domenica 5 dicembre 2021

Tutti giù per terra, niente transizione con il suolo malato

dalla pagina https://ilmanifesto.it/tutti-giu-per-terra-niente-transizione-con-il-suolo-malato/

Clima. L’ecosistema più fragile è il più trascurato quando si parla di contrasto ai cambiamenti climatici. Tra consumo, perdita di fertilità, erosione e inquinamento

Il suolo è l’ecosistema che in questi ultimi decenni ha subito le maggiori modificazioni. Eppure viene spesso trascurato quando si affronta il tema dei cambiamenti climatici e si cercano soluzioni per contrastare il riscaldamento del pianeta. Il 5 dicembre di ogni anno si celebra il World Soil Day, la giornata mondiale del suolo, per ricordare quanto è importante preservare la sua salute.

NEL SUOLO SI PRODUCE IL 95% del nostro cibo, ma secondo la Fao il 33% dei suoli è degradato a causa della perdita di fertilità, inquinamento, erosione. Sono necessari tra i 500 e i 1000 anni per formare un centimetro di suolo, ma sono sufficienti pochi anni per degradarlo in modo irreversibile. Quest’anno l’attenzione viene puntata sugli effetti che derivano dal processo di salinizzazione dei suoli. Si tratta di un fenomeno che determina un degrado fisico, chimico e biologico dei suoli, rappresentando una delle principali minacce alla loro funzionalità. I suoli salini si stanno estendendo in tutti i continenti, soprattutto nelle regioni aride e semi-aride del pianeta.

LA FAO CALCOLA CHE OGNI ANNO la salinizzazione rende improduttivi fino a 1,5 milioni di ettari di terreni agricoli. Ci può essere una salinità naturale dei suoli se si sono formati partendo da rocce ad alto contenuto di sali, oppure per l’infiltrazione di acqua marina e per l’aerosol marino che si verificano nelle zone costiere. Ma c’è ed è sempre più esteso il fenomeno della salinità secondaria legata ad una gestione scorretta dei suoli: sfruttamento di falde ad alto contenuto di sodio, metodi di irrigazione non adeguati, eccesso di fertilizzanti, insufficiente drenaggio del terreno. I suoli salini diventano inospitali per le piante e per i microrganismi che costruiscono la sostanza organica da cui dipende la fertilità. La Fao ha costruito la carta mondiale dei suoli interessati dalla salinizzazione sulla base dei dati forniti da 118 paesi che rappresentano l’85% della superficie terrestre.

SI E’ ANALIZZATA LA SALINITA’ A DUE DIVERSI livelli di profondità, il topsoil (0-30 cm) e il subsoil (30-100 cm). La carta mostra che sono circa 425 milioni gli ettari di terreno che presentano una elevata salinità nello strato superiore (l’8,5% delle terre coltivate del pianeta), mentre sono circa 833 milioni gli ettari compromessi dalla salinità nello strato più profondo (il 17% delle terre coltivate). Le aree interessate dal fenomeno sono presenti in nord Africa, penisola arabica, zone costiere e centrali dell’Asia, Australia, ovest degli Stati Uniti, area andina del sud America, paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

IN ITALIA TUTTE LE REGIONI COSTIERE presentano situazioni in cui i suoli hanno una elevata salinità. Si calcola che il 2% del territorio nazionale, pari a 5000 kmq, è compromesso dal punto di vista agricolo a causa dell’allargamento del cuneo salino nelle falde dell’entroterra. L’intrusione delle acque marine nel territorio è favorita dall’attività umana: lo sfruttamento delle falde acquifere per le produzioni agricole e industriali lascia spazio all’infiltrazione di acqua marina, determinando un aumento della concentrazione di sali nel terreno.

I CAMBIAMENTI CLIMATICI STANNO favorendo questo processo. I lunghi periodi di siccità fanno diminuire la portata dei fiumi, favorendo la risalita dell’acqua marina, mentre l’aumento medio delle temperature favorisce l’evaporazione dell’acqua contenuta nel terreno, aumentando la concentrazione di sali. In Italia le aree dove si manifesta il fenomeno della salinizzazione sono anche quelle a rischio di desertificazione. Si tratta, secondo l’Ispra, di un 10% del territorio italiano, considerato molto vulnerabile, concentrato soprattutto in Calabria, Sicilia, costa adriatica, Toscana, Lazio, Puglia, Emilia-Romagna, Veneto.

LA SALINIZZAZIONE E’ UN FENOMENO globale che favorisce i processi di desertificazione e ha come conseguenza l’abbandono delle terre non più coltivabili da parte di intere popolazioni. Tuttavia, la consapevolezza che dalla salute del suolo dipendono i sistemi alimentari e gli equilibri climatici tarda a farsi strada. Anche nella Cop26 di Glasgow l’agricoltura e l’uso del suolo sono rimasti ai margini del dibattito. Eppure l’attività agricola contribuisce per il 20% alle emissioni globali di gas serra, arrivando al 25% se si considera il sistema alimentare nel suo complesso e si includono lavorazioni dei prodotti, imballaggio e trasporto.

