martedì 31 maggio 2016

«Ci invadono»: ecco i luoghi comuni sui migranti

Riproponiamo un articolo di Avvenire del 18 febbraio 2015 che purtroppo non è diventato obsoleto: a giudicare da certi titoli di giornale e da certe dichiarazioni l'ignoranza e la disinformazione sul tema "migranti" è ancora molto elevata

dalla pagina http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/migranti-luoghi-comuni-da-sfatare.aspx

L’Italia è prima nell’indice di ignoranza Ipsos-Mori sull’immigrazione. Nell’Ocse siamo insomma i peggio informati sul tema. Molti italiani credono che nel Belpaese un terzo della popolazione sia composta da immigrati (in realtà sono il 7%) e che il 20% dei residenti sia musulmano, mentre gli islamici sono il 4%. Colpa di una narrazione giornalistica che drammatizza. Sappiamo che la maggioranza degli italiani, quando conosce personalmente un migrante, non si tira indietro se deve dare una mano. Tuttavia ci sono pericolose falsità messe in circolazione da politici senza scrupoli cui ribattere con l’evidenza dei fatti.​

L’invasione
 
FALSO Le coste italiane sono invase dagli immigrati "clandestini", non possiamo ospitarli tutti. I richiedenti asilo presentano domande false e i “migranti economici”, che scappano dalla povertà e non dalla guerra, imbrogliano il sistema di asilo.

VERO Nel 2014 sono sbarcate, secondo il Viminale, 170.081 persone contro le 56.192 dei due anni precedenti. Eppure non c’è stata nessuna invasione di richiedenti asilo, anzi. Lo conferma la Fondazione Migrantes della Cei. Al primo gennaio 2015, infatti, le persone rimaste nelle strutture di prima e seconda accoglienza erano poco meno di 66.000. Due rifugiati su tre hanno dunque usato l’Italia come ponte verso l’Europa usufruendo pochi giorni dei centri dopo essere stati salvati dalle navi italiane di Mare Nostrum. Quanto alle domande, secondo le statistiche la maggioranza di richieste per lo status di rifugiato viene accettata. La mancanza di canali di ingresso da zone lontane, come il Corno d’Africa, impedisce invece di presentare domanda a tanti che ne avrebbero diritto.

Sono troppi
FALSO L’Italia e l’Europa, che stanno attraversando una lunga crisi, non hanno bisogno di immigrati che rubano lavoro soprattutto ai giovani e ai lavoratori italiani meno qualificati.

VERO Diverse ricerche demografiche hanno ipotizzato uno scenario Ue senza affluenza di stranieri tra il 2010 e il 2030. Risultato, una perdita di 33 milioni di persone in età lavorativa (-11%) fra i 28 Stati membri, una riduzione del 25% dei giovani tra i 20-30 anni e un incremento del 29% per le persone comprese fra i 60-70. Pesanti le ricadute anche sul sistema di welfare. L’Italia ha toccato nel 2014 il record di denatalità dal 1861 ed è quella che rischia di più sulle pensioni. Disoccupazione e immigrazione viaggiano in direzioni opposte. Da un lato perché gli immigrati scelgono zone che possano garantirgli lavoro: infatti secondo l’Istat stanno lasciando il Belpaese. Dall’altro perché dove c’è piena occupazione il mercato offre possibilità di impiego a immigrati e nativi.

Sono un peso
FALSO I migranti minano i nostri sistemi di welfare perché hanno famiglie più numerose, sono più poveri e sono più a rischio di perdita dell’occupazione

VERO Secondo la Fondazione Moressa gli immigrati danno all’economia italiana un contributo di 3,9 miliardi di euro. Compensano con i loro impieghi quegli italiani che hanno scelto di dedicarsi a mansioni che richiedono maggiore specializzazione. E sono un vantaggio per l’erario. Ad esempio, per gli oltre 750mila – in prevalenza donne – impegnati in attività di assistenza familiare le famiglie italiane spendono ogni anno 9 miliardi di euro. Se gli stessi servizi fossero garantiti dallo Stato, l’onere per le casse pubbliche sarebbe di 45 miliardi l’anno. Nel 2012 i contribuenti stranieri hanno inciso per il 5,6% sul pil. E ci pagano le pensioni. L’Inps incassa dai contributi degli immigrati 7 miliardi, ma solo 26 mila lavoratori stranieri non comunitari usufruiscono di una pensione previdenziale in Italia e 38 mila ricevono una pensione di tipo assistenziale.

I soldi ai rifugiati
FALSO I rifugiati ricevono ogni giorno 30 euro (anche 90 secondo alcuni) dallo Stato, insieme con vitto, alloggio, biancheria, abbigliamento e servizi vari.

VERO La somma di 30 euro per profugo viene data solo alle strutture di accoglienza per coprire le spese di vitto e alloggio e non assegnata direttamente agli immigrati. Chi viene ospitato nei centri ha diritto normalmente a una scheda telefonica per chiamare la famiglia e a una diaria di 2,5 euro, il più delle volte caricata sulle chiavette per distributori di bibite o bevande calde. Che spesso nei centri non sono funzionanti. Gli scandali di "mafia capitale" dimostrano come la gestione di questi centri possa diventare un business per le organizzazioni criminali italiane di cui i migranti sono in realtà le vittime. Quanto ai fondi – 80% in carico allo Stato e il 20% ai Comuni – spesso sono di origine europea, quindi pagati dai contribuenti continentali.

Terrorismo e paure
FALSO Sui barconi, assieme ai richiedenti asilo, arrivano anche i terroristi. E con la presenza degli immigrati sono aumentati i crimini mentre le carceri scoppiano per i troppi pregiudicati stranieri.

