Ed eccola qui, la guerra. E’ arrivata anche alla porta accanto. Con il suo orrore, il terrore, il sangue, i corpi morti. Quando la vedi con i tuoi occhi capisci davvero perché è “il più grande crimine contro l’umanità”.
E’ un’unica guerra che si mimetizza in varie forme, che si ciba dello stesso odio e defeca la stessa violenza. E’ sempre la stessa cosa, compiuta da eserciti addestrati, ben armati, finanziati, le cui vittime sono soprattutto i civili innocenti.
Ormai è una matassa ingarbugliata. Il bandolo non lo si trova più. Non serve sapere chi ha iniziato per primo, le ragioni sono scomparse e rimangono solo i torti.
E’ una spirale perversa che si autoalimenta:
guerra-terrorismo-violenza-odio-vendetta-terrorismo-guerra …
Ieri a Parigi abbiamo assistito in diretta ad un’operazione militare: un gruppo di soldati in armi che ha agito come un plotone di esecuzione, attaccando civili inermi, sequestrandoli, decimandoli, come facevano i nazisti nella Francia del 1940, violando ogni convenzione internazionale, fuori da ogni regola… d’altronde la guerra, non ha regole, se non quella di eliminare fisicamente il nemico.
Ed è proprio questo che i mercenari dell’odio vogliono: che ognuno di noi si senta nemico all’altro, per innalzare il livello dello scontro, dove alla fine rimarrà solo chi è più spietato, chi spara l’ultimo colpo.
Già troppe volte abbiamo detto “mai più!”. Dopo la guerra del Golfo, dopo le Torri Gemelle, dopo l’attacco in Iraq, dopo gli attentati di Londra e di Madrid, dopo la strage di Charlie Hebdo, dopo quella del Bardo, dopo i bombardamenti su Libia e Siria, dopo il raid sull’ospedale di Kunduz in Afganistan, dopo il massacro all’Università di Garissa in Kenya, dopo le bombe sul corteo pacifista di Ankara … ed oggi dopo gli attentati suicidi di Beirut e di Parigi.
Piangere i morti ed esprimere solidarietà è importante, ma non basta se poi tutto continua come prima. Dobbiamo reagire. Non farci piegare dal dolore e dalla paura. Non accettare lo stato delle cose. Reagire. Reagire per spezzare la spirale, ed aprire una strada nuova. La violenza ha fallito e se perpetuata peggiorerà ulteriormente una situazione già tragica.
La via da seguire è quella della nonviolenza. Sul piano personale e su quello politico. La via del diritto, della cooperazione, del dialogo, delle alleanze con chi in ogni luogo cerca la pace, della riduzione drastica della produzione e del traffico di armi, dei Corpi civili di pace per affrontare i conflitti prima che diventino guerre, della polizia internazionale per fermare chi si pone fuori dal contesto legale dell’Onu.
Il terrorismo e la guerra (che è una forma di terrorismo su vasta scala) si contrastano con strumenti altrettanto forti, ma con spinta contraria. Siamo anche noi dentro il conflitto, e lo dobbiamo affrontare con soluzioni opposte a quelle perseguite finora. L’alternativa oggi è secca: nonviolenza o barbarie.
Aldo
Capitini, il fondatore del Movimento Nonviolento, lo aveva
profetizzato già nel
secolo scorso ... non sappiamo se già prefigurava l'orrore dei
tagliatori di
teste, ma le sue parole sono rivolte a noi oggi:
“Tanto
dilagheranno violenza e materialismo, che ne verrà stanchezza
e disgusto; e
dalle gocce di sangue che colano dai ceppi della decapitazione
salirà l’ansia
di sottrarre l’anima ad ogni collaborazione con quell’errore,
e di instaurare
subito, a cominciare dal proprio animo (che è il primo
progresso), un nuovo modo
di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci è estraneo
se ci si deve
stare senza amore, senza un’apertura infinita dell’uno verso
l’altro, senza una
unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire. Questo è
il varco attuale
della storia.”
Aldo Capitini, 1936, Elementi di un'esperienza
religiosa