Newsletter n. 67 dell'11 marzo 2022
SOTTO I CIELI DELLA GUERRA
Carissimi,
Siamo arrivati al sedicesimo giorno di guerra e ancora non sappiamo se e quando arriverà il cessate il fuoco. Quello che è certo è che il linguaggio della guerra si fa sempre più duro e coinvolge l’opinione pubblica, i media e la cultura ancor più che i governi che da questa e dall’altra sponda dell’Atlantico reagiscono agli eventi. La reazione prevalente non è quella della condanna della Russia per aver sollevato l’ascia di guerra che la Carta dell’ONU voleva definitivamente sepolta, ma quella della partecipazione al conflitto, sia pure con mezzi diversi dal ricorso alla violenza bellica.
I giornali e le TV hanno indossato l’elmetto e arruolano l’opinione
pubblica in una guerra di parole contro il nemico, mentre i governi
studiano sanzioni sempre più pesanti per affondare l’economia e isolare
la Russia dal resto del mondo.
Il governo italiano, adeguandosi a decisioni prese altrove, ha (non solo
simbolicamente) arruolato il nostro Paese nella guerra, decidendo la
fornitura di armi letali (il cui elenco è stato rigorosamente secretato)
all’Ucraina. L’invio di armi ad un Paese in guerra è una violazione
della neutralità. In effetti sia gli USA, sia i principali Paesi
dell’Unione Europea, fornendo le armi, stanno partecipando alla guerra
contro la Russia, mostrandosi disponibili a combattere gli invasori fino
all’ultimo uomo (ucraino). Il Presidente Zelensky, nei suoi continui
collegamenti video con l’Occidente, l’ultimo con il Parlamento inglese,
ricattandoci con le sofferenze del suo popolo ed esaltandone la volontà
di resistenza sino all’estremo, cerca di coinvolgerci direttamente nello
scontro armato chiedendo che la NATO istituisca una “no fly zone” sui
cieli dell’Ucraina. Vale a dire che si impegni in una guerra aerea con
l’aviazione della Russia. La via verso il disastro è aperta, se avessimo
seguito i consigli di Zelensky la terza guerra mondiale sarebbe già
scoppiata. Non è ancora successo, ma siamo ancora seduti sull’orlo
dell’abisso.
Secondo Carl von Clausewitz, la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Questo è quello che ha inteso fare Putin, cercando di tagliare con la spada il nodo dei conflitti politici e d’interesse che lo dividono dall’Ucraina. Però questo assioma si può rovesciare nel suo contrario: la politica può essere la prosecuzione della guerra con altri mezzi. Nel suo articolato saggio pubblicato su Limes il generale Fabio Mini spiega con dovizia di particolari che la guerra non solo era prevedibile, ma era anche prevenibile. Non si è voluto fare niente per prevenirla, anzi fino all’ultimo non si è arretrato di un passo sul principio “non negoziabile” della libertà dell’Ucraina di scegliersi le alleanze che vuole, né si è fatto nulla per fermare le continue violazioni della tregua nel Donbass. Non dobbiamo stancarci di chiedere il cessate il fuoco, però è evidente che non si potrà mai ristabilire la pace se non si pone mano alla soluzione dei nodi politici che hanno innescato la guerra. Ci vuole una visione del futuro. Il 14 agosto del 1941, quando le armate naziste dilagavano dall’Atlantico agli Urali, il Presidente degli Stati Uniti, Roosevelt e il primo ministro inglese Churchill sentirono l’esigenza di tracciare un nuovo scenario prefigurando il mondo che sarebbe venuto fuori dopo la guerra. Per questo rilasciarono una dichiarazione comune, nota come Carta Atlantica, che preconizzava un nuovo ordine mondiale pacifico e divenne la base per la nascita dell’ONU.
Quale futuro ci prefigurano il riarmo della Germania e l’accanimento di USA e GB per l’irrogazione di sanzioni sempre più soffocanti nei confronti della Russia? In particolare continueranno le continue provocazioni allo scontro della Gran Bretagna, volte ad annullare il ruolo internazionale dell’Unione Europea e a destabilizzare l’Euro?
Si uscirà dalla guerra con una nuova Conferenza di Helsinki che rilanci la cooperazione e la sicurezza comune in Europa o si proseguirà la guerra contro la Russia con altri mezzi, cercando di metterla in ginocchio con le sanzioni, come si fece con l’Iraq, di sfiancarla con la corsa al riarmo e di rendere perpetua la nuova cortina di ferro?
Quale futuro dobbiamo aspettarci? Dipende anche da noi.
Nel sito pubblichiamo oltre un estratto dell’articolo del generale Mini (“La via verso il disastro”), un articolo sull’impatto delle sanzioni e un altro di Vincenzo Vita sulla censura di guerra.
Con i più cordiali saluti
www.costituenteterra.it (Domenico Gallo)