mercoledì 17 febbraio 2021

In Quaresima, la Parola

Commento ai vangeli della Quaresima a cura di Donatella Mottin

 

La quaresima di quest’anno, anche per la fragilità del tempo storico che stiamo vivendo, non deve essere un periodo in cui vivere in un modo diverso dal solito, ma piuttosto l’occasione di ritagliarsi degli spazi per riflettere sull’Esodo che è la vita di ciascuna/o soprattutto in questo periodo di pandemia, moderno “deserto” da attraversare con difficoltà e scelte da operare, perché sia anche occasione per scoprire la presenza di Dio in queste note esistenze piccole e fragili.

 

Mercoledì delle Ceneri / Mt 6,1-6.16-18

La giustizia, aiutata dalla carità, il digiuno e la preghiera sono elementi per cercare di attuare la volontà di Dio, presenti in tutte le religioni pur con modalità diverse. È particolarmente significativa, in questo brano di Matteo, l’indicazione che Gesù dà rispetto a dove pregare: non in piena vista nella sinagoga e ancor meno agli angoli delle piazze per essere guardati, ma egli esorta a entrare nella propria camera e a chiudere la porta.

A quel tempo, nelle povere case ebree, non c’erano certo le camere e la parola che è stata così tradotta, indicava la dispensa, il luogo più nascosto e chiuso dell’abitazione, dove si teneva quanto serviva alla vita di ogni giorno. Ecco, Gesù ci indica di metterci a pregare lì, dove siamo davvero soli, dove possiamo essere autenticamente noi stessi: nel nostro cuore. Stare davanti a Dio senza riempirci di parole, nel silenzio che ci permette di ascoltarlo. È la preghiera più profonda, la più semplice e nello stesso tempo la più difficile; che non dice nulla perché osa fidarsi del fatto che Dio conosca già di cosa abbiamo realmente bisogno e che a noi spetti solo di comprenderlo.

 

I domenica di quaresima / Mc 1,12-15

Spesso invochiamo lo Spirito perché ci sostenga e ci illumini nelle nostre scelte, soprattutto nei momenti più difficili. E altrettanto spesso rischiamo di pensare che se lo Spirito è con noi, siamo protetti da quanto di brutto ci può accadere. Marco ci ricorda che non è così, o non è solo così; lo Spirito sospinge, conduce Gesù nel deserto. I verbi tradotti tolgono la forza del termine usato che meglio ci presenta l’intenzionalità dell’evangelista: lo Spirito “scaraventa Gesù fuori” nel deserto. Non in un posto privilegiato, ma nelle incertezze, nelle domande, nelle prove da attraversare: scaraventato nella vita, la nostra di esseri umani, dove tentare di realizzare l’armonia con il cosmo (le bestie e gli angeli, la terra e il cielo). Scaraventati nella vita, immersi nella quotidianità e accogliendola tutta, potremmo fare l’esperienza che il Regno di Dio è vicino. Giovanni dirà: il Regno è dentro di voi.

 

II domenica di quaresima / Mc 9,2-10

La trasfigurazione spaventa i discepoli, fa straparlare Pietro che non sa più cosa dire, ma in questa situazione in cui la paura sembra inghiottire l’intera esperienza, il testo ci dice: “venne una luce che li coprì con la sua ombra”. Senza tornare alla presenza della nube di Dio nell’Esodo, possiamo anche solo pensare a Maria. Anche per lei l’esperienza dell’annuncio dell’angelo aveva stravolto la vita, anche lei si chiedeva come fosse possibile, cosa fare, e l’unica rassicurazione era stata quella: “il Signore ti coprirà con la sua ombra”.

Fidarsi di un’ombra, di una nube: che assurda può sembrare la nostra fede!

Improvvisamente, per i discepoli, viene meno la trasfigurazione e non c’è più nessuno, solo Gesù e anche Gesù è solo, il Gesù di ogni giorno, quella presenza che aveva cambiato la loro vita. Gesù che stava salendo a Gerusalemme affrontando il cammino che lo avrebbe portato al compimento della sua vita. È lo stesso cammino di compimento che ognuna/o di noi affronta quotidianamente, riconoscendo anche la normalità della paura e fidandosi di una nube. I discepoli non vedono altri, solo Gesù, ma è con loro, con noi.

