sabato 13 febbraio 2021

Fridays For Future: serve un “Whatever it takes” per il clima

dalla pagina https://valori.it/whatever-it-takes-per-il-clima/ 

I ragazzi di Fridays For Future scrivono una lettera aperta a Mario Draghi: il recovery fund deve essere usato per affrontare la crisi climatica


“State scrivendo il recovery fund pensando agli anni Venti, ma del Novecento!”. Inizia così “ritorno al futuro”, un documento redatto da Fridays For Future con 7 proposte per una ripartenza sostenibile, equa e in grado di affrontare le crisi che stiamo vivendo.

7 proposte per una ripartenza sostenibile

Fridays for future chiede che il recovery fund venga utilizzato per finanziare le fonti rinnovabili, eliminando i 18 miliardi annui di sussidi ambientalmente dannosi e approvando una carbon tax. Obiettivo: 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030.

Non solo, si propone di investire nell’efficienza energetica di edifici pubblici e privati e di passare sempre più a un trasporto elettrico possibilmente via rotaia accompagnato da una decarbonizzazione dell’industria, in primo luogo l’automotive. Mettere in cantiere, per il 2030, 200 km di metropolitane, 250 km di servizi tramviari metropolitani, 5.000 km di percorsi ciclabili e nessuna infrastruttura stradale che sia in competizione con queste per il trasporto di merci e persone.

Ci sono poi proposte per i territori fragili, investimenti per adattarsi ai cambiamenti climatici e un fondamentale sostegno alla ricerca pubblica e privata, con focus sulle produzioni circolari. Così come sostegno a una filiera agroalimentare a filiera corta, sostenibile e biologica.

La lettera a Draghi

Questi sono i temi ora sottoposti a Draghi, con una lettera aperta,  dai ragazzi di Fridays For Future. Uno scritto dettato dalla constatazione che in queste consultazioni la crisi climatica sia sembrata relegate a un orpello da sbandierare senza troppa convinzione, salvo poi l’apparizione di un Ministero per la Transizione Energetica non meglio specificato.

In questo video, Laura ci spiega il senso del loro scritto.


Qui il testo della lettera: “In questi giorni sta svolgendo le consultazioni per la formazione di un nuovo Governo. Da quello che i media hanno riportato pare che la crisi climatica ed ecologica non esista. Che non sia stata trattata come una emergenza all’interno delle consultazioni. Abbiamo sentito rievocare molte volte “Whatever It takes”, ormai passata alla storia come “la frase che ha salvato l’Euro”.

Le viene attribuito il merito di aver tenuto insieme l’Unione Europea e sappiamo che – nonostante le criticità – l’Unione è l’unica opzione per fare a differenza in un’emergenza globale come la crisi climatica. Nel 2021 l’Italia è chiamata a fare la Storia: per la prima volta saremo ospiti del G20, e co-ospiti della COP26 – forse la conferenza per il clima più osservata di sempre, dopo che nel 2019 milioni e milioni di persone sono scese in piazza a chiedere azioni e giustizia climatica.

A maggior ragione in questo contesto, la sua prima responsabilità sarà far sì che il clima e l’ambiente innervino ogni aspetto dei fondi del Next Generation EU. Sappiamo infatti che una profonda riconversione ecologica è la migliore strategia anche per creare nuovi posti di lavoro e costruire una società più resiliente, l’unica possibile se vogliamo affrontare l’emergenza climatica.

I ragazzi di Fridays For Future chiedono a Mario Draghi di pensare in primo luogo al clima. Ne deriveranno anche nuovi posti di lavoro

Lo farete?

Come per la gestione della pandemia, anche per la crisi climatica dobbiamo appoggiarci alla miglior scienza di cui disponiamo, che da anni ci indica le misure da intraprendere per seguire un percorso sicuro per restare sotto I +1,5°C di aumento della temperatura media globale.

Proprio assieme a scienziati ed esperti , nelle sere e notti del lockdown, abbiamo scritto Ritorno al Futuro, un progetto con 7 proposte  per una ripartenza sostenibile, equa e in grado di affrontare le tre crisi che stiamo vivendo: sanitaria, economica e climatica.