NON PUO’ ESSERCI «TRANSIZIONE ecologica» senza una politica di salvaguardia dei suoli e una agricoltura sostenibile. L’ecosistema suolo rappresenta il più importante serbatoio di carbonio. Si calcola che nei primi 30 cm di suolo sono immagazzinati 680 miliardi di tonnellate di carbonio, più del doppio della quantità presente nell’atmosfera e superiore anche a quella contenuta nella vegetazione terrestre. Attraverso pratiche agricole corrette e salvaguardando foreste, zone umide e torbiere è possibile sequestrare nel suolo grandi quantità di carbonio. Al contrario, l’uso sconsiderato dei suoli, perdita di fertilità, desertificazione, deforestazione stanno determinando una situazione in cui il suolo emette più gas serra di quanto riesca ad assorbirne.

LE POLITICHE AGRICOLE PORTATE AVANTI dai vari paesi non sono andate nella direzione di favorire le coltivazioni agricole sostenibili, la conservazione della biodiversità e il sequestro del carbonio. In un recente rapporto dell’Onu sono stati quantificati i sussidi destinati in questi anni a livello globale all’agricoltura. La cifra è di 540 miliardi di dollari, ma il 90% ha foraggiato l’agricoltura di vasta scala, coltivazioni e allevamenti intensivi che hanno prodotto gravi alterazioni degli ecosistemi e contribuito alla crisi climatica, senza risolvere il problema di più di 800 milioni di persone che soffrono la fame e dei due miliardi che vivono in una situazione di insicurezza alimentare. Anche la Politica agricola comune (Pac) ha privilegiato in questi decenni le grandi aziende e l’agricoltura intensiva, con l’80% dei contributi destinato al 20% delle aziende, piuttosto che favorire produzioni agricole sostenibili, in primo luogo l’agricoltura biologica e l’agroecologia.

LA NUOVA PAC, APPROVATA IN QUESTI giorni, non va nella direzione sperata e non modifica il sistema dei sussidi agricoli finora adoperato. Il suolo non ha ricevuto la necessaria attenzione non solo nel dibattito sui cambiamenti climatici, ma nemmeno rispetto all’altro devastante fenomeno che è il «consumo di suolo», con i suoi effetti irreversibili. Il suolo come bene comune e risorsa limitata e non rinnovabile è un concetto che non si è mai affermato. La Commissione Europea nella direttiva del 2007 definisce il consumo di suolo «una variazione di copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale (suolo consumato)».

L’UNIONE EUROPEA HA FISSATO come obiettivo l’azzeramento del consumo di suolo entro il 2050. Ma basta analizzare i dati di questi anni per comprendere che si tratta di un obiettivo destinato a rimanere sulla carta. Ogni anno in Europa spariscono quasi 45 mila ettari di suolo e solo alcuni paesi (Francia, Germania, Regno Unito) hanno una legislazione per regolarne il consumo. L’Italia è il paese europeo a più alto indice di occupazione di suolo e non ha una legge che possa ostacolare la devastazione del territorio. Nel 2012 il governo Monti, sulla spinta dei movimenti che invocavano lo stop al consumo di suolo, approvava un disegno di legge che aveva come obiettivo il «contenimento» del fenomeno. Doveva essere l’inizio di una nuova fase, ma il governo Monti e i governi che si sono succeduti non hanno avuto la volontà di portare a termine l’iter legislativo.

NEL 2016 LA CAMERA APPROVAVA un testo che fissava di arrivare nel 2050 al consumo di suolo zero, ma senza definire una gradualità e con discutibili criteri di monitoraggio nel rilevare il fenomeno. La legge si è poi arenata al Senato. Nel gennaio del 2018 un gruppo di 75 esperti, in collaborazione col Forum Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori, ha preparato un testo che è arrivato alle Commissioni Ambiente e Agricoltura per poi finire in qualche cassettoi. Il consumo di suolo non è solamente sottrazione di terreno agricolo, ma va a incidere su clima, ecosistemi, capacità di assorbimento dell’acqua, erosione del territorio. Intanto sta prendendo corpo il Pnrr con i suoi progetti di nuove infrastrutture. Ma senza una normativa nazionale che fissi limiti e criteri si profila all’orizzonte una ripresa accelerata del consumo di suolo.

