LA LEZIONE DI HIROSHIMA E NAGASAKI
Heinz
Loquai, generale di brigata ora in pensione, dal 1995 al 1999 ha
lavorato nella rappresentanza tedesca presso l'Osce a Vienna. Lo scorso
anno ha pubblicato il libro Il conflitto in Kosovo. Percorsi verso una
guerra evitabile (Nomos, Baden Baden 2000), in cui denuncia i crimini
di Milosevic, dell'Uck, della Nato. L'articolo è tratto da Horizons et
débats , n. 33, 2005.
“Il
6 ed il 9 agosto 1945, due bombe atomiche venivano sganciate su
Hiroshima e Nagasaki provocando centinaia di migliaia di morti. Le
ragioni di questo attacco sollevano a tutt'oggi una serie di problemi ai
quali è difficile dare una risposta univoca. L'ampiezza inimmaginabile
di tale annientamento di massa, fatto inedito all'epoca e mai più
ripetutosi, richiede una serie di spiegazioni. Nel corso di questi sei
decenni che sono trascorsi dalla distruzione di Hiroshima e Nagasaki, i
punti di vista non si sono per nulla riavvicinati; al contrario, si
continua a raccontare tale evento in diversi modi”. È quanto ha
affermato il direttore dell'Istituto tedesco di studi giapponesi di
Tokyo e insegnante di giapponese a Duisburg. Egli ha considerato
l'avvenimento sotto diverse angolazioni, studiando il problema e
mettendo in particolare risalto l'aspetto umano di tale catastrofe.
Il
programma atomico americano fu avviato nel 1939. Con l'intenzione di
prevenire la presunta forza militare della Germania, Albert Einstein
aveva messo in guardia il presidente Roosvelt contro il programma
atomico di Berlino. Altri scienziati, fuggiti anch'essi dall'Europa,
parteciparono alla messa a punto dell'arma atomica americana. Il primo
esperimento riuscito fu quello del 16 luglio 1945 nel deserto del New
Mexico, mentre la prima bomba fu lanciata il 6 agosto dello stesso anno
sull'ospedale Shima, nel centro di Hiroshima. Si produsse una
temperatura pari a 6000° Celsius. Circa 35% dell'energia liberata era
formata da calore, il 50% di pressione e il 15% di raggi radioattivi. Il
calore provocò le bruciature più gravi in un raggio di 3,5 chilometri a
partire dall'epicentro dell'esplosione.
Un fuoco gigantesco incenerì tutto nel raggio di 2 chilometri :
in tutto furono distrutte 70mila abitazioni e l'80% degli ospedali
della città. Le radiazioni coinvolsero tutte le persone che si trovavano
in un raggio di 900 metri , o carbonizzandole o facendole morire nel
giro di qualche giorno. Tutte la gente che si trovava più lontano morì
in seguito dopo atroci sofferenze. Il numero totale delle vittime
raggiungerà le 250mila unità.
Queste
cifre permettono forse di renderci conto dell'orrore, delle sofferenze,
del terrore da loro provato? Il fatto è che il lavoro dei migliori
fisici, tecnici e addetti alla logistica militare, così come un
colossale investimento di due miliardi di dollari (valore anteguerra),
avevano reso possibile la cosa.
