venerdì 13 novembre 2020

“Rinunciamo alla messa per due settimane”: il vescovo di Pinerolo sospende le celebrazioni della domenica fino al 22 novembre

Chiudere per riaprire
L'appello del vescovo Derio Olivero

Carissime amiche e carissimi amici,

A giugno, con alcuni amici, ho scritto il libro Non è una parentesi. Allora ero quasi certo che la pandemia fosse alle spalle. In quel testo invitavo a «non sprecare» ciò che quel terribile momento ci aveva insegnato.

Purtroppo siamo nuovamente nella stessa situazione: tantissimi contagi, molti in terapia intensiva, molti decessi. Gli ospedali sono pieni e molte persone con malattie gravi, magari bisognose di interventi, non possono essere ricoverate. Tutti siamo a conoscenza di persone positive, di amici o familiari ricoverati, di persone in terapia intensiva. Tutti siamo invitati a ridurre i nostri movimenti, a contenere le occasioni di assembramento. Soprattutto nei nostri territori (zona rossa).

A tante persone sono richiesti sacrifici gravi per contenere il contagio: penso ai nostri giovani che non possono andare a scuola, non possono trovarsi per fare sport o per chiacchierare la sera; penso ai ristoratori e a quanti hanno dovuto chiudere le loro attività lavorative. Sono sforzi enormi, richiesti per ridurre le occasioni di contagio, anche là dove erano stati fatti sforzi grandi per adeguarsi alle normative (penso alla scuola, ai locali pubblici e ai negozi).

Il governo non ha chiesto a noi cristiani della zona rossa di sospendere le celebrazioni festive. Sono consapevole che abbiamo questo diritto. Ma io chiedo ai cristiani cattolici di «fare volontariamente un passo indietro» e di rinunciare per due domeniche a questo diritto, per contribuire a un bene comune, cioè il contenimento del contagio. So che è un sacrificio grande. Ma essere cristiani non significa innanzitutto difendere i propri diritti, quanto lottare per i diritti di tutti. Molti mi diranno che dobbiamo difendere la nostra identità, espressa soprattutto nella celebrazione eucaristica.

Care amiche e cari amici, la nostra identità sta nella nostra capacità di seguire Gesù Cristo, che si è fatto dono per tutti, capace di santità ospitale. Lo so, abbiamo bisogno di Lui per essere dono per gli altri. In questo tempo preghiamo tutti di più!

Ve lo chiedo in ginocchio. Preghiamo di più, preghiamo incessantemente per noi e per tutti, in particolare per quelli che soffrono. Riscopriamo, nella necessità, la preghiera in casa. Troppi cristiani l’hanno dimenticata. Riscopriamo la lettura della Parola, nella quale ci viene incontro Cristo stesso. Non possiamo radunarci in chiesa, ma possiamo radunarci in casa. Come sarebbe bello un momento di silenzio e di preghiera con i figli o con i nipoti! In molte case cristiane si è persa questa cura domestica della fede. Senza la cura domestica e personale della spiritualità, la Messa rischia di diventare un rito vuoto.

Lo so che in queste domeniche ci mancherà la dimensione comunitaria, pilastro del nostro cammino di fede! Lo so e sono felice che in noi credenti sia vivo e fecondo l’aspetto comunitario. In questi giorni mi impegnerò io per primo a curare maggiormente i contatti e ad essere presente con video, streaming, messaggi, telefonate. Chiedo di fare altrettanto ai sacerdoti, ai diaconi, ai catechisti, agli animatori. Anzi chiedo a tutti i cristiani di dedicare maggior tempo alle relazioni. Il cristiano è un creatore di relazioni all’interno e all’esterno della propria comunità.

Con uno slogan direi così: «Chiudiamo per aprire». Sogno una Chiesa meno ripetitiva, meno individualistica, meno autocentrata; sogno una Chiesa che si fa dialogo, che si fa relazione, che vive di relazioni, che è capace di celebrare con genuina creatività la risurrezione del Signore sempre. Sogno una Chiesa che incarna l’enciclica Fratelli tutti, che vive il comando dell’amore.

La Chiesa è «Corpo di Cristo». In questo tempo vive la dimensione di «corpo lacerato» nella certezza di tornare ad essere «corpo risorto». Come dice saggiamente il teologo Marco Gallo: «La libertà di culto non è un bene assoluto, ma vive in equilibrio con una presenza evangelica nei territori e nei contesti. Soprattutto, per riportare alla questione liturgica, la libertà di culto non coincide con il culto pubblico ad ogni costo. Bisogna aver fiducia nella liturgia, che sa aspettare i tempi opportuni, trasformarsi in gesti ancor più discreti, in contatti differenti».

