dalla pagina https://www.avvenire.it/av/pagine/monsignor-luigi-bettazzi
Si è spento stamattina, aveva 99 anni il vescovo emerito
di Ivrea, era l'ultimo padre conciliare ancora vivente. Presidente di
Pax Christi partecipò alla marcia della pace nel 1992 a Sarajevo
Tra le note caratteriali che sottolinea chi l’ha conosciuto bene,
c’erano la gentilezza e un certo gusto dell’ironia, caratteristica
conservata fino alla fine.
Monsignor Luigi Bettazzi è scomparso questa mattina prima dell'alba a 99 anni
(ne avrebbe compiti 100 anni il 26 novembre) è stato un uomo
disponibile e aperto al dialogo. Garbato anche quando, per esempio
sull’obiezione fiscale alle spese militari, assumeva posizioni scomode,
di rottura.
Era nato a Treviso ma si era trasferito da giovane a Bologna dove aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 4 agosto 1946. Il 10 agosto 1963 la nomina a vescovo ausiliare di Bologna cui seguì il 4 ottobre la consacrazione episcopale.
Una settimana prima però ci fu l’emozione del Concilio Vaticano II di cui prese parte, accanto al cardinale Giacomo Lercaro a tre sessioni,
iniziando dalla seconda, il 29 settembre 1963. Concluse le assise
conciliari, fu nominato vescovo di Ivrea, prendendo possesso della
diocesi il 15 gennaio 1967. Parallelamente al servizio nella Chiesa
locale cresceva l’impegno per la causa della non violenza, fino ad
essere nominato nel 1968 presidente di Pax Christi, vivendo in
maniera così profonda quell’incarico da ricevere il premio
internazionale dell’Unesco per l’educazione alla pace. Ma al di là delle
tappe ufficiali di una biografia molto ricca, restano i gesti rimasti
nell’immaginario collettivo: la scuola di laicità, come amava definirla,
accanto agli studenti della Fuci, la vicinanza ai lavoratori
dell’Olivetti, della Lancia e del cotonificio Vallesusa, lo scambio
epistolare con il segretario del Partito comunista italiano Enrico
Berlinguer.
Un dialogo sul rapporto tra la fede cattolica e l’ideologia marxista ma soprattutto sul valore della laicità.
Bettazzi scrisse a Berlinguer il 6 luglio 1976, avendone risposta un
anno dopo: il 14 ottobre 1977. «Mi scusi – scrisse Bettazzi – questa
lettera, che molti giudicheranno ingenua, e non pochi contraddittoria
con la mia qualifica di vescovo. Eppure mi sembra legittimo e doveroso,
per un vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo
perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà
tra gli uomini. Il “Vangelo”, che il vescovo è chiamato ad annunciare,
non costituisce un’alternativa, tanto meno una contrapposizione alla
‘liberazione’ dell’uomo, ma ne dovrebbe costituire l’ispirazione e
l’anima». «Lei – rispose Berlinguer – ha sollevato problemi la cui
soluzione positiva è molto importante per l’avvenire della società e
dell’Italia, per una serena convivenza fra tutti i nostri concittadini,
non credenti e credenti, oltre che, in particolare, per lo sviluppo di
quel dialogo, per amore del quale ha pensato di rivolgersi a me, come
lei dice, in quanto segretario del Partito comunista italiano».
Nel
Partito comunista italiano – proseguiva Berlinguer – «esiste ed opera
la volontà non solo di costruire e di far vivere qui in Italia un
partito laico e democratico, come tale non teista, non ateista e non
antiteista; ma di volere anche, per diretta conseguenza, uno Stato laico
e democratico, anch’esso dunque non teista, non ateista, non
antiteista».
Nel 1978, un’altra scelta “scomoda”. Assieme agli altri vescovi Clemente Riva e Alberto Ablondi, chiese di potersi offrire prigioniero in cambio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse.
La richiesta, tuttavia, venne respinta dalla Curia Romana e Bettazzi
raccontò che, quando fece presente che si trattava di una vita umana e
non di un fatto politico, ricevette in risposta la frase “È meglio che
muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”.
Celebre
anche per le battaglie per l’obiezione fiscale alle spese militari,
sostenne l’obiezione di coscienza quando ancora si rischiava il carcere e
nel 1992 partecipò alla marcia pacifista organizzata a Sarajevo da “Beati costruttori di pace e Pax Christi” insieme a monsignor Antonio Bello nel mezzo della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina.
Sette
anni dopo, la rinuncia alla guida della diocesi di Ivrea per raggiunti
limiti di età, un passo che però non ne segnò la pensione come
comunemente la si potrebbe intendere. Anzi nel 2007 si dichiarò
favorevole ai Dico, disegno di legge presentato dal governo Prodi sui
“diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, comprese le
coppie omosessuali.
Gli ultimi anni sono stati ancora
all’insegna dell’educazione alla nonviolenza (ha partecipato a tutte le
Marce della pace organizzate il 31 dicembre) e della riflessione sul
Concilio Vaticano II.
Fino alla morte sopravvenuta ad Albano
d’Ivrea dove viveva da molti anni. A precedere il lutto l’invito
dell’attuale vescovo della diocesi eporediese monsignor Edoardo Cerato.
Poche righe, semplici ma di grande partecipazione: «Accompagniamo
monsignor Bettazzi che si sta avviando lucidamente al tramonto terreno.
La nostra preghiera lo sostenga».