VERO Guardiamo alla breve storia del terrore jihadista in Europa. Gli attentatori di Madrid del 2004 e di Londra nel 2007 e quelli di Parigi e Copenhagen del 2015 non erano rifugiati. Neppure immigrati. Erano sì figli di immigrati, ma cittadini del Paese che hanno colpito e dove erano cresciuti senza evidentemente integrarsi. Non vi sono prove che sui barconi rischino la vita anche terroristi. Quanto al crimine, i dati del 31 gennaio 2015 rivelano che gli stranieri nelle carceri italiane sono 17.403, nemmeno un terzo del totale della popolazione carceraria. E sono in diminuzione. Quali reati hanno commesso? Furti e spaccio (25%), seguiti dai reati contro la persona (19%). Senza contare che se si attuassero gli accordi bilaterali con alcuni Stati africani, parecchi potrebbero scontare la pena nelle patrie galere.

Leggi anche 



lunedì 30 maggio 2016

La guerra dei droni: uccidere col telecomando


Sabato 4 giugno ore 18.00
presso lo spazio B55
Vicenza Contrà Barche, 55 (di fronte al Teatro Astra)
Incontro con l'attivista di Code Pink Toby Blomè
 
E' un'occasione per conoscere da vicino cosa c'è dietro alla cosiddetta "guerra chirurgica", fatta da controllo remoto attraverso un telecomando.
Toby Blomè, attivista di Code Pink, si trova di passaggio a Vicenza, dopo aver ritirato in Germania, con una delegazione di Code Pink, il premio Wilhelmina conferito dalla Città di Bayreuth alla loro organizzazione, per tolleranza e umanità. Da sempre pacifista ed antimilitarista, ha partecipato anche, sempre con Code Pink, ad un viaggio di conoscenza in Pakistan, dove hanno incontrato le famiglie delle vittime civili degli attacchi aerei con i droni.
E' un'occasione imperdibile, prima del rientro negli Stati Uniti di Toby.

spazio B55 & Code Pink


Papa: no alla indifferenza per i bambini scomparsi: 8 milioni l'anno

click per ingrandire
dalla pagina http://www.news.va/it/news/papa-no-indifferenza-per-bambini-scomparsi-8-milio

“È un dovere di tutti proteggere i bambini, soprattutto quelli esposti ad elevato rischio di sfruttamento, tratta e condotte devianti.”
Quindi, il richiamo del Papa alla responsabilità degli adulti:
“Auspico che le autorità civili e religiose possano scuotere e sensibilizzare le coscienze, per evitare l’indifferenza di fronte al disagio di bambini soli, sfruttati e allontanati dalle loro famiglie e dal loro contesto sociale, bambini che non possono crescere serenamente e guardare con speranza al futuro”.
Poi, l’invito alla preghiera perché “ciascuno di essi sia restituito all’affetto dei propri cari”.  
Una calamità, in gran parte ignorata dai media e dalle istituzioni, quella che inghiotte ogni anno nel mondo almeno 8 milioni di minori, vale a dire 22 mila al giorno. Per contrastare il fenomeno esiste una Rete globale che fa capo al Centro internazionale per i bambini scomparsi e sfruttati (ICmec), con sede ad Alexandra in Virginia, impegnato a promuovere iniziative nei Paesi che non ritengono una priorità ricercare i minori spariti nel nulla, né realizzano politiche di prevenzione. L’indifferenza verso la sorte di queste giovani vite o l’incapacità di proteggerle non riguarda solo i Paesi più poveri, se in Europa spariscono 270 mila bambini e ragazzi l’anno, uno ogni due minuti. In Italia - che pure ha attivato strutture pubbliche e private dedicate - sono oltre 18 mila i minori mai rintracciati dal 1974 a oggi, in massima parte - quasi 16 mila e 500 - stranieri e circa 1.800 italiani. I flussi migratori di giovanissimi non accompagnati, in fuga da guerre e povertà estrema, ha aggravato il quadro generale rendendo i piccoli profughi facile preda di organizzazioni criminali, che li vendono sul mercato della prostituzione, dello spaccio di droga o anche del lavoro a bassissimo prezzo, come capitato a migliaia di bambini siriani riparati in Turchia. In Europa - secondo l’Europol - si è persa la traccia di 10 mila bambini emigrati da soli.
(Da Radio Vaticana)

sabato 28 maggio 2016

LA NATO DIFENDE L’EUROPA. DAVVERO?

dalla pagina http://www.fulvioscaglione.com/2016/05/22/la-nato-difende-leuropa-davvero/


Da molti anni gli ambienti Nato, e per primi quelli della politica e della difesa Usa, si chiedono senza troppi riguardi se l’Europa convenga all’Alleanza. Com’è noto, gli americani da soli provvedono al 73% del fabbisogno economico della Nato e continuano a esortarci, peraltro invano, ad aumentare le nostre spese militari. Nel 2015, secondo lo studio dello European Leadership Network, solo due Paesi, ovvero Usa e Lituania, hanno davvero raggiunto la soglia del 2% del Pil in spese militari che ogni Paese dell’Alleanza è impegnato a toccare. La Polonia dovrebbe arrivarci entro il 2016, la Lettonia entro il 2020. Anche Romania e Norvegia stanno spendendo di più. Per il resto, e soprattutto tra i grandi Paesi come Francia, Gran Bretagna e Germania, spese militari inalterate o in via di riduzione.

C’entra la crisi economica, ovviamente, e il taglio costante e progressivo ai bilanci pubblici che tutti i Governi hanno voluto o dovuto applicare. Ma forse c’entra anche una domanda che pochi osano esprimere ad alta voce e che va nel senso opposto: la Nato conviene ancora all’Europa? In altre parole: l’Alleanza Atlantica fa davvero i nostri interessi di europei?
Proviamo a fare qualche esempio. L’intervento Nato in Libia nel 2011, con la missione Unified Protector partita il 25 marzo, ha giovato all’Europa? Gli attacchi aerei e missilistici contro l’esercito di Gheddafi furono giustificati con l’esigenza di tutelare la popolazione civile dalla vendetta del Rais. Ma dov’è finita la Nato subito dopo, quando la caduta del regime ha lasciato proprio la popolazione civile in balia delle milizie e persino dell’Isis? Dov’è ora, la Nato? Insomma, dove si è cacciata l’Alleanza quando l’emergenza umanitaria si è davvero ingigantita?

