti".
dalla pagina https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2021-03/papa-francesco-intervista-libro-agasso-dio-mondo-che-verra.html
Il Papa: non possiamo continuare a fabbricare armi invece di salvare vite
Esce martedì in libreria “Dio e il mondo che verrà”, il libro-intervista di Papa Francesco in conversazione con il vaticanista della Stampa Domenico Agasso (Edizioni Piemme-LEV). Ne pubblichiamo un estratto
DOMENICO AGASSO
Santità, come interpreta il “terremoto” che nel 2020 si è abbattuto sul mondo sotto forma di coronavirus?
«Nella vita ci sono momenti di buio. Troppo spesso pensiamo che possano capitare non a noi, ma solo a qualcun altro, in un altro paese, magari di un continente lontano. Invece, nel tunnel della pandemia ci siamo finiti tutti. Dolore e ombre hanno sfondato le porte delle nostre case, hanno invaso i nostri pensieri, aggredito i nostri sogni e programmi. E così nessuno oggi può permettersi di stare tranquillo. Il mondo non sarà più come prima. Ma proprio dentro questa calamità vanno colti quei segni che possono rivelarsi cardini della ricostruzione. Non bastano gli interventi per risolvere le emergenze. La pandemia è un segnale di allarme su cui l’uomo è costretto a riflettere. Questo tempo di prova può così diventare tempo di scelte sagge e lungimiranti per il bene dell’umanità. Di tutta l’umanità».
Quali urgenze intravede?
«Non possiamo più accettare inerti le diseguaglianze e i dissesti nell’ambiente. La via per la salvezza dell’umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo, che ponga come indiscutibile la convivenza tra i popoli in armonia con il Creato. Consapevoli che ogni azione individuale non resta isolata, nel bene o nel male, ma ha conseguenze per gli altri, perché tutto è connesso. Tutto! Cambiando gli stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame, potremo condurre un’esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse. Non significa diminuire diritti ad alcuni per un’equiparazione verso il basso, ma dare maggiori e più ampi diritti a coloro ai quali non vengono riconosciuti e tutelati».
Scorge segni incoraggianti?
«Oggi stanno già tentando di promuovere queste nozioni e operazioni vari movimenti popolari “dal basso”, ma anche alcune istituzioni e associazioni. Provano a concretizzare un modo nuovo di guardare la nostra Casa comune: non più come un magazzino di risorse da sfruttare, ma un giardino sacro da amare e rispettare, attraverso comportamenti sostenibili. E poi, c’è una presa di coscienza tra i giovani, in particolare nei movimenti ecologisti. Se non ci tiriamo su le maniche e non ci prendiamo cura immediatamente della Terra, con scelte personali e politiche radicali, con una svolta economica verso il “verde” e indirizzando in questa direzione le evoluzioni tecnologiche, prima o poi la nostra Casa comune ci butterà fuori dalla finestra. Non possiamo più perdere tempo».
Che cosa pensa della finanza e del rapporto con le amministrazioni pubbliche?
«Credo che se si riuscirà a sanarla dalla mentalità speculativa dominante e ristabilirla con un’”anima”, secondo criteri di equità, si potrà intanto puntare all’obiettivo di ridurre il divario tra chi ha accesso al credito e chi no. E se un giorno non troppo lontano ci saranno i presupposti per cui ogni operatore investirà seguendo principi etici e responsabili, si otterrà il risultato di limitare il supporto a imprese dannose per l’ambiente e per la pace. Nello stato in cui versa l’umanità, diventa scandaloso finanziare ancora industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi e alla promozione degli ultimi, e che penalizzano il bene comune inquinando il Creato. Sono i quattro criteri per scegliere quali imprese sostenere: inclusione degli esclusi, promozione degli ultimi, bene comune e cura del Creato».
Stiamo affrontando una delle peggiori crisi umanitarie dalla Seconda guerra mondiale. I paesi stanno adottando misure d’urgenza per affrontare la pandemia e una drammatica recessione economica globale. Che cosa si aspetta dai governanti?
«Ora si tratta di ricostruire dalle macerie. E questa incombenza grava enormemente su chi ha incarichi di governo. In un’epoca di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere o si è perso, per il reddito che basta sempre meno, e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé, è fondamentale amministrare con onestà, trasparenza e lungimiranza. Ma ciascuno di noi, non solo i governanti, è chiamato a debellare indifferenza, corruzioni e connivenze con la delinquenza».
A quale principio possiamo ispirarci?
«Ciò che sta avvenendo può risvegliare tutti. È tempo di rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni. Se cogliamo la prova come un’opportunità, possiamo preparare il domani all’insegna della fratellanza umana, a cui non c’è alternativa, perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno. Mettendo a frutto questa lezione, i leader delle nazioni, insieme a chi ha responsabilità sociali, possono guidare i popoli della Terra verso un avvenire più florido e fraterno. I capi di stato potrebbero parlarsi, confrontarsi di più e concordare strategie. Teniamo tutti bene a mente che c’è qualcosa di peggio di questa crisi: il dramma di sprecarla. Da una crisi non si esce uguali: o usciamo migliori o usciamo peggiori».
Con quale atteggiamento la sprecheremmo?
«Chiudendoci in noi stessi. Invece, edificando un nuovo ordine mondiale basato sulla solidarietà, studiando metodi innovativi per debellare prepotenze, povertà e corruzione, tutti insieme, ognuno per la propria parte, senza delegare e deresponsabilizzarci, potremo risanare le ingiustizie. Lavorare per offrire cure mediche a tutti. Così, praticando e manifestando coesione, potremo risorgere».