Il
“Progetto Manhattan” - questo è il nome che fu dato al progetto atomico
statunitense - doveva mettere a punto una nuova arma. Ma non si sapeva
esattamente se il suo uso fosse militarmente necessario. Basandosi su
numerose ricerche, lo studioso Florian Coulmas (Hiroshima - Geschichte und Nachgeschichte ,
Munchen 2005) ha scritto che “la maggioranza degli scienziati impiegati
nel progetto contestavano tale implicazione”. Nell'estate del 1945 il
Giappone era militarmente all'estremo. Inoltre Stalin, durante la
Conferenza di Yalta, aveva confermato a Roosvelt che sarebbe entrato in
guerra contro il Giappone solo tre mesi dopo la sua vittoria sulla
Germania. Truman, che era diventato presidente degli Stati Uniti dopo la
morte di Roosvelt nell'aprile dello stesso anno, alla fine della
guerra, si sarebbe giustificato affermando che le bombe atomiche avevano evitato un'invasione militare del Giappone
salvando così la vita a centinaia di migliaia di soldati americani; si
parlò addirittura di due milioni. Naturalmente, tale discorso ha
costituito sino ad oggi la migliore giustificazione dell'uso della
bomba, anche se sappiamo come alcuni ufficiali superiori non avevano
valutato per nulla necessario l'uso di tale ordigno. Coulmas cita lo
stesso Eisenhower, comandante supremo delle truppe alleate in Europa,
divenuto più tardi presidente degli Stati Uniti. “Credo - ebbe a dire -
che il nostro Paese doveva evitare di urtare l'opinione pubblica
mondiale con l'uso dell'arma nucleare che, a mio parere, non era più
necessaria per salvare vite americane”. Lo stesso ammiraglio William
Leahy avrebbe più tardi espresso la sua opinione in merito: “Il Giappone
era già sconfitto e si apprestava a capitolare. L'uso di queste armi
barbare non servirono per niente ad aumentare la nostra forza militare
contro il Giappone. E averle usate per la prima volta ha voluto dire che ci eravamo appropriati di modi barbari …”. A questo punto è evidente che c'erano delle alternative e che Truman ne era a conoscenza.
L'ASPETTO POLITICO
“Gli
storici sono inclini a pensare, oggi, che le ragioni politiche siano
state prevalenti nel fare quella scelta”. Una serie di episodi ricordati
da Coulmas viene a confermare tale tesi.
Roosvelt
diede l'ordine di costruire una bomba atomica il 6 dicembre del 1941,
il giorno prima dell'attacco giapponese contro Pearl Harbor. Il
presidente Truman apprese del “Progetto Manhattan” il 25 aprile del
1945, quindi poco prima della capitolazione della Germania. In quel
periodo, la politica americana dominava di già il nuovo ordine europeo e
l'Unione Sovietica era ancora un suo alleato. La Conferenza di Potsdam
(17 luglio-2 agosto 1945), durante la quale le potenze vincitrici
dovevano discutere sul futuro ordine europeo, era stata prevista per
giugno. Su iniziativa di Truman essa fu rinviata a fine luglio. Un tempo
utile per portare a termine la costruzione della bomba.
Tale
arma aveva un chiaro significato per la politica statunitense:
prioritariamente, essa prometteva una vittoria degli Stati Uniti sul
Giappone senza il concorso dell'Unione Sovietica, e ciò avrebbe
rafforzato la posizione dell'America in Europa nei confronti di Mosca.
Le manovre politiche americane lasciano supporre che Washington differì
volutamente l'armistizio col Giappone al fine di poter usare la bomba.
All'epoca, i rapporti con l'Unione Sovietica, che successivamente
sarebbe stata identificata come il suo maggiore avversario, rivestivano
una grande importanza. “In quanto unica potenza atomica, gli Usa
potevano opporsi a ogni velleità espansionistica dell'Unione Sovietica. Ma bisognava mostrare che la bomba funzionasse e che Washington era pronta ad utilizzarla .
Questa è la principale ragione per la quale Truman abbandonò l'idea di
parlare di pace con Tokio. Alla Conferenza di Potsdam, Stalin aveva
dichiarato che l'Urss sarebbe entrata in guerra contro il Giappone l'8
di agosto; ma gli Usa non volevano ciò. Dopo che i governanti
giapponesi, che non potevano sapere cosa significasse realmente l'uso
della forza nucleare, ebbero ignorato l' ultimatum americano
(26 luglio), Hiroshima fu bombardata il 6 di agosto, immediatamente dopo
la scadenza del termine fissato da Washington. L'8 agosto l'Urss
dichiarava guerra al Giappone. L'indomani una seconda bomba atomica
distruggeva Nagasaki. Questo atto doveva dimostrare a Stalin e al mondo
che la prima bomba non era l'unica in possesso degli Usa”.