Nato e rischio Europa

Per quanto poi riguarda noi, è chiaro che aver abbattuto Gheddafi (qualunque fosse il giudizio politico e morale sulla sua dittatura) ha fatto un grave danno all’Europa. I flussi migratori sono diventati ancor più incontrollati, le organizzazioni criminali che su quei traffici prosperano si sono allargate, il terrorismo islamico ha conquistato terreno. I Paesi del Sud Europa, primo fra tutti l’Italia, hanno dovuto affrontare nuovi rischi e nuovi impegni, anche ma non solo (pensiamo all’accoglienza e all’integrazione dei migranti) finanziari. Tutto il continente ha dovuto fare i conti con un problema, quello dei migranti, che ha seminato paura e divisioni, fino a minacciare la stessa coesione interna della Ue.
È questa la Nato per cui gli europei dovrebbero spendere? Altro esempio. Qualche giorno fa la Nato ha inaugurato, in Polonia e Romania, il sistema di intercettazione anti-missile Aegis Ashore, quello che chiamiamo scudo stellare. I vertici dell’Alleanza sostengono che servirà a coprire l’Europa rispetto a eventuali attacchi da Sud di Paesi canaglia, di cui però si stenta a tracciare il profilo. La Turchia? No, è un membro Nato. L’Iran? Ma abbiamo appena firmato un trattato che scongiura sviluppi nucleari. L’Iraq? La Siria? L’Arabia Saudita? Andiamo…
Diciamolo francamente: sembra una frottola. Comunque sia, i russi non ci credono, si sentono aggrediti e cambiano la loro dottrina militare, puntando i missili sull’Europa. Ci conviene, questa politica della Nato? Visto che siamo noi europei a trovarci, ora, nel mirino dei russi con i quali non avevamo problemi, non dovremmo poter spendere una parola in proposito? Polonia e Romania, che si misero d’accordo per avere lo scudo già nel 2008 (molto prima, quindi, della guerra in Ucraina), si sono consultate in qualche modo con Bruxelles? Dopo tutto, la Polonia incassa 15 miliardi netti l’anno dalla Ue (cioè dal bilancio che si forma con i denari versati da tutti gli altri Paesi Ue) e la Romania 4,5. Perché l’intero continente deve subire una politica militare decisa dai vertici Nato e dai Governi di due singoli Paesi?
Pare dunque più che legittimo che i Paesi europei, al momento di spendere per accontentare i generali dell’Alleanza Atlantica, vadano con piedi di piombo. E che i cittadini europei, primi beneficiari ma anche primi sostenitori di tanta potenza militare, possano avere garanzie sul fatto che tutti capiscano che, come diceva anni fa uno slogan pubblicitario, la potenza è nulla senza controllo.

Fulvio Scaglione - Giornalista  

Pubblicato su Avvenire del 22 maggio 2016

mercoledì 25 maggio 2016

29 maggio: Corpi di donne e Sacre Scritture

Domenica 29 maggio, alle 16.00 presso il Tempio di Santa Corona incontreremo Maria Soave Buscemi, biblista popolare che da vent’anni spezza il pane della Parola insieme agli uomini e alle donne delle comunità di base del Brasile.

Presenza Donna al Festival biblico 2016
L’incontro ha come titolo “Corpi di donne e Sacre Scritture. La lettura popolare e femminista della Bibbia e della Vita”, ed è un’occasione imperdibile per conoscere l’esperienza della lettura popolare della Bibbia, praticata nelle “periferie” ma che tanto ha da dire anche a noi nel suo tentativo di mettere in relazione Bibbia, vita, comunità. L’incontro con Maria Soave Buscemi sarà accompagnato dalla musica di Elena Biasi (arpa) e Stefano Tincani (trombone), che per questa occasione hanno pensato un repertorio davvero suggestivo, un viaggio attraverso i generi e le sonorità, dalla tradizione andina al jazz passando per i ritmi della bossa nova.

venerdì 20 maggio 2016

Andrea Riccardi: È possibile la pace?

Festival Biblico 2016
Lectio Magistralis 
Ingresso Libero 

Giovedì 26 maggio 2016 alle 20:45 
Tempio di S. Lorenzo - Piazza S. Lorenzo, Vicenza 

con: Andrea Riccardi (storico) 

Tutti parlano di pace, ma la pace è davvero possibile? Quale ruolo possono giocare i cristiani assieme a tutti gli uomini di buona volontà? Lo scenario internazionale così come l’insegnamento della storia ci mostrano che la pace non solo è possibile ma è anche una strada necessaria su cui incamminarsi. La voce di un grande testimone di pace del nostro tempo si fa appello per una risposta personale e comunitaria.

giovedì 19 maggio 2016

Il Papa: «I ricchi che sfruttano i lavoratori sono sanguisughe»

dalla pagina http://www.famigliacristiana.it/articolo/il-papa-i-ricchi-che-sfruttano-i-lavoratori-sono-sanguisughe-e-peccato-mortale.aspx

19/05/2016  Sfruttare la gente sul lavoro per arricchirsi è come essere delle sanguisughe, è peccato mortale. Dura denuncia di Francesco sul lavoro nero. «Lo sfruttamento della gente», ha detto, «oggi è una vera schiavitù. Noi pensavamo che gli schiavi non esistessero più: esistono. È vero, la gente non va a prenderli in Africa per venderli in America: no. Ma è nelle nostre città. E ci sono questi trafficanti, questi che trattano la gente con il lavoro senza giustizia»

dalla pagina http://www.avvenire.it/Papa_Francesco/santmarta/Pagine/santa-marta-del-19-aprile-2016.aspx

