dalla pagina https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/per-una-costituzione-della-terra/#descrizione
Esistono problemi globali che non fanno parte dell’agenda politica dei governi nazionali, anche se dalla loro soluzione dipende la sopravvivenza dell’umanità. Il riscaldamento climatico, il pericolo di conflitti nucleari, le disuguaglianze, la morte di milioni di persone ogni anno per mancanza di alimentazione di base e di farmaci salva-vita e le centinaia di migliaia di migranti in fuga segnano il nostro orizzonte presente e futuro. In gran parte dipendono dall’assenza di limiti ai poteri selvaggi degli Stati sovrani e dei mercati globali. Tuttavia, secondo Luigi Ferrajoli, un’alternativa istituzionale e politica è possibile e la sua stella polare è una Costituzione della Terra. Non si tratta di un’ipotesi utopistica. Al contrario, è la sola risposta razionale e realistica allo stesso dilemma che Thomas Hobbes affrontò quattro secoli fa: la generale insicurezza determinata dalla libertà selvaggia dei più forti, oppure il patto di convivenza pacifica basato sul divieto della guerra e sulla garanzia dell’abitabilità del pianeta e perciò della vita di tutti. La vera utopia, l’ipotesi più inverosimile, è l’idea che la realtà possa rimanere così com’è: l’illusione cioè che potremo continuare a fondare le nostre democrazie e il nostro tenore di vita sulla fame e la miseria del resto del mondo, sulla forza delle armi e sullo sviluppo ecologicamente insostenibile delle nostre economie. Solo una Costituzione della Terra che istituisca un demanio planetario a tutela dei beni vitali della natura, metta al bando le armi, a cominciare da quelle nucleari, e introduca un fisco globale e idonee istituzioni globali di garanzia in difesa delle libertà fondamentali e in attuazione dei diritti sociali di tutti può realizzare l’universalismo dei diritti umani, assicurare la pace e, prima ancora, la vivibilità del pianeta e la sopravvivenza dell’umanità.
Una Costituzione della Terra non è un’utopia: è l’unica strada per salvare il pianeta, per affrontare la crescita delle disuguaglianze e la morte di milioni di persone nel mondo per fame e mancanza di farmaci, per occuparsi del dramma delle migrazioni forzate, per difendersi dai poteri selvaggi che minacciano la sicurezza di intere popolazioni con i loro armamenti nucleari.
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Luigi Ferrajoli è professore emerito di Filosofia del diritto all’Università Roma Tre. Giurista, filosofo del diritto e della politica, ha scritto Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale (Laterza 1989), Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia (Laterza 2007) e, fra i più recenti, Poteri selvaggi. La crisi della democrazia italiana (Laterza 2011), La democrazia attraverso i diritti (Laterza 2013), Il paradigma garantista. Filosofia e critica del diritto penale (Editoriale Scientifica 2014), Iura paria. I fondamenti della democrazia costituzionale (Editoriale Scientifica 2015), La logica del diritto. Dieci aporie nell’opera di Hans Kelsen (Laterza 2016), La democrazia costituzionale (il Mulino 2016), Manifesto per l’uguaglianza (Laterza 2018), Perché una Costituzione della Terra? (Giappichelli 2021) e La costruzione della democrazia. Teoria del garantismo costituzionale (Laterza 2021).
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dalla pagina https://ilmanifesto.it/come-sottrarre-il-pianeta-allarbitrio-umano-e-del-mercato/
Saggi. «Per una costituzione della Terra» di Luigi Ferrajoli, edito da Feltrinelli. L’autore e giurista presenta con rigore intellettuale i cento articoli in cui si dovrebbe articolare
Due ragioni fondative ispirano le drammatiche riflessioni con cui Luigi Ferrajoli torna a riproporre in un volume più ampio la sua nota proposta di costituzione universale (Per una costituzione della Terra. L’umanità al bivio, Feltrinelli, pp 197, euro 20). La prima nasce da una conclamata insufficienza della tradizione giuridica occidentale, quella del costituzionalismo, vale a dire la concertazione normativa realizzata dagli stati nazionali moderni, grazie a cui la vita dei cittadini è stata sottratta all’arbitrio del potere sovrano e regolata secondo principi universali di diritti e doveri.
FERRAJOLI NON HA DUBBI sul fatto che le costituzioni nazionali siano oggi configurazioni giuridiche impotenti di fronte alla ormai piena unificazione del mondo e ai problemi inediti e gravi che questa pone. L’altra riguarda la presa d’atto, appunto, dello scenario gravido di pericoli mortali che l’attuale assetto internazionale, fondato su stati divisi e in competizione, squaderna davanti a noi.
