sabato 12 maggio 2018

Oltre il lamento: i cattolici e la sfida dell'emergenza lavoro

intervista a Carlo Costalli, a cura di Andrea Tornielli

in “La Stampa Vatican Insider” dell'8 maggio 2018


È necessario «riequilibrare la macchina economica rimuovendo gli ostacoli per chi crea lavoro, ridando dignità agli emarginati e fermando la corsa al ribasso del costo del lavoro». Lo afferma Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, alla vigilia del Consiglio nazionale.

Come giudica il MCL l’attuale, difficile, congiuntura politica?
«Il ritardo nel fare un governo è incomprensibile agli occhi della gente, soprattutto mentre molte aree del Paese, il Mezzogiorno in particolare, sono in sofferenza. La ripresa che non arriva, l’occupazione che cresce solo in alcune regioni del Nord, la povertà delle famiglie che aumenta, richiedono risposte ferme sul terreno dei temi concreti, in primis per il lavoro, e non su quello delle formule. Sosteniamo gli sforzi del Presidente della Repubblica: anche se, comunque, c’è chi alle elezioni è arrivato primo, chi secondo e chi terzo».

Che cosa pensa dell’ipotesi di un voto in estate?
«Ritengo inammissibile l’ipotesi ventilata di un ritorno alle urne forse già a luglio, vista l’indisponibilità dei partiti ad accordarsi tra loro e ad appoggiare un eventuale governo di tregua. Innanzitutto l’astensionismo rischierebbe di diventare il primo partito in Italia, rischio scongiurato il 4 marzo scorso, ma, soprattutto, non possiamo permetterci un ulteriore stallo del Paese causato unicamente dall’egoismo dei partiti, che non solo così vengono meno alle loro responsabilità nei confronti degli italiani ma si dimostrano anche incapaci di un semplice atto di disponibilità nell’interesse del Paese».

Che cosa è emerso dal convegno dei giovani del Movimento che lo scorso 3 maggio ha cercato di analizzare quanto sta accadendo con l'aiuto dell'economista Leonardo Becchetti, del filosofo Massimo Borghesi e del professor Lorenzo De Sio?
«L’obiettivo dell’incontro era quello di andare oltre “il lamento” e i problemi che il voto del 4 marzo ha reso palesi a tutti, per rilanciare politiche e processi che possano rispondere alle tante sfide che abbiamo di fronte. Porteremo quanto è emerso dall’incontro nella discussione del Consiglio Nazionale del MCL, l’11 e 12 maggio prossimi, per proseguire con speranza e passione questo cammino. In particolare, se ormai è assodato che i partiti sono in crisi questo però non significa che siano inutili ma, proprio perché essenziali nelle democrazie, devono scoprire un nuovo modo per essere prossimi ai cittadini senza ridursi a gruppi elitari. Allo stesso tempo, è necessario ricominciare a discutere, a confrontarsi sulle scelte e trovare soluzioni condivise. Inoltre, crediamo sia possibile riequilibrare la macchina economica rimuovendo gli ostacoli per chi crea lavoro, ridando dignità agli emarginati e fermando la corsa al ribasso del costo del lavoro. È necessario “ricominciare a pensare” e portare avanti delle idee che abbiano una prospettiva, slegandosi dall’appiattimento sul presente per guardare al futuro riscoprendo il passato. Il mondo cattolico non può rimanere indifferente di fronte a queste responsabilità, ma deve rispondere riscoprendo l’unità attraverso la Dottrina Sociale della Chiesa».

In che modo MCL ha preso sul serio, operativamente, il messaggio dell'ultima Settimana Sociale?
«Il lavoro è nel DNA del MCL, ma il tema della 48a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, incentrato proprio sul lavoro, ha focalizzato ancora di più il nostro impegno con un lungo cammino di preparazione. La Settimana Sociale è stata un appuntamento importantissimo, in cui i cattolici si sono riuniti per far sentire la loro voce sulle emergenze sociali del nostro Paese, partendo proprio dal problema più serio. La sfida per tutti noi che abbiamo raccolto il messaggio della Settimana Sociale è molto alta: riannodare intorno al bene comune i fili del lavoro, della giustizia sociale, della solidarietà, in un progetto di futuro fondato sul valore della persona. Fili che abbiamo provato comunque a tessere in questi anni e che hanno un comune denominatore: rispondere ai deficit, alle distorsioni, agli errori che hanno condotto alla deriva dei nostri giorni».

Che cosa state facendo?
«Lavoriamo da tempo, senza sosta, per essere il punto di riferimento di quella parte di mondo cattolico che non si arrende, perché quella che si è aperta dopo la Settimana Sociale ritengo sia la stagione “del tempo opportuno”. Al tema della Settimana Sociale abbiamo voluto anche dedicare, nel mese di febbraio, la Winter School per i giovani quadri dirigenti del Movimento, che da anni organizziamo in collaborazione con l’Università Cattolica di Brescia: la formazione, soprattutto verso i giovani, è uno dei nodi centrali del nostro impegno. Noi del Mcl stiamo lavorando, e continueremo a lavorare, per il sistema Paese e non potremo fermarci fino a quando l’economia non sarà tornata in piena salute, con una netta riduzione della disoccupazione e della povertà, e i lavoratori non avranno un lavoro dignitoso».

Quali sono, a suo avviso, le principali urgenze per il Paese?
«La difficile situazione economica del Paese, l’aumento del debito, una politica “distratta” e “latitante” da anni, hanno aperto scenari inquietanti gravando soprattutto sul welfare. È cresciuto oltremisura il tasso delle famiglie in povertà assoluta e dei giovani a rischio povertà ed esclusione sociale, mentre i dati relativi alla disoccupazione non sono comunque confortanti. Queste, a mio avviso, le principali urgenze: le famiglie, i giovani, il lavoro e il Mezzogiorno».

Che cosa è necessario fare?
«È necessario ripartire dal lavoro, che è poi la prima preoccupazione delle famiglie e delle persone, con politiche attive e interventi formativi che accompagnino il lavoratore nelle diverse fasi della sua carriera. Una legge ad hoc può creare lavoro, ma se si vuole mantenerlo ci si deve concentrare sui fattori di sviluppo e di inclusione sociale per governare i profondi cambiamenti in atto su scala globale. Il primo obiettivo è il “lavoro per tutti”, degno ed equamente retribuito, e non il reddito per tutti come molti invocano con il reddito di cittadinanza: perché non avere lavoro è molto più drammatico della mancanza di reddito, senza lavoro viene meno la dignità stessa dell’uomo. Tra l’altro politiche di mera assistenza, oggi, sono impraticabili per il debito che ci caratterizza, piuttosto si devono attuare politiche che includano la persona mettendola in condizione di partecipare, prima di tutto attraverso il lavoro, alla società. Siamo dominati da logiche di breve periodo: un’economia solida non si costruisce sui fuochi di paglia, ma riducendo la pressione fiscale e permettendo alle imprese d’investire. Il Paese ha bisogno di una politica che abbia il coraggio e la volontà di affrontare seriamente questi problemi, in grado di assicurare le condizioni e di predisporre gli strumenti per migliorare i nostri sistemi formativi e per favorire la creazione di nuove imprese, di nuovo sviluppo, di nuovo lavoro».