dalla pagina https://www.change.org/p/3169656/u/22075253
dal video https://youtu.be/nPy8enQye3o
29 nov 2017 — Manlio Dinucci
L’aeroporto militare di Ghedi (Brescia) si prepara a divenire una delle principali basi operative dei caccia F-35. Il
ministero della Difesa ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il bando
di progettazione (importo 2,5 milioni di euro) e costruzione (importo
60,7 milioni di euro) delle nuove infrastrutture per gli F-35:
l’edificio a tre piani del comando con le sale operative e i simulatori
di volo; l’hangar per la manutenzione dei caccia, 3460 metri quadri con
un carroponte da 5 tonnellate, più altre strutture da 2800 m2; un
magazzino da 1100 m2, con annesse una palazzina di due piani per uffici e
la centrale tecnologica con cabina elettrica e vasche antin-cendio; 15
hangaretti da 440 m2 in cui saranno dislocati i caccia pronti al
decollo.
Poiché ciascun hangaretto ne potrà ospitare due, la capienza complessiva sarà di 30 F-35.
Tutti
gli edifici saranno concentrati in un’unica area recintata e
videosorvegliata, separata dal resto dell’aeroporto: una base
all’interno della base, il cui accesso sarà vietato allo stesso
personale militare dell’aeroporto salvo che agli addetti ai nuovi
caccia.
Il perché è chiaro: accanto agli F-35A a decollo e
atterraggio convenzionali – di cui l’Italia acquista 60 esemplari
insieme a 30 F-35B a decollo corto e atterraggio verticale – saranno
dislocate a Ghedi le nuove bombe nucleari statunitensi B61-12.
Come
le attuali B-61, possono essere anch’esse sganciate dai Tornado PA-200
del 6° Stormo ma, per guidarle con precisione sull’obiettivo e
sfruttarne le capacità anti-bunker, occorrono i caccia F-35A dotati di
speciali sistemi digitali.
Poiché ciascun caccia può trasportare
nella stiva interna 2 bombe nucleari, possono essere dislocate a Ghedi
60 B61-12, il triplo delle attuali B-61.
Come le precedenti, le
B61-12 saranno controllate dalla speciale unità statunitense (704th
Munitions Support Squadron della U.S. Air Force), «responsabile del
ricevimento, stoccaggio e mantenimento delle armi della riserva bellica
Usa destinate al 6° Stormo Nato dell’Aeronautica italiana».
La
stessa unità dell’Aeronautica Usa ha il compito di «sostenere
direttamente la missione di attacco» del 6° Stormo. Piloti italiani
vengono già addestrati, nelle basi aeree di Eglin in Florida e Luke in
Arizona, all’uso degli F-35 anche per missioni di attacco nucleare.
Caccia
dello stesso tipo, armati o comunque armabili con le B61-12, saranno
schierati nella base di Amendola (Foggia), dove un anno fa è arrivato il
primo F-35, e in altre basi. Vi saranno, oltre a questi, gli F-35 della
U.S. Air Force schierati ad Aviano con le B61-12.
Su questo
sfondo richiedere, come ha fatto alla Camera il Movimento 5 Stelle, che
l’Italia dichiari la sua «indisponibilità ad acquisire le componenti
necessarie per rendere gli F-35 idonei al trasporto di armi nucleari»,
equivale a richiedere che l’esercito sia dotato di carrarmati senza
cannone.
Il nuovo caccia F-35 e la nuova bomba nucleare B61-12 co stituiscono un sistema d’arma integrato.
La
partecipazione al programma dell’F-35 rafforza l’ancoraggio dell’Italia
agli Stati uniti. L’industria bellica italiana, capeggiata dalla
Leonardo che gestisce l’impianto di assemblaggio degli F-35 a Cameri
(Novara), viene ancor più integrata nel gigantesco complesso
militare-industriale Usa capeggiato dalla Lockheed Martin, la maggiore
industria bellica del mondo (con 16000 fornitori negli USA e 1500 in 65
altri paesi), costruttrice dell’F-35.
Lo schieramento sul nostro
territorio di F-35 armati di bombe nucleari B61-12 subordina ancor più
l’Italia alla catena di comando del Pentagono, privando il Parlamento di
qualsiasi reale potere decisionale.
(il manifesto, 28 novembre 2017)