lunedì 21 dicembre 2020

L’Egitto e i mercanti di morte

dalla pagina https://comune-info.net/legitto-e-i-mercanti-di-morte/

Alex Zanotelli


L’industria d’armi italiana fa affari con il governo egiziano alla faccia dei diritti umani. C’è da chiedersi come fa un Paese come l’Italia, che si dichiara paladina dei diritti umani, a vendere armi ad un regime come questo di al-Sisi? Queste cifre del mercato di morte: nel 2018 abbiamo venduto armi per 69 milioni di euro e nel 2019 siamo balzati a 871 milioni. Nel 2020 abbiamo venduto al Cairo due fregate per il valore di 1.3 miliardi di euro. Insomma come sempre pecunia non olet

Sono indignato per il comportamento dell’Italia nei confronti dell’Egitto, un Paese che geme sotto la spietata dittatura di Abdel Fattah al-Sisi? Quell’orribile morte di Giulio Regeni per mano di torturatori egiziani e l’imprigionamento, da quasi un anno, senza ragione se non quella di difendere i diritti umani, di Patrick Zaki, studente dell’Università di Bologna, sono due vicende note al pubblico italiano, che rivelano il vero volto del governo egiziano.

Sotto pretesto della lotta al terrorismo, è in atto in Egitto una spaventosa repressione. Ci sono ora ben 60.000 prigionieri politici nelle carceri e, dal 2016 al 2019, 2.400 sono stati condannati a morte.

Come fa un Paese come l’Italia, paladina dei diritti umani, a vendere armi a un regime come questo di al-Sisi? Mi vergogno a citare queste cifre: nel 2018 abbiamo venduto armi per 69 milioni di euro e nel 2019 siamo balzati a 871 milioni.

Nel 2020 abbiamo venduto al Cairo due fregate per il valore di 1.3 miliardi di euro. Ma ora è in atto la trattativa per la vendita di quattro fregate, venti pattugliatori, 24 caccia Euro-fighter e altrettanti addestratori M346 per un valore di circa 10 miliardi di euro!

Armi che verranno usate per reprimere il popolo egiziano, ma anche per appoggiare il generale Haftar della Cirenaica (Libia) in lotta contro il governo di al-Sarraj (Tripoli) sostenuto dal governo italiano e dalla comunità internazionale.

Ma allora perché vendiamo armi ad al-Sisi? È solo business: noi vendiamo a tutti pur di far soldi. Diciamoci la verità: la politica estera dell’Italia non è fatta dal nostro ministro degli Esteri, ma da Finmeccanica (Leonardo), l’industria delle armi, e dall’ENI (Descalzi).

Infatti l’ENI ha scoperto a Zhor (Egitto) un grande giacimento di gas. Non c’è più politica estera, ma la politica degli affari. E tutto questo avviene in violazione della Legge 185 (una delle migliori in Europa) che vieta al governo di vendere armi a Paesi dove vengono violati i diritti umani o in guerra. E l’Egitto di al-Sisi è uno degli esempi più noti per violazione dei diritti umani, ed è anche in guerra al fianco del generale Haftar in Libia.

È mai possibile che questa legge continui ad essere impunemente violata? È mai possibile che così tanti giuristi italiani impegnati non riescano a portare in tribunale il nostro governo?

Ma per fare questo c’è bisogno di forti campagne popolari. Un modo efficace è certamente coinvolgersi nella campagna Banche Armate (promossa dalle riviste NigriziaMosaico di paceMissione Oggi e da Pax Christi) che invita i cittadini a ritirare i propri soldi da quelle banche che pagano per la produzione e vendita di armi (in Italia, le due che investono di più in armi sono Unicredit e Deutsche-Bank).


E l’altro modo è far sì che l’opinione pubblica si faccia sentire con sempre più forza. Siamo tutti grati ai genitori di Giulio Regeni che continuano, senza stancarsi, a smascherare la politica del governo Conte: «Questo governo – così hanno detto – ci ha traditi». Insieme a loro, dobbiamo tutti chiedere subito il ritiro del nostro ambasciatore al Cairo, cosa che il governo continua a rifiutare. Ma dobbiamo anche dire grazie all’Università di Bologna e ai tanti studenti che richiedono la liberazione di Patrick Zaki, dato che è uno studente di quell’Ateneo. Sempre più cittadini devono coinvolgersi in questa campagna.

Non possiamo lasciare la politica estera nel nostro Paese nella mani dei “mercanti di morte” o delle multinazionali del petrolio e del gas. Non possiamo cedere: ne va della nostra stessa democrazia e del futuro della nostra nazione.