La
nuova base americana Del Din è stata costruita e se entrerà in funzione sarà il
più grande concentramento militare americano in Europa. La destinazione delle
operazioni sarà il continente Africano … ma non solo. Con i militari che
verranno le relazioni non saranno intense. Una base militare di solito porta a
caratteri cubitali lungo le recinzioni: «VIETATO». Vietato entrare, vietato
incontrare, vietato sapere … Ma per una comunità cristiana non è mai vietato
ospitare le persone. E non è vietato pronunciare ancora alta la parola della
pace. E se questa parola entrerà in una base militare, la pace continuerà ad
essere voce del Risorto che attraversa le porte chiuse, quelle del cenacolo la
sera di Pasqua … e qualsiasi porta chiusa, compresa quella del cuore che non
vuol sentir parlare di pace.
Come
cristiani dovremmo attrezzarci ad ospitare, ma insieme a tenere vivo il
disprezzo deciso di ogni arma, di ogni gioco puramente violento, di ogni
economia che sopravvive sul sangue di civili e sul sangue di militari. Dovremo
cercare i modi per convertire i nostri animi prima che quelli degli altri, e
smettere di dividere il mondo come se tutto fosse buono da una parte e cattivo
dall’altra. Tutti siamo cattivi … ed è questo il punto più rischioso. Perché
allora ci verrà la tentazione di adagiarci, di non sognare più niente di nuovo.
Ci piegheremo alla sconfitta più triste e più pericolosa, quella di tollerare e
di difendere ogni logica, tanto nessuna è buona. Tutto va bene e tutto ha un
senso.
Come
cristiani abbiamo parole antiche e recenti dei pastori, che non ci devono
lasciare in pace. Soprattutto le parole che ricordano gli innocenti, i bambini
che calpestano le mine anti-uomo, i profughi che scappano dalla loro terra. E
se ospitiamo il punto da cui partono gli attacchi dobbiamo ospitare anche gli
effetti di tutto questo.
Qualche
volta ci farà bene fermarci come Gesù davanti a Gerusalemme. Lui ha pianto con
lacrime che si vedono e si sentono, incise perfino nel vangelo (Lc 19,41). Ha
pianto perché la sua città era diventata cieca e non ha afferrato la «via della
pace». Dio è sempre impotente di fronte a coloro che decidono di rifiutarlo,
questa è la sua più misteriosa non-violenza, che anche noi cristiani dobbiamo
in qualche modo provare sulla nostra pelle.
Inaugurare
una costruzione che ha il solo scopo della morte ci aiuti a non inaugurare un
silenzio di retroguardia, a non soffocare un lamento che deve vedersi e sentirsi
come la lacrime di Gesù, a credere – che in tutta la terra e in tutti i tempi –
la pace è ciò che di più cristiano e di più umano dobbiamo costruire. Con
intelligenza, con profezia, con una lentezza che non è mai ritardo.
[1]
Aa. Vv., Pacem in
terris impegno permanente. Le comunità cristiane protagoniste di segni e gesti
di pace, Monti, Saronno (VA), 2004, 46.