giovedì 9 giugno 2022

LE ARMI SOLE AL COMANDO

 
Newsletter n. 82 dell'8 giugno 2022

Cari Amici,
 
Ne cives ad arma veniant” (affinché i cittadini non corrano alle armi) è una massima latina (peraltro mai usata dai latini, o perlomeno non se ne trova traccia negli antichi scritti) che con mirabile concisione definisce ciò che è alternativo alla violenza e alla guerra. Per questa ragione è atta soprattutto ad indicare il diritto e secondo Luigi Ferrajoli definisce la ragione profonda del monopolio statale del ricorso alla forza, quel monopolio che in sede internazionale dovrebbe ora essere esclusivo delle Nazioni Unite e gestito dal Consiglio di Sicurezza.
 
Il merito di questa formula sta in ogni caso nell’indicare le armi non solo come protagoniste della guerra, ma addirittura come l’altro nome della guerra, il che spiega perfettamente, ad esempio, perché la condanna delle armi, della loro produzione e del loro commercio, si accompagni sempre, nel ministero pastorale di papa Francesco, alla condanna della guerra, fino a dire che la spesa per le armi, e “armi, armi, armi”, sporchi l’anima e sporchi l’umanità; ed è stata questa anche la ragione della sua rinunzia ad andare alla recente assemblea fiorentina che, pur intitolata a La Pira non si era accorta di una sua possibile strumentalizzazione ad uso dei fabbricanti d’armi.
 
Nel caso della guerra d’Ucraina le armi non solo ne sono protagoniste, ma anche sono le sole al comando; sono loro che l’hanno decisa, provocata, che la governano e che ne decidono la durata. Non si è creduto che le armi ammassate ai confini della Russia fossero un invito alla guerra. Non si è creduto che le armi fossero la vera ragione della guerra da parte della Russia, facilissima perciò ad essere rimossa con un accordo sulla reciproca sicurezza. Si è preferito farsi vittime dell’aggressione, adducendo una miriade di altre ragioni occulte dell’invasione, tali per cui il negoziato diventava impossibile; e quando all’Ucraina sono mancate le armi non si è fatto altro che andarle a chiedere a mezzo mondo e quello che chiamiamo Occidente ha fatto a gara per fornirle, a cominciare dagli avanzi delle guerre precedenti, virtuali o reali, col vantaggio collaterale di svuotare i propri arsenali e renderli accoglienti per altri più moderni e costosi armamenti. In tal modo si è prodotta una cobelligeranza generale contro la Russia, di cui ora con sadico sprezzo del pericolo si discute se debba essere “umiliata” o no (Zelensky dice di sì) come se fosse il Principato di Monaco e non una grande Potenza che si sente messa alla gogna, scacciata e ferita. E sono ancora le armi che, sostituendosi ai capi responsabili, decidono quanto debba estendersi la guerra, perché quelle del dono occidentale sono via via a gittata più lunga e i russi rispondono che quanto aumenta la gittata delle armi che li minacciano, altrettanto aumenterà la distanza alla quale sospingeranno gli aggressori (singolare inversione delle parti!), cioè la profondità cui si spingerà l’invasione.
 
Le armi, divenute così padrone e signore della guerra, saranno anche padrone del nostro destino; ma di quelle che abbiamo mandato noi, non sappiamo nemmeno come si chiamano, perché sono state secretate; certo non sono quelle festosamente d’epoca col bandierone volante mostrate nella spettacolare parata ai Fori Imperiali del 2 giugno scorso; Amato, che sarebbe il tutore giurisdizionale della Costituzione, le considera extra legem, sbagliando Costituzione come se la Costituzione non le avesse ripudiate insieme alla guerra che ne è l’altro nome, forse scambiando la nostra Costituzione con quella americana per la quale a ogni cittadino corrisponde un’arma e anzi, stando alle statistiche, più armi ad ogni cittadino.
 
Ce n’è abbastanza per rovesciare le armi dal trono, come la democrazia impone di fare con i falsi sovrani.
 
Nel sito pubblichiamo una recensione di Vittorio Bellavite del libro di Giuseppe Deiana “Io sono la Terra di tutti”, un libro che fin dal titolo propone una felice intuizione, assumendo la Terra non nel senso dei geografi quale si trova nella carte o dei teologi quale creazione divina o degli astronauti che la guardano da lontano come la Luna, ma come un Io collettivo, cioè come la comunità di tutti gli esseri umani che la popolano, nel senso stesso cioè in cui è intesa come il soggetto costituente di “Costituente Terra”.
 
Pubblichiamo anche un articolo di Vincenzo Vita sul maccartismo all’italiana riguardante le liste dei ”putiniani” diffuse dal “Corriere della Sera”, e una lettera di una coppia di obiettori di coscienza ucraini. Inoltre nella “Biblioteca di Alessandria” pubblichiamo una “guida” redatta da Domenico Gallo per la conoscenza e comprensione dei quesiti del referendum sulla giustizia di domenica prossima e il saggio di Marina Graziosi sulla donna nell'immaginario penalistico.
 
Con i più cordiali saluti.