in “La Stampa Vatican Insider” dell'8 maggio 2018
È necessario
«riequilibrare la macchina economica rimuovendo gli ostacoli per chi crea
lavoro, ridando dignità agli emarginati e fermando la corsa al ribasso del
costo del lavoro». Lo afferma Carlo Costalli, presidente del Movimento
Cristiano Lavoratori, alla vigilia del Consiglio nazionale.
Come giudica il MCL
l’attuale, difficile, congiuntura politica?
«Il ritardo nel fare un governo è incomprensibile agli occhi
della gente, soprattutto mentre molte aree del Paese, il Mezzogiorno in
particolare, sono in sofferenza. La ripresa che non arriva, l’occupazione che
cresce solo in alcune regioni del Nord, la povertà delle famiglie che aumenta, richiedono
risposte ferme sul terreno dei temi concreti, in primis per il lavoro, e non su
quello delle formule. Sosteniamo gli sforzi del Presidente della Repubblica:
anche se, comunque, c’è chi alle elezioni è arrivato primo, chi secondo e chi
terzo».
Che cosa pensa
dell’ipotesi di un voto in estate?
«Ritengo inammissibile l’ipotesi ventilata di un ritorno
alle urne forse già a luglio, vista l’indisponibilità dei partiti ad accordarsi
tra loro e ad appoggiare un eventuale governo di tregua. Innanzitutto
l’astensionismo rischierebbe di diventare il primo partito in Italia, rischio
scongiurato il 4 marzo scorso, ma, soprattutto, non possiamo permetterci un
ulteriore stallo del Paese causato unicamente dall’egoismo dei partiti, che non
solo così vengono meno alle loro responsabilità nei confronti degli italiani ma
si dimostrano anche incapaci di un semplice atto di disponibilità nell’interesse
del Paese».
Che cosa è emerso dal
convegno dei giovani del Movimento che lo scorso 3 maggio ha cercato di analizzare
quanto sta accadendo con l'aiuto dell'economista Leonardo Becchetti, del filosofo
Massimo Borghesi e del professor Lorenzo De Sio?
«L’obiettivo dell’incontro era quello di andare oltre “il
lamento” e i problemi che il voto del 4 marzo ha reso palesi a tutti, per
rilanciare politiche e processi che possano rispondere alle tante sfide che
abbiamo di fronte. Porteremo quanto è emerso dall’incontro nella discussione
del Consiglio Nazionale del MCL, l’11 e 12 maggio prossimi, per proseguire con
speranza e passione questo cammino. In particolare, se ormai è assodato che i
partiti sono in crisi questo però non significa che siano inutili ma, proprio
perché essenziali nelle democrazie, devono scoprire un nuovo modo per essere
prossimi ai cittadini senza ridursi a gruppi elitari. Allo stesso tempo, è
necessario ricominciare a discutere, a confrontarsi sulle scelte e trovare
soluzioni condivise. Inoltre, crediamo sia possibile riequilibrare la macchina
economica rimuovendo gli ostacoli per chi crea lavoro, ridando dignità agli
emarginati e fermando la corsa al ribasso del costo del lavoro. È necessario “ricominciare
a pensare” e portare avanti delle idee che abbiano una prospettiva, slegandosi dall’appiattimento
sul presente per guardare al futuro riscoprendo il passato. Il mondo cattolico
non può rimanere indifferente di fronte a queste responsabilità, ma deve
rispondere riscoprendo l’unità attraverso la Dottrina Sociale della Chiesa».
In che modo MCL ha
preso sul serio, operativamente, il messaggio dell'ultima Settimana Sociale?
«Il lavoro è nel DNA del MCL, ma il tema della 48a Settimana
Sociale dei Cattolici Italiani, incentrato proprio sul lavoro, ha focalizzato
ancora di più il nostro impegno con un lungo cammino di preparazione. La
Settimana Sociale è stata un appuntamento importantissimo, in cui i cattolici
si sono riuniti per far sentire la loro voce sulle emergenze sociali del nostro
Paese, partendo proprio dal problema più serio. La sfida per tutti noi che abbiamo
raccolto il messaggio della Settimana Sociale è molto alta: riannodare intorno
al bene comune i fili del lavoro, della giustizia sociale, della solidarietà,
in un progetto di futuro fondato sul valore della persona. Fili che abbiamo
provato comunque a tessere in questi anni e che hanno un comune denominatore:
rispondere ai deficit, alle distorsioni, agli errori che hanno condotto alla
deriva dei nostri giorni».
Che cosa state
facendo?
«Lavoriamo da tempo, senza sosta, per essere il punto di riferimento
di quella parte di mondo cattolico che non si arrende, perché quella che si è
aperta dopo la Settimana Sociale ritengo sia la stagione “del tempo opportuno”.
Al tema della Settimana Sociale abbiamo voluto anche dedicare, nel mese di
febbraio, la Winter School per i giovani quadri dirigenti del Movimento, che da
anni organizziamo in collaborazione con l’Università Cattolica di Brescia: la
formazione, soprattutto verso i giovani, è uno dei nodi centrali del nostro
impegno. Noi del Mcl stiamo lavorando, e continueremo a lavorare, per il
sistema Paese e non potremo fermarci fino a quando l’economia non sarà tornata
in piena salute, con una netta riduzione della disoccupazione e della povertà,
e i lavoratori non avranno un lavoro dignitoso».
Quali sono, a suo
avviso, le principali urgenze per il Paese?
«La difficile situazione economica del Paese, l’aumento del
debito, una politica “distratta” e “latitante” da anni, hanno aperto scenari
inquietanti gravando soprattutto sul welfare. È cresciuto oltremisura il tasso
delle famiglie in povertà assoluta e dei giovani a rischio povertà ed
esclusione sociale, mentre i dati relativi alla disoccupazione non sono
comunque confortanti. Queste, a mio avviso, le principali urgenze: le famiglie,
i giovani, il lavoro e il Mezzogiorno».
Che cosa è necessario
fare?
«È necessario ripartire dal lavoro, che è poi la prima
preoccupazione delle famiglie e delle persone, con politiche attive e
interventi formativi che accompagnino il lavoratore nelle diverse fasi della
sua carriera. Una legge ad hoc può creare lavoro, ma se si vuole mantenerlo ci
si deve concentrare sui fattori di sviluppo e di inclusione sociale per
governare i profondi cambiamenti in atto su scala globale. Il primo obiettivo è
il “lavoro per tutti”, degno ed equamente retribuito, e non il reddito per tutti
come molti invocano con il reddito di cittadinanza: perché non avere lavoro è
molto più drammatico della mancanza di reddito, senza lavoro viene meno la
dignità stessa dell’uomo. Tra l’altro politiche di mera assistenza, oggi, sono
impraticabili per il debito che ci caratterizza, piuttosto si devono attuare
politiche che includano la persona mettendola in condizione di partecipare,
prima di tutto attraverso il lavoro, alla società. Siamo dominati da logiche di
breve periodo: un’economia solida non si costruisce sui fuochi di paglia, ma
riducendo la pressione fiscale e permettendo alle imprese d’investire. Il Paese
ha bisogno di una politica che abbia il coraggio e la volontà di affrontare
seriamente questi problemi, in grado di assicurare le condizioni e di predisporre
gli strumenti per migliorare i nostri sistemi formativi e per favorire la
creazione di nuove imprese, di nuovo sviluppo, di nuovo lavoro».