La ricchezza privata in Italia ha raggiunto il livello record ottocentesco di sette volte il PIL. C'è da ricordare ai “liberali” di casa nostra che crollano i salari e quasi un italiano su tre è a rischio povertà
di GIACOMO GABBUTI *ROMA - Poche settimane fa l’Economist, portando in prima pagina una discussione tecnica tra economisti, apriva un dibattito sull’“illusione” delle disuguaglianze. Respinta l’agenda redistributiva di Corbyn, la palla può passare ai media USA, impegnati ora a bloccare le proposte di riforma fiscale della sinistra Dem. E così, dopo anni in cui a tenere accesa l’attenzione era uno gruppetto di irriducibili, Bloomberg nota che di disuguaglianze....si parla troppo! Non fa quindi male, ogni anno, commentare i numeri sconcertanti che Oxfam ha il merito e la “tigna” di spiattellare in faccia ai ricchi della terra, mentre viaggiano verso Davos.La distribuzione iniqua tra i generi. È un esercizio utile anche per noi che a Davos non rischiamo di essere invitati. Ad esempio, ponendo l’accento sulle drammatiche disuguaglianze generate, anche da noi, dal lavoro di cura - per gli stipendi miseri che paga (quando paga); per la precarietà che accompagna la sua “aziendalizzazione”; per la sua distribuzione iniqua tra i generi - ci chiarisce come mai è raro imbattersi su Twitter in una donna che neghi l’aumento delle disuguaglianze. In un Paese in cui, dopo trent’anni di stagnazione e crisi, mentre la percentuale di occupati raggiunge massimi storici, mentre le ore lavorate e gli stipendi rimangono quelli di dieci anni fa, sentiamo dire che vivremmo in una “società signorile di massa”, fa bene ricordare che quella ricchezza privata che, in Italia, ha raggiunto il livello record (ottocentesco) di sette volte il PIL, non ce la dividiamo tutti allo stesso modo.Ai "liberali" di casa nostra va ricordato che... Per definizione, la ricchezza è più diseguale del reddito: e anche in Italia, dove le politiche per la casa di proprietà l’avevano resa più equidistribuita, è aumentata, e molto, come racconta il Forum Disuguaglianze e Diversità - soprattutto durante questa “crisi” infinita. E allora, anche se la disuguaglianza dei redditi da noi non aumenta (del resto è il reddito che non se la passa tanto bene), è bene ricordare ai “liberali” di casa nostra che se la ricchezza aumenta di peso (40 anni fa era appena tre volte il PIL) e diventa più disuguale (il 10% più ricco deteneva meno del 50% nel 1995, oggi più del 60%), mentre continua a crollare il peso dei salari, e quasi un italiano su tre è a rischio povertà, allora le disuguaglianze in Italia stanno aumentando - dibattito chiuso.I super-ricchi che sfuggono a molte indagini. Dati diversi lo colgono in modo diverso: i super-ricchi sfuggono a molte indagini, e se Ernesto Rossi già nel 1955 notava la “modestia” di quelli nostrani ad apparire...davanti al fisco, la continua erosione dell’imponibile IRPEF rende impossibile tenere del contributo dei redditi da capitale alla disuguaglianza. Ma anche limitandosi alla ricchezza, in un mondo dove pesa sette volte il reddito non si diventa ricchi lavorando, ma sposando un (uomo) ricco - o avendolo come padre. Non a caso, la mobilità sociale rimane un miraggio. Come spiega Oxfam, in Italia, se i figli dei ricchi studiano di più, anche a parità di istruzione guadagnano il 17% in più dei figli di nessuno.Numeri sconfortanti: ma senza rassegnarci. Denunciarli è il primo passo per invertire la rotta. Non è stato sempre così, non deve rimanere così. Potremmo iniziare da un salario minimo, con tutele uguali a parità di lavoro, che beneficerebbe tra gli altri proprio le donne nei servizi di cura; e da un’imposta progressiva sui vantaggi conseguiti, che finanzi una “dote di cittadinanza” universale di 15.000 € ai diciottenni: sono solo due delle proposte del Forum. Di disuguaglianze si parla troppo, sì: è ora di combatterle.
* Giacomo Gabbuti, dottorando di storia economica all’Università di Oxford e redattore di Jacobin Italia, è membro dell’assemblea del Forum Disuguaglianze e Diversità