venerdì 5 aprile 2019

Biodiversità a rischio. La speranza sono i consum-ATTORI

Biodiversità a rischio - Legambiente: pdf 

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dalla pagina https://www.greenstyle.it/biodiversita-a-rischio-umanita-potrebbe-rimanere-senza-cibo-290384.html

Biodiversità a rischio: umanità potrebbe rimanere senza cibo

di Ivan Manzo - 25 Febbraio 2019

Secondo la FAO molte specie associate alla produzione di cibo sono gravemente minacciate dalla gestione non sostenibile delle risorse.


La biodiversità sta scomparendo: a rischio la capacità degli ecosistemi di produrre cibo. L’allarme lanciato il 22 febbraio è a opera della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che attraverso il rapporto “The State of the World’s Biodiversity for Food and Agriculture” mette in guardia i decisori politici di tutto il mondo sulla condizione di stress in cui versa il capitale naturale.
Una volta perduta “la biodiversità alimentare e agricola non può essere recuperata”, sostiene lo studio. La biodiversità agricola è formata da piante e animali (sia selvatici che domestici) che cooperano insieme per fornire all’umanità tutti i mezzi di sussistenza necessari alla vita: “cibo, mangimi, carburante, fibre…”.
Una serie di processi che, in modo gratuito, donano “multipli benefici” alla collettività, identificati nel mondo accademico con la sigla “Servizi Ecosistemici“. Parliamo di microrganismi, insetti, pipistrelli, uccelli, mangrovie, coralli, piante marine, lombrichi, funghi, batteri, tanto per citare qualche specie, che con l’attività svolta “mantengono i terreni fertili, impollinano le piante, purificano l’acqua e l’aria, mantengono le risorse ittiche e forestali in buona salute, aiutano a combattere i parassiti e le malattie delle coltivazioni e del bestiame” e che adesso sono in pericolo.
Il documento diffuso dalla FAO è chiarissimo, non fa giri di parole: la riduzione della diversità delle coltivazioni imposta dall’attività umana sta mettendo a serio rischio la capacità di produzione di nuovi alimenti da parte del sistema agroalimentare globale.
In base a quanto osservato in 91 Paesi sparsi per il mondo, molte specie che contribuiscono in modo fondamentale alla creazione di cibo, come gli impollinatori e gli organismi del sottosuolo, stanno rapidamente scomparendo.
Sono “gravemente minacciate” anche specie che incidono, pur in modo indiretto, al corretto funzionamento dell’ecosistema. A rischio ad esempio pipistrelli, uccelli e insetti che, grazie al loro ruolo, tengono a bada parassiti e malattie, che rappresentano un problema per la sicurezza alimentare. Inoltre, nel rapporto si legge:
Foreste, pascoli, mangrovie, praterie di alghe, barriere coralline e zone umide in generale – gli ecosistemi chiave che forniscono numerosi servizi essenziali per l’alimentazione e l’agricoltura e ospitano innumerevoli specie – sono anch’essi in rapido declino.
Le principali cause della perdita di biodiversità sono la cattiva gestione dei terreni e dell’acqua, i cambiamenti climatici, l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, la deforestazione, l’inquinamento (per esempio l’uso sfrenato di pesticidi), la crescita della popolazione e il processo di urbanizzazione che non accenna a fermarsi. Di sicuro la standardizzazione delle colture sta privando la capacità dei nostri ecosistemi di offrire nuove risorse, come ha sottolineato il direttore generale della FAO Graziano da Silva:
Meno biodiversità significa che piante e animali sono più vulnerabili ai parassiti e alle malattie. Elemento, che insieme alla nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta mettendo la nostra già fragile sicurezza alimentare sull’orlo del collasso.
Giusto qualche esempio: delle circa 6 mila specie coltivate nel mondo, in meno di 200 contribuiscono in modo massiccio alla produzione di cibo e “solo nove rappresentano il 66% della produzione totale”.
Più della metà delle risorse ittiche a disposizione è vicina al punto di non ritorno, vivono già una condizione di non sostenibilità e hanno problemi a riprodursi, mentre un terzo sono sovrasfruttate. Su 7745 razze di bestiame conosciute, il 26% è a rischio estinzione.


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dalla pagina https://ilmanifesto.it/la-biodiversita-verso-lestinzione/

La biodiversità verso l’estinzione

Ambiente. L’allarme lanciato dalla Fao: su 6 mila specie di piante censite, solo 9 rappresentano il 66% della produzione mondiale di cibo. Sotto accusa l’agro-business. Anche l’Italia a rischio. La speranza sono i consumatori
Giorgio Vincenzi - 04.04.2019


