dalla pagina
http://www.news.va/it/news/il-pane-sporco-della-corruzione
2013-11-08 L’Osservatore Romano
Gli amministratori corrotti «devoti della dea tangente»
commettono un «peccato grave contro la dignità» e danno da mangiare
«pane sporco» ai propri figli: a questa «furbizia mondana» si deve
rispondere con la «furbizia cristiana» che è «un dono dello Spirito
Santo». Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa celebrata
venerdì mattina, 8 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta,
proponendo una riflessione sulla figura dell’amministratore disonesto
descritta nel brano liturgico del Vangelo di Luca (16, 1-8).

«Il
Signore — ha detto il Papa — torna un’altra volta a parlarci dello
spirito del mondo, della mondanità: come agisce questa mondanità e
quanto pericolosa sia. E Gesù, proprio lui, nella preghiera dopo la cena
del giovedì santo pregava il Padre perché i suoi discepoli non
cadessero nella mondanità, nel mondo».
La mondanità, ha ribadito il Pontefice, «è il nemico». Ed è proprio
«l’atmosfera, lo stile di vita» tipico della mondanità — ossia il
«vivere secondo i “valori” del mondo» — che «piace tanto al demonio».
Del resto «quando noi pensiamo al nostro nemico pensiamo prima al
demonio, perché è proprio quello che ci fa male».
«Un esempio di mondanità» è l’amministratore descritto nella pagina
evangelica. «Qualcuno di voi — ha osservato il Pontefice — potrà dire:
ma quest’uomo ha fatto quello che fanno tutti». In realtà «tutti no!»;
questo è il modo di fare di «alcuni amministratori, amministratori di
aziende, amministratori pubblici, alcuni amministratori del governo.
Forse non sono tanti». Nella sostanza «è un pò quell’atteggiamento della
strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita». Il Vangelo
racconta che «il padrone lodò quell’amministratore disonesto». E questa —
ha commentato il Papa — «è una lode alla tangente. L’abitudine delle
tangenti è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice». Certamente è
un’abitudine che non ha nulla a che vedere con Dio.
Infatti, ha proseguito, «Dio ci ha comandato: portare il pane a casa
con il nostro lavoro onesto». Invece «questo amministratore dava da
mangiare ai suoi figli pane sporco. E i suoi figli, forse educati in
collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal
loro papà come pasto sporcizia. Perché il loro papà portando pane
sporco a casa aveva perso la dignità. E questo è un peccato grave».
Magari, ha specificato il Papa, «s’incomincia forse con una piccola
bustarella, ma è come la droga». E anche se la prima bustarella è
«piccola, poi viene quell’altra e quell’altra: e tu finisci con la
malattia dell’addizione alle tangenti».
Siamo davanti, ha affermato, a «un peccato tanto grave perché va
contro la dignità. Quella dignità con la quale noi siamo unti col
lavoro. Non con la tangente, non con questa addizione di furbizia
mondana. Quando noi leggiamo nei giornali o guardiamo sulla tv uno che
scrive o parla di corruzione, forse pensiamo che la corruzione è una
parola. Corruzione è questo: è non guadagnare il pane con dignità».
C’è però un'altra strada, quella della “furbizia cristiana” – «tra
virgolette», ha detto il Papa – che permette di «fare le cose un po’
svelte ma non con lo spirito del mondo. Lo stesso Gesù ce l’ha detto:
astuti come il serpente, semplici come la colomba». Mettere «insieme
queste due» realtà è «una grazia» e «un dono dello Spirito Santo». Per
questo dobbiamo chiedere al Signore di essere capaci di praticare
«l’onestà nella vita, quella onestà che ci fa lavorare come si deve
lavorare, senza entrare in queste cose». Papa Francesco ha ribadito:
«Questa “furbizia cristiana” — l’astuzia del serpente e la semplicità
della colomba — è un dono, è una grazia che il Signore ci dà. Ma
dobbiamo chiederla».
Il pensiero di Papa Francesco è andato anche alle famiglie degli
amministratori disonesti. «Forse oggi — ha detto — farà bene a tutti noi
pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane
sporco. Anche questi sono affamati. Sono affamati di dignità». Da qui
l’invito a «pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti
della dea tangente», perché comprendano «che la dignità viene dal lavoro
degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno, e non da queste
strade più facili che alla fine ti tolgono tutto». Anche perché, ha
concluso, c’è il rischio di finire come quella persona di cui parla il
Vangelo «che aveva tanti granai, tanti sili, tutti pieni e non sapeva
che fare. “Questa notte dovrai morire” ha detto il Signore. Questa
povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti, porta
con sé non il denaro che ha guadagnato, ma soltanto la mancanza di
dignità. Preghiamo per loro».