 

III domenica di quaresima /  Gv 2,13-25 (s. Perpetua e s. Felicita)

È uno dei pochi passaggi dei vangeli in cui Gesù viene presentato così arrabbiato da agire con una certa violenza. Parla della casa del Padre ridotta a mercato, la casa che re quali Davide e Salomone avevano voluto costruire per Dio. Per gli ebrei era il luogo ritenuto il centro dell’incontro e del dialogo tra il mondo terrestre e il mondo divino, tra gli esseri umani e Dio.

Alla casa del Padre Gesù contrappone il tempio del suo corpo. È una affermazione straordinaria che non vuole semplicemente fare riferimento alla sua morte e risurrezione, ma che stravolge la tradizione giudaica. È il corpo di Gesù il nuovo tempio di Dio, il corpo di ogni uomo e di ogni donna è il luogo/spazio di incontro e dialogo con Dio.

È bello che questo vangelo coincida con il ricordo di Perpetua, vissuta a Cartagine tra il II e il III secolo d.C., e di Felicita, la sua serva. Entrambe cristiane, rifiutano di rinnegare la loro fede e verranno martirizzate sostenendosi a vicenda fino alla morte. Il messaggio di Cristo di uguaglianza e libertà, l’autonomia di scelta rispetto alla propria vita erano un attacco al diritto romano che riconosceva invece la schiavitù e la proprietà del corpo femminile. Perpetua e Felicita avevano partorito da poco quando vengono portate nell’arena per essere sbranate. Avevano dato alla luce due figli e ora il loro corpo “affermava la fede nella vittoria sul male e sulla morte, confermando la stessa fedeltà alla vita”.

 

IV domenica di quaresima / Gv 3,14-21

Nel vangelo di Giovanni la parola mondo, che ha una varietà di significati come universo, creato, umanità intera, assume spesso una valenza negativa, ingloba chi coscientemente o meno, rifiuta la giustizia, l’amore, lo Spirito. Eppure – ci dice Giovanni – questo mondo Dio lo ama profondamente.

Il testo è legato all’incontro con Nicodemo, che come tutti i farisei al tempo di Gesù ( e come spesso noi oggi) immaginava un Messia che separasse puri da impuri, santi da peccatori.

Gesù afferma di non essere venuto per condannare – e il verbo usato indica, ancor prima, giudicare – ma per dirci che Dio vuole che tutti siano salvati (1Tm 2,4) e che tutti abbiano vita in abbondanza (Gv 10,10). Nel tempo di quaresima (che non vuol dire essere tristi!) irrompe la gioia più vera: la nostra fede è credere in un amore incredibile, in un Dio sempre e nonostante tutto innamorato del mondo e dell’umanità.

 

V domenica di quaresima / Gv 12,20-33

In Gesù si fa sempre più evidente verso cosa sta andando e questo provoca in lui paura, un turbamento che dilaga internamente, espresso con lo stesso verbo usato da Giovanni pochi passaggi prima, davanti alla tomba che attestava la morte dell’amico Lazzaro. È la consapevolezza del dolore e del distacco da chi si ama e Gesù amava coloro che per anni avevano condiviso le sue giornate, amava la vita.

In questo momento di angoscia profonda cosa dire? A chi rivolgersi? Solo all’abba’, al papà della preghiera fiduciosa che aveva insegnato alle sue discepole e ai suoi discepoli. La tentazione sarebbe quella di chiedere di poter evitare la sofferenza e la morte, ma nello stesso tempo Gesù ha la consapevolezza di aver vissuto una vita e operato delle scelte che portavano inevitabilmente a questo.

Allora non resta che proseguire e vivere le ore di angoscia che ha davanti – quella notte oscura che è esperienza presente in ogni cammino di fede – fidandosi totalmente del Dio che è origine di vita e che non può venir meno alla sua promessa di una vita che sa andare oltre la morte.

 

Donatella Mottin

 

Associazione Presenza Donna

Centro Documentazione e Studi