Lo sfruttamento sul lavoro è peccato mortale 
Papa Francesco ricorda quanto gli ha detto una ragazza che aveva trovato un lavoro da 11 ore al giorno a 650 euro in nero. E le hanno detto: “Se ti piace, prendilo, se no, vattene. Ce ne sono altri”, dietro di te c’è la coda! Questi ricchi – osserva – “ingrassano in ricchezze” e l’apostolo dice: “Vi siete ingrassati per il giorno della strage”. “Il sangue di tutta questa gente che avete succhiato” e di cui “avete vissuto, è un grido al Signore, è un grido di giustizia. Lo sfruttamento della gente – afferma ancora il Papa - “oggi è una vera schiavitù”. “Noi - dice - pensavamo che gli schiavi non esistessero più: esistono. E’ vero, la gente non va a prenderli in Africa per venderli in America: no. Ma è nelle nostre città. E ci sono questi trafficanti, questi che trattano la gente con il lavoro senza giustizia”: “Ieri, nell’udienza, abbiamo meditato sul ricco Epulone e Lazzaro. Ma, questo ricco era nel suo mondo, non si accorgeva che dall’altra parte della porta della sua casa c’era qualcuno che aveva fame. Ma questo è peggio. Quel ricco, almeno, non se ne accorgeva e lasciava che l’altro morisse di fame. Ma questo è peggio: questo è affamare la gente con il loro lavoro per il mio profitto! Vivere del sangue della gente. E questo è peccato mortale. E’ peccato mortale. E ci vuole tanta penitenza, tanta restituzione per convertirsi di questo peccato”.

mercoledì 18 maggio 2016

Papa Francesco critica l'Occidente per aver imposto la sua "democrazia" in Libia e in Iraq

dalla pagina http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=15701

Sui migranti, "la peggior forma di accoglienza è la ghettizzazione"

Papa Francesco ha criticato l'imposizione della democrazia da parte dell'Occidente in stati come l'Iraq o la Libia senza il rispetto delle culture politiche nazionali. La critica del Pontefice è stata espressa in una intervista con la rivista cattolica francese 'LaCroix'.

"Di fronte al terrorismo islamico, sarebbe meglio interrogarci sul modo in cui un modello troppo occidentale di democrazia è stato esportato in paesi come l’Iraq dove c'era un potere forte, o la Libia, dove c'era una struttura tribale", ha detto Francesco.

A suo parere, non si può "andare avanti" senza tenere conto delle culture politiche nazionali. "Eravamo abituati ad avere un Gheddafi, e ora ne abbiamo 50", ha detto il Papa.

Allo stesso modo, Francesco ha criticato la "ghettizzazione" degli immigrati in Europa, ricordando che "a Bruxelles, i terroristi erano belgi, figli di immigrati, ma cresciuti in un ghetto".

La più alta autorità della Chiesa cattolica ha elogiato la scelta di Sadiq Khan che, come nuovo sindaco di Londra, pur essendo un musulmano, ha giurato in una cattedrale cristiana, dimostrando, secondo Francesco, l'importanza dell'integrazione europea.

lunedì 16 maggio 2016

Le forze militari USA e NATO si avvicinano sempre di più alle frontiere della Russia ...

dalla pagina http://www.controinformazione.info/le-forze-militari-usa-e-nato-si-avvicinano-sempre-di-piu-alle-frontiere-della-russia-ma-washington-indica-mosca-come-aggressore/

Estensione della NATO dal 1990 al  2009
[...] Rimane quindi da stabilire quale sia realmente il “comportamento provocatorio” , se quello di chi opera all’interno delle proprie frontiere o se non piuttosto di quelle forze militari che, a migliaia di Km dalle loro basi, vanno a posizionarsi ed a svolgere manovre in prossimità del “cortile di casa” delle frontiere russe.
Questa è la domanda che si è posto anche il giornalista e commentatore Patrick J. Buchanan in un suo artícolo per il giornale “The American Conservative”, in cui ha cercato di spiegare le ragioni per cui si vedono come “provocazioni” le azioni russe nell’area vicina alle proprie frontiere.
L’autore dell’articolo conclude che le attività degli Stati Uniti nelle vicinanze della frontiera russa si devono all’intenzione di Washington di stabilire un mondo unipolare e la propria egemonia globale “benevola“, il vero motivo per cui le accuse alla Russia sembrano prive di giustificazione.
Si trattta in definitiva di una strategia della provocazione continua che gli USA stanno attuando, cercando di far scoprire le carte alla Russia dei suoi apparati di difesa ed un modo di esercitare una pressione costante come una forma di “dissuasione” o di intimidazione.

[...]

di Luciano Lago

venerdì 13 maggio 2016

La menzogna sul glifosato

Guarda il video La menzogna sul glifosato

dalla pagina https://act.wemove.eu/campaigns/no-al-glifosato?utm_source=youtube&utm_medium=video&utm_campaign=it_20160511

Petizione Non vogliamo erbicida nei nostro corpi! Negate la richiesta di rinnovo di glifosato, un veleno spesso usato in erbicidi come in quello di Monsanto, RoundUp. É stato classificato da esperti indipendenti dell'OMS come probabile sostanza cancerogena. Non vogliamo che questo veleno chimico sia minimamente vicino ai nostri parchi, alle nostre case, e al nostro cibo. 

WeMove.EU

Sullo stesso argomento: 

Dal Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio


12/05/2016: in Parlamento si è consumato il delitto perfetto ai danni del suolo, in sfregio all’art. 9 della Costituzione!

...e meno male che doveva essere approvata una legge per il “contenimento” del suo consumo inarrestabile (7 metri quadrati al secondo!)

