domenica 21 febbraio 2021

Lettera del Consiglio Pastorale Diocesano

Consiglio Pastorale Diocesano


Vicenza, 17 febbraio 2021

 

A TUTTE LE SORELLE E A TUTTI I FRATELLI DELLE COMUNITÀ CRISTIANE


Carissime/carissimi,

Siamo i componenti del Consiglio Pastorale diocesano. Come voi tutti, abbiamo vissuto le paure e i drammi di questo periodo pandemico che ha così profondamente segnato le nostre comunità e la società intera. In quest’ultimo anno, mediante un questionario (“Riflessioni sulla pandemia”, agosto 2020), la testimonianza di persone vicine alle situazioni di sofferenza (16 settembre 2020) e l’ascolto di chi, per competenza ed esperienza, poteva suggerire prospettive nuove (2 dicembre 2020 e 10 febbraio 2021), abbiamo cercato parole nuove da vivere con fiducia e speranza. Percepiamo con sempre maggior chiarezza che siamo tutti “sulla stessa barca” e che, prima delle soluzioni, l’importante è condividere le sofferenze e sperare insieme.

Siamo consapevoli che la pandemia non ha fatto altro che “amplificare” e portare allo scoperto certe sofferenze o trasformazioni già in atto da tempo, nella società e nelle comunità. La fede e la preghiera ci assicurano tuttavia che stiamo vivendo un “kairòs”, un momento di grazia, non facile per nessuno, ma in grado di generare un modo nuovo di vivere le relazioni tra di noi.

Nella nostra ricerca ci siamo lasciati condurre da un duplice desiderio: ascoltare le sofferenze dei fratelli e sorelle più colpiti, e lasciarci guidare dalla Parola di Dio. In questo orizzonte, la teologa Stella Morra ci ha invitati “a passare «da Ulisse a Orfeo». «Dobbiamo smettere di essere Ulisse che per non farsi incantare dalle sirene si tappa le orecchie e si lega al palo per restare fermo. Dobbiamo diventare Orfeo, capace di cantare un canto così bello che è lui che incanta le sirene”. In un momento come questo, chi può avere una parola di consolazione se non noi che abbiamo sperimentato la potenza guaritrice della Parola di Gesù? Siamo consapevoli che non abbiamo ricette o facili soluzioni da offrire, ma possiamo presentare ciò che abbiamo vissuto e ascoltato. “Nella fine, c’è l’inizio” ci ha ripetuto il sociologo Mauro Magatti: solo con la preghiera e il discernimento comunitario possiamo cogliere segni esistenziali anche da questa “catastrofe vitale”. Le relazioni di Stella Morra e di Mauro Magatti possono, a nostro avviso, essere utilmente riprese dai Consigli Pastorali unitari e parrocchiali.

Con questa lettera, manifestiamo il desiderio di condividere parole e segni che in questo tempo possono essere fonte di speranza, per tutti noi.

1. Abbiamo sofferto tutti per la mancanza di relazioni e di contatto con gli altri. La solitudine e l’isolamento ci hanno fatto percepire quanto siamo legati gli uni agli altri, fin dal respiro. Se rimaniamo individui isolati, egoistici, narcisisti, non abbiamo futuro.

2. Nei momenti di buio, abbiamo sentito in modo particolare la nostalgia della luce. “Lampada ai miei passi è la tua Parola”: senza la Parola di Dio, il nostro camminare è un vagare senza direzione e la vita non riconosce il senso che la nobilita. A volte, tuttavia, pur avendo la Parola con noi, non sappiamo dare tempo e cuore all’ascolto.

3. Abbiamo sperimentato la nostra fragilità, mentre ci pensavamo onnipotenti, invincibili, perfetti e ciò ha riempito il nostro cuore di paura. È tempo di metterci in ascolto della realtà e di guardarci gli uni gli altri in modo rinnovato, con umiltà, fiducia e cura reciproca.