La Fao ha presentato a fine febbraio delle preoccupanti prove che la biodiversità nel mondo sta scomparendo, mettendo a rischio il futuro dei nostri alimenti, dei mezzi di sussistenza, della salute umana e dell’ambiente. Tutto è scritto, nero su bianco, nel rapporto sullo Stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura, primo nel suo genere, che si basa sulle informazioni fornite da 91 paesi e sull’analisi degli ultimi dati globali.
Cosa denuncia in particolare la Fao? La riduzione della diversità delle coltivazioni, il crescente numero di razze di animali a rischio d’estinzione e l’aumento della percentuale di stock ittici sovra-sfruttati.
NEL MONDO. Delle circa 6 mila specie di piante coltivate sul pianeta per fornire cibo, meno di 200, evidenzia il rapporto, contribuiscono in modo sostanziale alla produzione alimentare globale e solo nove rappresentano il 66% della produzione totale. Per quanto riguarda invece il bestiame, la produzione mondiale si basa su circa 40 specie animali, con solo un piccolo gruppo che fornisce la stragrande maggioranza di carne, latte e uova. Mentre delle quasi ottomila razze di bestiame locali segnalate il 26% è a rischio d’estinzione. Anche altre specie che aiutano l’agricoltura a controllare i parassiti come uccelli, pipistrelli e insetti non se la passano bene; per non parlare poi degli impollinatori delle piante come le api che sono gravemente minacciate.
Secondo Graziano da Silva, Direttore generale della Fao, «meno biodiversità significa che piante e animali sono più vulnerabili ai parassiti e alle malattie. Elemento, che insieme alla nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta mettendo la nostra già fragile sicurezza alimentare sull’orlo del collasso». Il rapporto chiarisce anche che una volta perduta la biodiversità alimentare e agricola non è più possibile recuperarla ed è quindi tempo di mettere in atto tutti quei sistemi che ne favoriscano la tutela.
Una nota positiva nel rapporto c’è e riguarda l’aumentata consapevolezza che occorre fare qualcosa: l’80% degli stati interpellati per la realizzazione del rapporto dichiara di utilizzare una o più pratiche e approcci rispettosi della biodiversità come l’agricoltura biologica, la gestione integrata dei parassiti, l’agricoltura conservativa, una gestione sostenibile del suolo, l’agro-ecologia, una gestione forestale sostenibile, l’agro-forestazione, pratiche di diversificazione in acquacoltura, il ripristino dell’ecosistema. Secondo la Fao però questo non è sufficiente e invita i governi e la comunità internazionale a fare sempre di più per rafforzare la legislazione, creare incentivi e misure di condivisione dei benefici, promuovere iniziative a favore della biodiversità e affrontare le cause principali della sua perdita: i cambiamenti nell’uso e nella gestione della terra e dell’acqua, l’inquinamento, lo sovrasfruttamento, i cambiamenti climatici, la crescita della popolazione e dell’urbanizzazione.
ITALIA. Anche nel nostro Paese la situazione non è certo rosea. Nel secolo scorso – stando a quanto riportato dalla Coldiretti – si contavano 8.000 varietà di frutta mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000 e di queste ben 1.500 si possono considerate a rischio di scomparsa, ma la perdita di biodiversità riguarda l’intero sistema agricolo: dagli ortaggi ai cereali, dagli ulivi ai vigneti e vale anche per moltissime razze di animali allevate. Il nostro Paese, sia a livello statale che regionale, si sta muovendo per tutelare il ricco patrimonio vegetale e animale presente nelle campagne. Va ricordato che a fine 2015 è stata promulgata la legge 194 che prevede «disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità d’interesse agricolo e alimentare» con la conseguente nascita dell’anagrafe e di un piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo e l’istituzione di un fondo di tutela per sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori. La sua attuazione però non è ancora a pieno regime mancando alcuni decreti attuativi.
IL RAPPORTO DELLA FAO evidenzia anche il ruolo sempre più importante che devono svolgere i consumatori su questo delicato argomento scegliendo prodotti coltivati in modo sostenibile, acquistando dai mercati contadini o boicottando i cibi considerati insostenibili. Su questo punto c’è chi in Italia aiuta le aziende agricole a far conoscere ai cittadini l’impegno svolto nella tutela della biodiversità. La Wba (World Biodiversity Association), una onlus che ha sede a Verona costituita da naturalisti, forestali e zoologi che operano in tutto il mondo, ha messo a punto una certificazione, Biodiversity Friend, che si esplicita in un marchio di sostenibilità da apporre ai prodotti agricoli ottenuti da un’azienda agricola che ha a cuore la tutela della biodiversità, attraverso buone pratiche agronomiche. «Attualmente sono un centinaio le aziende agricole certificate», racconta Gianfranco Caoduro, presidente onorario, «distribuite principalmente nell’Italia centro-settentrionale e appartenenti a vari settori, soprattutto quello vitivinicolo, frutticolo e orticolo». La certificazione avviene sulla valutazione, a cui viene attribuito un punteggio, di dieci azioni (il «Decalogo della sostenibilità») che prevedono: un modello colturale sostenibile, la tutela della fertilità dei suoli, la razionale gestione dell’acqua, la tutela di siepi, boschi e prati, la presenza di biodiversità agraria (vecchie varietà e razze animali in pericolo di estinzione) e naturale, l’uso di fonti energetiche rinnovabili, la buona gestione del territorio e del paesaggio, la sostenibilità economica e sociale, la buona qualità di aria, acqua e suolo. «Per ottenere il marchio», precisa Caoduro, «l’azienda agricola deve raggiungere un punteggio minimo di ingresso pari a 60 punti su 100. Per mantenere la certificazione l’azienda è tenuta poi a incrementare la biodiversità attraverso idonee azioni che sono indicate dai certificatori e verificate nei controlli successivi». Per l’agricoltore la certificazione è un valore aggiunto dal punto di vista economico. «È stata richiesta», ci tiene a sottolineare, «anche da gruppi di aziende che riforniscono la grande distribuzione del nord Europa, mentre in Italia sono soprattutto le singole aziende ad avvicinarsi allo standard Biodiversity Friend». La prossima sfida per la Wba è di certificare un intero territorio, per attestarne il grado di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.