dalla pagina https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2020-10/covid-project-coronavirus-ranganathan-clima-economia.html
Papa
Francesco ne è certo e lo ripete a tutti: dalla pandemia si esce migliori o
peggiori. La crisi globale chiede un ripensamento dei parametri della
convivenza umana in chiave solidale. Su questa idea si basa il Progetto “Covid
19 Costruire un futuro migliore”, creato in collaborazione dal Dicastero per la
Comunicazione e dello Sviluppo Umano Integrale: offrire un percorso che dalla
fine della pandemia porti all’inizio di una nuova fraternità
VATICAN NEWS
È una questione di prospettiva. Il mondo messo in quarantena
dal coronavirus, sospeso nell’evoluzione delle sue attività, vuole ritrovare il
suo senso di marcia ma deve stare attento a imboccare la strada giusta.
Soprattutto a non commettere errori già commessi. Primo fra tutti pensare che
la salute passi dalla crescita economica. “La crescita è l'obiettivo sbagliato.
Ciò a cui dobbiamo puntare è lo sviluppo umano - lo sviluppo umano
sostenibile”, afferma Janet Ranganathan, vicepresidente del
“Research, Data, and Innovation of World Resource Institute”, una delle esperte
chiamate da Papa Francesco nella Commissione vaticana Covid-19. La Ranganathan
lancia un’idea. “Un primo passo concreto – propone – potrebbe essere la
convocazione, da parte di Papa Francesco, di un summit con altri leader
religiosi per realizzare un ‘Circolo virtuoso di sostenibilità’ che continui ad
espandersi fino a coinvolgere l'intero pianeta”. Per evitare che il conto
salato del virus lo paghino soprattutto i poveri.
Lei fa parte della Commissione vaticana COVID 19, il
meccanismo di risposta istituito da Papa Francesco per far fronte a una
pandemia senza precedenti. Personalmente, cosa spera di imparare da questa
esperienza? In che modo la società, nel suo complesso, potrà trarre ispirazione
dal lavoro della Commissione?
R. – Spero di imparare di più sul ruolo che la Chiesa
svolge per fare fronte alle crisi globali. Le stesse cause di fondo hanno
probabilmente avuto un ruolo nelle precedenti crisi documentate, ad esempio,
già nella Bibbia: “leader” che rappresentano solo i pochi privilegiati, il
consumo eccessivo delle risorse naturali, la preoccupazione per l'oggi a
discapito del domani, la scarsa trasparenza e responsabilità e l’incapacità di
valutare come gli effetti dei problemi e delle risposte si riflettano poi nel
tempo e in un sistema calibrato di chi ne riceve i benefici e chi ne paga i
costi. La Commissione ispirerà altri (e noi stessi!) se collaboreremo veramente
alla creazione/sperimentazione di approcci che risolvano le cause che stanno
alla radice del cambiamento climatico, dell'insicurezza alimentare e idrica,
delle malattie e della disuguaglianza massiccia. L’imperativo alla
collaborazione non è mai stato più grande.
Papa Francesco ha chiesto alla Commissione COVID 19 di
preparare il futuro invece che di prepararsi per il futuro. In questa impresa,
quale dovrebbe essere il ruolo della Chiesa cattolica come istituzione?
R. – Papa Francesco dovrebbe unire le sue forze con
quelle degli altri leader religiosi per creare un movimento globale e locale
che chieda, voti a favore e conduca il discorso sulla preparazione di un futuro
sostenibile. La Commissione può fornire le motivazioni, le tappe fondamentali e
le indicazioni a sostegno di questo movimento. Il tempo è essenziale.
Quali insegnamenti personali (se ce ne sono) ha tratto
dall’esperienza di questa pandemia? Quali cambiamenti concreti spera di vedere
dopo questa crisi, sia da un punto di vista personale che globale?
R. – La pandemia mette in luce il rischio che deriva
dall'interconnessione ambientale, sociale ed economica a livello globale. Ogni
crisi globale (cambiamenti climatici, pandemie, insicurezza alimentare e
idrica, recessioni, migrazioni), inasprisce i problemi e le vulnerabilità
esistenti, soprattutto per i poveri. Personalmente, ho avuto la sensazione che
la pandemia abbia creato un divario ancora maggiore tra me e la mia famiglia
“globale”. Dopo la fine di questa crisi, spero che la disuguaglianza salga in
cima alle agende politiche di tutto il mondo e diventi una priorità assoluta
anche per la mia organizzazione. Il cambiamento climatico e la disuguaglianza
hanno alla base cause simili. Devono essere affrontati insieme.
Non sappiamo con certezza l’origine del coronavirus,
ma sappiamo quali danni può provocare e sta provocando. Può esserci un
collegamento tra la pandemia di Sars-cov-2 e i cambiamenti climatici? Cioè, il
virus può essere un segnale del nostro tardo agire?
R. – È troppo presto per fare affermazioni ufficiali
sull'origine della pandemia di Covid. È probabile che sia di origine zoonotica.