La lobby del cemento e dell’asfalto, complici i Sindaci e la maggioranza dei deputati, ha avuto il sopravvento sui tanti cittadini, organizzati o meno in associazioni e comitati, che da anni chiedevano una legge per fermare davvero questa deriva ai danni dell’agricoltura e del paesaggio.
Il Forum Salviamo il Paesaggio aveva persino provveduto a redigere e inviare ai parlamentari una proposta che inseriva norme rigorose per arrestare un fenomeno che rappresenta ormai una vera e propria emergenza nazionale e mondiale. 
Ringraziamo quanti hanno sostenuto il nostro appello, e aspettiamo l’articolato definitivo della legge e le valutazioni del gruppo di lavoro del Forum per informarvi nel dettaglio con una prossima newsletter.
Il suolo è una risorsa non rinnovabile e la sua continua perdita comporta un serio rischio per la stessa futura Vita sulla Terra.
Ora ai cittadini non resta che l’indignazione e un’auspicabile forte e convinta azione civica che costringa la politica ad operare un deciso cambiamento di rotta; a partire dal prossimo passaggio in Senato.
Il Forum nazionale dei movimenti per la terra ed il paesaggio 

Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio
"SALVIAMO IL PAESAGGIO - DIFENDIAMO I TERRITORI"
www.salviamoilpaesaggio.it

mercoledì 11 maggio 2016

L'arte della guerra: Israele ed Emiri nella NATO

dalle pagine
di Manlio Dinucci

Il giorno stesso (4 maggio) in cui si è insediato alla Nato il nuovo Comandante Supremo Alleato in Europa – il generale Usa Curtis Scaparrotti, nominato come i suoi 17 predecessori dal Presidente degli Stati Uniti – il Consiglio Nord Atlantico ha annunciato che al quartier generale della Nato a Bruxelles verrà istituita una Missione ufficiale israeliana, capeggiata dall’ambasciatore di Israele presso la Ue. Israele viene così integrato ancora di più nella Nato, alla quale è già strettamente collegato tramite il «Programma di cooperazione individuale».
Ratificato dalla Nato il 2 dicembre 2008, tre settimane prima dell’operazione israeliana «Piombo fuso» a Gaza, esso comprende tra l’altro la collaborazione tra i servizi di intelligence e la connessione delle forze israeliane, comprese quelle nucleari, al sistema elettronico Nato.
Alla Missione ufficiale israeliana presso la Nato si affiancheranno quelle del regno di Giordania e degli emirati del Qatar e del Kuwait, «partner molto attivi» che verranno integrati ancor più nella Nato per meriti acquisiti. La Giordania ospita basi segrete della Cia nelle quali – documentano il New York Times e Der Spiegel – sono stati addestrati militanti islamici di Al Qaeda e dell’Isis per la guerra coperta in Siria e Iraq.
Il Qatar ha partecipato alla guerra Nato contro la Libia, infiltrando nel 2011 circa 5mila commandos sul suo territorio (come dichiarato a The Guardian dallo stesso capo di stato maggiore qatariano), quindi a quella contro la Siria: lo ammette in una intervista al Financial Times l’ex primo ministro qatariano, Hamad bin Jassim Al Thani, che parla di operazioni qatariane e saudite di «interferenza» in Siria, con il consenso degli Stati uniti.
Il Kuwait, tramite l’«Accordo sul transito», permette alla Nato di creare il suo primo scalo aeroportuale nel Golfo, non solo per l’invio di forze e materiali militari in Afghanistan, ma anche per la «cooperazione pratica della Nato col Kuwait e altri partner, come l’Arabia Saudita». Partner sostenuti dagli Usa nella guerra che fa strage di civili nello Yemen.
Vi partecipa, con una quindicina di cacciabombardieri, anche il Kuwait a cui l’Italia fornisce ora 28 caccia Eurofighter Typhoon di nuova generazione, costruiti dal consorzio di cui fa parte Finmeccanica insieme a industrie di Gran Bretagna, Germania e Spagna. Un contratto da 8 miliardi di euro, il più grande mai firmato da Finmeccanica, nelle cui casse entra circa la metà. È stato firmato il 5 aprile in Kuwait dal ministro della difesa, Khaled al-Sabah, e dall’amministratore delegato di Finmeccanica, Mauro Moretti. Madrina dell’evento la ministra Roberta Pinotti, efficiente piazzista di armi (vedi la vendita a Israele di 30 caccia M-346 da addestramento avanzato). Gli Eurofighter Typhoon, che il Kuwait userà per fare stragi nello Yemen e altrove, possono essere armati anche di bombe nucleari: quelle in possesso dell’Arabia Saudita (vedi il manifesto del 23 febbraio). All’addestramento degli equipaggi provvede l’Aeronautica italiana, rafforzando «il fondamentale ruolo di stabilizzazione regionale svolto dal Kuwait».
Un successo della ministra Pinotti che, una settimana dopo aver venduto i cacciabombardieri al Kuwait, è stata insignita dall’Unione Cattolica Stampa Italiana con il Premio «Napoli Città di Pace 2016».
Alla cerimonia, il cardinale Crescenzio Sepe ha definito quello della Pinotti «impegno al servizio della politica come forma più alta d’amore, che mette sempre al centro la tutela e la dignità della vita umana», proponendo perciò «il cambio di denominazione del Dicastero della Difesa in quello della Pace». Che ne pensa papa Francesco?
________________________
articoli correlati: 


Gazzetta di Napoli - Trasformiamo il Ministero della Difesa in Ministero della Pace, la proposta del Cardinale Sepe al Ministro Pinotti al Premio Napoli Città di Pace

martedì 10 maggio 2016

Bombe nucleari nell'Italia (formalmente) non-nucleare

dalle pagine
22 apr 2016 
Sono in fase di sviluppo negli Stati Uniti le bombe nucleari B61-12, destinate a sostituire le attuali B61 installate dagli Usa in Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia.

