mercoledì 24 marzo 2021

Cosa significa essere “sostenibile”?

dalla pagina https://valori.it/investimenti-sostenibili-tassonomia-ue-2/

Cosa significa essere “sostenibile”? L’importanza di fare chiarezza e gli ostacoli per l’Ue

Nel mondo della finanza il termine "sostenibile" vale miliardi. L'Ue è al lavoro per stabilire regole precise e definizioni univoche. Con molti intoppi

La Commissione europea sta cercando di fare chiarezza tra le definizioni di economia e finanza sostenibile
© RomoloTavani/iStockPhoto


“Sostenibile”. Un termine alquanto inflazionato di questi tempi, di gran moda si potrebbe dire. Ormai non c’è azienda che non usi questo aggettivo sui propri canali informativi. Dichiarare di essere “sostenibili”, verso l’ambiente in particolare, sembra essere un must degli ultimi anni, dell’ultimo anno forse ancora di più. 

Ma che cosa significa esattamente essere “sostenibili”? Significa non inquinare? O inquinare poco? Ma quanto poco? O anche solo un po’ meno dell’anno scorso? Significa usare lampadine a led nei propri uffici? O forse pagare per piantare alberi dall’altro capo del mondo per compensare le emissioni inquinanti che si rilasciano in Italia? Significa anche rispettare i diritti umani delle popolazioni dove si produce o quelli dei lavoratori dell’azienda? E magari anche pagare le tasse nel proprio paese?

Difficile rispondere a queste domande. O diciamo che ognuno potrebbe rispondere a modo suo. E così è stato, almeno per ora. Perché, fino ad ora, non esiste una definizione ufficiale di sostenibilità. E ogni azienda può usare questo termine come le pare e piace. Creando ovviamente una gran confusione nel consumatore. Facendo promesse, spesso generiche (e non verificabili). Tutto, nella maggior parte dei casi, come ennesimo “stratagemma” di marketing. 

La confusione attorno agli investimenti sostenibili

Ma parliamo di un ambito specifico, la finanza. Perché qui, ancor più, il termine “sostenibile” ha un peso. E una responsabilità. Perché chi propone un investimento “sostenibile” sta facendo una promessa che vale miliardi. Nel 2020 in Europa i fondi di investimento sostenibile hanno raccolto 223 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto al 2019.

Ma, anche in questo caso, il termine “sostenibile” non ha definizioni ufficiali. Fino ad oggi, infatti, non esisteva una definizione univoca di “investimento responsabile”. Ogni agenzia di rating Esg, ogni gestore finanziario, ogni fondo di investimento applicava i suoi criteri e la sua metodologia nella selezione del portafoglio di imprese sostenibili.

Dietro agli investimenti sostenibili c’era una gran “confusione”. Termine ideato dai ricercatori del celebre Mit, il Massachusetts Institute of Technology, in una ricerca pubblicata intitolata proprio “Aggregate Confusion: The Divergence of Esg Ratings”, ovvero “Confusione aggregata: la divergenza dei rating Esg”. E questa, per il Mit,  non è una buona cosa. È una situazione che, causa notevoli problemi: «L’ambiguità attorno ai rating Esg è un ostacolo a un processo decisionale prudente che contribuirebbe a un’economia sostenibile».

Commissione europea al lavoro

Ed ecco, quindi, perché la Commissione europea da oltre 4 anni sta lavorando per fare chiarezza in questo mercato. Nel marzo del 2018 ha lanciato un enorme piano per creare un corpo di regole attorno alla finanza sostenibile: l’Action plan on sustainable finance. Il motivo alla base di questo impegno lo aveva esplicitato chiaramente: per salvare il Pianeta l’economia deve ridurre il proprio impatto, deve avvenire una vera rivoluzione. Una trasformazione costosa: 180 miliardi di euro all’anno. Tanto costerà la transizione a un’economia low carbon, secondo Bruxelles. E i fondi pubblici non basteranno: è necessario il contributo dei capitali privati, che dovranno essere orientati verso la finanza etica e sostenibile, investiti in attività economiche sostenibili. Fondamentale quindi definire chiaramente quali attività possano “meritarsi” questo attributo. Così è nato il lavoro attorno alla “tassonomia delle attività economiche sostenibili”.

Il perno del lavoro della Commissione europea attorno alla finanza sostenibile è proprio la tassonomia, la classificazione delle attività economiche che possono essere definite, appunto, “sostenibili” per l’ambiente. «Una guida pratica – scrive la Commissione  – per politici, imprese e investitori su come investire in attività economiche che contribuiscano ad avere un’economia che non impatti sull’ambiente».

