Daniela Fassini mercoledì 13 marzo 2019
Arriva anche in Italia il Global strike, lo sciopero dei giovanissimi per la difesa dell'ambiente. Attesi domani cortei in 140 città. E per una volta, i politici non avranno la parola
Riccardo, 13 anni, frequenta la scuola media. Francesca, 18 anni il liceo classico. Martina, 18 anni, il linguistico. Luca, 20 anni va all’università, come Federica, 24 anni. Sono solo alcuni dei giovani studenti che da qualche settimana, ogni venerdì, hanno aderito ai Fridays for future (i venerdì per il futuro, ndr) il movimento verde della giovane e ormai icona mondiale Greta Thunberg. Anche domani scenderanno in piazza per il primo Global strike, lo sciopero mondiale per chiedere ai politici un cambio di marcia. Provvedimenti per fermare il surriscaldamento del pianeta e contrastare i cambiamenti climatici. Rispetto all’onda verde che ha invaso l’Europa e il mondo intero, il movimento dei Fridays in Italia è arrivato più tardi (i primi presìdi del venerdì risalgono a fine dicembre). Ma in un paio di mesi ha già raccolto centinaia di attivisti. Tutti giovani, molti adolescenti (ma anche più piccoli) sostenuti dai genitori e dagli insegnanti. Tanto che in molte scuole, sono stati gli stessi dirigenti scolastici a diramare la circolare per informare e sostenere lo sciopero globale per il clima di domani.
«L’invito è di scendere in piazza» si legge ad esempio sulla circolare del Liceo scientifico Morgagni di Roma. Ma non ci si limita ad annunciare la protesta. La dirigente scolastica, infatti, invita i docenti a far vedere agli studenti due documentari, "Sei gradi possono cambiare il mondo" e "Before the flood - punto di non ritorno".
Intanto c’è fermento sul web. Da dove tutto è partito. Appuntamenti, presidi, incontri e dibattiti si rincorrono sui social e su WhatsApp. A Roma sono 50 gli utenti "attivisti" che animano 20 gruppi di messaggistica. «Si tratta di giovani che si sono mossi autonomamente – spiega Gianfranco – e che da giorni si stanno organizzando per la manifestazione di domani». In piazza non ci saranno sigle, l’unica ammessa è quella del Global strike.
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Il fatto della settimana. Parlano i giovani promotori delle manifestazioni in tutta Italia: «Difendiamo la Terra dai Grandi che la distruggono» In piazza anche prof e genitori
di Linda Maggiori
Anche nelle città italiane si espande la protesta studentesca contro il riscaldamento globale, sull’esempio di Greta Thunberg, sedicenne svedese, che a fine agosto 2018 aveva iniziato lo «sciopero scolastico per il clima». Greta continuò lo sciopero per tre settimane, poi ogni venerdì mattina. «Dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa, invece gli state rubando il futuro», disse ai governanti di tutto il mondo, riuniti a Katowice, in Polonia, nel dicembre 2018. Poi, rivolta ai suoi coetanei, chiese loro di unirsi alla protesta con l’hashtag #Fridaysforfuture, #Climatestrike. Dalla Svezia, al Belgio alla Germania, dalla Francia all’Italia, ma anche oltreoceano, in tutto il mondo, milioni di ragazzi scendono in piazza ogni venerdì.
«Ero dormiente, finché ho sentito Greta parlare», racconta la ventenne Silvia Rigo del gruppo Fridays for future di Trento. «Greta è stata il primo lume, la prima fiammella, che ha incendiato la nostra generazione e non solo, non stavamo aspettando altro».
Universitari e liceali, ragazzini delle medie, ma anche i piccoli delle elementari, genitori, insegnanti, giovani e meno giovani, con cartelli e striscioni, protestano contro l’inerzia della politica. L’appuntamento che si danno è ogni venerdì, per poi confluire nel grande sciopero globale del 15 marzo. C’è chi è alla prima militanza ambientalista, e chi, come Aran Cosentino, nonostante i suoi 16 anni, ha già lottato per l’ambiente: «Sono cresciuto nella Valle del Natisone, in mezzo al bosco. Lo scorso anno mi sono battuto per salvare il torrente vicino casa,l’Alberone, uno degli ultimi torrenti alpini incontaminati in Italia, dal progetto di una centralina idroelettrica». Ci spiega: «Io non sono contro l’energia idroelettrica, ma in questo caso il progetto era inutile e dannoso, mi sono documentato, ho raccolto firme, e così è stato bloccato». Da gennaio Aran è entrato nel coordinamento nazionale del Fridays for Future e ogni venerdì si unisce ai giovani in piazza a Udine.
Anche Mia, 10 anni, domani andrà a manifestare in piazza a Vercelli. Seria e concentrata, spiega che «i grandi hanno fatto molti errori e stanno distruggendo la Terra, che è la nostra casa, l’unica che abbiamo. Questo rovinerà il mio futuro».