La B61-12 non è una semplice versione ammodernata della B61, ma una nuova arma nucleare. Ogni singola bomba ha una testata con quattro opzioni di potenza selezionabili: può così svolgere la funzione di più bombe. La potenza media della B61-12 equivale circa a quella di quattro bombe di Hiroshima. 

A differenza della B61 sganciata in verticale sull’obiettivo, la B61-12 viene lanciata a distanza e guidata sull’obiettivo tramite una speciale sezione di coda. 

Sono in corso test per dotare la B61-12 della capacità di penetrare nel terreno prima di esplodere, distruggendo i bunker dei centri di comando e altre strutture sotterranee in un attacco nucleare di sorpresa. 

Queste sono le nuove bombe nucleari Usa destinate anche all’Italia. Foto satellitari – pubblicate dalla Federazione degli scienziati americani (Fas) – mostrano che a tale scopo sono già state effettuate modifiche nelle basi di Aviano e Ghedi-Torre. 

Secondo le ultime stime della Fas, gli Usa mantengono oggi 70 bombe nucleari B61 in Italia (50 ad Aviano e 20 a Ghedi), 50 in Turchia, 20 rispettivamente in Germania, Belgio e Olanda, per un totale di 180. Nessuno sa però con esattezza quante effettivamente siano le B-61, destinate ad essere sostituite dalle B61-12

Una cosa comunque è certa: le B61-12, che gli Usa si preparano a installare in Italia, sono armi che abbassano la soglia nucleare, ossia rendono più probabile il lancio di un attacco nucleare dal nostro paese e lo espongono quindi a una rappresaglia nucleare.

L’Italia – che fa parte del Gruppo di pianificazione nucleare della Nato – mette a disposizione non solo il suo territorio per l’installazione di armi nucleari, ma anche piloti che vengono addestrati all’attacco nucleare con cacciabombardieri italiani sotto comando Usa.

L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, firmato nel 1969 e ratificato nel 1975, che all’Art. 2 stabilisce: «Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente». 

L’Italia deve smettere di violare il Trattato di non-proliferazione e, attenendosi a quanto esso stabilisce, deve chiedere agli Usa di rimuovere immediatamente qualsiasi arma nucleare dal territorio italiano e rinunciare a installarvi le nuove bombe B61-12 e altre armi nucleari. Liberare il nostro territorio nazionale dalle armi nucleari, che non servono alla nostra sicurezza ma ci espongono a rischi crescenti, è il modo concreto attraverso cui possiamo contribuire a disinnescare l’escalation nucleare e a realizzare la completa eliminazione delle armi nucleari che minacciano la sopravvivenza dell’umanità.

Comitato No Guerra No Nato

domenica 8 maggio 2016

Roma, in migliaia al corteo #stopTTIP

dalla pagina http://roma.repubblica.it/cronaca/2016/05/07/news/roma_due_cortei_in_citta_traffico_in_tilt-139293207/#gallery-slider=139297363





Questa è l'Italia che vuole contare!

Migliaia di persone hanno preso parte alla manifestazione nazionale che si è tenuta a Roma per dire no al trattato transatlantico, il TTIP, le cui trattative tra Usa e Europa stanno continuando malgrado la sollevazione di milioni di cittadini in Europa.