Ad agosto scorso, lei ha detto che “privare I giovani del futuro è la più grande forma di disuguaglianza”. Il suo governo agirà per non privarci del nostro futuro e garantire giustizia climatica, per non far pagare queste crisi ai più fragili e a chi ha meno responsabilità?

Non che più tempo per “fare il possibile”. Va fatto il necessario “whatever it takes” a qualunque costo.

La sentiremo citare di nuovo, tra un po’ di anni, nei video su YouTube o nei libri di storia, come la “la frase che ha salvato il clima”?

Ai posteri l’ardua sentenza. A questo Governo, però, la scelta di garantirci o negarci il futuro”.

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dalla pagina https://altreconomia.it/la-transizione-ecologica-o-mette-in-discussione-la-crescita-o-non-e-vera-transizione/

La transizione ecologica o mette in discussione la crescita o non è “vera” transizione

Efficienza e riduzione sono le due gambe della transizione ecologica, scrive Francesco Gesualdi, fondatore del Centro nuovo modello di sviluppo e anima del consumo critico. Altrimenti resisterà il “gigantismo” capitalista e il suo “mito della ricchezza”, causa del degrado attuale e nemico della dignità delle persone


Dopo aver messo il Pianeta a ferro e a fuoco, ora il sistema capisce di dover fare qualcosa, ma lo fa con lo stesso istinto che ha provocato il disastro e non fa che ingannare se stesso. Diciamolo chiaramente: il Pianeta vive uno stato di crisi a 360 gradi che si manifesta sotto due forme. L’assottigliamento delle risorse e l’accumulo dei rifiuti. 

Per quanto riguarda le risorse, fino a ieri la preoccupazione principale era il petrolio, oggi si guarda soprattutto all’acqua, alla terra fertile, alla biodiversità, alle foreste, ma anche ai minerali, in particolare le cosiddette terre rare che stanno alla base delle nuove tecnologie dell’energia rinnovabile, della digitalizzazione, della robotizzazione. Ma è rispetto ai rifiuti che il sistema sta tentando la più grande operazione di autoinganno facendoci credere che il problema sia limitato all’anidride carbonica. Da quando abbiamo scoperto che il clima ha già cominciato a cambiare e che le sue conseguenze possono essere catastrofiche per gli eventi estremi che possono condurre ad alluvioni e canicole, alla desertificazione, alla perdita di raccolti agricoli, a migrazioni di massa connesse all’innalzamento dei mari, anche i capi di Stato hanno riconosciuto che bisogna cercare di ridurre le emissioni di gas serra. 

Ma che dire della plastica che si sta accumulando ovunque e che ci torna indietro sotto forma di particelle dissolte nell’acqua che beviamo e nei pesci che mangiamo? E che dire dei veleni e delle sostanze chimiche che ogni anno buttiamo a milioni di tonnellate sui suoli agricoli che oltre a provocare l’avvelenamento delle falde acquifere, ci fanno perdere migliaia di tonnellate di suolo fertile? E che dire delle polveri sottili che appestano l’aria delle città esponendo a rischio cancro non solo i nostri polmoni ma qualsiasi altro organo?

Se facciamo un’analisi seria del come siamo arrivati a tanto degrado, scopriamo che parte della colpa è di una mentalità che considerando la natura un bene senza valore, l’ha trattata come un magazzino da saccheggiare e una pattumiera da riempire. Ma l’altra pezzo di colpa sta nei miti posti a fondamento della concezione capitalistica: il mito della ricchezza, della mercificazione, dell’accumulo, dell’onnipotenza. In una parola il mito della crescita che ha portato al gigantismo, all’inurbamento, al produttivismo, al consumismo, all’accelerazione, da cui derivano tutti i nostri guai. Dunque se volessimo davvero fare pace con la natura e riportarci nel perimetro della sostenibilità, quella vera che tiene conto dell’equità a livello planetario e del rispetto delle generazioni future, è la crescita che dovremmo mettere in discussione. Ma da questo orecchio il sistema non ci sente e riduce tutto a una questione di efficienza. 

continua