Chiedo scusa alle persone sensibili che magari verranno scandalizzate da questa scelta. Cari amici, vi chiedo di fare questo sforzo anche per i vostri figli, o nipoti, che forse non frequentano più le nostre liturgie (e son tanti, purtroppo). Loro guardano la Chiesa come un’istituzione insensibile alla loro vita concreta, ai loro problemi; un’istituzione chiusa nella sua dottrina, incapace di dialogo; un’istituzione fuori dal tempo.

Cari fratelli e sorelle, aiutiamoci a creare una Chiesa capace di parlare non solo a noi praticanti (e di una certa età, come me), ma ancora capace di parlare ai giovani e a chi non crede. Questa è la grande urgenza. Aiutatemi, amici credenti, a costruire il futuro. Di tutti.

+ Derio Olivero

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dalla pagina https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/11/rinunciamo-alla-messa-per-due-settimane-il-vescovo-di-pinerolo-sospende-le-celebrazioni-della-domenica-fino-al-22-novembre/6000106/

A noi cristiani non è stato chiesto di sospendere le messe, ma io vi chiedo di fare uno sforzo in questo senso per due settimane". Il vescovo di Pinerolo sospende le celebrazioni nella sua diocesi e si rivolge ai fedeli: "Chiudiamo per aprire, nel nome di una chiesa meno ripetitiva, meno individualistica, meno autocentrata" . In primavera era finito in terapia intensiva a causa del Covid

Il vescovo della diocesi di Pinerolo a Torino, Derio Olivero, ha deciso di sospendere le messe domenicali per le prossime due settimane, cioè fino al 22 novembre. A questa decisione, si legge nel comunicato scritto in accordo con la chiesa valdese, “siamo pervenuti congiuntamente con la volontà di dare a questo gesto una valenza ecumenica e di testimonianza civile“. Come riporta da Repubblica, il vescovo si è poi rivolto direttamente ai fedeli con un ulteriore appello: “Questa estate avevamo pensato che la pandemia fosse alle nostre spalle, invece siamo nella stessa situazione, se non peggio. Ci sono tantissimi contagi e tanti malati in ospedale anche in terapia intensiva. A tutti vengono chiesti sacrifici enormi: ai giovani, ai ristoratori, ai commercianti, che ne avevano già fatti tanti per adeguarsi alle norme. A noi cristiani non è stato chiesto di sospendere le messe, ma io vi chiedo di fare uno sforzo in questo senso per due settimane“. Un “sacrificio” – aggiunge Olivero nella lettera, pubblicata dalla free press della diocesi valdese – che paragona a quelli sopportati dai “giovani che non possono andare a scuola, non possono trovarsi per fare sport o per chiacchierare la sera; dai ristoratori e da quanti hanno dovuto chiudere le loro attività lavorative“.

Don Derio Olivero nella lettera si dice consapevole che molti forse non saranno d’accordo, “ma, spiega, la nostra identità sta nella nostra capacità di seguire Gesù Cristo. Lo so, abbiamo bisogno di lui. Non possiamo radunarci in chiesa, ma possiamo farlo a casa, con i familiari, i figli e i nipoti, dedicando più attenzione alle relazioni“. “Chiudere per aprire”, è il messaggio che il vescovo manda in ultimo ai fedeli nella lettera, “nel nome di una chiesa meno ripetitiva, meno individualistica, meno autocentrata”.

L’appello arriva dopo che il vescovo già nelle scorse settimane aveva contestato la scelta del governo di lasciare la possibilità di celebrare regolarmente le messe: “A mio giudizio sarebbe bello dare un segno di vicinanza a tutti coloro che devono chiudere e scegliere noi stessi, come chiesa, per due o tre domeniche, di sospendere le celebrazioni”. Don Derio Olivero all’inizio dell’epidemia, la scorsa primavera, era stato colpito dal Covid. Ricoverato in ospedale, era peggiorato fino a essere trasferito in terapia intensiva. Anche papa Bergoglio lo aveva chiamato. Ristabilitosi, si è esposto nel promuovere la battaglia contro il coronavirus e ora, come riporta Repubblica, potrebbe fare da apripista nella scelta di sospendere le messe nella stagione dell’Italia a tre colori.

(credits immagine: Vita diocesana pinorelese)