Zamagni: “Così il Papa traccia la via di un nuovo sviluppo”
19/06/2015
L’economista Stefano Zamagni. Il capitolo 5 dell’enciclica Laudato si'
farà discutere a lungo. Perché, riprendendo il magistero di Paolo VI,
contiene una proposta di riforma radicale del modello capitalistico.
“La novità assoluta di questa enciclica sta tutta nel capitolo
5. Consiglio di cominciare la lettura da lì. Se ne parlerà a lungo”. Parole di Stefano Zamagni, economista, studioso attento della dottrina sociale cattolica. - Professore, cosa c’è di particolare al capitolo 5?
«Una proposta di riforma del modello di sviluppo economico e sociale globale. Con Laudato si' il Papa non si limita a un’analisi teologica di ciò che vuol dire cura del Creato. Fa un passo avanti: per rispettare la casa comune, comune a tutti gli uomini, occorre ripensare la nostra economia. Riprende in questo Paolo VI e la sua Populorum progressio e dice: guardate che lo sviluppo o è integrale oppure non è sviluppo».
- Ci spieghi meglio.
«Vede, ci sono tre dimensioni per analizzare lo sviluppo di una società. Quella materiale, misurata dal Pil; quella sociale, misurata dagli indici di diseguaglianza; quella spirituale, che guarda al modo in cui una economia soddisfa i bisogni spirituali dell’uomo (per esempio il bisogno di riservare un giorno alla festa). Francesco dice che queste tre dimensioni sono intrecciate. Non può esserci crescita del Pil senza crescita dell'uguaglianza tra gli uomini, senza rispetto delle loro necessità spirituali».
- Non tutti i suoi colleghi economisti saranno d’accordo.
«Lo so, e infatti ci litigo spesso. Perché confondono sviluppo e crescita. La crescita è solo l’aspetto materiale dello sviluppo. Ma fare del Pil un idolo è prendere la parte per il tutto. Questa enciclica dice che il Papa è favorevole allo sviluppo, non alla crescita in sé se questa comporta un aumento delle diseguaglianze».
- E’ questo che farà discutere?
«Certo, sta già avvenendo. Perché vuol dire toccare un nodo politico. Non ci si può mettere il cuore in pace dicendo che questo capitalismo ha ridotto la povertà. Non basta, almeno a noi cristiani. Serve ridurre anche le diseguaglianze. Qualcuno fraintenderà questo messaggio del Papa, che tuttavia è cristallino. Non si presta a equivoci, se si è in buona fede».
- Nell’enciclica si discute anche di stili di vita, di alimentazione, di modi di vestire…
«Altro aspetto innovativo. Glielo spiego con un esempio. Un chilo di carne esige 15 metri cubi di acqua perché arrivi sulla nostra tavola. Un chilo di cereali esige un metro cubo. Il consumo di carne sta aumentando, in tutto il mondo. Ma vuol dire mettere a repentaglio le risorse idriche mondiali, che non sono infinite. E’ tutto connesso. L’enciclica dice questo. Ha uno sguardo panottico, globale, onnicomprensivo».
- Il Papa ha anche detto che i poveri hanno pagato il prezzo della crisi delle banche del 2007…
«E’ una frase che va contestualizzata. Ha detto che il salvataggio delle banche è stato fatto con fondi pubblici. E questo ha sottratto risorse alle politiche pubbliche, cioè quelle tese a ridurre le diseguaglianze. In questo senso salvare le banche, che oggi sono tornate a fare profitti, ha danneggiato indirettamente i più poveri. Sarebbe il caso che le banche oggi tornate in buona salute, restituissero almeno una parte di quanto ricevuto. Basterebbe il 25% e avremmo molti fondi per ridare fiato a chi fatica a sbarcare il lunario. Non un’elemosina, ma un atto di giustizia. D’altronde se si chiede alla Grecia di restituire il proprio debito, perché non chiederlo ai signori della finanza bancaria?»
- Ultima domanda: Jeb Bush, candidato alla presidenza Usa e cristiano dichiarato, dice che non si farà dettare le linee di politica economica dal Papa. Perché è giusto che la Chiesa si occupi di anime, non di economia. Il suo commento?
«E’ una solenne idiozia. Lo dico da un punto di vista teologico. Il Cristianesimo è una religione incarnata, ha unito corpo e spirito. Gesù ha assunto la nostra natura umana fino ad assumere un corpo umano. La sua predicazione è stata integrale. Distinguere tra corpo e anima nel senso in cui fa Bush è capzioso: l’economia non gode di extraterritorialità, il cristiano ha i piedi ben piantati in terra, su questo mondo. Il nostro è un umanesimo intergale, che lega i bisogni del corpo a quelli dell’anima . Ovvio, lui è libero di fare come vuole. Ma non può dire che la Chiesa si deve occupare di anime lasciando il resto ad altri. L’annuncio evangelico è integrale. Lo sanno anche i colleghi repubblicani di Bush, molti dei quali sono cristiani come lui. E magari hanno qualche rudimento in più di teologia».