I dati sono incontrovertibili, i ragazzi chiedono solo di ascoltare gli scienziati: la concentrazione di anidride carbonica ha superato la media di 410 parti per milione (ppm) il livello più alto in almeno 800.000 anni. Gli scienziati ritengono che il mondo non abbia mai vissuto un aumento dei livelli di CO2 così veloce e intenso come questo, e che restano 12 anni prima di superare 1,5 gradi, con cambiamenti in tutto l’ecosistema totalmente irreversibili.
«È arrivato il momento di affrontare la crisi climatica come una crisi», scrivono i ragazzi del gruppo internazionale di coordinamento dello sciopero giovanile sul clima in una lettera aperta: «Non ci piegheremo a una vita di paura e devastazione. Abbiamo il diritto di poter vivere i nostri sogni e le nostre speranze».
Gli studenti mettono in discussione la stessa scuola. Secondo Silvia Rigo, «di riscaldamento globale e di ambiente a scuola se ne parla poco e male, si approfondisce solo se si ha la fortuna di incontrare qualche professore particolarmente virtuoso.
Ma non si può certo affidare il futuro alla fortuna ed è anche per questo che scioperiamo». Una posizione condivisa anche da Kladi Karaj, diciottenne da pochi giorni, che sta organizzando lo sciopero a Faenza: «Purtroppo nella mia scuola non si affronta minimamente il problema ambientale, non se ne parla. La mia scuola non appoggia né ostacola il nostro sciopero, resta indifferente. Ma non importa, noi andiamo avanti. Dopo il 15 marzo vorrei chiamare a parlare all’assemblea di istituto un esperto sui cambiamenti climatici». Nel quotidiano questi ragazzi spesso agiscono con più coerenza degli adulti: «Giro sempre in bici o coi mezzi pubblici, non mi interessa comprare un’auto né prendere la patente».
Giovanni Mattioli, studente di Medicina, tra gli organizzatori dei Fridays for future di Perugia, ci spiega: «Nel nostro gruppo siamo universitari, liceali e ragazzini delle medie, ma anche prof, genitori e pensionati. Vogliamo che siano rispettati gli accordi di Parigi sul clima ma abbiamo anche rivendicazioni più locali: vogliamo un sistema di trasporti pubblici efficiente e ben connesso, consumo di suolo zero, energia rinnovabile, rivogliamo il vuoto a rendere. Vogliamo soprattutto che nelle scuole si facciano corsi sul tema dell’ambiente».
In Italia un ampio gruppo di associazioni, giornalisti, attivisti, sostengono la protesta. «Prendiamoci in mano i destini della Terra e obblighiamo i governi a seguirci», recita l’appello comparso su Change.org.
«Sono cresciuto nella Terra dei Fuochi, in un ambiente violentato dall’uomo», racconta Vincenzo Mautone, 19 anni, studente universitario di Napoli, originario di Caivano. Con alcuni suoi amici e docenti ha creato il gruppo Friday for future di Napoli. A tutti quelli che dicono che scendere in piazza è inutile, Vincenzo lancia un messaggio: «Manifestare non è ridicolo, genera cambiamento. Mentre volantiniamo entriamo nei negozi e parliamo con i negozianti, spieghiamo i problemi che causa la plastica usa e getta, invitiamo a cambiare». La mappa dei Fridays for future si aggiorna, la protesta dilaga in quasi tutte le città, con più di 150 gruppi attivi, dal Nord al Sud Italia, dalle grandi città ai paesi.
Isabella Mannini, 25 anni, una delle organizzatrici della manifestazione di Firenze, pensa al dopo: «Continueremo ad organizzare altri presidi. Speriamo di poterci mettere a un tavolo di discussione con le istituzioni». Alcuni ragazzi inoltre sottolineano la necessità di strutturarsi in un movimento democratico, indipendente, apartitico, che si occupa di ambientalismo in maniera diretta.
Ma tanti giovani restano ancora indifferenti: «Trovo incredibile che tanti miei coetanei pensino solo a fare l’aperitivo con il bicchiere e la cannuccia di plastica, a buttare la sigaretta per terra, ad usare la macchina per 100 metri e a fregarsene delle conseguenze», sottolinea con amarezza Caterina Noto, 25 anni, gelataia e studentessa, che per prima ha iniziato la protesta a Bologna.
Tra le ragazzine più attive nel maceratese c’è Aurora, 16 anni, come alcuni la definiscono, la «Greta di Tolentino»: «Ero già impegnata in progetti sui cambiamenti climatici come Plan for the Planet, poi quando ho sentito il messaggio di Greta, ho deciso di scendere in piazza. A Macerata stiamo organizzando una grande manifestazione, spero saremo in tanti».
I ragazzi e le ragazze chiedono ai governanti di rispettare gli accordi di Parigi, ma anche «di cambiare un sistema produttivo e di consumo malato», afferma Silvia Rigo: «Vogliamo far comprendere anche ai più cocciuti che è stata l’indifferenza delle passate generazioni a costringere la nostra a scendere per strada, che tutti i conti oggi devono essere pagati, che cambiare strada non è più un’opzione ma un’irrimediabile necessità».