21 agosto 2016
Abolizione degli Stati nazionali, nascita
di una Federazione, con esercito e moneta unitari
C'era innanzitutto l'idea di abbattere gli Stati nazionali, alla base
del 'Manifesto per l'Europa' scritto a Ventotene da Altiero Spinelli,
Eugenio Colorni e Ernesto Rossi tra il 1941 e il 1944. Culture diverse -
un ex comunista, un socialista e un liberale - ma un destino comune da
confinati, tutti e tre vittime del regime fascista e spettatori
forzatamente passivi di una guerra mondiale. Durante gli anni di
soggiorno forzato sull'isola pontina - dove lunedì il premier Matteo
Renzi incontrerà Angela Merkel e François Hollande - cercarono di
studiare le cause del conflitto in corso arrivando alla convinzione,
come scrive Colorni nella prefazione, che "la contraddizione essenziale,
responsabile delle crisi, delle guerre, delle miserie e degli
sfruttamenti che travagliano la nostra società, è l'esistenza di Stati
sovrani" che inevitabilmente considerano "gli altri Stati come
concorrenti e potenziali nemici".
Questi i "princìpi fondamentali" attorno ai quali è costruito il
Manifesto: "Esercito unico federale; unità monetaria; abolizione delle
barriere doganali e delle limitazioni all'emigrazione tra gli Stati
appartenenti alla federazione; rappresentanza diretta dei cittadini ai
consessi federali; politica estera unica".
Ma, appunto, il passo fondamentale è il superamento degli Stati
nazionali: "Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il
quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva
abolizione della divisione dell'Europa in Stati nazionali sovrani".
Per gli estensori del manifesto occorre "costruire un saldo Stato
federale, il quale disponga di
una forza armata europea al posto degli
eserciti nazionali" e che "spezzi decisamente le autarchie economiche,
spina dorsale dei regimi totalitari"; che "abbia gli organi e i mezzi
sufficienti per fare eseguire nei singoli Stati federali le sue
deliberazioni diretta a mantenere un ordine comune, pur lasciando gli
Stati stessi l'autonomia che consenta una plastica articolazione e lo
sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei
vari popoli".
Al contrario, il risorgere degli Stati nazionali vorrebbe dire che "la
reazione avrebbe vinto. Potrebbero pure questi Stati essere in apparenza
largamente democratici e socialisti; il ritorno del potere nelle mani
dei reazionari sarebbe solo questione di tempo. Risorgerebbero le
gelosie nazionali".
In materia economica si prefigura un impianto socialista, ma ben diverso
da quello sovietico. "La rivoluzione europea, per rispondere alle
nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi
l'emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di
condizioni più umane di vita". Questo non vuol dire abolizione della
proprietà privata perché "la statizzazione generale dell'economiaà una
volta realizzata in pieno non porta allo scopo sognato, bensì alla
costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla
ristretta classe dei burocrati gestori dell'economia".
E lo Stato europeo, ovviamente, dovrà garantire "una vita libera, in cui
tutti i cittadini possano partecipare veramente alla vita dello Stato".