4. Vecchie povertà si sono rafforzate e nuove povertà sono venute alla luce. La sfida che ci attende è continuare ad alimentare la solidarietà, come singoli e come comunità, partendo dagli ultimi, dalle solitudini, da chi è più fragile, dai contesti sociali che rivelano maggiori criticità. Concordiamo sulla necessità che la vita ecclesiale e sociale pongano al centro dell'attenzione questi “esiliati sociali”, come li chiama papa Francesco in FT 98.

5. Il desiderio di tornare a come eravamo prima della pandemia è la tentazione da evitare, perché significherebbe non aver compreso il messaggio della crisi e sarebbe uno spreco enorme della grazia che il Signore ci vuole donare. Siamo certi che anche in questo tempo, la Grazia del Signore è al lavoro e desidera più che mai il nostro contributo per ricostruire un presente e un futuro migliore, lasciando andare le strutture divenute pesante e inutili.

Alla luce di queste sfide, vorremmo condividere alcune parole di fiducia, di speranza, di stimolo a lasciarsi permeare dalla creatività del Vangelo. Anche in un periodo così faticoso, possiamo contare su tante e nuove risorse che ci permettono di crescere nel “noi” della fede.

1. Il periodo vissuto ha messo a dura prova la nostra fede, che talvolta, ha rasentato la superstizione. Come ne uscirà la nostra fede da questa notte? Sarà più forte, più essenziale, più concreta, o semplicemente più smarrita? Le nostre comunità hanno saputo accettare, comprendere e vivere questo tempo, nella fede?

2. I gesti semplici di una telefonata, di una spesa fatta per l’altro, una visita… ci fanno desiderare di riprendere le relazioni, pur con tutte le accortezze necessarie, per vincere la solitudine e ritrovare la gioia dello stare insieme, di essere comunità. Come ritrovare il gusto della vita comunitaria, con piccoli gesti significativi?

3. Nella catechesi come nell’animazione giovanile, diversi catechisti, animatori, responsabili di associazioni e volontari, in questo tempo, hanno continuato fedelmente il loro servizio, senza chiudersi in sé stessi. Abbiamo visto fare tante iniziative a piccoli gruppi. Sarà molto importante darsi tempo per conoscerle e diffonderle. Ugualmente, ci si può organizzare a piccoli gruppi, in videoconferenza o in presenza, per meditare la Parola e pregare insieme.

4. L’esempio di Cristo che non ha paura di toccare persino i lebbrosi, ci invita a farci prossimi, a non temere di “toccare le ferite”, a mettere in opera forme nuove di ascolto. Nella Parola del Signore incontriamo la luce capace di farci nuovi e discernere in questo tempo di smarrimento, le strade nuove da percorrere per crescere in solidarietà e in fraternità.

5. L’esperienza di questo tempo ci indica il grande valore del tempo donato per ascoltare e incontrare le persone, facendoci “missionari della consolazione” e offrendo “sostegno di vicinanza”. È opportuno, anche nelle nostre comunità ecclesiali, creare luoghi e momenti di incontro tra le persone per condividere il vissuto; creare spazi di dialogo dove ci si racconta liberamente paure e solitudini. Questo a cominciare dai nostri consigli pastorali e dai gruppi parrocchiali.

Carissime e carissimi, questa lettera viene dal cuore e desidera essere un messaggio di condivisione, di fiducia, di vicinanza, e di incoraggiamento reciproco, perché “nella fine, c’è l’inizio” ed è ormai tempo di riconoscere con gratitudine “le cose nuove” che il Signore sta preparando per noi. Sarebbe davvero una pena, lo spreco di tanta sofferenza, il non accorgersene e il non valorizzarla. Spetta a noi assecondare il lavoro della Grazia e permetterle di portare frutti abbondanti nelle nostre vite e nelle nostre comunità. 

Con simpatia, stima e gratitudine,

 

I membri del Consiglio Pastorale Diocesano