L'ASPETTO UMANO
Non
si saprà mai esattamente il numero delle vittime dei due ordigni. Sono
state pubblicate molte cifre. Secondo un rapporto destinato alle Nazioni
unite, la città di Hiroshima, a tutto dicembre del 1945, ebbe 140mila
morti. Quelli di Nagasaki pare siano stati tra i 70 e 80mila. Il numero
delle vittime decedute successivamente raggiunse le 350mila unità per
Hiroshima e 270mila per Nagasaki.
Come
ricorda ancora Coulmas: “le sofferenze umane inflitte furono
intenzionali. L'idea di sganciare la bomba su delle istallazioni
militari o su una regione inabitata per mostrare i suoi effetti, fu
rigettata. Dopo la guerra, le forze d'occupazione impedirono ogni
notizia sui sopravissuti delle città bombardate, soprattutto per quanto
riguarda lo scambio di informazioni su ciò che si faceva nei rari
ospedali scampati alla distruzione atomica. I dossier stesi dai medici, i campioni di sangue e di tessuti da loro prelevati dalle vittime, furono confiscati e l'amministrazione giapponese fu costretta a rinunciare all'aiuto medico offerto dalla Croce Rossa internazionale …Truman
riconobbe pubblicamente che detestava i “japs” (termine dispregiativo
con cui si indicava i giapponesi) mentre uno stimato storico americano,
John Dower, li aveva presentati come dei sotto uomini. Questo serviva a
preparare il terreno a un atteggiamento favorevole al bombardamento
condiviso dalla totalità dei media , quale che fosse la loro
tendenza politica”. La sofferenza delle vittime del bombardamento fu
ulteriormente aggravata a causa delle discriminazioni che dovettero
subire in Giappone. “Furono stigmatizzate ed emarginate. La paura e
l'ignoranza ne furono la causa. Le conoscenze degli effetti delle bombe
si fondavano essenzialmente sulle voci che giravano. Dopo l'occupazione,
i governanti giapponesi fecero ben poco per informare. Le malattie
contratte vennero per lungo tempo considerate contagiose. I
sopravvissuti vennero chiamati hibakusha e il loro aspetto
fisico divenne uno stigma sociale”. Per dare il senso della sofferenza
umana bisogna anche ricordare ciò che generalmente non è associato a
Hiroshima: le vittime coreane . A causa dei due bombardamenti, si stimano dai 20 ai 30mila morti. Si trattava di lavoratori spostati a forza dai giapponesi dopo l'annessione del loro Paese .
Per lungo tempo tali vittime non sono state menzionate in occasione
della commemorazione annuale del bombardamento, a dimostrazione della
persistente discriminazione che avevano dovuto subire già dai tempi
della colonizzazione.
HIROSHIMA, I MEDIA E L'IMMAGINARIO
“La
censura americana fu sistematica. Nessuno doveva scrivere di Hiroshima e
Nagasaki”. Fino al termine dell'occupazione, nel 1952, fu proibito
mostrare le foto delle due città distrutte. Una stringente censura
americana sui media locali, si esercitò per ben sette anni ma
ha avuto un peso anche nel periodo successivo alla fine
dell'occupazione. I giornali statunitensi, dal canto loro, furono tutti
disposti a legittimare l'uso della bombardamenti. Essi propagandavano la leggenda secondo la quale le due bombe avevano posto fine alla guerra salvando milioni di soldati americani .
Non erano interessati invece a raccontare le sofferenze inflitte alla
popolazione locale. Per la stampa, Hiroshima era una ”base militare” e
le bombe avevano distrutto fabbriche d'armamenti e installazioni
portuali militari. “La rivendicazione degli americani di aver condotto
una guerra morale combattuta contro il Male, contrariamente ai suoi
nemici”, è passata come una ricostruzione obiettiva dei fatti. I media si sono mostrati docili strumenti nelle mani della propaganda governativa.