di Redazione - 8 Maggio 2016

I cittadini che vogliono contare hanno fatto sentire la loro voce a Roma, alla manifestzione nazionale indetta da 300 organizzazioni aderenti alla campagna Stop TTIP Italia e dai suoi 50 Comitati locali. Il TTIP, il trattato transatlantico tra Usa e Europa che, se andrà in porto, sancirà la definitiva supremazia delle multinazionali non solo sui popoli ma anche sugli Stati, procede e grandi passi.
Oltre i due terzi del testo negoziale del TTIP, ben 248 pagine, sono state desecretate e rese pubbliche da Greenpeace. Sono la sostanza della trattativa tra Stati Uniti e Unione Europea al punto in cui si è arrivati durante l’ultimo round negoziale, svoltosi a New York a fine aprile.
“L’Unione Europea ha detto di avere ottenuto protezioni per settori sensibili della nostra vita quotidiana” ha dichiarato Monica Di Sisto, tra i portavoce della Campagna Stop TTIP Italia, “come l’agricoltura, il cibo, i prodotti di qualità, ma sono ancora tutti aperti e in molti casi è evidente che li sta solo usando come merce di scambio per quello che vuole davvero: appalti, lavoro senza garanzie e a basso costo, finanza e privatizzazioni senza controllo sulle due sponde dell’Atlantico”.
Nel capitolo sulle misure sanitarie e fitosanitarie, che dovrebbe stabilire gli standard di riferimento per la qualità e la salubrità dei cibi, non c’è alcun riferimento a quel Principio di precauzione che l’Unione Europea dice di voler salvaguardare, ma vengono ben specificati quegli organismi che promuovono gli standard a livello internazionale, come il Codex Alimentarius, che hanno criteri meno rigidi dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare.
“Nella Cooperazione regolatoria” ha dichiarato Elena Mazzoni, tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia “emerge come la cosiddetta armonizzazione degli standard e delle normative venga fatta al di fuori degli occhi indiscreti degli organismi democraticamente eletti. A dirigere i giochi la Commissione Europea e le Agenzie federali statunitensi. E senza il minimo accenno, peraltro, al Principio di Precauzione”.
“La documentazione resa pubblica” ha sottolineato Marco Bersani, tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia, “dimostra quello che da tempo la campagna Stop TTIP denuncia: il TTIP è un attacco generalizzato ai diritti e alla democrazia. Se ad oggi era la democrazia a definire i limiti del mercato, con il TTIP sarà il mercato a definire i limiti della democrazia”.
È stato anche pubblicato in 17 Paesi europei il rapporto “Contadini europei in svendita – I rischi del Ttip per l’agricoltura europea” redatto da Friends of the Earth Europe in collaborazione con l’associazione Fairwatch.
Il controverso accordo commerciale TTIP in fase di negoziazione tra l’UE e gli Stati Uniti potrebbe portare al disastro l’agricoltura europea. E’ la conclusione del rapporto  “Contadini europei in svendita – I rischi del Ttip per l’agricoltura europea” redatto da Friends of the Earth Europe e pubblicato in Italia in collaborazione con l’associazione Fairwatch. Il rapporto analizza tutti gli studi più recenti di impatto economico del Trattato di partenariato transatlantico TTIP sul settore agroalimentare europeo, e rivela come il TTIP possa rappresentare per esso una vera e propria minaccia. Il TTIP aumenterà le importazioni dagli Stati Uniti, con un vantaggio per le grandi imprese Usa fino a 4 miliardi di euro, 1 mentre avrà pochi benefici e e per pochissimi grandi produttori europei, la maggior parte del settore industriale
Lo studio mostra come mentre il contributo dell’agricoltura al Pil europeo potrebbe diminuire dello 0,8%, con conseguente perdita di posti di lavoro, quello statunitense aumenterebbe dell’1,9%. Una vera e propria ristrutturazione del mercato che avrebbe effetti anche sulla gestione del territorio e sulle caratteristiche del tessuto produttivo agricolo europeo e italiano.
“Si prevede, infatti, che il TTIP porterà molti agricoltori in tutta l’UE a confrontarsi con una maggiore concorrenza e prezzi più bassi da parte dei competitor Usa – spiega la coordinatrice del rapporto per l’Italia Monica Di Sisto di Fairwatch, tra i portavoce della Campagna Stop TTIP in Italia –  minacciando le aziende agricole di tutta Europa, oltre ad avere un impatto negativo sulle aree rurali e sugli interessi dei consumatori”.
Mute Schimpf, responsabile delle ricerche sull’agrifood di Friends of the Earth Europe, spiega: “La nostra preoccupazione concreta è che l’agricoltura europea, nelle dinamiche negoziali, venga sacrificata per chiudere l’ accordo TTIP a tutti i costi. Il rapporto rivela anche che le lobby agroindustriali, sia negli Stati Uniti sia in Europa, stanno spingendo per un maggiore accesso ai rispettivi mercati agricoli”.
Gli Stati Uniti, in particolare, mirano ad abbattere gli standard di sicurezza alimentari e di benessere degli animali in genere superiori in Europa.
“Tuttavia, anche se si mantenessero gli standard in vigore nell’UE, l’aumento delle importazioni dagli Stati Uniti inonderà i mercati europei, garantendo enormi opportunità di esportazione e di profitti per le aziende alimentari e gli allevamenti Usa a scapito di quelli europei, e facendo diventare per questi ultimi assolutamente antieconomico rispettare le regole in vigore.
Alcune previsioni di settore
DOP
Il danno commerciale previsto con il TTIP potrà essere compensato dalla difesa delle nostre DOP? Sembrerebbe proprio di no. Al di là della chiara opposizione statunitense a ogni tipo di risultato ambizioso in questo settore, la lista proposta di prodotti DOPe  DOC da tutelare (poco più di 200 su quasi 1500 protette dall’Unione europea, di cui 41 italiane su 269 riconosciute dal nostro Ministero delle politiche Agricole e Forestali e attive) non solo è insufficiente, ma prevede chela maggior parte dei prodotti “italian sounding” già sul mercato Usa non possano venire ritirati e che anzi, per il principio della reciprocità commerciale, circolino tranquillamente in Europa come mai è potuto succedere fino ad oggi
CARNI
Tutti gli studi analizzati prevedono che, se le tariffe dell’UE saranno eliminate come previsto, ci saranno aumenti significativi delle importazioni di carne bovina statunitense verso l’Europa, che varranno fino a $ 3,20 miliardi. Gli allevamenti di manzo europei che producono carne di alta qualità, sono considerati particolarmente a rischio
LATTE E LATTICINI
In questo settore le esportazioni Usa si prevede che aumentino fino a 5,4 miliardi di dollari in più, mentre quelle europee al massimo di 3,7 miliardi di dollari. Per tutti i produttori di latte europei di verificherà una ulteriore caduta dei prezzi interni
POLLAME
Al momento c’è molto poco commercio di prodotti avicoli o uova tra Stati Uniti e UE 39, ma i gruppi di pressione degli Stati Uniti vogliono usare il TTIP per aprire il mercato UE abbattendone gli standard di sicurezza alimentare.
SUINI
La produzione di carne di maiale europea è il doppio di quella degli Stati Uniti, e ha regole più severe sul benessere degli animali. Il vero nodo è la ractopamina: tra il 60% e l’ 80% dei suini negli Usa è trattato con questo ormone vietato da noi perché danneggia il sistema endocrino umano. Gruppi di pressione degli Stati Uniti stanno premendo per l’eliminazione di questo,  oltre che per la completa eliminazione delle tariffe.

sabato 7 maggio 2016

"Il TTIP: opportunità o inganno?" La seconda ...

dalla pagina http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Il-TTIP-inganno-o-opportunita-Intervista-a-Monica-Di-Sisto-vicepresidente-Fair-Watch-53180c8f-e8cf-41c4-9247-36294d21c267.html

Intervista a Monica Di Sisto vicepresidente di Fair Watch

Le rivelazioni di Greenpeace nei giorni scorsi sul TTIP (Sul trattato di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) hanno portato alla ribalta i limiti, e i rischi per i consumatori europei, di questo possibile accordo tra UE e USA.