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dalla pagina https://comune-info.net/la-vita-dipende-dal-suolo/

La vita dipende dal suolo

Miguel Martinez

Non saranno la geoingegneria né altri interventi dall’alto degli Stati a fare la differenza. La lotta contro il cambiamento climatico passa prima di tutto per la nostra vita di tutti i giorni, anche da nostro “non fare”, ad esempio dal non aggredire il suolo. Del resto esiste già un dispositivo in grado di affrontare la questione delle emissioni di CO2, anzi lo ha risolto eoni fa, trasformando completamente l’atmosfera in cui viviamo: si chiama rete fungina micorrizica, funziona da mezzo miliardo di anni, assorbe incessantemente CO2 e non costa nulla

Tratta da unsplash.com

Come sanno ormai anche i proprietari di fuoristrada, è in corso un pericoloso cambiamento climatico, strettamente legato alle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Finché il Covid non li ha rimandati tutti a scambiarsi messaggi su Whatsapp, qualche milione di giovani ha protestato per le strade del mondo al grido, “Fate qualcosa!”. Non ne fate una colpa a nessuno, la nostra specie è così: l’ultima manifestazione per il clima a cui ho assistito, pioveva, era il Black Friday, e mentre una decina di attivisti megafonavano in Piazza della Repubblica, qualche migliaio di ragazzi che avevano fatto forca a scuola sono entrati nel negozio della Apple per vedere l’ultimo modello di smartofono. Le buone intenzioni sono indubbie, e infatti l’Inferno, essendone lastricato, gode di modernissime infrastrutture.

“Fare qualcosa” significa fare la guerra, la guerra significa immense quantità di soldi pubblici versati in tasche private in condizioni di controllo minimo (“che stai a cincischiare, è un’emergenza!”). I più entusiasti statalisti, appassionati di novità rivoluzionarie, sono da sempre i grandi capitalisti.

Una serie di proposte riguarda la geoingegneria, con soluzioni creative quanto la bomba su Hiroshima. Ad esempio, visto che il bianco riflette, rendiamo più candido il mondo abbattendo tutti i boschi nelle zone nevose, oppure riempiamo i campi di grano modificato geneticamente per renderlo albino. Un’altra proposta consiste nell’oscurare letteralmente il cielo, riempiendo l’atmosfera di particelle di anidride solforosa sparate con i cannoni o lanciate da aerei militari. Progetti lontani per ora dal realizzarsi, ma che rivelano un atteggiamento mentale che si riconosce subito.

Ora, esiste già un dispositivo in grado di affrontare la questione delle emissioni di CO2: anzi lo ha risolto eoni fa, trasformando completamente l’atmosfera in cui viviamo. Si chiama rete fungina micorrizica, funziona da mezzo miliardo di anni, assorbe ogni anno tanto CO2 quanto ne producono gli Stati Uniti e non costa nulla. Ne parla un bell’articolo di Toby Kiers e Merlin Sheldrake su The Guardian.

Confesso una cosa: anche se a scuola ci hanno insegnato che i funghi sono un regno a parte, io almeno quando sento natura penso a un alberello dalle foglie tutte verdi. Con magari sotto qualche piccolo funghetto colorato. Invece, i funghi non sono piante e non sono nemmeno verdi, e vivono quasi totalmente sottoterra, per cui li ignoriamo totalmente. Non sono sicuro che mi ricorderò domani il termine rete fungina micorrizica, che indica l’intima associazione tra funghi (mykos) e le radici delle piante, da cui dipende praticamente tutto.

Quindi apprendo a bocca aperta che nei dieci centimetri superiori del suolo, questa rete è lunga quanto la metà della nostra galassia. E assorbe incessantemente carbonio, nutrendo l’intero sistema di vita dell’unico pianeta nell’universo in cui sappiamo esserci (per ora) vita.

Il nostro pianeta sembra molto grande, ma la vita dipende dal suolo, e il suolo è una crosta sottilissima, e di cui non sappiamo quasi nulla.

Tranne che lo stesso tecnosistema che si propone di bombardare il cielo lo sta avvelenando con pesticidi, fertilizzanti e fungicidi, lo sta cementificando, sta eliminando le innumerevoli varietà di piante che interagiscono con la rete fungina. E se salta la rete fungina micorrizica, tutto ciò che vi cresce sopra è destinato a finire male, compresi OGM superproduttivi o foreste di alberi-soldatino rigorosamente identici piantati a milioni.

La maggior parte dei suoli del mondo è oggi profondamente degradato; e il rilascio dello 0,1 per cento del carbonio immagazzinato dal suolo europeo equivale alle emissioni di cento milioni di automobili.

A quel punto comprendiamo che è assurdo bombardare il cielo e annientare i boschi siberiani, o al contrario piantare un trilione di alberi, come propone qualcuno; è assurdo anche pensare di affrontare la questione partendo dalla sola riduzione delle emissioni delle auto. È assurda tutta la logica della guerra.

Mi viene in mente un giorno, nelle campagne vicino a Siracusa, che c’era un pastore che faceva la ricotta. Che è una faccenda lunga e complessa; e un uomo di città cercò di aiutarlo. Allora il pastore gli disse, “lassa u munnu com’è”.