Il Lavoro al centro
verso la 48ª Settimana sociale dei cattolici
in Italia
“Lavorando notte e
giorno per non essere di peso ad alcuno
abbiamo annunziato
il Vangelo di Dio” (I Ts 2,9)
Il lavoro costituisce una delle frontiere dell’evangelizzazione sin dagli
inizi del cristianesimo. In questa direzione si muove la preparazione della
prossima Settimana Sociale dei cattolici italiani che si svolgerà a Cagliari dal
26 al 29 ottobre col tema:
Il lavoro che
vogliamo: “libero, creativo, partecipativo e solidale” (EG n. 192). Il testo paolino ci richiama a due
aspetti che valgono anche nelle attuali circostanze: il tema della giustizia e
del senso del lavoro.
Tra le sfide che caratterizzano la nostra situazione constatiamo un tasso
di disoccupazione ancora troppo alto (attorno al 12%, con punte vicine al 40%
tra i giovani e vicino al 20% al Sud); 8 milioni di persone a rischio di
povertà, spesso a causa di un lavoro precario o mal pagato, più di 4 milioni di
italiani in condizione di povertà assoluta. Nonostante la lieve inversione di
tendenza registrata negli ultimi anni, il lavoro rimane un’ emergenza nazionale.
Per tornare a guadare con ottimismo al proprio futuro, l’Italia deve mettere il
lavoro al primo posto.
Al di là dei numeri, sono le vite concrete delle persone ciò che ci sta a
cuore: ci interpellano le storie dei giovani che non trovano la possibilità di
mettere a frutto le proprie qualità, di donne discriminate e trattate senza
rispetto, di adulti disoccupati che vedono allontanarsi la possibilità di una
nuova occupazione, di immigrati sfruttati e sottopagati.
La soluzione dei problemi economici e
occupazionali – così urgente nell'Italia di oggi –
non può essere raggiunta senza una conversione
spirituale che permetta di tornare ad apprezzare
l’integralità dell’esperienza
lavorativa.
C’è prima di tutto una questione di giustizia. Se il lavoro oggi manca è
perché veniamo da un’epoca in cui questa
fondamentale attività umana ha subito una grave
svalorizzazione. La “finanziarizzazione” dell’economia
con lo spostamento dell’asse degli interessi dal profitto derivante da una
produzione in cui il rispetto del lavoratore era imprescindibile alla crescita
dei vantaggi economici provenienti dalle rendite e dalle speculazioni, ha reso
il lavoro quasi un inutile corollario. Inoltre, lì dove il lavoro ha continuato
ad essere centrale nella produzione della ricchezza, non è stato difeso dallo
sfruttamento e da tutta l’opacità cercata da chi ha voluto fare profitto senza
rispettare chi gli ha consentito di produrre.
Questo paradigma con le sue storture si rivela sempre meno
sostenibile.
Non sarà possibile nessuna reale ripresa economica senza
che sia riconosciuto a tutti il diritto al lavoro e promosse le condizioni che
lo rendano effettivo (Costituzione Italiana, art.4). Combattere tutte le forme
di sfruttamento e sperequazione retributiva, rimane obiettivo prioritario di
ogni progresso sociale.
C’è poi una seconda questione legata al senso del lavoro. Il lavoro,
infatti, ha una tale profondità antropologica da non
poter venire ridotto alla sola, pur importante, dimensione
economica. Il lavoro è, infatti, espressione
della creatività che rende l’essere umano simile al suo Creatore. Secondo la
tradizione cristiana, il lavoro è sempre associato al
senso della vita; come tale esso non può mai essere
ridotto a “occupazione”. E’ questo un tema quanto mai centrale oggi di fronte
alla sfida della digitalizzazione che minaccia di marginalizzare l’esperienza
lavorativa, oltre che causare la perdita di molti posti di lavoro. Solo
un’esperienza lavorativa libera, creativa, partecipativa e solidale potrà
permettere ad ognuno di accedere ad una vera «prosperità nei suoi molteplici
aspetti» (EG, n.
192).
La questione della giustizia e quella del senso sono strettamente
intrecciate tra loro. Infatti, è solo laddove
si riconosce la centralità del lavoro che si può generare un valore economico
realmente propulsivo per l’intera comunità. E oggi
più che mai questa affermazione trova riscontro nella realtà economica. Al di là
dei tanti elementi problematici, occorre dunque saper cogliere gli aspetti
promettenti che aiutano a pensare alla possibilità di affrontare la sfida e
costruire un’economia
capace di uno sviluppo sostenibile; sfide che è possibile
vincere rimettendo il lavoro al primo posto. È questa anche la chiave per
ordinare i diversi ambiti della vita personale e
sociale.
A cominciare dalla scuola, che è il primo investimento di una società che
pensa al proprio futuro. Una scuola chiamata a formare persone all’altezza delle
sfide del tempo e capace di instaurare un interscambio fecondo con il mondo del
lavoro.
Ugualmente importante è il ruolo delle imprese che hanno una
particolarissima responsabilità nel trovare forme organizzative e contrattuali
capaci di valorizzare davvero il lavoro.
Ancora, è importante richiamare qui la questione dell’orario di lavoro e
della armonizzazione dei tempi lavoravi e famigliari, tema non più rinviabile,
visto l’elevato numero di donne che lavorano.
Infine, preme ricordare la promozione della nuova imprenditorialità,
espressione della capacità di iniziativa dell’essere umano, via che può vedere
protagonisti soprattutto i giovani.
Occorre annunciare alla società italiana che è proprio tale conversione
che può davvero fare ripartire l’intero Paese, nella consapevolezza della grande
tradizione imprenditoriale, professionale, artigiana e operaia che abbiamo alle
nostre spalle, profondamente intrisa della concezione
cristiana.
Per dare impulso a questo impegno, le prossime Settimane Sociali dei
cattolici in Italia avranno per tema: “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo
partecipativo solidale”. Un incontro nel quale la Chiesa italiana intende
dare un contributo effettivo alla società
italiana, affinché sia finalmente riconquistata
la centralità del valore del lavoro. Questo diventa possibile a partire dalla
convinzione che sia proprio il lavoro umano a generare quel “valore”, capace di
integrare la dimensione economica, anche di fronte ai cambiamenti epocali
causati dall’incalzante innovazione tecnologica, con quella sociale e
antropologica, di cui tutti oggi sentono il
bisogno.
Fin da ora, secondo la metodologia proposta dalla lettera di invito, le
Chiese in Italia sono invitate a impegnarsi per elaborare proposte concrete, frutto di esperienze già esistenti nei loro
territori, per dare risposta alle sfide che oggi
interessano il lavoro nel nostro Paese.
La testimonianza di San Paolo e la gravità del momento invitano ciascuno
di noi e le nostre comunità ad implicarci in prima persona per il bene di
tutti.
Roma, 26 marzo 2017
La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e
il lavoro,
la giustizia e la
pace,
la custodia del
creato