Ne parliamo con Monica Di Sisto, vice presidente di “Fair Watch” e portavoce della campagna “Stop TTIP”. Monica Di Sisto è anche docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma.

leggi

#stopTTIP

dalla pagina http://www.agoravox.it/7-maggio-manifestazione-a-Roma.html

In tutta Europa i cittadini si stanno mobilitando contro la firma del TTIP, il trattato di libero commercio tra USA e UE. Il TTIP è un pericolosissimo cavallo di Troia, negoziato in gran segreto, attraverso il quale rischiamo di vedere aggirate le normative europee su tutela ambientale, sicurezza alimentare, diritti del lavoro e non solo: a rischio c’è la possibilità degli Stati di decidere in futuro per il bene dei propri cittadini.

giovedì 5 maggio 2016

Commercio di armi 2015: super “banche armate”

dalla pagina http://www.nigrizia.it/notizia/2015-super-banche-armate/notizie

Oltre i 4 miliardi di euro il valore delle operazioni segnalate dagli istituti di credito. Al vertice ancora la Deutsche bank, seguita da Crédit agricole e dal Gruppo Unicredit. Sorprendente il dato del Banco popolare, che in un anno è cresciuto del 30.000%. I paesi del Medioriente i principali pagatori.
di Gianni Ballarini - Nigrizia
Una “banca armata” – il Banco Popolare – cresciuta del 30.000% in un anno. Oltre 4 miliardi di euro (un incremento del 57,2% rispetto al 2014) il valore delle transazioni accreditate sui conti correnti delle banche con sede in Italia.  Unicredit e Intesa-San Paolo, sempre più munifiche, riconquistano i vertici di questa, un tempo poco ambita, classifica. Emirati arabi uniti e Algeria contendono a Germania e Regno Unito il primato di paesi pagatori. Il Medioriente si conferma l’area principale di destinazione delle armi italiane.
Sono queste, in estrema sintesi, le curiosità principali ricavate dal rapporto del ministero dell’economia e delle finanze (Mef), allegato alla Relazione al parlamento sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, 2015.
Documento che certifica come il mondo bancario italiano, scansando ogni freno etico (se mai l’ha avuto), torni a offrire con generosità i suoi servizi e conti correnti ai clienti che vendono armamenti all’estero. Un business rifiorito che va di pari passo con la vendita esplosiva di prodotti bellici italiani (aerei, navi da guerra, missili, bombe…) in giro per il mondo.
Il valore complessivo delle operazioni bancarie legate all’esportazione definitiva (somma degli importi segnalati con gli importi accessori segnalati) è stato di 4,06 miliardi di euro nel 2015, contro i 2,6 del 2014 e i 2,9 del 2013. Un aumento su cui ha inciso, in particolare, il valore degli importi accessori segnalati (quelli che comprendono, soprattutto, i compensi di mediazione), passati da 263,3 milioni del 2014 a 1,4 miliardi di euro nel 2015.
Rispetto a un tempo, quando era obbligatorio per le banche chiedere al Mef l’autorizzazione per ogni transazione, dal 2013 è sufficiente una semplice comunicazione via web delle operazioni effettuate. Una sburocratizzazione dell’iter che ha accontentato le esigenze delle banche. Meno quelle della società civile, che preferiva un controllo preventivo pubblico su queste attività tramite lo strumento delle autorizzazioni.
E anche nelle pagine della relazione del Mef si sottolinea come «questo nuovo applicativo» riscontri il gradimento degli istituti bancari. Lo testimonia, a suo dire, l’aumento del numero delle segnalazioni, passate da 8.473 del 2014 alle 12.456 dell’anno scorso.
Al vertice della classifica, incontrastata da anni, troviamo la tedesca Deutsche bank, con oltre un miliardo di euro fatti transitare sui propri conti. Un incremento, rispetto al dato del 2014, del 37,5%. Una percentuale di crescita tra le più modeste se confrontata con quella di altre banche che la seguono nella lista. Ad esempio, al secondo posto si piazza il Crédit agricole corporate and investment bank con quasi 591 milioni di euro (e si trascurano i dati delle banche italiane appartenenti al gruppo Crédit: Carispezia, Cariparma e Friuladria). Il balzo in avanti rispetto al 2014 è stato del 781,5%. Al terzo e quinto posto due istituti italiani: il Gruppo Unicredit (Unicredit spa e Unicredit Bank Ag) con poco più di 474 milioni (il 101% in più rispetto all’anno precedente) e Intesa-San Paolo con 301,3 milioni (+498% rispetto al 2014, quando l’ammontare depositato si era fermato a 50,4 milioni di euro). Hanno una buona classifica anche Bnp Paribas (il 6,22% sul totale), Bnl (il 4,03%) e la Banca popolare dell’Emilia Romagna (il 2,45%, con poco meno di 100 milioni di euro).
I primi 3 istituti in classifica rappresentano, da soli, oltre il 54% della torta complessiva.
Una reazione di stupore suscita il dato del Banco Polare: in un anno è passato dal gestire transazioni armate per 147mila euro (nel 2014) a 44,2 milioni (nel 2015). Una crescita del 30.000%. Da anni la banca, che ha la propria sede a Verona, si era vantata di non essersi mai sporcata le mani con questo tipo di attività. Evidentemente ha cambiato policy.
Ma quali sono i paesi pagatori che hanno utilizzato i servizi messi a disposizione degli istituti italiani? Al vertice c’è la Gran Bretagna, con 271 milioni di euro, seguita dagli Emirati arabi uniti (260 milioni), dalla Germania (220 milioni) e dall’Algeria (216,3). In alto in classifica troviamo anche Israele (165,3 milioni) e Turchia (122 milioni). Sorprende il dato del Perù: 150 milioni di euro.
I paesi mediorientali, in genere, sono ottimi clienti per le aziende italiane. Hanno fatto transitare sui conti bancari del Belpaese quasi un miliardo e mezzo di euro. Con il Nordafrica rappresentano oltre il 41% del mercato.