È «inverosimile – scrive Ferrajoli – in mancanza di limiti e vincoli istituzionali, che quasi 8 miliardi di persone, 196 Stati sovrani, 10 dei quali dotati di armamenti nucleari, un capitalismo vorace e predatorio e un sistema industriale ecologicamente insostenibile, possano a lungo sopravvivere senza andare incontro alla devastazione del pianeta, fino alla sua inabitabilità, alle guerre endemiche senza vincitori, alla crescita delle disuguaglianze e della povertà».
Si tratta di una previsione per nulla allarmistica e agitatoria, e che ha trovato una paradossale e inquietante conferma in questi due anni di pandemia. Un biennio che ha mostrato gli effetti rovinosi di una economia interamente affidata al mercato, generatrice di danni ambientali sempre più estesi, di disuguaglianze e povertà, di scelte che hanno indebolito la sanità pubblica, lasciandola sguarnita di fronte all’emergenza sanitaria.
EBBENE, NONOSTANTE la diffusione del Covid 19 abbia mietuto nel mondo milioni di vittime e oggi appare tutt’altro che contenuta o indebolita, «non è stato fatto nulla» per prevenirla, né di strutturale per scongiurarne repliche nei prossimi anni. Moltissimo, invece, si è fatto e si continua a fare per i conflitti futuri: «In previsione delle guerre si accumulano armi, carri armati e missili nucleari, si fanno esercitazioni militari, si costruiscono bunker, si mettono in atto simulazioni di attacchi e tecniche di difesa». Com’è noto ai lettori del manifesto – uno dei pochi giornali che ne ha dato ampiamente conto – nel 2020 la spesa in armamenti, da parte degli stati più importanti del mondo, è stata raddoppiata.
MENTRE LO STATO PRESENTE della popolazione mondiale richiederebbe pace, cura della natura ferita, nuove economie di rigenerazione delle risorse, redistribuzione dei redditi, limitazione dell’inquinamento, contenimento della diffusione dei gas climalteranti, quasi tutte le nazioni si muovono come eserciti nemici.
Ai processi di interdipendenza sempre più stretta degli Stati, indotti dalla globalizzazione «ha fatto riscontro, in questi anni, anziché una più complessa articolazione istituzionale della sfera pubblica attraverso la creazione di funzioni globali di governo e di garanzia, una sua semplificazione: da un lato, la verticalizzazione e la personalizzazione dei poteri di governo in capo a leader o a ristrette oligarchie, che li rendono esposti alle pressioni dell’economia; dall’altro, lo sviluppo incontrollato del libero mercato, la crescente concentrazione e confusione tra poteri politici e poteri economici e la sostanziale subordinazione liberista dei primi ai secondi».
Alla luce di queste analisi, qui ridotte all’essenziale, selezionate da una densa massa di lucide e appassionate argomentazioni, Luigi Ferrajoli, eminente giurista, in perfetta solitudine, ha l’ardire intellettuale e politico di proporre una Costituzione della Terra. La presenta non nel senso che ne auspica la realizzazione, ma letteralmente la scrive, e la colloca in appendice al presente libro, in forma di Progetto, compiutamente definito, con i suoi 100 articoli.
SI TRATTA DI UNO SFORZO teorico di prima grandezza, che ripete, in condizioni mutate, un superbo e generoso gesto intellettuale della prima modernità: quello con cui Immanuel Kant, come ricorda l’autore, con il testo Per la pace perpetua perorava, nel 1795, «una costituzione civile» quale fondamento di «una federazione di popoli» estesa a tutta la terra. Ispirandosi a quel momento altissimo della civiltà europea, Ferrajoli tuttavia mostra con dovizia analitica oltre alla necessità, i vantaggi molteplici di una tale Costituzione.
Tra questi non possiamo dimenticare la possibilità di imporre limiti e vincoli ai poteri imprenditoriali, ponendo fine alla concorrenza al ribasso tra i lavoratori dei paesi ricchi e quelli privi di tutele «sulla base di un modello unitario e globale di diritti e garanzie del lavoro». Una conquista che porrebbe fine all’attuale asimmetria drammatica tra capitale e lavoro, che impedisce il conflitto, motore del progresso sociale, e costituisce forse la ragione ultima e fondativa delle disuguaglianze che lacerano il mondo e svuotano la democrazia.