Concretamente da dove si potrebbe cominciare?
«Non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite. Non si può più far finta che non si sia insinuato un circolo drammaticamente vizioso tra violenze armate, povertà e sfruttamento dissennato e indifferente dell’ambiente. È un ciclo che impedisce la riconciliazione, alimenta le violazioni dei diritti umani e ostacola lo sviluppo sostenibile. Contro questa zizzania planetaria che sta soffocando sul nascere il futuro dell’umanità serve un’azione politica frutto di concordia internazionale. Fraternamente uniti, gli esseri umani sono in grado di affrontare le minacce comuni, senza più controproducenti recriminazioni reciproche, strumentalizzazioni di problemi, nazionalismi miopi, propagande di chiusure, isolazionismi e altre forme di egoismo politico».
Sulle spalle delle donne continua a gravare il peso di tutte le recessioni: che cosa ne pensa?
«Le donne hanno urgente bisogno di essere aiutate nella gestione dei figli e non essere discriminate sul piano retributivo e professionale, o con la perdita del lavoro in quanto donne. Anzi. Sempre di più la loro presenza è preziosa al centro dei processi di rinnovamento sociale, politico, occupazionale, istituzionale. Se saremo bravi a metterle in queste condizioni positive, potranno dare un apporto determinante alla ricostruzione dell’economia e delle società che verranno, perché la donna fa il mondo bello e rende i contesti più inclusivi. E poi, stiamo provando tutti a rialzarci, dunque non possiamo tralasciare che la rinascita dell’umanità è cominciata dalla donna. Dalla Vergine Maria è nata la salvezza, ecco perché non c’è salvezza senza la donna. Se abbiamo a cuore il futuro, se desideriamo un domani rigoglioso, occorre dare il giusto spazio alla donna».
Che cosa consiglierebbe in particolare ai genitori?
«Il gioco con i propri figli è il tempo migliore che si possa perdere. Conosco una famiglia che ha creato un elemento “istituzionale” in casa: “Il programma”. Ogni sabato o domenica il papà e la mamma prendono un foglio e, con i bambini, concordano e scrivono tutti gli appuntamenti di gioco tra figli e genitori nella settimana successiva, e poi lo appendono sulla lavagnetta in cucina. Ai bambini brillano gli occhi di contentezza al momento di scrivere “il programma”, che è diventato ormai un rito. Questa mamma e questo papà seminano educazione. Io ho detto così a loro: “Seminate educazione”. Giocando con il padre e la madre il figlio impara a stare insieme alla gente, apprende l’esistenza di regole e la necessità di rispettarle, acquisisce quella fiducia in sé che lo aiuterà nel momento di lanciarsi nella realtà esterna, nel mondo. Allo stesso tempo i figli aiutano i genitori, soprattutto in due cose: dare maggiore valore al tempo della vita; e restare umili. Per loro sono prima di tutto papà e mamma, il resto viene dopo: il lavoro, i viaggi, i successi e le preoccupazioni. E questo protegge dalle tentazioni del narcisismo e dell’ego smisurato, in cui si rischia di cadere ogni giorno».
La violenza del Covid ha falcidiato le già precarie prospettive di milioni di ragazzi in tutto il mondo. I giovani arrancano in una cappa di incertezze, ridimensionamenti scolastici, professionali, sociali, economici e politici che li stanno privando del diritto a un futuro. Che cosa vorrebbe dire alle “generazioni Covid”?
«Li incoraggio a non darla vinta alla congiuntura sfavorevole. A non smettere di sognare a occhi aperti. Non abbiano paura di sognare in grande. Lavorando per i propri sogni, possono anche proteggerli da chi glieli vuole sfilare: i pessimisti, i disonesti e gli approfittatori. Certo, forse mai come in questo terzo millennio le nuove generazioni sono quelle che pagano il prezzo più alto della crisi economica, lavorativa, sanitaria e morale. Ma piangersi addosso non porta a nulla, anzi, così la crisi avrà la meglio. Invece continuando a battersi come tanti stanno già facendo, i ragazzi non rimarranno inesperti, acerbi e immaturi. Non si fermeranno nella ricerca di occasioni. E poi, c’è la conoscenza. Nella Genesi leggiamo (cap. 2) che il Signore, dopo avere creato il cielo e la terra, prende l’uomo e lo pone nel giardino di Eden, perché lo coltivi e lo conosca. Non lo mette in pensione, o in vacanza, o in villeggiatura, o sul divano: lo manda a studiare e a lavorare.
Dio ha fatto l’uomo capace e desideroso di sapere e di lavorare. E di amare. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, non c’è altro comandamento più importante di questo, dice Gesù ai discepoli (Mc 12, 31). Ecco, i ragazzi hanno la freschezza e la forza per rilanciare i compiti fondamentali assegnati da Dio, e diventare così uomini e donne della conoscenza, dell’amore e della carità. Aprendosi all’incontro e alla meraviglia, potranno gioire per le bellezze e i doni della vita e della natura, le emozioni, l’amore in tutte le sue declinazioni. Andando sempre avanti per apprendere qualcosa da ogni esperienza, divulgando la conoscenza e amplificando la speranza insita nella giovinezza, prenderanno in mano le redini della vita e allo stesso tempo metteranno in circolo la vitalità che farà progredire l’umanità, rendendola libera. Perciò, anche se la notte sembra non abbia fine, non bisogna perdersi d’animo. E, come diceva san Filippo Neri, non dimenticare di essere allegri, il più possibile».