La strada tortuosa per il “vocabolario” degli investimenti sostenibili

Dopo 4 anni di lavoro, il regolamento sulla tassonomia c’è. Ed è entrato in vigore il 22 giugno 2020. Questo “vocabolario” della sostenibilità ambientale sarà un riferimento per il mondo della finanza responsabile, per indicare quanto sostenibile sia effettivamente un investimento; per i governi, per stabilire gli incentivi ad aziende green; per le aziende, per rendicontare il proprio impatto sull’ambiente. 

Il 31 dicembre 2021 il primo blocco di criteri tecnici di selezione delle attività da considerare sostenibili diventerà operativo. Da quel momento chi proporrà investimenti sostenibili e responsabili (SRI) dovrà indicare la percentuale di allineamento alla tassonomia del proprio portafoglio investito.

Ma in realtà mancano ancora alcuni (importanti) dettagli, cioè i criteri tecnici per stabilire a quali condizioni un’attività possa essere definita sostenibile. Avrebbero dovuto essere pubblicati a fine 2020 sotto forma di Atti delegati, ma non è stato possibile

Una prima bozza di questi atti delegati era stata redatta, dai 35 esperti del Tecnical expert Group (il Teg). Poi è arrivata la bozza definitiva scritta dalla Piattaforma per la finanza sostenibile, che si è insediata a settembre per iniziativa della Commissione europea. È stata sottoposta a una consultazione pubblica fino al 18 dicembre scorso. Ma è stata letteralmente sommersa da una valanga di commenti e critiche (oltre 46.000).  E una decina di Stati hanno poi chiesto e ottenuto il rinvio degli atti delegati. Per cui al momento non c’è una data precisa.

Dall’ambiente ai diritti, i tasselli mancanti

Uno dei punti che ha ricevuto più critiche riguarda il gas come fonte energetica: in base ai criteri tecnici contenuti nella bozza degli atti delegati, non potrebbe essere considerato un combustibile di “transizione”. E, senza l’etichetta verde dell’Ue, le centrali elettriche a gas potrebbero perdere miliardi di euro di finanziamenti privati. Un problema in particolare per i Paesi dell’Europa orientale, dove gli impianti a gas a ciclo combinato stanno favorendo la transizione dal carbone. 

Un altro dei punti dolenti  riguarda la bioenergia prodotta con la combustione di alberi, che, in base alla tassonomia, sarebbe “sostenibile”. Ma per gli ambientalisti no. Lo stesso vale per le centrali idroelettriche, incluse tra le categorie sostenibili, ma che per molte Ong dovrebbero esserne escluse a causa dei danni per la biodiversità. Un altro punto dolente riguarda la plastica, considerata sostenibile dalla Tassonomia se “completamente prodotta mediante riciclaggio meccanico dei rifiuti di plastica” o mediante processi di riciclaggio chimico se vengono rispettati gli standard minimi di emissione. 

Ma nel lungo lavoro della Commissione europea per definire la finanza sostenibile non c’è traccia (o quasi) di criteri sociali (uno dei 3 fattori chiave dell’ESG, environmental, social, governance). Viene solo specificato che dovranno essere rispettate soglie di salvaguardia minime in ambito sociale: l’allineamento alle linee giuda dell’Ocse per le multinazionali e ai Guiding Principles on Business and Human Rights delle Nazioni Unite.

E non vengono considerati neanche fattori la speculazione e l’evasione (o elusione) fiscale. «Il fattore sociale è fondamentale per un’economia sostenibile, quanto quello ambientale. Oggi questo è ancora più vero – aveva dichiarato a Valori Francesco Bicciato, presidente del Forum per la Finanza Sostenibile – Il coronavirus ha messo in luce l’importanza del fattore sociale anche per gli strumenti finanziari».

anche Banca Etica, si sta battendo per ottenere un riconoscimento dei fattori sociali, accanto a quelli ambientali. Perché non può esistere una finanza sostenibile che non consideri tutti e tre i pilastri della sostenibilità, quindi ambiente, sociale e governance aziendale.

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dalla pagina https://valori.it/gas-aerei-nucleare-idrogeno-tassonomia-investimenti-sostenibili/

Gas e aerei nella bozza di classificazione europea degli investimenti sostenibili
Trapelata una bozza degli atti delegati sulla tassonomia degli investimenti sostenibili. Ecco le novità per gas, riscaldamenti, aerei, idrogeno, nucleare

In una bozza di atti delegati sulla tassonomia europea degli investimenti sostenibili, il gas sembra considerato a pieno titolo un combustibile di transizione © Barbar Facemire/Pixy.org

Andrea Barolini

Le regole dall’Unione europea per la definizione degli attività economiche considerate “sostenibili” potrebbero presentare diverse “concessioni” alle industrie. Anche a quelle responsabili di importanti emissioni di gas ad effetto serra, che potrebbero così captare ingenti investimenti (quelli indirizzati al mercato della finanza sostenibile). È quanto emerge da una bozza degli atti delegati, ovvero dei testi sulla cui base si dovrà applicare concretamente la tassonomia delle attività “verdi”.

