Newsletter n. 107 del 9 marzo 2023
Carissimi,
Siamo entrati nel secondo anno di guerra, e ancora non si intravede alcuna soluzione. Mentre si riforniscono le retrovie di armi di ogni tipo e si ammassano le truppe, resta il rischio di un’escalation incontrollata in fondo alla quale c’è l’olocausto nucleare.
Come siamo giunti a tutto questo, com’è stato possibile che i sogni dell’89 si siano rovesciati nell’incubo che stiamo vivendo? In quell’epoca con la caduta del muro di Berlino il treno della Storia era stato messo su un binario che correva verso un avvenire luminoso. Purtroppo quell’avvenire promesso è tramontato nell’arco di una generazione.
Ciò è stato il frutto di scelte precise degli architetti dell’ordine
mondiale. All’inizio degli anni 90 l’Unione sovietica ha restituito
l’autodeterminazione ai popoli dell’est europeo, la Germania si è
riunificata, il Patto di Varsavia è stato disciolto, gli euromissili
sono stati smantellati, mentre vengono firmati storici accordi sul
disarmo. Questo clima di pacificazione doveva durare ben poco. Verrà
interrotto dalla guerra del Golfo nel 1991, prima prova muscolare
dell’impero sopravvissuto alla guerra fredda. Ma le vere scelte che
cambiano il clima geopolitico vengono effettuate nel corso del 1997
dall’amministrazione Clinton che, stracciando gli impegni assunti con
Gorbaciov, decide di estendere la NATO a est, cominciando a inglobare
Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. Si tratta della scelta
politicamente più impegnativa che sia stata fatta dall’Amministrazione
USA, dopo quella del contenimento dell’URSS, che ha dato origine alla
prima guerra fredda. Contro questa scelta insorsero proprio coloro che
la guerra fredda l’avevano teorizzata e praticata. In un articolo sul
New York Times del 7 febbraio 1997 il diplomatico americano George
Kennan, uno dei teorici della guerra fredda, lanciò un grido d’allarme,
osservando:
“La decisione di espandere la NATO sarebbe il più grave errore
dell’epoca del dopo guerra fredda. Una simile decisione avrebbe
l’effetto di infiammare le tendenze nazionalistiche antioccidentali e
militariste nell’opinione pubblica russa, pregiudicherebbe lo sviluppo
della democrazia in Russia, restaurerebbe l’atmosfera della guerra
fredda nelle relazioni est ovest, spingerebbe la politica estera russa
in direzioni a noi decisamente non favorevoli.”
Clinton non ascoltò le proteste dei protagonisti della guerra fredda, fra cui lo stesso Henry Kissinger e andò avanti nel suo progetto. Nel summit che si svolse a Madrid l’8 e il 9 luglio 1997, la NATO assunse la decisione di estendersi a est, cominciando a includere Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, che furono formalmente ammesse nel 1999.
Della gravità e dell’importanza geostrategica di questa scelta, nessuna forza politica si rese conto e nessuno si oppose. In verità il grido d’allarme sollevato da George Kennan fu raccolto in Italia, in un isolato articolo pubblicato dal Manifesto il 24 giugno 1998 (D. Gallo, M. Dinucci, La nuova cortina di ferro). L’articolo sottolineava che dall’allargamento a est della NATO derivava il rischio di un’altra guerra fredda e osservava:
“E’ una decisione la cui portata è paragonabile, nella mutata situazione internazionale, a quella degli accordi di Yalta.”. (..) nessuno può dire quali saranno in futuro le reazioni ed eventuali contromisure della Russia di fronte all’espansione della Nato verso i suoi confini. Sul piano geopolitico, è di tutta evidenza che il fatto di far avanzare le basi della Nato, portandole ai confini della Russia, costituisce oggettivamente un incremento della minaccia in senso tecnico-militare. Anche della minaccia nucleare”.
In conclusione si osservava:
“Si pongono in questo modo le premesse per riesumare il fantasma della guerra fredda, fondata questa volta non più sulla competizione politico-ideologica fra i due blocchi, ma su un confronto meramente nazionalistico, come tale meno razionale e più imprevedibile. Cresce, pertanto, la possibilità che la marcia a Est della Nato crei un nuovo fronte di tensione tra Est e Ovest in cui l’Europa si troverebbe ancora una volta coinvolta. Insomma, di nuovo un fantasma si aggira per l’Europa”.
All’epoca non si poteva prevedere la guerra che sarebbe scoppiata 24 anni dopo, però non era difficile comprendere che la nuova guerra fredda che si stava impiantando sarebbe stata molto più pericolosa della prima perché avrebbe attizzato derive nazionalistiche molto più irrazionali del confronto ideologico che animava, ma frenava anche, la prima guerra fredda.
Il passo successivo è stato quello di cambiare la missione della NATO, che ha “superato” la sua natura di patto difensivo e si è trasformata in uno strumento militare del tutto svincolato dal rispetto della Carta dell’ONU. Questa nuova missione è stata sperimentata con l’aggressione alla Jugoslavia: settantotto giorni di bombardamenti ininterrotti, volti a smembrare l’integrità territoriale della Jugoslavia con la separazione del Kosovo. Nel summit per il cinquantenario della NATO a Washington il 23 e 24 aprile 1999, la NATO legittimava questo suo nuovo volto, dichiarandosi competente a compiere operazioni militari al di fuori dell’art. 5 del Patto Atlantico, cioè si riappropriava del diritto di guerra. Nel disinteresse generale è proseguita l’espansione della NATO a est, che ha inglobato anche quelle Repubbliche che una volta facevano parte dell’Unione Sovietica (Estonia, Lettonia e Lituania). Con il vertice di Bucarest del 2 aprile 2008, la NATO ha lanciato un ulteriore guanto di sfida alla Russia, dichiarando la disponibilità a inglobare anche Ucraina e Georgia. Dopo un lavoro di ri-costruzione del nemico durato oltre venti anni, alla fine il nemico si è materializzato e la parola è passata alle armi.
In realtà, con la scelta che gli USA hanno imposto alla NATO nel luglio del 1997, il treno della Storia è stato deviato su un altro binario, e alla fine è arrivato il 24 febbraio del 2022, data che simbolicamente rappresenta l’evento opposto e contrario a quello del 9 novembre 1989.
Per uscire da questo disastro bisogna cambiare il capotreno e riportare il treno della Storia sul binario che stava percorrendo nel 1990.
Nel sito pubblichiamo un articolo di Raniero La Valle per un’autocritica dopo un anno di guerra, un altro di Boaventura de Sousa Santos sull’Occidente visto dai Paesi del Sud, e un articolo di Roberto Pizarro Hofer sul ritorno del protezionismo.
Cordiali Saluti,
www.costituenteterra.it (Domenico Gallo)