Le religioni non ammettono violenza e terrorismo ma si
impegnano per la pari dignità di tutti, per aiutare la riconciliazione, per
essere voci degli ultimi e capaci di “smilitarizzare il cuore dell’uomo”. E’ il
forte messaggio del Papa nell’Incontro Interreligioso al Founder’s Memorial di
Abu Dhabi. Al termine la firma della Documento comune sulla fratellanza umana
per la pace mondiale e la convivenza comune
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Camminano come fratelli. E’ in questo procedere insieme di
Papa Francesco e del Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib, che si spiega il
senso dell’Incontro Interreligioso sulla fraternità umana nel Founder’s
Memorial di Abu Dhabi, promosso dal Consiglio Musulmano degli Anziani, con
circa 700 leader di varie fedi. Il primo discorso di Papa Francesco è il cuore
del viaggio negli Emirati Arabi Uniti, anche questo il primo per un Pontefice.
E’ intenso, pieno di spunti, chiaro nel ribadire il valore del dialogo tra le
religioni: ponti fra i popoli e le culture, “voce degli ultimi”. Netto nel
condannare ogni forma di violenza nel Nome di Dio, nel sottolineare che “non si
può proclamare la fratellanza e poi agire in senso opposto”, che “una
convivenza fraterna” si fonda “sull’educazione e sulla giustizia”. Forte
nell’appello alla pace in scenari come Yemen, Siria, Iraq e Libia e altrettanto
forte, come comunità riunite insieme, nel dare “un messaggio di fiducia” per
non arrendersi “ai diluvi della violenza”.
Credente
assetato di pace
Si disegna così Papa Francesco, ricordando lo storico
incontro, 800 anni fa, tra il fraticello di Assisi e il sultano al-Malik
al-Kāmil. Pace è la parola che richiama, spiegando di aver colto l’opportunità “come
fratello che cerca la pace tra fratelli”.
“Volere la pace, promuovere la pace, essere strumenti di
pace: siamo qui per questo”
Una pace che va salvaguardata entrando insieme, spiega il
Papa, “in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della
fratellanza”.
Nessuna
religione giustifica la violenza
Fratellanza è l’altra parola chiave su cui Francesco si
sofferma essendo anche il tema dell’Incontro Interreligioso. Fratellanza intesa
come “vocazione contenuta nel disegno creatore di Dio”, diceva Benedetto XVI, e
così il Papa riprende il pensiero sottolineando che “tutti abbiamo uguale
dignità e che nessuno può essere padrone o schiavo degli altri” perché tutti
siamo preziosi agli occhi di Dio.
Nel nome di Dio Creatore, dunque, va senza esitazione
condannata ogni forma di violenza, perché è una grave profanazione del Nome di
Dio utilizzarlo per giustificare l’odio e la violenza contro il fratello. Non
esiste violenza che possa essere religiosamente giustificata.
Fraternità
nella diversità
Il Papa ricorda che il nemico della fratellanza è
l’individualismo e così “ciascun credo è chiamato a superare il divario tra
amici e nemici, per assumere la prospettiva del Cielo, che abbraccia gli uomini
senza privilegi e discriminazioni”. Francesco esprime apprezzamento per
l’impegno degli Emirati Arabi Uniti nel garantire la libertà di culto, un modo
anche per vigilare affinché “la religione non venga strumentalizzata e rischi,
ammettendo violenza e terrorismo, di negare sé stessa”. La fratellanza – spiega
ancora il Papa – esprime la molteplicità e la differenza, il giusto
atteggiamento non è “non è né l’uniformità forzata, né il sincretismo
conciliante” ma comportarsi da fratelli.
Quel che siamo chiamati a fare, da credenti, è impegnarci
per la pari dignità di tutti, in nome del Misericordioso che ci ha creati e nel
cui nome va cercata la composizione dei contrasti e la fraternità nella
diversità.
Riconoscere
l’altro
È il dialogo costante, quotidiano ed effettivo l’altro
accento che tocca Francesco per custodire la famiglia umana. Parla di “coraggio
dell’alterità” che comporta “il riconoscimento pieno dell’altro e della sua
libertà” e l’impegno a spendersi perché “i diritti fondamentali siano affermati
sempre, ovunque e da chiunque”.