Le malattie zoonotiche e il cambiamento climatico hanno un motore comune: la
conversione degli ecosistemi naturali. La perdita di habitat naturali porta a
un forte avvicinamento tra animali selvatici ed esseri umani. Il cambiamento
del territorio, in particolare la deforestazione, è uno dei principali fattori
che contribuiscono al cambiamento climatico (producendo circa l'11% dei gas
serra globali). Il cambiamento climatico, a sua volta, influisce sulla
diffusione delle malattie, modificando le dinamiche serbatoio-vettore e creando
nuove nicchie ecologiche per le malattie e i loro vettori. I governi possono
affrontare in modo congiunto le cause comuni che sono alla radice delle
pandemie zoonotiche e del cambiamento climatico, e dare priorità agli sforzi
per “decarbonizzare” le loro economie nei pacchetti di ripresa economica.
Quindi, se la comunità internazionale si impegna in
modo decisivo contro l’emergenza climatica, questo può trascinare l’economia
mondiale verso la crescita?
R. – La crescita è l'obiettivo sbagliato. Ciò a cui
dobbiamo puntare è lo sviluppo umano - lo sviluppo umano sostenibile. Questo è
ciò che chiedono gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Troppi governi hanno perseguito la crescita economica, permettendo che
diventasse il "fine" piuttosto che il "mezzo". Questo ha
contribuito a far crescere le disuguaglianze e il degrado della base di risorse
naturali che sostiene la vita sulla terra. Un'azione efficace contro il
cambiamento climatico deve essere parte integrante degli sforzi per ricablare
le economie, in modo da realizzare uno sviluppo sostenibile. Ciò richiede uno
spostamento dell'attenzione per affrontare le cause che sono alla radice delle
disuguaglianze e del degrado ambientale, come interessi particolari,
sovraconsumo, mancanza di trasparenza e di responsabilità eccetera, come ho
detto prima.
Ma la crescita da sola non basta, se i suoi benefici
non sono più equamente distribuiti. E senza una migliore distribuzione delle
ricchezze, ci sono scarse possibilità di lottare in modo coordinato contro
l’emergenza climatica. È d’accordo?
R. – Sì, proprio così. Abbiamo bisogno di parametri
migliori per misurare lo stato di salute di un'economia. Il PIL esclude il
valore delle risorse naturali e il costo delle esternalità ambientali. Un Paese
può degradare il proprio suolo, abbattere le foreste, inquinare le acque
facendo passare queste attività per contributi economici positivi. Gli
obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu possono misurare ciò che il PIL non
fa, ma la loro completezza (17 OSS, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, 169
obiettivi e 232 indicatori) non è sufficiente per fornire ai responsabili
politici il necessario quadro di riferimento ristretto. Per affrontare questo
problema, i governi possono coinvolgere i cittadini nella definizione delle
priorità degli OSS e degli obiettivi più rilevanti per il contesto del loro
Paese.
Ancora una volta appare evidente che siano ben note le
soluzioni che potrebbero offrire a tutti un futuro sostenibile in questa nostra
“casa comune”, che dobbiamo consegnare alle generazioni future in condizioni
migliori rispetto a quelle in cui si trova oggi. Ma è altrettanto netta la
sensazione che si stia facendo poco o niente. Perché?
R. – Una soluzione non è tale a meno che non sia
effettivamente implementata per risolvere un problema. E poiché la maggior
parte dei problemi globali di cui mi sto occupando sta peggiorando, o non
abbiamo le "soluzioni" giuste o non riusciamo a far fronte alle forze
che ne impediscono l’adozione. Torno su quello che dicevo prima: dobbiamo
affrontare le cause che sono alla radice della disuguaglianza e del degrado
ambientale. Le stesse cause che sono alla loro radice si manifestano come forze
che si oppongono all'adozione di soluzioni promettenti e che possono offrire a
tutti un futuro sostenibile nella nostra "casa comune". Il detto
"l'economia descrive il problema, la governance lo
spiega" coglie nel segno. Dobbiamo rafforzare i nostri sistemi di governance,
locali e globali, per offrire un futuro più sostenibile ed equo. La Chiesa può
aiutare a catalizzare la richiesta di tali cambiamenti.
C’è ancora chi sostiene che la battaglia contro i
cambiamenti climatici è affare degli ambientalisti. Papa Francesco nella Laudato
si' afferma che “il clima è un bene comune”, quindi un problema di
tutti. Nei governi c’è questa consapevolezza? O importa poco il fatto che “nei
prossimi decenni probabilmente gli impatti più pesanti ricadranno sui Paesi in
via di sviluppo”?
R.
– Ogni volta che leggo un rapporto che fa riferimento al cambiamento climatico
come a un problema ambientale, mi viene voglia di cancellarlo e sostituire con
"problema di sviluppo". Il cambiamento climatico è un moltiplicatore
di rischio per le altre sfide dello sviluppo tra cui l'insicurezza alimentare e
idrica, la disuguaglianza, i conflitti e le migrazioni causate dalla mancanza
di risorse, le malattie, gli incendi - per citarne solo alcune. E mentre i suoi
effetti ci danneggeranno tutti, i Paesi poveri e i gruppi vulnerabili saranno
sicuramente quelli colpiti più duramente. La mia sensazione è che nella maggior
parte dei governi ci sono individui che colgono questo aspetto, ma le loro voci
non sono quelle della maggioranza e raramente sono quelle più forti. Per
affrontare questo, avremo bisogno di un movimento globale sostenuto dal basso
che chieda di agire. Qui la Chiesa può svolgere un ruolo importante per
preparare un futuro sostenibile, catalizzando e incanalando il movimento.