giovedì 21 marzo 2019

Siccità e inondazioni in Kenya. La furia del ciclone in Mozambico, Malawi e Zimbabwe

dalla pagina https://ilmanifesto.it/siccita-e-inondazioni-il-ciclo-letale-in-kenya-un-milione-di-vite-a-rischio/

Siccità e inondazioni, il ciclo letale. In Kenya un milione di vite a rischio

Allarmi inascoltati. L'emergenza si ripropone al nord, dove l'80% dei residenti vive sotto la soglia di povertà

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Correva l’anno 2017 quando una grande siccità metteva a rischio la vita di oltre tre milioni di keniani, poi arrivò maggio 2018 e la vita degli abitanti della Rift Valley fu sconvolta da inondazioni che causarono almeno 100 morti e 242 mila sfollati.
SIAMO A MARZO 2019 e il tandem sembra ripetersi: la siccità sta mettendo a rischio la vita di più di un milione di persone in 12 delle 47 contee del Kenya.
Siccità e inondazioni determinano l’erosione dei suoli, ne impoveriscono la fertilità e di conseguenza la produttività (un recente studio indica la tendenza al ribasso di tutti i principali parametri di fertilità: il 45% dei terreni risulta acido, con carenze di azoto, fosforo e zinco). Non c’è humus, i terreni non trattengono l’umidità: la conseguenza è l’arrivo della siccità subito dopo le piogge: di conseguenza la produzione sia alimentare che vegetale è del 30% al di sotto della media. L’altro effetto è la perdita di impieghi nel settore agricolo che da solo garantisce il 42% dei posti di lavoro in buona parte piccoli agricoltori che da soli contribuiscono al 75% della produzione agricola totale. Questo alternarsi di siccità interrotte da inondazioni si è verificato nel 2004, 2006, 2009, 2011, 2014, 2016, 2017, 2018.
L’EPICENTRO DEL PROBLEMA è sempre il nord del Paese (Turkana, Isiolo, Garissa, Wajir, Kilifi, Baringo, Marsabit, fiume Tana, Samburu, Mandera, Kitui e Makueni), ma tra le 12 contee c’è anche Kajado che coincide con la vasta periferia della capitale. Tutte zone dove abitualmente l’80% dei residenti vive sotto la soglia di povertà, persone che non hanno scorte alimentari o di acqua, che vivono solo di pastorizia e quando la pioggia non arriva si muovono, seguono le stagioni, vanno alla ricerca di pozzi, si scontrano con altri gruppi per difendere pascoli e sorgenti, ma a un certo punto, dopo aver seguito ogni possibile itinerario si fermano e aspettano, perché l’unica cosa da fare e sperare nella pioggia. L’unica cosa che come l’amore non sceglie l’erba su cui cadere.
La National Drought Management Authority, autorità per la gestione della siccità, ha lanciato un appello dopo che oltre agli animali sono morte anche le persone. Il governo ha stanziato 1,35 miliardi di scellini (13,4 milioni di euro) per fornire aiuti alle popolazioni. Il vicepresidente del Kenya, William Ruto, ha dichiarato da Nairobi che «si tratta di una situazione ricorrente, ma non grave come l’anno scorso».
I TURKANA tramite uno dei loro leader, Francis Loropiyae, sostengono che avevano lanciato l’allarme nelle scorse settimane, ma nessuno li aveva presi sul serio: «Ci dicevano che stavamo mentendo». I primi anziani hanno iniziato a morire secondo quanto riferito dal chief di Kositei Jack Ronei «almeno 4 persone sono morte in conseguenza della fame e insieme a loro anche centinaia di animali». Ma questo è solo la parte più estrema del problema perché «quelli che sono vivi sopravvivono mangiano frutti selvatici come il sorich, che deve essere bollito per molte ore prima di eliminare il veleno e renderlo commestibile, anche se soprattutto, i bambini e gli anziani, dopo averlo mangiato soffrono di diarrea e vomito, ma non hanno scelta perché non c’è altro». A peggiorare la situazione sono arrivate le cavallette.
Il governo ha fatto arrivare i primi sacchi di mais e fagioli. Per Noellah Musundi della Croce rossa internazionale «non dovremmo mai permetterci di arrivare a questo punto».
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La furia del ciclone Idai colpisce duro il Mozambico

Si temono oltre mille morti. La città di Beira distrutta al 90%. È emergenza anche in Malawi e Zimbabwe. E le prossime ore saranno critiche perché il livello delle acque è destinato a salire


Comunicazioni interrotte, ponti sbriciolati, intere città investite prima da raffiche di vento a 170 km orari, poi sommerse dall’acqua e dal fango per effetto delle piogge torrenziali che hanno fatto impazzire i fiumi; centinaia di migliaia di persone prive di rifornimenti, assistenza medica ed energia elettrica da giovedì scorso.
DA QUANDO CIOÈ IL CICLONE «Idai» si è abbattuto sulla costa centrale del Mozambico e ha proseguito la sua corsa verso l’interno, flagellando per giorni tutta la regione e causando inondazioni, distruzione, morte anche in Malawi e in Zimbabwe. Con un bilancio di vittime drammatico, che al momento è possibile solo ipotizzare. E localizzare come sempre nelle periferie urbane più degradate, nelle bidonville di lamiera o nei villaggi rurali più remoti, tra le fasce particolarmente fragili della popolazione civile.
IERI LE CIFRE UFFICIALI parlavano di circa 100 morti e 200 dispersi in Zimbabwe, quasi tutti nel distretto di Chimanimani, dove i soccorsi sono complicati dal crollo di ben 8 ponti; il bilancio in Malawi è invece di 56 vittime, centinaia di feriti e circa 90 mila sfollati.
Per il Mozambico ieri il conto era fermo a 84, ma già lunedì il presidente Filipe Nyusi rilevava come tutto facesse pensare a un numero di vittime superiore a mille. Le foto aeree e satellitari della regione colpita, per ora unici occhi aperti sulla tragedia, restituiscono in effetti un quadro agghiacciante: infrastrutture, aziende agricoli, villaggi e interi quartieri spazzati via.
PARTICOLARMENTE GRAVE appare la situazione nella città costiera di Beira, il quarto centro urbano del paese con quasi 500 mila abitanti, che risulta distrutto al 90% e con l’Ospedale centrale in buona parte fuori uso. In queste ore sono attese tre navi con cibo e medicine inviate dal governo indiano. Anche la Cina, che proprio a Beira stava per investire 120 milioni di dollari nel nuovo porto e sulle potenzialità del Mozambico con i suoi 3 mila km affacciati sull’Oceano Indiano crede molto, ha subito predisposto degli aiuti per i tre paesi sconvolti dal ciclone. Un aereo italiano è partito base Onu di Brindisi con un carico di attrezzatura di primo soccorso e assistenza.Da ieri sono a Beira anche delle squadre di soccorritori inviate dal vicino Sudafrica.
E Il governo mozambicano ha spostato qui la riunione d’emergenza che era prevista ieri nella capitale Maputo e si è poi protratta fino a tarda sera. Notizie frammentarie arrivano dal resto della provincia di Sofala, la più duramente colpita.
IN TOTALE SONO QUASI 2 MILIONI le persone coinvolte nell’emergenza e le prossime 48 ore saranno ancora critiche per il livello delle acque che in molte zone è destinato a salire ulteriormente, come fa sapere l’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha). Ad alto rischio sono i bacini dei fiumi Buzi e Pongoe e ancora i quartieri periferici della stessa Beira e di Dondo, importante centro dell’interno.