mercoledì 22 giugno 2011

Acqua, ora che è salva proviamo a non sprecarla...



Acqua, ora che è salva proviamo a non sprecarla...

acqua
Due referendum hanno giustamente sepolto la pessima legge sull’acqua voluta a colpi di voti di fiducia dal governo Berlusconi nel 2009, che, fra l’altro, imponeva la privatizzazione obbligatoria delle aziende pubbliche di servizi locali in nome dell’Europa. Un falso. La Ue ha optato per una politica di liberalizzazioni volte a creare una concorrenza fra i vari gestori.

Ma il centrodestra non ha liberalizzato, ha semplicemente fatto entrare i privati nelle aziende municipalizzate sostanzialmente per comandare (si pensi a Caltagirone nella più che centenaria Acea di Roma creata dalla Giunta Nathan con referendum). Anche perché quelle stesse imprese locali, un tempo gestite con rigore da un personale competente, sono state riempite - si pensi alla recente vicenda di Parentopoli a Roma - di dirigenti senza competenze specifiche, i quali si sono portati dietro gente ancor più mediocre.

Lo stesso centrodestra che ha teso a privatizzare le imprese pubbliche locali, ha accuratamente evitato di creare una vera concorrenza fra le grandi imprese nazionali e i loro servizi (si pensi soltanto alle ferrovie coi pendolari abbandonati a se stessi). I due referendum hanno quindi azzerato delle pessime regole e riportato l’acqua fra i beni pubblici da gestire in forma coerentemente pubblicistica e non privatistica. Come invece stavano facendo, in gran fretta, le prime aziende acquedottistiche privatizzate intascando dei bei sovraprofitti.

Ora però bisogna riscrivere accuratamente le regole e la sinistra deve concorrere con proposte chiare e responsabili, in ogni settore e in particolare per l’acqua. Dove la situazione italiana è tanto seria quanto anomala. Siamo infatti il Paese che consuma più acqua al mondo per abitante dopo Usa e Canada, il primo in Europa. Con una quota fortissima, il 65 %, in agricoltura, e in particolare al Nord (irrigazione e allevamenti), con consumi industriali almeno in apparenza più ridotti, ma con tanti, troppi prelievi (e scarichi) direttamente in falda, e con sprechi inaccettabili anche negli usi domestici. Si ricicla ancora poco l’acqua già utilizzata, rari sono gli acquedotti industriali e così via.

Si dissipa insomma l’acqua potabile. Anche in forza delle tariffe troppo basse di numerose città italiane: il consumo più alto lo si registra a Torino con 291 litri/abitante al giorno i più bassi a Firenze e a Forlì (130 litri/abitante). A Torino, guarda caso, l’acqua la si paga pochissimo. A Firenze e a Forlì la si paga un bel po’ di più. E’ interessante osservare che dove l’acqua costa poco, la si spreca; dove costa, la si economizza. Succede lo stesso in Europa: ad Atene l’acqua costa il doppio di Torino e Milano e se ne consuma, per abitante, meno della metà. Analogamente a Bruxelles, a Zurigo o a Berlino.

Si obietterà: in quelle città straniere gli acquedotti non registrano le perdite sovente ingenti dei nostri. Per la verità le regioni italiane nelle quali si registrano, secondo stime di Lergambiente, le minori perdite e quindi alte efficienze sono quelle - Emilia-Romagna, Umbria e Marche - dove le tariffe non sono “stracciate”, da svendita. Voglio dire che, dove le tariffe remunerano in modo equo costi e investimenti consentendo ammortamenti e miglioramenti delle infrastrutture, la rete risulta più efficiente. Come deve essere in un’azienda di pubblici servizi che si rispetti.

Certo, poi ci sono i disastri di Cosenza col 70% di acqua persa per strada, di Campobasso col 65%, di Latina col 66%, ma pure di Trieste, a Palermo, a Catania, a Messina o a Cagliari dove si arriva ad un 40%. Casi in cui, temo, occorrerà un piano straordinario di investimenti. Secondo il geologo Mario Tozzi, i chilometri di rete idrica da rifare sono almeno 50.000 sui 291.000. Ma è una balla del centrodestra che i 60 miliardi ritenuti necessari per questo adeguamento possano (o meglio, potessero) metterceli soltanto i privati. In generale, come ha scritto di recente l’economista Marco Causi, deputato del Pd, «andrà scritta nuovamente la norma tariffaria, riportandola ai parametri del costo dell’investimento e della remunerazione della gestione industriale» evitando così gli extraprofitti.

Lo stesso cantiere riformatore va esteso ad altri servizi lasciati da anni nel limbo, probabilmente per favorire così speculazioni ed ecomafie: per esempio nel campo strategico dei rifiuti urbani e del loro corretto smaltimento. Insomma, dopo questi referendum c’è tanto da proporre e da fare per rimediare alle pessime leggi e alle prolungate inerzie dei governi Berlusconi mascherate con quei commissariamenti straordinari che hanno prodotto la “cricca” con relative speculazioni a danno delle nostre tasche. Ma ci vuole, credo, un nuovo governo, davvero “responsabile”.

19 giugno 2011