Tassonomia degli investimenti sostenibili: il nodo dell’energia

Il documento – inviato da Bruxelles ai rappresentanti dei Ventisette Stati membri – è stato ottenuto e pubblicato dal giornale online francese Contexte.  Va ricordato che il regolamento sulla tassonomia verdepubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea nel giugno del 2020, ha posto sei obiettivi ambientali che occorre rispettare per poter essere compresi nella lista delle attività economiche che possono essere oggetto di investimenti sostenibili. Due riguardano l’energia: la capacità di attenuare i cambiamenti climatici e quella di favorire l’adattamento alle conseguenze del riscaldamento globale. I due obiettivi fanno parte di un unico atto delegato (e di due allegati) che, appunto, Contexte ha pubblicato. 

Nel novembre del 2020 una prima bozza di atti delegati aveva già sollevato ampie critiche da parte, in particolare, del mondo associativo. Quella rivelata ora è una seconda versione proposta ai governi europei. Come sottolineato dal giornale transalpino, «l’obiettivo dell’adattamento (secondo allegato) è poco dettagliato. L’attività economica deve aver adottato delle soluzioni per ridurre i rischi climatici. La Commissione chiede una valutazione della pertinenza di tali soluzioni. In questo caso, i testi pubblicati a novembre hanno subito pochi cambiamenti». Al contrario, per l’attenuazione (primo allegato) sono state effettuate numerose modifiche, in particolare per quanto riguarda il capitolo energia. 

Il gas potrebbe essere considerato un combustibile di transizione

Per il gas, in particolare, sono state create due nuove categorie di attività che potrebbero rientrare nella tassonomia. Da un lato, la sostituzione di sistemi di riscaldamento urbano alimentati da un combustibile fossile diverso dal gas. Dall’altro, la sostituzione di impianti di cogenerazione. Ciò sulla base di una serie di obiettivi che il nuovo sistema deve rispettare: avere almeno la stessa capacità del precedente impianto, essere installato entro il 2025, ridurre di almeno il 50% le emissioni di gas ad effetto serra per chilowattora prodotto. E, ancora, essere compatibile con il gas meno impattante, non superare in ogni caso i 270 grammi di CO2 equivalente per kWh, essere installato in mancanza di alternative praticabili ed economiche e basse emissioni.

Una nuova via di accesso, dunque, da parte delle industrie fossili a fondi pubblici e investimenti privati. Con il gas che diventerebbe, di fatto, un combustibile di transizione. In cambio, non sono state modificate le soglie proposte dal TEG, il gruppo tecnico di esperti che ha steso un rapporto ad hoc sulla tassonomia, per le centrali elettriche a gas. Ovvero, in particolare, 100 grammi di CO2 equivalente per kWh. 

Escluso dagli investimenti il nucleare, per ora. Criteri snelliti per l’idrogeno

Sembrerebbe escluso invece il nucleare (a differenza di quanto deciso invece, ad esempio, dalla Russia). Ciò in base alla regola secondo la quale ciascuna attività non soltanto deve giovare alle politiche di adattamento e attenuazione. Ma non deve neppure nuocere agli altri obiettivi (biodiversitàeconomia circolare, protezione degli oceani, limitazione dei tassi di inquinamento). Ciò sulla base del principio di innocuità (“do no significant harm principle”). Ma secondo Greenpeace «si è scelto di lasciare comunque una porta aperta all’atomo, poiché la Commissione si è riservata di rivedere il testo».

Inoltre, nella bozza figura anche l’aviazione tra le attività di transizione, «benché – prosegue l’associazione ambientalista – l’aereo sia il mezzo di trasporto a più alto impatto climatico». Briglie allentate anche per l’idrogeno: la soglia da rispettare per la produzione è stata alzata a 3 chilogrammi di CO2 equivalente per chilogrammo realizzato (nella prima versione erano 2,256). Anche in questo caso, si tratta di una richiesta giunta specificatamente dalle industrie. Più stringenti, invece, le regole per la fabbricazione delle batterie: esse devono considerare anche le possibilità di riciclo.

Greenpeace: «Del “rilancio verde” così rimarrà solo il nome»

Secondo Ariadna Rodrigo, di Greenpeace, «la bozza indica che la Commissione europea sta abbandonando ogni volontà di far avanzare il Green Deal attraverso le regole sulla finanza sostenibile. Anziché concentrarsi su soluzioni dall’efficacia provata come l’isolamento termico o le rinnovabili, vuole veicolare il denaro dei contribuenti e gli investimenti privati verso industrie distruttive. Così, del “rilancio verde” rimarrà solo il nome. Ci sembra che quello che si prospetta sia unicamente un esercizio di greenwashing». Un testo definitivo degli atti delegati è atteso per la metà di aprile.