Coulmas
ha analizzato i libri scolastici americani e giapponesi . Dopo
sessant'anni gli avvenimenti di Hiroshima e Nagasaki sono presentati in
modo molto differente soprattutto per quanto concerne gli insegnamenti
che invitano a tirare. I testi giapponesi, esclusa qualche eccezione,
insistono sulle conseguenze catastrofiche del militarismo imperiale e di
una politica che considerava la guerra come un'azione legittima.
L'insegnamento di Hiroshima è per loro il rifiuto della guerra in quanto
tale. Invece la lezione che traggono i manuali di storia americani è
che l'uso del mezzo militare non è solo legittimo ma sovente necessario.
Le bombe lanciate sulle due città giapponesi non sono considerate
come un'eccezione: fanno parte di una guerra giusta e necessaria per
conseguire un successo. Lo Stato americano ha attivamente
dissimulato le informazioni sulle vittime del bombardamento atomico,
mentre quello giapponese ha sino a oggi assunto un atteggiamento
opportunistico, non volendo arrivare a una contrapposizione con
Washington sulla questione di Hiroshima.
Dopo
Hiroshima, gli Stati Uniti sono stati il Paese più coinvolto nei vari
conflitti che hanno interessato il mondo. L'ideologia della guerra
giusta fa parte dell'identità collettiva americana. Essa è servita a
giustificare i bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki. Ieri come oggi la
comunità americana si regge sulla rivendicazione di una propria
superiorità morale. Per lei una guerra non è un conflitto tra due
avversari a cui si riconoscono gli stessi diritti, ma tra il Bene e il
Male, come in una crociata. Il Bene si deve allora esportare se no
l'ordine mondiale ne soffrirà. E il Bene è incarnato proprio negli Stati
Uniti. La giustificazione - ad esempio l'attacco giapponese di Pearl
Harbor - può allora dissimulare nella memoria collettiva i crimini
commessi come è il caso del bombardamento atomico sulle due città
giapponesi. Così, a differenza della guerra materiale, quella spirituale
non è ancora terminata. Hiroshima resta, a sei decenni di distanza, una
vicenda controversa.
HEINZ LOQUAI
LE ATOMICHE DEGLI ALTRIL'Urss ha sperimentato la sua prima bomba A nel 1949 e la prima bomba H nel 1953; la Gran Bretagna ha fatto esplodere il suo primo ordigno a fissione nel 1952 e la prima bomba a fusione nel 1957; per la Francia , le date sono 1960 e 1968; per la Cina , 1964 e 1967: Inoltre, la Francia ha fornito a Israele, nel 1956, il reattore e l'impianto di ritrattamento di Dimona, da dove è uscito il plutonio delle sue prime armi, e il Canada ha consegnato all'India, nel 1955, il reattore ad acqua pesante che ha prodotto il plutonio delle prime bombe indiane.Il Pentagono e la forza nucleare preventivaIl Ministero della difesa americano sta esaminando un progetto di una nuova dottrina militare che raccomanda gli attacchi nucleari preventivi. Come ha dichiarato un alto funzionario del Pentagono, il documento, reso pubblico nel marzo dello scorso anno, è stato elaborato in relazioni ai cambiamenti intervenuti nel mondo dopo l'11 settembre del 2001. Il progetto prevede una forza nucleare preventiva contro quegli Stati o quei gruppi estremisti che preparano un attacco contro gli Stati Uniti o i suoi alleati per mezzo di armi di distruzioni di massa. Tali “armi nucleari preventive” potranno inoltre essere usate per mettere fine anche alle guerre tradizionali per garantire così il successo delle operazioni militari delle truppe americane o internazionali. Infine, gli Usa potranno eventualmente farne ricorso contro quegli Stati che forniranno armi nucleari, biologiche o chimiche a gruppi estremisti. In questo modo la nuova dottrina permetterà al Pentagono di usare le sue armi nucleari in tutte quelle regioni del mondo che egli valuterà essere in pericolo.
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