Perché senza libertà non si è più figli della famiglia
umana, ma schiavi. Tra le libertà vorrei sottolineare quella religiosa. Essa
non si limita alla sola libertà di culto, ma vede nell’altro veramente un fratello,
un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero e che pertanto nessuna
istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo. La libertà è un diritto di
ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione
e di azione. Il pluralismo e la diversità di religione, di colore, di sesso, di
razza e di lingua, sono una sapiente volontà divina con la quale Dio ha creato
gli esseri umani.
Preghiera,
ricostituente di fraternità
In questa definizione, il Papa sottolinea che il futuro del
dialogo interreligioso è proprio la preghiera tra fratelli, l’armonia della
diversità per assolvere al “compito urgente di costruire ponti fra i popoli e
le culture”:
È giunto il tempo in cui le religioni si spendano più
attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la
famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di
speranza e gli itinerari concreti di pace.
Educazione
e giustizia, le ali della pace
Conoscere il fratello – sottolinea Francesco – è la base
per formare identità aperte, “capaci di vincere la tentazione di ripiegarsi su
di sé e irrigidirsi”. Educare vuol dire disinnescare i semi di violenza, l’odio
e il pregiudizio. La giustizia è legata indissolubilmente alla pace per tanto
le religioni hanno il compito di ricordare che l’avidità e il profitto rendono
il cuore inerte e che le leggi di mercato non aiutano “l’incontro, il dialogo,
la famiglia”.
“Le religioni siano voce degli ultimi, che non sono
statistiche ma fratelli, e stiano dalla parte dei poveri; veglino come
sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, siano richiami vigili
perché l’umanità non chiuda gli occhi di fronte alle ingiustizie e non si
rassegni mai ai troppi drammi del mondo”
L’indifferenza
non guarda al domani
Guardando al deserto, al suo fiorire, al suo essere
sviluppo per il Paese, Francesco ricorda che quando si è indifferenti all’altro
non c’è progresso reale e duraturo. “L’indifferenza – afferma - impedisce di
vedere la comunità umana oltre i guadagni e il fratello al di là del lavoro che
svolge. L’indifferenza, infatti, non guarda al domani; non bada al futuro del
creato, non ha cura della dignità del forestiero e dell’avvenire dei bambini”.
I semi
di pace
Altro compito che il Papa indica per le religioni è quello
di far germogliare semi di pace come: “una convivenza fraterna, fondata
sull’educazione e sulla giustizia; uno sviluppo umano, edificato
sull’inclusione accogliente e sui diritti di tutti”. Oggi l’urgenza per
Francesco è “contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell’uomo”:
La corsa agli armamenti, l’estensione delle proprie zone di
influenza, le politiche aggressive a discapito degli altri non porteranno mai
stabilità.
“La guerra non sa creare altro che miseria, le armi
nient’altro che morte!”
Fiducia
nel nostro essere insieme
Francesco, in chiusura del suo discorso, rimarca “il dovere
di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra”. Nel suo cuore
ci sono le nefaste conseguente di tanti conflitti e la necessità di dare insieme
un messaggio di fiducia “ai diluvi della violenza” e alla “desertificazione
dell’altruismo”. “Dio – spiega - sta con l’uomo che cerca la pace”:
Penso in particolare allo Yemen, alla Siria, all’Iraq e
alla Libia. Insieme, fratelli nell’unica famiglia umana voluta da Dio,
impegniamoci contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione
delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri,
l’imbavagliamento dei poveri; a tutto questo opponiamo la forza dolce della
preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo.
A conclusione la firma congiunta del Papa e del Grande Imam
del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza
comune. Una firma alle spalle della installazione "The Constellation"
che riproduce in modo tridimensionale il volto del fondatore degli Emirati
Arabi, Sheikh Zayed bin Sultan, sottolineata da una pioggia di foglie e dalla
musica, a suggello di un momento di incontro, di abbraccio nel riconoscersi
figli di Dio.