dalla pagina http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/06/19/lundicesimo-comandamento30.html
Francesco si rivolge a tutti, come fece Giovanni XXIII, papa santo e
profeta, con la Pacem in terris quando la emanò dedicandola «a tutti
gli uomini di buona volontà». Così delinea un parallelo tra la tragica
minaccia della guerra all'inizio degli anni Sessanta, «mentre il mondo
vacillava sull'orlo di una crisi nucleare», e il «deterioramento globale
dell'ambiente» che stiamo provocando, "degradazione" già denunciata
come "drammatica" e foriera di una possibile "catastrofe ecologica" da
Paolo VI nella sua Lettera apostolica Octogesima adveniens del 1971. Ci
troviamo cioè di fronte a una minaccia per l'umanità paragonabile alla
catastrofe nucleare: per questo il suo monito risuona accorato e
urgente.
Anche la modalità con cui papa Francesco ha costruito
l'enciclica e lo stile assunto fanno parte dell'insegnamento stesso.
Francesco non è un papa autoreferenziale che citi solo il magistero suo
o dei papi precedenti: certo, come in tutti i documenti pontifici c'è
innanzitutto la Sacra Scrittura che risulta ispirante, ci sono i padri
della Chiesa e il magistero precedente, dal concilio ai papi dell'ultimo
secolo, a volte però con scelte e discriminazioni eloquenti. Ma nella
Laudato si' troviamo citati anche documenti degli episcopati di tutto
il mondo: dalle Americhe all'Oceania, dall'Africa del Sud all'Asia fino
all'Europa. Il papa attinge anche al magistero episcopale, come capo
del collegio cui spetta il discernimento e la conferma nella fede.
Accanto a questo respiro collegiale ci sono anche dati assolutamente
nuovi e sorprendenti. È la prima volta che in un'enciclica papale
vengono citati testi di cristiani appartenenti ad altre Chiese: due
paragrafi presentano il pensiero e l'azione infaticabile del Patriarca
ecumenico Bartholomeos, chiamato nel mondo il "patriarca verde" per la
sua costante attenzione all'ecologia. Bartholomeos è un grande amico e
fratello di Francesco, che condivide con lui una forte convergenza di
sensibilità e «la speranza della piena comunione ecclesiale».
Ma, tra
gli autori citati nell'enciclica, si deve ricordare la presenza di un
filosofo, peraltro protestante, Paul Ricoeur e i numerosi rimandi a
pensatori cattolici come Romano Guardini e il "sospettato" Teilhard de
Chardin. Una sorpresa ancor più grande in questo senso è trovare il
rimando a «un maestro spirituale, Ali-Khawwas», mistico musulmano sufi
del XV secolo.
Così l'enciclica ha un autentico respiro
cattolico [= universale], ecumenico e capace di riconoscere la ricerca e la sapienza
delle genti della Terra. Papa Francesco non solo rilegge le pagine
della Genesi che narrano la creazione di tutto il cosmo ad opera di Dio,
ma lo fa da cristiano, attraverso il Nuovo Testamento, e comprende la
creazione come opera trinitaria, ossia come opera di Dio compiuta
attraverso il Figlio, la Parola, nella forza del suo compagno
inseparabile, il soffio, lo Spirito. L'universo non solo è opera di
Dio, ma è abitato dalla presenza di Dio, è destinato alla salvezza,
alla divinizzazione. Solo in questa "sovraconoscenza" della realtà
della creazione in Cristo, attraverso Cristo e in vista di Cristo è
possibile comprendere la vocazione umana e la vocazione di tutto il
cosmo che attende redenzione e trasfigurazione.
Questa ripresa
cristiana di una teologia della creazione è abbastanza rara, per lo più
sconosciuta ai credenti, eppure decisiva per poter, come dice Agostino,
"adorare la terra" come sgabello della signoria di Dio. Certo,
l'ebraismo e il cristianesimo hanno liberato l'uomo dall'idolatria,
dall'alienazione agli elementi celesti e terrestri, hanno demitizzato
la natura, ma non hanno mai cessato di guardare ad essa non come a un
semplice scenario per l'uomo, ma come a una comunità di creature che Dio
aveva giudicato realtà "buona e bella", creature che l'uomo deve
custodire, ordinare, proteggere perché la vita fiorisca e la convivenza
sia foriera di pace e di felicità.
contnua