martedì 15 maggio 2018

“Il reddito di cittadinanza rende più poveri È solo assistenzialismo che nega la dignità”

intervista a Muhammad Yunus, a cura di Francesco Sforza

in “La Stampa” del 13 maggio 2018


Zero povertà, zero disoccupazione, zero inquinamento. È questo il «Mondo a tre zeri» che l’economista bengalese Muhammad Yunus vorrebbe contribuire a edificare e che per adesso è il titolo del suo ultimo libro, realizzato insieme allo scrittore Karl Weber e pubblicato in Italia da Feltrinelli. Il premio Nobel per la Pace inizierà il suo tour italiano a Torino, giovedì prossimo, al Grattacielo Intesa San Paolo, per poi continuare a raccontare il mondo che vorrebbe a Milano, alla Fondazione Feltrinelli e poi a Roma, sabato, al Maxxi. 
Lo abbiamo raggiunto tra una conferenza e l’altra in giro per l’Europa.

Yunus, qual è la sua impressione quando viene in Europa?
«Mi piace la consapevolezza che c’è qui per la sicurezza dei cittadini, e mi piace il fatto che la società si senta responsabile per quelli che sono tagliati fuori, anche se poi non sempre riesce a includerli. Mi piace la preoccupazione per i diritti umani, per il ruolo della legge e soprattutto per la costruzione di leggi, per il percorso che porta a formarle. Sì, mi piace molto, sono cose che a noi dell’Est mancano».
Qual è secondo lei la lezione che in questo momento può venire dall’Asia all’Europa?
«L’Asia avrebbe bisogno di molte cose che in Europa ci sono e ci sono da tanto tempo, ma trovo che da voi ci sia un pensiero unico che limita gli slanci. Mi spiego meglio: le società europee sono ossessionate dal lavoro, tutti devono trovare un lavoro, nessuno deve rimanere senza lavoro, le istituzioni si devono preoccupare che i cittadini lavorino... Invece in Asia la famiglia è il luogo più importante e non c’è questo pensiero fisso del lavoro: esiste una sorta di mercato informale, in cui gli uomini esercitano loro stessi come persone. Penso che la lezione positiva che viene dall’Asia sia quella di ridisegnare il sistema finanziario attuale, privilegiando la dignità delle persone e il valore del loro tempo».

Cosa pensa dell’idea di un reddito di cittadinanza? Può essere una soluzione al problema della povertà?
«No, per niente, non è utile a chi è povero e a nessun altro, è una tipica idea di assistenzialismo occidentale, che considera l’uomo una creatura artificiale da nutrire in laboratorio, con lo Stato e le istituzioni incaricate di procurare il nutrimento. Ma questa è la negazione dell’essere umano, della sua funzionalità, della vitalità, del potere creativo. L’uomo è chiamato a esplorare, a cercare opportunità, sono queste che vanno create, non i salari sganciati dalla produzione, che per definizione fanno dell’uomo un essere improduttivo, un povero vero».

Che società sarà quella in cui i robot sostituiranno gli uomini nei lavori meccanici?
«La tecnologia può ferire, ma una cosa sono le macchine, un’altra è l’intelligenza artificiale. E quando i robot diventeranno più efficienti e intelligenti degli uomini? Stiamo prendendo una direzione sbagliata, rischiamo di diventare le vittime di questo movimento. Dovremo alzarci in piedi e dire ad alta voce che rifiutiamo qualsiasi forma di rimpiazzo dell’essere umano, che possiamo risolvere i nostri problemi senza l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Credo che sia l’altra faccia del reddito di cittadinanza: un modo per impedire all’uomo di essere uomo».

Come descriverebbe la scuola ideale?
«La scuola oggi si propone come un luogo dove si insegna ai giovani a trovare un lavoro, e questo è il suo principale errore. Dovrebbe invece rendere i giovani pronti alla vita, non al lavoro. Dovrebbe insegnare loro a scoprire attitudini, a farsi imprenditori, a cogliere opportunità, a strutturarsi come cittadini e membri di una società, a coltivare conoscenze in cui il lavoro può essere uno degli esiti, non l’unico obiettivo. È limitante, i sistemi educativi attuali sono tutti da ridisegnare».

Come vede il ruolo della religione nelle società contemporanee?
«Tutte le religioni cercano di creare solidarietà ed empatia tra i loro membri, ma in un sistema impostato sull’egoismo e sulla realizzazione personale, come quello capitalista, valori come collaborazione e solidarietà valgono poco. Se la religione va da una parte e l’economia da un’altra vince l’economia, non la religione».

Qual è secondo lei il leader politico che sta rispondendo in modo più efficace alle sfide globali?
«Non ho molta fiducia nelle leadership globali in questo momento e penso in particolare a Donald Trump, che vuole un’America più chiusa e concentrata in sé stessa, dove le armi e le bombe sono uno strumento politico considerato efficace. Quello che in questo momento mi dà maggiore speranza è Emmanuel Macron, il presidente francese, mi piace come si pone e come parla. Forse è il primo di una nuova generazione di leader, me lo auguro».